the good and
the evil...
Cammino a
passi veloci, quasi mi sembra di volare, sfacciatamente attraversiamo i
vicoli
della città che ora dorme, innocenti persone ignare di un
mondo a loro
sconosciuto. Ora come sovrana c'è solo la notte. Buio che
aleggia sulle teste
di noi esseri che ci aggiriamo solo quando il sole tramonta e le
tenebre
calano.
Superiamo
una chiesa con grand velocità, siamo in pochi, ma quanto
basta per sterminare
mezza città d’umani. Ma questo, questo non
è il nostro scopo. O almeno, non
questa notte.
Procediamo
saltando da un tetto all’altro come se potessimo sollevarci
nell’aria, come
piume, e ci ritroviamo a camminare uno affianco all’altro a
testa alta, passo
deciso, armati fino al collo.
Una
leggera goccia mi sfiora il viso, fredda e gelida, la sento fin troppo
forte
per il mio corpo famelico di sangue, troppo bollente per una semplice
goccia di
pioggia; un brivido mi sale lungo la schiena, quando riprendo ad
ascoltare i
miei passi sotto la pioggia.
Tac...
Tac... Tac...
Dei
canti
cupi, privi di gioia mi fanno drizzare le orecchie e fermare di colpo.
Ascolto
il suono lugubre che attira la mia attenzione, ma mi accorgo non solo
la mia,
anche quella dei miei compagni.
Mi
concentro su quelle voci strazianti e ascolto in assoluto silenzio, in
pochi
secondi mi materializzo di fronte a loro, comparendo da una nube di
fumo nero
che si dissolve. Ed eccole li, le piccole e adorate banshee, urlatrici
nate,
capaci di ucciderti con un solo urlo.
Gracili,
dalla pelle chiarissima, la luce della luna le fa apparire quasi
trasparenti,
abiti lunghi, mal ridotti e stracciati, bianchi come se fossero
fantasmi che si
muovono sotto il fruscio leggero del vento, la pioggia non sembra
nemmeno
toccarle, i capelli chiari e leggeri si muovono anch’essi
mentre le dolci
creature dagli occhi rossi per il loro incessante pianto alzano il
volto verso
di noi, furiose. Consce della loro prescritta fine.
Allungano
le loro mani verso di noi tirando indietro la testa e scoprendo i denti
affilati, in segno di difesa emettono un sibilo strozzato in gola,
quasi a
volerci spaventare. Cose da bambini.
Con un
balzo degno di un felino pronto all’agguato la mia compagna
di giochi balza al
centro del gruppo delle donne urlatrici, a mani nude con un singolo
colpo fa
finire come un leggero cuscino la donna contro un muro del palazzo di
fronte.
Presa
anche io dall’adrenalina di uccidere mi muovo svelta
caricando le cartucce
della pistola, non voglio che i miei due compagni si divertano senza di
me,
sopratutto Alex che dopo si prende il merito con il capo.
Estraggo
dalla cintura le due pistole con maestria e da distanza, avvicinandomi
a loro a
passo deciso miro la testa di quelle pazze. Ed ecco il piombo partire
dalla mia
piccola 9 mm andando a far esplodere la testa di una di loro, come un
cocomero
maturo.
Il ritmo
si fa più sfrenato, le uccisioni si fanno più
veloci, quasi non mi rendo conto
di chi colpisco, ma poco me ne frega.
Un
singolo
errore e mi potrebbe costare la vita, può essere stressante
una cosa del genere
per altre persone, ma non per me. Non per una creatura non morta.
Alex, il
mio compagno dagli occhi rossi come le fiamme, prende la sua pistola
nel retro
del giubbotto di pelle, con movimenti precisi, veloci e laterali,
decapita ogni
sua avversaria che si avvicinava più del dovuto.
Una
cerca
di aggredirmi saltando verso di me, intenzionata a farmi fuori... Gioco
sporco
assalire alle spalle, non lo impareranno mai. Prendo una delle stelle
di ferro,
dalle punte affilate come lame, con precisione lo pianto nel suo petto,
ma non
solo l’attraversano come se fosse burro, ma in un momento
ritornano da me, che
le afferro prontamente e le poso negli anfibi.
