Liberazione
A
volte avrebbe voluto prendere quella testaccia a pugni così
forte
fino a spaccargliela.
Naruto
si morse un labbro, infuriato, e lasciò cadere la penna
sulla
scrivania, cominciando a muoverla con la punta delle dita mentre
ripensava per l’ennesima volta alla scena di quella mattina.
Aveva
visto il volto di Hinata impallidire e indurirsi fino
all’inverosimile, e ancora stentava a crederci, dato che non
era
mai successo prima. Quella mattina Boruto aveva proprio esagerato.
Afferrò
la penna con ferocia, spingendola sul documento che stava cercando da
una buona ora di leggere tanto che la sua punta fuoriuscì
dall’altro
lato del foglio. Doveva fare la stessa cosa con la testa di Boruto,
ficcargli quella realtà così violentemente nella
testa che non
avrebbe potuto più venirne fuori. Ormai era Hokage, e non
poteva
essere cambiato. Non poteva perché avrebbe causato nuova
instabilità
politica, nuove incertezze dopo una guerra che tutti volevano
dimenticare, ma, soprattutto, perché finalmente aveva
realizzato il
suo sogno. Non avrebbe potuto buttarlo via in quel modo soltanto
perché il suo primogenito non riusciva a capire che ormai
suo padre
era un po’ il padre di tutti, a Konoha.
Alcuni
giorni prima ne avevano parlato con Hinata, ma la situazione non gli
era sembrata così grave come lei gliel’aveva
dipinta. Invece,
quella mattina, aveva dovuto ricredersi: aveva ancora ben stampata in
mente la faccia sconvolta di Boruto, i suoi occhi ardenti di lacrime,
la sua voce che urlava a pieni polmoni due frasi che non avrebbe mai
voluto sentire.
“Tu
non ci vuoi più bene! Ci hai abbandonati!”
Non
era vero. Non li aveva abbandonati come Sasuke aveva fatto anni prima
con lui, scappando dal villaggio di notte, quando nessuno avrebbe
potuto fermarlo; non aveva smesso neppure per un attimo di bearsi di
quella immensa felicità che gli procurava soltanto guardare
la sua
famiglia, poter sentire il calore di Hinata nel suo stesso letto
durante la notte, poter giocare con i suoi figli, abbracciarli,
stringerli con forza per provare che tutta quella vita fosse reale.
Cercava
di stare sempre accanto a loro, anche se da quando era diventato
Hokage era sempre più difficile, perché le
scartoffie sulla sua
scrivania si moltiplicavano ad una velocità impressionante
nonostante non succedesse nulla di significativo. Cercava sempre di
dare il meglio di sé, come Hokage e come padre, anche se
forse non
era abbastanza. Non sapeva se tutti i suoi predecessori ci fossero
riusciti, se suo padre ci fosse riuscito, perché non era
vissuto
abbastanza per poterglielo chiedere; anzi, forse egli non era vissuto
neppure abbastanza per poter fare proprio il padre.
Ogni
giorno della sua vita aveva sentito la mancanza dei suoi genitori.
Altrettante volte si era ripromesso, mentre fissava il soffitto la
notte, incapace di dormire dopo aver fatto l’amore con
Hinata, che
quando la sua pancia sarebbe cresciuta tanto da dare vita al loro
bambino, avrebbe fatto di tutto per non fargli sentire mai le
mancanze per cui lui aveva sofferto.
E,
a quei pensieri, il senso di colpa ritornò a farsi vivo nel
suo
corpo, strisciandogli nello stomaco. Lasciò la penna sul
foglio e si
portò le mani al viso, stravolto: non sapeva proprio come
fare a
risolvere quella questione. Con un sospiro, si voltò verso
la
finestra dello studio, completamente spalancata all’esterno:
era
uno splendido pomeriggio di sole autunnale, la temperatura sarebbe
stata perfetta per un padre modello per giocare all’aria
aperta con
suo figlio.
