XMAS'
GIFT
Si dice che a Natale si è più buoni.
Questo, purtroppo, non vale proprio per tutti...
"Dai, vieni. Ci saremo tutti, e ci divertiremo".
"Ti ho detto di no. Non ho messuna intenzione di partecipare ad una
stupida cena solo per ascoltare discorsi insulsi e allargare di almeno
due buchi la cintura. Poi ultimamente ha nevicato, e non voglio
prendermi qualche malanno proprio adesso".
"E' la Vigilia di Natale, non potresti.. scioglierti un po'?".
"Cosa vorresti insinuare?".
"Niente, fai finta che non ti abbia detto niente".
"Appunto. E poi il Natale è solo una festicciola che gente come voi
continua testardamente a voler festeggiare ogni anno perdendo così del
tempo prezioso che potrebbe essere impiegato meglio".
"Okay, okay. Comunque se vuoi raggiungerci, sai dove trovarci".
"Sì. Saluti!".
Sharpay odiava quando suo fratello le diceva ciò che doveva fare.
Veramente lei odiava che chiunque le desse ordini.
Era almeno una settimana che Ryan cercava di convincerla a partecipare
alla festa organizzata da lui stesso e dagli altri compagni dell'East
High in occasione della Vigilia di Natale, ma lei non aveva alcuna
intenzione ad unirsi a quel gruppo che l'avrebbe solo distratta dal suo
obiettivo: diventare la protagonista del musical che si sarebbe tenuto
dopo le vancanze natalizie.
Ormai non le importava più di niente e di nessuno, tranne che di
ottenere la parte.
Se prima trattava male tutti, meritandosi il soprannome di "Regina di
ghiaccio", in quel momento neanche suo fratello riusciva a starle
vicino.
Anche quella sera, quindi, aveva deciso di passare il tempo a ripassare
la parte che l'avrebbe portata a quel successo a cui tanto aspirava.
Era seduta sul suo enorme letto, e
stava ripetendo a voce alta e chiara le sue battute interpretando alla
perfezione sentimenti di
gioia, di rabbia, di felicità e di tristezza.
Dopo un'oretta di prove, però, si addormentò.
Si svegliò di soprassalto,
avvertendo la presenza di qualcun'altro oltre a lei all'interno della
stanza.
Si guardò attorno, ma non vide nessuno.
"Sarà stata un'impressione", disse fra sè e sè
scrollando le spalle. "Uffa, mi sono addormentata. Meglio bere qualcosa
prima di ricominciare".
Scese in cucina e si preparò una cioccolata calda.
Anche i suoi genitori erano usciti per festeggiare, quindi era sola.
L'unico rumore udibile era il fischio del vento che continuava a
soffiare imperterrito.
Risalì nella sua stanza e riprese in mano il copione.
"Allora, dov'ero rimasta?".
All'improvviso una folata d'aria gelida le fece accapponare la pelle.
Si voltò pensando che le finestre si fossero aperte a causa del vento,
ma non era così.
'Che strano', pensò.
Avvertì di nuovo la strana sensazione di non essere sola all'interno
della stanza.
Cominciò ad avere paura.
"Chi c'è? Ryan, sei tu? Se è uno scherzo, non è divertente. Vieni
fuori".
Non ottenne nessuna risposta.
Si sedette sul letto mettendo tutti i sensi in allerta. Tese le
orecchie e si guardò attorno.
Poi accadde l'incredibile.
Davanti a lei comparve una figura.
Era alta e circondata da un alone
luminoso e, cosa ancora più inquietante, fluttuava a mezz'aria.
Non aveva corpo, e non era ben definita, anzi, sembrava quasi una
nuvola di fumo bianco.
Sharpay restò muta e immobile. Non credeva ai suoi occhi. 'Di certo',
si disse, 'sto ancora dormendo'.
Piano, piano, l'apparizione assunse delle sembianze sempre più umane.
Qualche secondo dopo, infatti, ciò che prima era una essenza
appena sfocata, divenne una ragazza dai lunghi capelli argentati e dal
sorriso smagliante.