Uccise
tutte quelle creature odiose ci feriamo, ansimando. Syria, la mia
compagnia e
fedele soldatina ha tutti i capelli in disordine; lei odia combattere
con le
armi, preferisce prendere a calci nel sedere ogni essere diverso da
noi. Alex
intanto se la ghigna sotto i baffi, un’altra vittoria da
aggiungere alle sue
glorie, niente di più importante per lui.
Io,
beh...
non vedo l’ora di andarmene da questo posto, tanto il nostro
capo avrebbe
mandato altre creature meno importanti di noi a pulire quei cadaveri e
resti di
persone.
Prendo
una
sigaretta con un abile gesto, nel retro dei pantaloni di pelle, con un
movimento veloce, quasi impossibile da vedere ad occhi umani me la
porto alla
bocca, più soddisfatta del dovuto del mio sterminio. Pronta
a tornare, a casa.
<
Abbiamo
finito qui per oggi, andiamo > Riesco a dire
con voce gelida, come sempre priva di
emozioni. Non mi sono ancora presentata. Io sono, o meglio ero, Arlyne.
Prima
una ragazza dalle mille qualità e dalle
potenzialità di un adulto. Ora mi
ritrovo in una vita che non è la mia. Non riesco a provare
emozioni, pensare
come una volta mi è impossibile, come se la mia
volontà è stata repressa.
Sono
intrappolata perennemente nel corpo di una 18 enne. Non che la cosa mi
dispiaccia, ma è seccante pensare di restare per sempre con
il corpo di una
ragazzina immatura.
Mi
ritrovo
a cacciare qualsiasi creatura che non abbia a che fare con il mio
mondo. La mia
casa.
Può
sembrare egoista uccidere creature che non hanno fatto assolutamente
nulla, ma
come ho detto prima, per me è impossibile provare
pietà. Sono diventata una
cacciatrice di sangue per ottenere solo ciò che voglio.
Finalmente
la pace.
Un’altra
possibilità.
<
Un’altra
bella battuta di caccia. Niente di più eccitante > Si
intromette Alex. Mi
volto verso di lui. Anch’esso intrappolato per sempre nel
corpo di un
adolescente. Dimostra non più di 17 anni. Viso candido,
capelli scuri, ribelli
che gli ricadono sul volto pieno di ironia. I suoi occhi rossi come le
fiamme
della nostra unica casa. Il nostro unico rifugio.
Il suo
sorriso ampio solca le guance piene; Anche se è condannato
ad uccidere per
sempre non smette mai di essere positivo.
La sua
fine non è stata delle migliori, in passato ha ucciso un
ragazzo della sua
stessa età per vendicare gli insulti presi.
Il
paradiso bisogna conquistarselo, non basta fare i bravi samaritani per
passare
l’eternità a bere vino sulle nuvole. Beh, a noi
quel posto non ci verrà mai
concesso.
<
Eccitante?
E’ così noioso… prendi uccidi, sporchi
e te ne vai > Poso le mie due amiche
inseparabili nella loro fondina in cuoio. Bollenti come sempre; Non
smetteranno
mai di stancarsi di lavorare con me.
Sbuffo
sonoramente iniziando a correre come se niente fosse attraverso gli
alberi
della raduna dove ogni sera andiamo a cacciare, ovviamente senza farci
sentire
da nessuno. Niente tracce di noi. Esseri invisibili.
Sembra
quasi di volare da quanto siamo veloci; un leggero odore di muschio si
inala
nelle mie narici. Odio avere l’olfatto così
sviluppato, ogni odore diventa
insopportabile. Se solo provassero questa tortura chi afferma che
essere
incinta è fastidioso.
Mi
taglio
per sbaglio con un ramo pieno di spine, l’odore del sangue
sovrasta quello
dell’erba fresca di pioggia. I miei occhi si infuocano come
poche volte
succede; il bruciore al petto si fa sentire più forte del
previsto. Quanto
tempo non bevo sangue? Troppo ormai. Tanto da non riuscire
più a controllarmi.
Anche il
mio stesso odore mi eccita solo all’idea di succhiarne anche
solo una goccia.
Così caldo e denso.
