Districavo con la penna
rovi di teoremi,
nascosta nella mia stessa
implosione.
Scontavo sudoku di colpe
in sottospazi di delusione.
Poi il pc tremolò
di capelli,
per la luce al neon.
In bianco e nero un ritratto,
in quella cornice
degrado del troppo Google;
e, sul vetro, un picchiettio
di occhi, della densità
del vuoto.
Quello sguardo che bussava
rincorse l'angoscia
del vederlo.
Qui, sul cuore,
ha inciso con un laser d'insistenza
la sua - e mia -
domanda:
Perchè?
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