Il suo corpo era ancora avvolto da una tenue luce e i suoi vestiti
bianchi risplendevano.
Sharpay era allo stesso tempo incantata e impaurita.
"C-chi sei?", chiese incerta.
"Sono uno spirito. Sono qui per aiutarti".
L'apparizione parlò pacatamente con una voce leggera e cristallina.
"Io non ho bisogno di aiuto, e poi se tu sei uno spirito, io sono una
renna di Babbo Natale. Scommetto che questo è tutto uno scherzo
che quegli stupidi degli amici di mio fratello hanno voluto giocarmi
per ripicca, e tu sei loro complice. Staranno utilizzando uno di quei
proiettori dei cinema, o cose così. Bene, ragazzi, vi ho
smascherato, venite fuori".
Era sicura di sè, e sul suo viso si dipinse un sorriso di vittoria.
"No, non è così", rispose tranquilla la ragazza.
"Ah, no? E io dovrei crederti? Senti carina, io non mi faccio raggirare
da nessuno, quindi rassegnati e dì ai tuoi amici che me
la pagheranno cara".
"Non dovresti parlare così".
"Tu non sei nessuno, e non puoi dirmi cosa devo o non devo fare, e io
odio...".
"...quando ti dicono cosa fare".
Sharpay rimase interdetta per qualche secondo, ma si ricompose in
fretta.
"Fai anche la spiritosa?".
"Perchè invece di stare qui da sola non sei assieme a tutti i
tuoi amici per festeggiare il Natale?".
"Non sono affari tuoi. Comunque quelli non sono miei amici e il Natale
è solo una perdita di tempo, di denaro e di linea perfetta",
disse alzandosi e indicando la sua figura esile.
"E' proprio per questo che sono qui. Il mio compito è quello di
salvarti".
"Salvarmi? E da cosa?", chiese la biondina incrociando le braccia al
petto.
"Da te stessa", rispose la ragazza nel modo più naturale
possibile.
"Sentiamo, come hai intenzione di 'salvarmi da me stessa'?", chiese
Sharpay sarcastica.
"Vieni con me".
Detto ciò la ragazza distese il braccio scoprendo una mano
pallida da sotto il vestito candido, che offrì all'altra.
Sharpay era titubante.
"Cosa dovrei fare? Prenderti la mano, e poi?".
"Fidati. Non avrai paura?".
"Io paura? Quando mai?!".
Nel momento stesso in cui afferrò la mano che le veniva offerta, chiuse
gli occhi.
Si sentiva leggera e, spinta dalla curiosità, riaprì gli occhi.
Il suo primo istinto fu quello di urlare, ma la voce le morì in gola.
Stava fluttuando al di sopra della città. Sotto di lei vedeva le strade
quasi deserte e i tetti degli edifici.
Guardare in basso fu una cosa molto stupida. Avvertì un senso di nausea.
"E' meglio non guardare di sotto. E' un po' come quando ti
arrampichi in montagna", le suggerì la ragazza comparendo al suo
fianco.
"Già. Si può sapere cosa cavolo sta succedendo?!", chise Sharpay.
"Il mio compito è quello di mostrarti i tuoi Natali, quelli passati,
quelli presenti e quelli futuri".
"E a cosa serve?"
"Lo capirai. Vieni con me".
La prese per mano e cominciarono a volare leggere attraverso le nuvole.
Scesero sempre più.
Mano a mano che si abbassavano, le strade cambiavano: si riempivano di
persone e venivano imbiancate dalla neve che scendeva da un cielo che
diventava sempre più scuro, fino a tingersi completamente
nero. Il vento che aveva soffiato fino a quel momento, si
arrestò.
Arrivarono davanti ad una casa, si avvicinarono ad una finestra
illuminata e lo spirito fece cenno a Sharpay di guardare attraverso ad
essa.
La stanza che si presentò davanti ai suoi occhi era familiare.
Un enorme albero addobbato con campanelle e luci colorate occupava gran
parte dello spazio e accoglieva sotto di sè tanti pacchetti
rivestiti da carte colorate.