Il
cervello inizia a mandare gridi acuti, peggio delle creature che
abbiamo ucciso
poco prima.
<
Questo
è il bello: fare ciò che vuoi senza sporcati dopo
le mani > Sento i passi di
Alex dietro di me, non riesce a tenere la mia andatura ma almeno ci
prova. A
lui non è mai importato il nostro sporco lavoro di uccisori
di creature diverse
dalla nostra stirpe.
Non ci
prova nemmeno a ribellarsi dal capo, se lo facesse finirebbe subito
nelle
fiamme senza pietà. Come ognuno di noi d’altronde.
Il
nostro
non è un capo qualsiasi, ad ogni sgarro ne vale una pena;
non è uno con cui si
può decisamente ragionare.
Per
fortuna le grida nel mio cervello sono passate, per il momento. Tregua
perlomeno.
Non sono
una neonata, sono così da anni ormai. Più
esperienza ho, meglio riesco a
controllarmi.
Il capo
non manda pivelli a caccia, potrebbero farsi scoprire dagli umani o
cedere alla
tentazione di ucciderne qualcuno.
Nessun
umano
è al sicuro con un demone dei nostri, appena trasformato,
nei paraggi.
<
Eccitante come essere non morti > Emetto un ringhio soffocato,
roco che
proviene dal petto. Lo respingo giù per la gola,
impedendogli di uscire e
permettermi di uccidere un mio compagno.
Odio
essere ciò che sono, odio uccidere e odio chiunque si
permetta di trovare il
lato positivo in questa vita che non merito.
O forse
sì?
Corriamo,
non ci fermiamo mai, le nostre energie non si esauriscono nemmeno sotto
tortura. Niente e nessuno ci riesce a fermare. Questo è uno
dei pregi di essere
un servo dell’inferno.
I cani
abbaiano al nostro passaggio, non sanno che è meglio
evitarci, ma per rispetto
agli umani e per tenere l’equilibrio ci asteniamo di fare una
strage e
scatenare una guerra.
L’ultima
cosa che mi serve è essere uccisa in battaglia, ci tengo a
finire il mio
lavoro. A raggiungere il mio obbiettivo; per quanto esso sporco sia.
<
Eddai
Arlyne, come sei acida oggi > Per un momento il mio istinto da
predatrice si
fa sentire quando sento la voce di Syria intromettersi. La
più vecchia del
gruppo. Vecchia, si fa per dire.
Non
più di
23 anni. Condannata anch’essa a vivere una vita peggio di
quella che meritiamo.
Non che
qualcuno si merita una vita simile. Ma forse, quelli come noi, sono
condannati
a rimanere nell’ombra e camminare nelle tenebre, uccidendo
chiunque gli si para
di fronte, solo per il gusto di farlo.
Cosa
è
giusto e cosa è sbagliato, a noi non interessa, noi facciamo
solo ciò che ci
dicono di fare.
Obbediamo
agli ordini, come è giusto che sia.
Lei
è
finita ad essere demone per l’eternità dopo
l’errore di essersi innamorata
della persona sbagliata. L’uomo dei suoi così
detti sogni, che l’ha convinta
fino ad uccidere per lui.
Ed ora
eccola qui, a pagare per i suoi errori.
Non
c’è azione
senza conseguenza.
<
Sbrighiamoci
prima che mister figo si lamenti > Nemmeno me ne sono accorta di
essere
arrivata nel posto in cui siamo comparsi sulla terra. Nel mondo degli
esseri
vivi. Che hanno ancora la fortuna di poter respirare, di poter sentire
il
proprio cuore battere e il sangue pulsare nelle vene.
A noi,
questo privilegio non è stato concesso; ma di conseguenza
possiamo fare molto
altro.
Eccome
se
possiamo. Mai sentito parlare di vita immortale?
Uno dei
tanti pregi – difetti – di un piccolo demone.
Uno dei
tanti. Il resto è tutto da scoprire.
<
Non
vedo l’ora di vederlo. Magari ci scappa una notte a letto
> Interrompe i
miei pensieri la voce di Syria, come tanti campanellini assordanti; la
ragazza
dai lunghi capelli biondi come il grano, più scompigliati
della criniera di un
leone le dona un aria selvaggia. Il suo passo simile ad una gatta.