Ormai
completamente incapace di leggere una riga in più, si
alzò dalla
scrivania e trascinò la sedia sotto il davanzale della
finestra,
facendo aderire lo schienale al muro. Vi si lasciò cadere,
esausto,
e abbandonò la testa all’indietro, sul bordo della
finestra,
chiudendo gli occhi.
“Sarebbe
stato meglio continuare ad essere arrabbiato e immaginare di
spaccargli la faccia.” mormorò a se stesso,
cercando di farsi
forza, ma la sua mente non voleva saperne di cambiare rotta da quei
pensieri, nonostante il vento gli carezzasse piano la testa.
All’improvviso sentì un lieve fruscio sulla fronte
e la sensazione
che qualcosa si fosse attaccato sui suoi capelli gli fece alzare le
mani, pesantissime, per vedere di cosa si trattasse.
Si
sventolò la foglia secca che gli era volata sulla fronte una
o due
volte davanti agli occhi, consapevole che avrebbe dovuto alzarsi in
piedi per rigettarla fuori dalla finestra, altrimenti, con tutte le
cose che erano accadute quel giorno, di certo la sfortuna non lo
avrebbe abbandonato e la foglia sarebbe ricaduta sul pavimento
dell’ufficio, costringendolo a muoversi due volte. Si
alzò
puntellando con forza le mani sui braccioli imbottiti della sedia,
sbuffando, e si voltò verso la finestra.
La
strada era ingombra di foglie secche e silenziosa, così le
panchine
nella strada sottostante la sua finestra, infatti soltanto una era
occupata. Naruto strizzò gli occhi per assicurarsi che
quello che
aveva visto non fosse frutto della sua immaginazione, trattenendo il
fiato, ma non lo era. Quello seduto sulla panchina priva di foglie,
spalle e viso basso, gomiti sulle ginocchia, era proprio Boruto, e
accanto a lui c’era Hinata, molto più tranquilla
rispetto a quella
mattina. Però non si guardavano affatto, segno che nulla era
cambiato.
Le
sue colpe continuavano a perseguitarlo senza pietà anche
quando era
già al limite. Arrabbiato, fece per chiudere la finestra, ma
uno
scambio concitato di opinioni di cui, però, non
riuscì a sentire
una parola lo trattenne. Di certo parlavano di lui. Boruto
alzò la
voce più volte mentre, immaginò, Hinata cercava
di convincerlo a
fare ciò che voleva con le buone e un sorriso dolcissimo;
poi il
bambino si guardò intorno più volte, di
soppiatto, e annuì senza
entusiasmo, stendendosi sulla panchina e posando la testa sulle
ginocchia di sua madre, che prese ad accarezzargliela lentamente, con
un movimento che ipnotizzò padre e figlio.
Spesso
lei aveva fatto così anche con lui.
Boruto
sembrava essersi tranquillizzato abbastanza, aveva persino chiuso gli
occhi mentre Hinata continuava a passargli una mano nei capelli. A
lei bastava così poco per placare e aiutare i loro figli.
Più
ammirato che invidioso, Naruto tese le orecchie per cercare di
captare le loro parole: sentiva la voce di Hinata, sottile e
cadenzata, e immaginò stesse rassicurando Boruto del fatto
che il
suo papà lo amava con tutto se stesso, che non lo avrebbe
mai
abbandonato, che era semplicemente occupato. Il bambino,
però,
scosse la testa all’improvviso e scattò di nuovo
seduto,
gesticolando con forza e infervorandosi tanto che persino lui
riuscì
a sentire le sue parole.
“Non
è vero!” esclamò
saltando in piedi, guardando Hinata come sul punto di iniziare una
battaglia, i pugni stretti fino a diventare bianchi per lo sforzo.
“Tutti ci dicono che dobbiamo aspettare, che papà
ci vuole bene,
ma io non ci credo! Da quando è diventato Hokage non
c’è mai, non
gli interessa più di noi! Io
odio quegli stupidi Hokage!”