Due bambini in piagiama, un maschietto ed una femminuccia, erano seduti
accanto ad
essi e, prendendone uno alla volta, li scuotevano cercando d'indovinare
ciò che contenessero.
"Scommetto che zia Rose mi ha regalato un set di trucchi nuovo", disse
la bimba agitando una scatola blu.
"Questa volta non mi convincerai a farmi truccare come un pagliaccio da
te", disse il bambino guardando la sorella con gli occhioni blu
spalancati.
"Guarda che io avevo fatto un'opera d'arte, sei tu che ti sei messo a
piangere e hai fatto colare tutto".
"Certo che ho pianto, mi volevi far andare a scuola con quei cosi in
faccia!".
"Sei una femminuccia, Ryan".
"Non è vero".
"Sì che è vero".
"Vediamo come ti difendi con questo", disse il bimbo afferrando un
cuscino del divano vicino e colpendo la sorella sulla testa.
"Questa me la paghi", ribattè lei prendendo un altro cuscino per
difendersi.
Entro pochi secondi cominciò una vera e propria battaglia, che si
concluse con le risate dei due bambini.
"Quelli siamo Ryan ed io da piccoli. Avevamo 6 o 7 anni, credo. La sera
di Natale uscivamo sempre dalla nostra stanza mentre mamma e
papà dormivano e cercavamo di capire cosa ci fosse dentro i
pacchetti. L'abbiamo fatto fino ai 10 anni".
"Perchè avete smesso?", chiese lo spirito.
"Beh, suppongo perchè siamo cresciuti e ognuno ha i
propri impegni. Insomma, non siamo più bambini, non possiamo
mica metterci a sgusciare fuori dal letto per scartare i regali di
nascosto", rispose Sharpay pensierosa.
"Intendevo, perchè avete smesso di passare del tempo assieme o di
divertirvi in compagnia?".
"Non lo so... probabilmente per gli stessi motivi che ti ho detto
prima".
Sharpay risprese a guardare attraverso la finestra per fissare quei due
bambini che, rimessi al loro posto i cuscini tornavano in punta di
piedi nei loro letti.
La stanza, la finestra e la casa scomparvero e le due ragazze si
ritrovarono di nuovo a fluttuare sulla città.
La neve scendeva fitta. Sharpay notò che i fiocchi che la sfioravano,
scivolavano sul suo corpo senza bagnarla.
Davanti a loro comparve una villetta. La biondina la squadrò
incuriosita.
"Cosa ci facciamo a casa di Troy Bolton?", chiese allo spirito.
Senza parlare, la figura evanescente si avvicinò all'abitazione e passò
attraverso il muro di mattoni.
Sharpay, che la stava seguendo, si bloccò.
"Cosa fai li fuori? Vieni".
"Ti ricordo che io non sono la sorella di Casper, quindi non posso
passare attraverso le pareti".
L'altra le prese una mano e la tirò a se. Sharpay chiuse gli occhi.
Sentì alcuni rumori, delle voci allegre.
Riacquistato l'uso della vista, li vide tutti. Tutti i compagni di
scuola.
C'erano tutti. Troy e la sua inseparabile Gabriella, Taylor, Chad,
Kelsi, Zeke, Martha Jason e Ryan. Tutti riuniti a casa Bolton a
festeggiare.
"Questo è il Natale presente, Sharpay".
"Già. Sembra che si stiano... divertendo".
Il suo sguardo divenne quasi malinconico.
Erano tutti seduti attorno ad un grande tavolo posto al centro
dell'ampio salone. Stavano mangiando e il loro chiacchiericcio riempiva
la stanza.
"E' stata una fortuna che i tuoi siano usciti stasera, amico",
esclamò Chad sovrastando le altre voci. "Altrimenti avremmo
dovuto affittare il solito locale".
"Sì, hai ragione, proprio una bella fortuna", gli rispose Troy
sorridendo.
A quel punto Zeke si alzò in piedi e cercò di far zittire tutti e
attirare l'attenzione su di sè.
"Proporrei un brindisi". Un coretto di 'no', si levò dalla
tavolata, ma il ragazzò proseguì. "E lascio l'onore
all'organizzatore della serata. Ryan", finì indicandolo.