Io, in
confronto a lei sono impacciata... niente a che fare con il suo
atteggiamento
nobile da far innamorare un imperatore.
Più
che ad
una gatta, mi si potrebbe paragonare ad un lupo.
Niente a
che vedere con le fusa ammaliatrici della bionda.
I miei
sono solo ringhi.
Le mie
gambe sono lunghe come quelle di un lupo e mi donano un ottima
resistenza.
Il mio
olfatto è più sviluppato di quello dei miei
compagni. Cento volte più sensibile
di quello dell’uomo.
I miei
occhi chiari come la luna alta nel cielo. Argento. Cupi. Privi di
bagliore.
<
Hai
pur sempre me > Alex pronto come sempre le si avvicina con passo
veloce e
flessuoso. Non l’ho nemmeno visto spostarsi.
Ogni
occasione per lui è buona per avvicinarsi troppo a una di
noi.
Negli
inferi è rispettato. Un ottimo soldato, calcolando che fa
parte di noi da soli
57 anni.
Non ha
ancora scontato la sua pena, un giorno sarà anche lui libero
di girare,
lasciandosi la sua ombra d’assassino alle spalle.
Lui si
può
paragonare più ad un falco.
I suoi
denti acuminati e affilati come lame. Pronte a lacerare la carne delle
sue
prede.
Si muove
nell’aria leggero, con grazia e leggiadra. Si abbatte sulle
sue prede in
silenzio.
Senza
nemmeno dagli la possibilità di rendersi conto della sua
imminente morte.
<
Ma
come siete smielosi >
Rivoltante la scena che mi si para di fronte. Due demoni in gesti
affettuosi.
Troppo affettuosi per i miei gusti.
Niente
di
peggio. Uccidere in confronto a questo è una passeggiata. A
una simile visione
mi si potrebbe rivoltare lo stomaco senza troppi complimenti.
Nel mio
cuore non c’è posto per l’amore. Nella
mia anima... ce l’ho ancora un anima?
Non ho
fatto in tempo a rendermene conto di averla, che mi è stata
portata via.
Creo un
varco temporale di ombre. Un portale.
Da un
mondo passo all’altro in qualche secondo.
Uno dei
tanti doni di cui parlavo prima.
Camminiamo
veloci nei pressi del posto più caldo del mondo, e non
solo... Caldo per le
fiamme che bruciano tutto, per i demoni assettati di odio e pieni di
vendetta. Io non sono come loro; io sono qualcosa di molto peggio.
Sempre
uno
di fianco all’altro, pieni d’orgoglio per il nostro
lavoro sporco, ma perfetto,
ci dirigiamo verso la sala del nostro capo.
L’unico
e
indiscusso, bastardo come pochi, colui che mi ha rimandato in vita
offrendomi
altre pene oltre a quella che avrei dovuto vivere. Un’altra
possibilità di
vivere, mi aveva detto.
A mio
parere, un’altra possibilità di soffrire. Vagare
nell’ombra della notte
uccidendo creature immortali, come noi.
L’inferno
è sempre stato scontato, il paradiso bisogna conquistarlo.
Bene, io non avevo
conquistato altro che un intera vita ad uccidere. Sempre meglio che
quel posto
luminoso, noioso... Dove gli angioletti dalle ali bianche bevono vino
in
allegra compagnia davanti ad un maxi schermo che trasmette le vite di
tutti i
comuni mortali: come farsi gli affari degli altri. E infine, non meno
importante, Lui... Il supervisore di tutti. Colui che mi ha negato le
porte del
paradiso, estirpandomi le ali e condannarle ad essere nere, scure e
prive di
qualsiasi luce... Di speranza.
<
Casa
dolce casa > Sospiro pesantemente slegandomi la lunga treccia
che riesce a
contenere i miei lunghi capelli color della notte. Neri corvini a
riflessi blu.
Effetti collaterali di vivere una vita del genere.
Limitano
leggeri sulle mie spalle esili e nude mentre ondeggiano come per
esultare della
loro libertà.
Beati
loro.
Almeno
qualcuno che esulta esiste anche in questo mondo fatto di sole grida e
urli
disperati.
