CARO
CENONE DI NATALE…
Il cenone di
Natale è sempre stato il mio incubo.
Puntualmente, ogni anno, all’approssimarsi della
sera del ventiquattro dicembre, io sento dentro di me il più
feroce istinto suicida. Appena il cielo inizia a scurirsi e la sera
elegantemente comincia a farsi avanti, io cerco invano di farmi forza.
Eppure l’angoscia è sempre più forte di
qualsiasi altra improvvida emozione, e neppure il richiamo dei regali
funge efficacemente da diversivo.
Il fatto è che il cenone nella mia famiglia
è stato sempre concepito come raduno di tutti i familiari.
Così non potrebbe mai mancare zio Riccardo, con
il suo alano da combattimento a pois ed i suoi attacchi
d’asma.
Né potrebbe dare forfait mio cugino Alemanno:
sempre sulle sue e loquace come un buddista in meditazione tantrica.
Ma il peggiore di tutti è nonno Pasquale:
logorroico fino all’esasperazione, autoritario ma non
autorevole, e patriarca della numerosa famiglia. Nonno Pasquale
è sempre l’ultimo ad arrivare, chiudendo
l’affamata fila di convitati.
Così, con mefistofelica precisione, anche
quest’anno il rituale si ripete.
Fervono ancora i preparativi, quando il silenzio viene
squarciato dal primo trillo del campanello. Corro ad aprire e mi
ritrovo davanti zia Pamela: donna saggia ma particolarmente fastidiosa
alla vista. Infatti l’aspetto torvo è quanto di
più doloroso possa essere inferto agli occhi.
Così mi metto il cuore in pace (e pure la vista). Io ed i
miei genitori ci esibiamo nei soliti convenevoli dettati più
dal legame di sangue che dalla gioia di rivedere questi parenti venuti
da lontano: e si sprecano i consueti abbracci e quei baci soffocanti a
tutti tristemente noti.
Intanto sentiamo provenire da fuori un boato. Mi precipito
in giardino e trovo zio Peppino che si diverte con la moglie ed i
figlioletti ad esplodere fuochi d’artificio.
“Quest’anno abbiamo pure la bomba Obama”
mi dice come prima cosa. Sinceramente io detesto zio Peppino:
senz’altro questo odio è dovuto anche alle sue
risapute scappatelle ignorate dall’ingenua consorte, ma
soprattutto dal fatto che è riuscito ad impartire ai
figlioletti un’educazione prossima a quella dei selvaggi.
Infatti Gianni ed Andrea sono sempre indaffarati a fare scherzi di
pessimo gusto: l’anno scorso hanno dato una passata di
mastice sulla tavoletta del water, obbligandoci a chiamare
l’ambulanza per cercare di staccare nonno Silvestro che
incautamente vi si era assiso a cenone ultimato.
Ma la frotta di gente continua ad arrivare: così
continuo a disimpegnarmi nelle solite appiccicose smancerie.
L’orologio fa le venti e nonno Pasquale non
è ancora arrivato: tutti sono innervositi dalla
pantagruelica fame che li attanaglia, mentre io spero che il ritardo
sia dovuto ad un attacco cardiaco letale. E invece ecco una sonora
bussata alla porta. Il vecchio è arrivato, e tutti accorrono
alla presa dei posti con disumana ferocia.
Prima di iniziare, ci tocca pure la preghiera recitata da
nonna Rosetta. Al proferire dell’ “amen”
scoppia il sessantotto, e fra un boccone e l’altro, fra un
sorso di vino ed un’occhiata famelica al vicino che si
accaparra l’ultima coscia di pollo, si va consumando la
triste ricorrenza.
Capita poi di sentire di tutto: zia Pamela che come al
solito millanta numerosi spasimanti cui non si è voluta
concedere; zio Euclide che sta seguendo corsi serali per ottenere la
licenza media ma zoppica in geometria; mio cugino Alemanno che ronfa
beatamente addormentato sul tavolo.
In tutto questo putiferio, il ruolo principe inevitabilmente
spetta a nonno Pasquale, che quest’anno ha deciso di
allietarci disquisendo di Nietzsche, Spiderman e dell’ultima
edizione del Grande Fratello. Ovviamente parla senza alcuna cognizione
di causa, eppure sarebbe da ammirare un uomo che senza alcuna logica
riesce a saltare di palo in frasca con tanta spigliatezza.
Con mio gaudio immenso è giunta l’ora
del fatal rintocco, quello della mezzanotte.
So bene che ora si procederà della famelica
apertura dei regali, ma almeno il peggio è passato.
Ed avrò tempo un anno per digerire questa
maledettissima cena.
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