L’espressione
sul viso di Hinata si incrinò in silenzio, mentre Naruto
stringeva
forte il davanzale della finestra, cercando di costringersi a non
intervenire, altrimenti, ne era certo, avrebbe rovinato tutto come al
solito. Tuttavia, ella trovò la forza di parlare come se
nulla fosse
successo mormorando qualcosa che non riuscì a sentire,
perché ormai
aveva la mente ingombra di altri pensieri.
Sapeva
che Hinata era forte, ma si stupiva ogni giorno di più di
quanto lo
fosse effettivamente e di quanto la sua forza crescesse secondo dopo
secondo. Boruto aveva smesso di urlare, chiaramente a disagio, e le
sue braccia erano scivolate lungo il corpo, senza difese. Lei sorrise
dolcemente, poi si alzò dalla panchina e si chinò
verso di lui,
posandogli un bacio sull’angolo delle labbra che lo fece
sobbalzare
e arrossire furiosamente.
Mentre
Boruto si guardava intorno imbarazzato, sperando con tutto se stesso
che nessuno avesse assistito alla scena, il cuore di Naruto perse un
battito, sbigottito, certo di aver osservato un gesto troppo segreto
per poter essere persino sfiorato con il pensiero. Hinata lo aveva
baciato allo stesso modo, tempo prima, quando, qualche secondo prima
di essere presentato al villaggio come il settimo Hokage di Konoha,
il nervosismo gli aveva afferrato le gambe e sotterrato
l’umore,
rendendolo certo che non sarebbe stato mai adatto a quel ruolo. La
kunoichi gli si era avvicinata in silenzio, mentre erano da soli in
quello stesso ufficio, e, per confortarlo, gli aveva dato un bacio
vicinissimo alle labbra, che lui aveva trasformato in qualcosa di
più, desideroso di sentire maggiormente la sua vicinanza.
Gli aveva
infuso coraggio, salvandolo da quella debolezza inaspettata, e lo
stesso stava cercando di fare con loro figlio, ormai stranamente
immobile al suo posto da molto tempo.
Naruto
sperò che Boruto potesse capire il significato di quel
bacio, anche
se di certo Hinata non avrebbe mai raccontato ciò che era
accaduto
tra di loro, che quel gesto riuscisse a convogliare tutto
l’amore
che i suoi genitori provavano per lui nel suo cuore di bambino troppo
piccolo per poter persino pensare che suo padre non gli volesse bene.
Ed egli sollevò una volta un piede, poi l’altro,
avvicinandosi ad
Hinata sbandando e guardandola in cerca di aiuto. Lei gli sorrise
ancora, invitandolo a sedersi di nuovo accanto a lei battendo una
mano sulla panchina.
“Non
sei l’unico che soffre per l’assenza di tuo padre.
Anche la mamma
sta male, tua sorella sta male, ma, soprattutto, il primo a stare
male perché non può trascorrere più
tempo con noi è lui.”
“Lu-lui?”
“Sì.
Il tuo papà ci ama, e non sopporta di doverci stare lontano.
Per
questo si arrabbia sempre quando qualcuno di noi gli dice che non ci
vuole bene e ci ha abbandonati.”
“Non
qualcuno.
Sono stato io a dirlo.”
“Non
preoccuparti, non è tardi. Per chiedere scusa e fare pace
c’è
tutto il tempo del mondo.”
Hinata
guardò il bambino diritto negli occhi, mentre gli parlava.
Naruto
vide suo figlio sorprendersi di quelle parole che lui non
riuscì a
sentire, perché ella parlava a voce talmente bassa che anche
il
vento la sovrastava, poi Boruto prima si intristì, dopo
spalancò
leggermente le labbra, incapace di trattenersi. Allora il sorriso di
Hinata divenne più compunto e lei annuì con la
testa.
Era
vero, amavano i loro figli immensamente, così tanto da non
riuscire
a parlarne, Boruto doveva crederlo senza averne alcun dubbio. Fu in
quel momento che, finalmente, Naruto sentì che poteva
raggiungerli.