L’unica
mia vera casa.
Dopo
essere morta non ho più nessuno. Nemmeno in vita. Sola.
Completamente sola.
Ecco
perchè ora mi ritrovo qui, a pagare per colpe non mie. Io ho
fatto solo ciò che
mi sentivo di fare.
Smettere
di soffrire la solitudine.
Smettere
di vivere una vita ingiusta.
<
Non
vedo l’ora di arrivare in camera mia e buttarmi a letto, tu
Arlyne? > Mi
domanda squillante Syria. Come fa ad essere sempre così
felice lo sa solo lei.
Non
smette
di abbozzare il suo sorriso sghembo da far innervosire chiunque.
Perchè tutti
sono felici e io non posso permettermi un simile privilegio?
Cos’ho che non va?
Perchè io non riesco a vedere il lato positivo di questa
assurda situazione?
Sono
solo una
bambina capricciosa che uccide la notte e vive come un vegetale agli
ordini del
capo di giorno.
Non
c’è
nulla di positivo ad avere le ali nere e l’ombra
d’assassina che mi perseguita
giorno per giorno.
Anno per
anno.
Per
quanto
mi sforzo di essere ottimista, non è nella mia ottica.
Sono
realista.
<
Prima
parliamo con Lucifero, prima potrò levarmi voi due piattole
dalle scatole >
Ebbene sì, Lucifero è il nostro capo.
Il
padrone
degli inferi. Colui che fa tanto scalpore nelle vite umane.
Colui
tanto famoso come l’onnipotente.
Fanno
male
a pensare che lui sia meno importante. Lui attacca. Lui lascia il
segno. Lui
scompare come è comparso.
Impossibile
liberarsene.
Noi i
suoi
schiavi personali. I suoi burattini. Coloro che liberano il mondo umano
dalle
creature scappate dagli inferi e che hanno trasgredito le regole di
invadere il
mondo umano.
Oppure
semplicemente chi non gli va molto a genio.
Ci manda
in spedizione ad uccidere senza pietà. Solo così
possiamo liberarci dalle
nostre colpe.
<
Ma.. Alex
l’hai sentita? Non le piacciamo > Dide in tono
lamentevole la bionda con una
voce molto simile a quella di un bambino capriccioso che si lamenta
perchè
nessuno si degna di ascoltarla.
Percorro
il lungo corridoio a grandi passi. Il suono dei miei tacchi sul cemento
non è
udibile ad orecchio umano. Leggeri come la pioggia sull’erba
alta.
Solo il
mio udito riesce a percepire simile suono.
Uomini
apparentemente umani, alti e robusti incappucciati fino agli occhi sono
disposti a schieramento lungo il corridoio.
Per
niente
umani. Demoni.
Sento la
loro puzza a distanza e arriccio il naso sentendo ridere Alex che ogni
volta
lancia una risata fragorosa per il mio olfatto fin troppo sensibile.
<
Moi
cherie cosa ti abbiamo fatto per esserti antipatici? > Domanda
Alex
comparendo all’improvviso di fronte a me, uscendo da una nube
di fumo nero con
passo aggraziato. Come se la terra sotto i suoi piedi non esistesse.
Un
ragazzo
tanto bello non
l’ho mai visto.
Condannato ad una vita da perenne 17 enne.
Se il
suo
cuore battesse ancora, ora avrebbe più di 60 anni, nel mondo
dei vivi.
Dopotutto,
essere un demone ha i suoi vantaggi.
Mi fissa
con le sue iridi rosse sangue e un sorriso balena sul suo viso facendo
scoprire
la dentatura perfetta e bianca. I suoi canini affilati come lame appena
lucidate. Pronte ad uccidere.
<
Nulla,
la vostra sola presenza mi irrita > Rispondo in un ringhio cupo
dandogli uno
spintone al petto e facendolo volare indietro. Con un passo leggero
atterra appoggiando
i piedi sul terreno come se non fosse nemmeno stato sbalzato per oltre
20 metri
da un solo pugno.
Mi
sorride
beffardo e scuote la testa. Ormai è abituato ai miei cali
d’umore.
Arrogante.