Inizialmente non accettò, ma si lasciò convincere e si mise in piedi
alzando il bicchiere.
"Beh, cosa dire. Intanto ringrazio tutti voi per essere qui. E' bello
poter celebrare questo giorno con voi. Anche se manca qualcuno...".
Diventò triste.
"Eddai Evans, tu ci hai provato, non devi sentirti in colpa". Chad
cercava di essere di sollievo.
"Chad ha ragione, però dispiace anche a me. Dev'essere brutto
rimanere soli la sera di Natale", disse Gabriella con un velo di
tristezza nella voce.
"E' lei che non è
voluta venire, noi non abbiamo fatto nessun errore", asserì Taylor.
"Scusate ragazzi, non volevo rattristarvi o farvi litigare. E' solo che
non la riconosco più. Lei non è più la Sharpay che
ricordavo. Adesso è glaciale e fa di tutto per allontanarmi,
vorrei tanto capire cosa le è preso, e che fosse qui con noi".
"Io non credo sia davvero così. Probabilmente è solo il
suo carattere, ma sono sicura che se ci provassimo riusciremmo a
trovare un modo per andare d'accordo con lei".
Nella stanza calò il silenzio.
Sharpay guardava la scena sconvolta. Non pensava davvero che suo
fratello e i suoi amici, in particolare Gabriella, la considerassero in
quel modo.
Per tutto quel tempo aveva creduto che nessuno la volesse, ma a quanto
pareva si stava sbagliando di grosso.
"Non capisco cosa dovrebbe importarmi ciò che pensa di me questo
gruppo di... di... persone", disse la biondina riprendendosi, rivolta
allo spirito che fluttuava accanto a lei.
"Non sono io che te lo devo dire", rispose l'altra tranquilla.
Com'era accaduto la volta prima, lo scenario si dissolse e cambiò.
Le due ragazze si ritrovarono nuovamente all'aperto.
"Le cose non sono mai come ci appaiono", disse in un soffio lo spettro.
"Già". A Sharpay ancora frullavano in testa le parole usate da
Ryan e Gabriella, e non fece caso a ciò che le si
presentò davanti.
Le due erano entrate all'interno di un'altra abitazione.
Era di nuovo casa Evans, più precisamente il soggiorno.
Non era esattamente
come Sharpay se la ricordava, c'era qualcosa di diverso.
La porta della stanza si aprì e Ryan entrò all'interno della camera.
La sorella lo fissò squadrandolo dalla testa ai piedi. Era
vestito in modo strano, più serio, e, per di più,
sembrava più adulto, 20-22 anni.
Aveva un'espressione allegra e spensierata. Afferrò il cappotto appeso
alla spalliera di una sedia e se la infilò.
"Dai amico, muoviti! Ci stanno aspettando tutti. Non vorrai ritardare
alla rimpatriata natalizia dei Wildcats?", incitò Chad sbucando
da dietro lo stipite della porta. Anche lui era cresciuto, un sottile
strato di barba gli ricopriva la parte inferiore del viso.
"Sì, arrivo".
In quel momento, la Sharpay del futuro fece il suo ingresso nel salotto
senza degnare neanche di uno sguardo Chad, che, appena la vide si
ritrasse con una smorfia.
"Ancora con questa storia? Siete patetici. Rimanere ancora legati al
gruppetto del liceo. Quando crescerete?".
"Sì, hai ragione tu, come sempre. Ciao", si limitò a
risponderle il fratello. Uscì e si chiuse la porta alle spalle.
Lei si sedette sul divano bianco posto di fronte al camino e rimase
immobile a fissare le fiamme che crepitavano.
La Sharpay del presente rimase di stucco.
Ciò che l'aveva colpita e ferita, non era il suo atteggiamento
di superiorità, il tono di voce sprezzante che aveva utilizzato
o il fatto che la notte di Natale la passava completamente sola in una
casa troppo grande, ma il modo in cui Ryan l'aveva trattata:
freddamente.