Al diavolo le carte da firmare e il lavoro che si accumulava da
settimane sulla scrivania, dimostrare a Boruto quanto tenesse a lui
era molto più importante.
Senza
neppure chiudere la finestra per non ritrovarsi l’ufficio
inondato
da foglie, corse a perdifiato verso la strada e superò la
porta
d’ingresso del palazzo. Arrivò alla panchina quasi
senza riuscire
più a respirare, facendo sobbalzare sia Boruto che Hinata.
Ma
sorrise loro largamente, cercando di dimostrare che andava tutto
bene.
“Oggi
è davvero una bella giornata, eh?”
esclamò all’indirizzo di
entrambi, senza, però, staccare gli occhi da Boruto.
“È un
peccato restarsene dentro!”
Hinata
annuì, radiosa per il fatto che lui si fosse materializzato
lì tra
loro all’improvviso, proprio quando Boruto aveva
più bisogno di
lui. Naruto era così, c’era sempre quando doveva salvare.
“Hai
ragione, per questo siamo usciti a fare un giro con Boruto!”
Fissarono
entrambi il bambino, che annuì in silenzio, stranamente
timido e
cercando di non guardarli a lungo.
“Avete
fatto bene!”
Naruto
posò una mano sulla spalla di Hinata e le sorrise
largamente,
avvicinandolesi tanto da poterle parlare senza che loro figlio lo
sentisse.
“Guarda
che ho visto tutto.” le sussurrò
all’orecchio senza riuscire a
trattenere lo stupore e l’adorazione “Le tue
parole, quel bacio…
Sai sempre come aiutare gli altri!”
“Non
dirlo a Boruto!” lo pregò immediatamente la
kunoichi portandosi
una mano davanti alla bocca “Era l’unico modo per
calmarlo… Non
dirgli di averci visti, morirebbe per l’imbarazzo!”
Lui
trattenne a stento una risata, ormai rinfrancato.
“Non
glielo dirò, non preoccuparti. Ma voglio lo stesso
ringraziarti,
perché qualcuno deve farlo, e dato che lui non
saprà mai quel che
hai fatto per lui…”
Lanciato
uno sguardo veloce verso il bambino, che sembrava distratto da
qualcosa lontano, Naruto abbassò il volto su quello di
Hinata e le
diede un bacio sull’angolo delle labbra, lo stesso che lei
aveva
dato a lui tempo prima.
La
kunoichi gli sorrise e si allontanò subito, timorosa che
loro figlio
potesse averli visti, ma Naruto scacciò quella
preoccupazione
carezzandole piano la spalla e andando verso di lui. Boruto,
però,
aveva visto ogni cosa, soltanto fingendo di non fare caso a loro.
Immobile, si portò una mano al petto, sentendo il cuore
battere
forte, sbigottito e spaventato da quella sensazione, ma ormai
consapevole del significato di quel bacio.
Soltanto
lo sfaldarsi di una foglia secca sotto la suola della scarpa lo
riportò alla realtà, e si accorse che suo padre e
sua madre erano
accanto a lui e lo stavano guardando, in attesa.
“Ti
va di giocare?” gli chiese Naruto un po’ timoroso,
senza smettere
di stringere, dietro la schiena, la mano di Hinata. Boruto non poteva
vederle, ma immaginava cosa stesse accadendo dietro le figure dei
suoi genitori.
Tutto
ciò che sua madre aveva detto era vero: suo padre li amava
con tutto
se stesso. Era terribilmente sorprendente quanto potesse sconvolgerlo
tutto quello che stava accadendo quel giorno: suo padre aveva
lasciato persino il lavoro per andare da lui. Ma se poi nulla fosse
cambiato…
Per
un momento brevissimo, Boruto lanciò uno sguardo alla
finestra
spalancata dello studio di suo padre, la sua prigione, poi, la
liberazione: voleva fidarsi ancora di lui. Afferrò la mano
libera di
suo padre con un sorriso e li trascinò lontano,
là dove le foglie
secche non avrebbero potuto disturbarli, leggendo negli occhi
dell’uomo la stessa sorpresa che prima era stata la sua.