Presuntosa. Orgogliosa. Sleale.
Tutto
ciò
che serve per creare un soldato perfetto, pronto per andare in guerra.
Una
cacciatrice di sangue.
Quasi mi
potrei paragonare ad un vampiro data la mia innata sete verso il
sangue. Quel
buon sapore caldo e dolce.
Niente
di
più irresistibile che del sangue umano.
Ci
ritroviamo di fronte ad un enorme portone in legno massiccio ricamato
in oro.
Una porta impossibile da oltrepassare nemmeno per un demone esperto.
L’unica
porta che ci divide dal nostro salvatore.
<
Il
mio signore vi attende, inoltre signorina Arlyne il padrone intende
parlarle
più tardi in privato > Perfetto mi manca solo che
Lucifero vuole parlarmi in
privato. Ero già felice di poter andare a riposare quel
minimo che basta per
poter affrontare un’altra caccia.
Maledetto
lavoro. Maledetta vita. Maledetto Lucifero.
Un
giorno
il sole tramonterà anche per me. Prima o poi sarò
libera anch’io.
Se prima
non vengo uccisa da qualcuno.
Con
sangue
freddo rispondo con un cenno verso l’uomo incappucciato di
fronte a me.
Donna
dal
sangue freddo, incapace di amare.
<
Tutte
le fortune a te sorellina, speravo di rimanere io da sola con lui
> Si
intromette Syria con voce fanciullesca. Si avvicina a me con passo
leggero.
Delicato.
Appoggia
il suo mento color porcellana alla mia spalla nuda facendo ricadere i
suoi
lunghi capelli ricci sul mio corpo sbuffando sonoramente.
Il suo
viso è quello di una fanciulla privata dei suoi sogni.
Delle
sue
favole.
Dove il
principe azzurro in sella al cavallo bianco ti rapisce dagli incubi.
A noi
questo non potrà mai succedere.
Mai.
<
Che
seccatura se vuoi te lo lascio > Mi riprendo dallo stato in cui
sono caduta.
Guardare creature immortali mi affascina sempre. A chi non piacerebbe
poterle
fissare? Poterle osservare da lontano. Come esemplari rari.
Si
stacca
dalla mia spalla lasciandomi il freddo percorrere le vene. La mia
temperatura è
fin troppo calda e si abitua in fretta al calore.
Un
brivido
mi percorre la schiena ma non riesco a capire se sono i pensieri a
causarmi
brividi o il freddo.
Il
grande
uomo spalanca il portone rivelando Lucifero. In tutto il suo splendore.
Dannatamente
bello. Capelli bianchi poco sotto le spalle, dritti come spaghetti che
ricoprono in grand parte i suoi occhi color rossi sangue. Vividi. Ci
scruta da
sotto le lenzuola nere del suo letto dove affianco stringe una di noi.
Demone.
Occhi neri come la notte. Scuri e profondi. Le occhiaie li circondano
risaltando la pelle bianca cadaverica.
Nuda di
fianco a lui con i capelli lunghi e rossi che le ricoprono i seni.
<
Bentornati,
aspettavo con ansia il vostro ritorno > Cupa la sua voce
riecheggia nella
stanza. Beffarda e dannatamente seducente.
Sinuoso
si
alza di fronte a noi coprendosi con il lenzuolo. In automatico ci
inginocchiamo
su un ginocchio portando le braccia conserte sull’altro e
abbassiamo la testa
in segno di sottomissione.
Sento il
suono sordo del lenzuolo che vola sul pavimento e il dolce profumo di
Lucifero
invade come un ondata la stanza.
Dolce.
Elettrizzante. Dannatamente forte.
Come
fragola sulla panna per gli umani, per noi quel profumo è
irresistibile.
Raramente si riesce ad essere lucidi ad un simile sapore.
<
Abbiamo
svolto come ci aveva chiesto il compito che ci avete assegnato >
Rispondo a
testa bassa smettendo di tanto in tanto di respirare quella droga per
le mie
vene.
Cauto e
silenzioso prende i suoi pantaloni in pelle e li indossa invisibile ai
nostri
occhi.
Improvvisamente
sento qualcosa, o meglio qualcuno che mi tocca delicatamente i capelli
che mi
sfiorano il viso.