Non aveva neanche provato a ribattere alle parole pungenti che gli
erano state sputate addosso e l'aveva guardata con indifferenza, come
se lei non fosse importante per lui.
E' vero, varie volte avevano litigato, tra fratelli succede, ma non
erano mai arrivati al punto d'ignorarsi completamente, come se fossero
dei completi estranei.
"C-cosa è successo?", chiese allo spirito cercando di mascherare il
leggero tremolio della voce.
"Ti stei isolata e
non hai voluto vicino nessuno. Hai perso di vista i veri valori e il
tuo
atteggiamento aggressivo e autoritario non ha bene nè a te
nè a chi ti è stato attorno. Ryan ha sempre provato a coinvolgerti in
tutto ciò che faceva,
e anche tutti gli altri lo hanno fatto. Ma tu sei sempre rimasta fedele
alle tue convinzioni e hai preferito proseguire per la tua strada.
Piano, piano li hai allontanati da te".
Queste parole facevano male, ma Sharpay ormai sapeva che lo spirito non
mentiva, quindi erano tutte vere.
Non poteva sopportare quello che aveva visto. Tutto ciò che
voleva era tornare indietro, far in modo che non accadesse niente di
ciò a cui aveva assistito.
Come se le avesse letto nella mente, l'altra ragazza le disse: "Ormai
quel che è fatto è fatto, e non si può tornare
indietro".
Aveva ragione, aveva maledettamente ragione.
L'immagine di se stessa nel futuro e del salone sparirono.
Sharpay si svegliò ansimando. Si guardò attorno. Era di nuovo nella sua
stanza, immersa nell'oscurità, ed era completamente
sola.
Si alzò e vide che sul letto, proprio accanto a lei, c'era
ancora il copione del musical. Lo prese in mano e lo fissò per
qualche secondo.
Possibile
che fosse stato solo un sogno?
Di una cosa era certa: non avrebbe permesso a nessuno, neanche a se
stessa, di far avverare ciò che aveva visto.
Non voleva che suo fratello si allontanasse da lei, e se quello
significava accettare il gruppo dei suoi amici e essere un po' meno...
Sharpay, l'avrebbe fatto.
'In fondo', pensò, 'non sarebbe stato male avere degli amici...'
Ributtò il copione sul letto e puntò decisa verso il suo
enorme armadio. Aprì le ante, prese alcuni vestiti, li
indossò, e uscì di casa, ma non prima di aver ringraziato
mentalmente la ragazza-spirito che l'aveva aiutata a capire, che le
aveva aperto gli occhi definitivametne.
Sapeva che non sarebbe stato facile raggiungere l'obiettivo che si
stava prefiggendo, ma l'avrebbe fatto, a tutti i costi.
Sì, Sharpay Evans ce l'avrebbe fatta, e avrebbe ottenuto ciò che
voleva, ciò per cui valeva veramente la pena lottare.
Erano questi i pensieri che le occupavano la mente nell'istante in cui
bussò alla porta di casa Bolton.
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Allora... questa shot l'ho scritta di getto, mentre pensavo
al Natale che si avvicinava.
Ho preso spunto da una libro che ho letto qualche anno fa e che mi
è piaciuto molto : "Il Canto di Natale",
di Charles Dickens.
La storia l'ho modificata un po', cercando di adattarla ai giorni
nostri e ad un contesto che centrasse il tema di High school musical...
Spero non mi voglia male nessuno dopo aver letto... soprattutto per
la scelta della protagonista. Sinceramente Sharpay mi sta simpatica, ma
non avrei saputo a quale altro personaggio adattare la storia...
comunque alla fine capisce i suoi sbagli e diventa una persona diversa
;D
Spero tanto vi piaccia e che mi lasciate qualche commento...
P.S. Domani o dopodomani dovrei riuscire ad aggiornare "IL
SEGRETO DEL SORRISO", so che sono in ritardo, ma il tempo per scrivere
l'ho avuto solo ieri.
Adesso vi saluto e auguro, anche se un pochino in anticipo,
BUON NATELE A TUTTI!!!!!^^
Angel_R
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