Note:
Finalmente
è finita! Che parto! O____O
L’idea
per questa fic mi ha fulminata, ma l’avrò rivista
almeno tre volte
perché ogni volta che la stendevo non mi piaceva. Da quando
ho letto
la fine del manga non riesco a pensare a Hinata e Naruto se non con
figli a carico e, siccome adoro Boruto, ecco servita la storia. XD
Ormai i ragazzi sono grandi e dobbiamo dar loro
responsabilità. XD
La questione di Boruto che faceva le marachelle per attirare
l’attenzione di suo padre nell’ultimo capitolo del
manga mi ha
messo molta tristezza dopo tutto ciò che ha passato Naruto
quando
era bambino, e ho sentito proprio il bisogno di parlarne. Spero che
la mia versione sia realistica, profonda al punto giusto e
soddisfacente. Sì, lo so, magari è troppo da
desiderare, ma spero
davvero che la fic sia almeno piacevole da leggere, perché
dentro
c’è davvero un pezzo di me! :D
Per
quanto riguarda la caratterizzazione, vorrei spendere prima due
parole su Naruto, dato che la crescita di Hinata si è
già
abbondantemente vista nel manga: ho cercato di renderlo ancora un
pochino più maturo di quanto fosse nell’opera
originale, come
credo si sia capito dal fatto che non scende di corsa a rompere i
denti a Boruto quando lo vede litigare con Hinata dalla finestra
(XD), ma che aspetta pazientemente. Dovrà pure aver
sviluppato una
qualche specie di qualità per essere nominato Hokage, oltre
che per
tutte le sue gesta di guerra! XD
Scherzi
a parte, a proposito della lite di Hinata e Boruto, mi sono divertita
molto ad imbastire la fic sul gioco del “sento-non
sento”. Non
svelerò la mia idea di quello che si siano detti
all’inizio,
perché ognuno potrebbe averne una differente e mi piacerebbe
molto
conoscerle tutte. Per esigenze di trama ho dovuto rendere
“pubblico”
il nodo centrale della conversazione, altrimenti, non lo nego, se si
fosse capito comunque, avrei continuato sulla falsariga
dell’inizio,
perché a me piacciono queste cose strane. XD È
stata un’esperienza
strana e nuova scrivere in questo modo, ma mi è piaciuta
molto.
Spero non renda la fic troppo complicata da capire.
Boruto
è ancora un bambino, non può capire quello che i
suoi genitori gli
dicono se non tramite l’esperienza, che purtroppo fino a quel
momento l’ha completamente tradito… Dio, mi viene
una tristezza a
scrivere di queste cose, e pensare che ci sono bambini reali che
hanno questi problemi! Almeno qui finisce bene! T___T
Hinata
è Hinata, e non credo ci sia da dire altro. È il
pilastro su cui
Kishimoto ha costruito una delle ultime parti della crescita di
Naruto nel manga, e ho voluto darle ancora questo
“aspetto”. La
vede un po’ come la parte “razionale” e
posata della coppia,
mentre lui “fa pazzie”, anche se adesso sono
sposati. E
immaginarli sposati mi rende immensamente felice! ^O^
Ringrazio, in ultimo, ma non
perché siano meno importanti, Mokochan e Yume_no_Namida che,
con i loro contest, riescono sempre a tirare fuori qualcosa di
più o meno buono (aspettiamo i giudizi per definirlo XD) di
me. Grazie per i vostri onnipresenti contest NaruHina,
continuerò a parteciparvi finché avrò
vita! T_____T
Come al solito, qualunque parere
sarà gradito, buono o cattivo che sia, purché
costruttivo.
Alla prossima! ^^
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