Delle
dita
si posano sotto il mio mento e lentamente lo alza in un gesto sinuoso.
Innaturale.
Un
secondo
prima ero inginocchiata per terra. L’attimo dopo in piedi, di
fronte a Lucifero
che mi sovrasta con la sua altezza.
Con il
suo
respiro dolce sul mio collo.
Niente
di
più irresistibile.
<
Ha
altro per noi? > Domando in un soffio cauto. Imbarazzo quello
che sto
provando? Impossibile per una come me.
Lui
è il
capo. Io non posso innamorarmi di uno come lui. Ho già perso
l’anima per lui.
Non
intendo perdere altro.
Come se
ce
l’avessi ancora qualcosa da perdere in una vita simile.
Lo
guardo
negli occhi, immobile, inaudibile respirare una simile droga.
Sarebbe
come cedere all’eroina per un umano. Una dolce droga che ti
entra nelle vene e
che ti prende anima e infine corpo.
Forse il
mio corpo è l’unica cosa che non ho ancora perso.
Non
ancora.
<
No,
direi che per oggi basti, potete andare… tranne te Arlyne
> Fa cenno verso i
miei compagni, senza smettere di fissarmi con sguardo seducente. Troppo
facile
capire cosa vuole.
Troppo
semplice capire che lui è il capo e ottiene ciò
che vuole.
Sento i
passi leggeri di Alex e Syria raggiungere la porta e superare la soglia
con
grande velocità. Beati loro.
Liberi
di
andare a riposare mentre io devo subirmi ancora Lucifero.
Alti
compiti di sicuro.
Altra
caccia.
Da sola.
<
Perché non ti unisci a noi? Sai, in tre è
più divertente > Sorride beffardo
inclinando leggermente gli angoli della bocca seducente e rossa come il
sangue
in un sorriso sghembo. La testa di conseguenza si piega leggermente
verso
destra e non smette di fissarmi. Passare le sue dita calde sulle mie
guance.
Potrebbe
uccidermi in qualunque momento. Con qualsiasi cosa. Come avrebbe voluto.
A suo
piacimento.
Io sono
solo un burattino. Un soldatino ai comandi del capo che gioca con le
sue
marionette.
Pronto a
gettare il suo giocattolo appena il filo si spezza.
<
No grazie,
muoviti a dirmi cosa vuoi > Rispondo acida scoprendo leggermente
i canini
affilati. Lui capisce al volo che non ho voglia di giocare. Ne di
scherzare.
Non ho
tempo per i giochetti stupidi di un bambino capriccioso. Sposta con
velocità la
sua mano calda dalla mia guancia e si siede al bordo del letto mentre
mi fissa
ancora.
Come una
preda. Pronto a saltarmi addosso appena abbasso la guardia.
Come un
cacciatore esperto.
<
Nonono
così non si fa… hai proprio un bel caratterino
> Come mille lame taglienti
le sue parole mi trafiggono il corpo facendomi sussultare.
Ecco uno
dei tanti motivi per cui ora mi trovo qui.
Un
carattere non mio. Un carattere che mi ha rovinato. Che mi ha fatto
rimanere
sola.
Che mi
ha
costretto a fare cose azzardate per il peso che dovevo sopportare.
Da sola
è
impossibile farcela. Nemmeno con tutta la volontà del mondo.
La
speranza prima o poi ti abbandona.
Inevitabilmente.
<
E’ la
tua presenza che mi irrita > A denti stretti rispondo a tono
distogliendo lo
sguardo troppo velocemente.
Se ne
accorge di aver centrato il punto. Di aver toccato il tasto dolente.
La mia
debolezza.
La mia
vita precedente. Quando il mio cuore si degnava ancora di battere e il
sangue
di pulsare nelle mie vene.
Sangue
caldo. Sangue dolce. Non sangue freddo e privo di sapore.
Quello
che
ora mi circola nelle vene è sangue di una sporca assassina.
Niente di eccitante
per un lurido vampiro.
Confronto
al sangue di una dolce donzella umana il nostro sangue è
spazzatura.
<
Ho un
compito per te; sai da un po’ di tempo un certo vampiro
continua a darmi sui
nervi. Ora che ho trovato dove si trova voglio che lo elimini >
Sospira come
se fosse stanco di qualcosa. L’unico che è davvero
riposato, che non fa niente
tutto il giorno si permette anche di essere stanco.
Maledetta
vita. Sarò ripetitiva ma non è altro che la
semplice verità.
La
sporca
verità.
Un’altro
compito da eseguire da sola. Rischiando la mia pelle per uccidere un
vampiro
che a me non ha mai dato fastidio.
Un
povero
vampiro innocente.
<
Hai
tanti demoni a disposizione, perché io? > Domando
confusa a quell’ordine di
caccia.
I
vampiri
hanno una puzza orrenda. Sono esseri innaturali persino peggio di noi.
Esseri
invisibile ad occhi umani. Più strani di quanto si possa
immaginare.
Flessuosi
e innaturali.
Ho
sempre
odiato combattere contro di loro. Troppo veloci. Troppo invisibili.
Troppo
forti.
Ottimi
combattenti e capaci di ucciderti con un solo morso al collo.
<
Non
ti ricordi il nostro piccolo patto? > Domanda in un sorriso fin
troppo
ironico per i miei gusti. Odio essere presa in giro.
Come se
non fosse plateale il nostro patto di anime.
Io
combatto per lui.
Lui mi
rispedisce a calci nel sedere sulla terra, come un anima libera dai
suoi
peccati.
Come se
non fosse mai successo nulla di grave.
Come se
non fossi mai morta.
<
C’è
l’ho marchiato a fuoco sulla pelle > Rispondo in un
sibilo stridulo molto
simile a quello di
una vipera in fase di
difesa.
Come
dimenticarsi di essere arrivata ad uccidere per tornare in vita dopo un
mio
errore? Impossibile. Nemmeno se lo volessi potrei dimenticare.
Lo fisso
negli occhi, incapace di muovermi. Incapace di reagire ad un simile
affronto.
Lui
sorride divertito. Io tesa come una corda di violino.
Niente
di
peggio.
<
Brava
piccola, ora vai, al più presto riceverai istruzioni
> Compare di fronte a
me, come un fulmine. Non sono riuscita nemmeno a guardarlo da quanto si
muove
velocemente.
Appoggia
le sue labbra calde e dolci alle mie amare e piene di odio. Un bacio
fugace. Un
bacio che strappa solo rancore e rabbia.
Sorride.
Io piango interiormente.
Mi
domando
solo il perchè di una vita simile.
Perchè
proprio a me.
Esco
dalla
camera a grandi passi. Veloci. Arrabbiati. Isterici.
Picchio
per
terra i tacchi per sottolineare il mio stato d’umore e
avvisare chi mi sta
intorno.
Entro in
camera mia sbattendo la porta con odio verso tutti. Verso tutto.
Ansimante
mi guardo intorno squadrando la stanza, come se non l’avessi
mai vista prima
d’ora.
Mi
avvicino al mio unico amore.
La mia
unica passione.
Pianoforte.
Mi
siedo di
fronte ad esso. Delicato. Antico. Le mie lunghe dita iniziano a
sfiorare i
tasti bianchi come la neve producendo un suono dolce.
Il suo
suono leggero che esprime tutte le mie più intime emozioni.
Mi fa crescere. Mi
fa pensare.
Mi
aiuta
a non pensare a cosa non devo.
Libera
la
mia anima imprigionata nel corpo, così che possa volare
libera. Finalmente.
I miei
piccoli segreti vengono espressi in un semplice tocco di dita.
Accarezzano
velocemente i tasti senza pensarci mi trascina in un vortice di
emozioni.
Divento
musica.
Diventa
un mondo fatto di dolce melodia. Diverso da quello che sono abituata ad
ascoltare.
Al solo
udire quelle leggere ma forti note mi si riempie l’anima e il
cuore.
Il
tempo
passa lentamente mentre il mio mondo si riempie sempre di
più di note. Un mondo
dove nessuno può entrare. Aggredirmi.
Il
dolce
suono si diffonde nella stanza vuota per poi sparire come è
comparso.
Lasciando
un vuoto che si colma di pensieri non detti.
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