Osservo una pietra.
Osservo un pesce.
Osservo l’acqua, il lago.
È stato facile prendere
famigliarità con questi luoghi, così sperduti che sembrano quasi
dimenticati dalla civiltà. Mi alzo, ormai è sera ed è ora
di rientrare a casa. Quelle quattro mura che ospitano il mio corpo e che chiamo
con così tanta normalità “casa” solo per avere un
riferimento, più mentale che geografico. A dire la verità non ha
un nome preciso il luogo dove vivo, non a parer mio. I francesi si limitano
a
chiamarla “residence”, come se la parola residenza possa dare
significato alla massa di ragazzi che si trovano qui, ognuno con propositi e
speranze diverse.
Come ci sono arrivata ancora non
me ne rendo conto, il tempo è passato talmente in fretta. Quello che
so
con certezza è il perché sono qui, volevo scappare da tutto e da
tutti, da una monotonia che ormai si stava impossessando di me e che mi stava
impedendo di essere più simile a me stessa che ad una macchina da
lavoro.
Quando ancora ero in Italia non
contavo nemmeno i giorni che mi separavano dalla mia partenza, come se non
avesse un importanza propria venire fino qui, ciò che davvero era
importante per me era smettere di compiangermi. Ormai sono qui da quattro mesi
e poco di me stessa è cambiato, in negativo o in positivo che sia. I
miei sogni non si sono cancellati, restano lì, in attesa che io li tiri
fuori dal cassetto ma ho imparato a conoscermi a capire chi realmente sono.
Poco distante da quella che ero, avevo comunque bisogno di capirlo.
Non ci sono state gocce che hanno
fatto traboccare il vaso per farmi decidere di partire, in realtà era
l’acqua in cui nuotavo che era troppo torbida e non riuscivo a vederne il
fondo, non sapevo se lo stavo toccando o se era solo una mia impressione.=
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Ormai poco importa, qui la vita
scorre in maniera diversa: magica, forse perché è l’aria
che si respira qui che lo è. Faccio parte di una magia, seppur
commerciale è ovvio, ma è pur sempre qualcosa di diverso da
quello che facevo prima. Ciò che mi attrae di più di questa
esperienza è il contatto con le persone, basta davvero poco per fare
amicizia, o comunque per crearti dei conoscenti. Tutte facce sorridenti,
cordiali, straniere… parlando con loro scopri che non sono molto diversi
da te, tanti sono scappati dai propri problemi, altri vogliono solo divertirsi
ma in ogni caso sono qui per trovarsi, per capire veramente quale era il nostro
scopo quando eravamo nei nostri rispettivi paesi e soprattutto per capire cosa
vogliamo dal futuro, cosa vogliamo da noi stessi.
Si vive giorno per giorno.
È strano, questa doveva essere una semplice introduzione ad una nuova
Op, ma ho finito con lo scrivere qualcosa che non centra assolutamente nulla
con questo; o forse si? In effetti il desiderio di scrivere storie non è
mai cambiato, storie che rispecchiano i miei sogni di quando ero bambina e
chissà, magari, anche di quando sarò adulta. Non ho mai
dimenticato le persone fantastiche che mi hanno fatto scoprire questo mondo,
del quale ora mi servo per raccontare quanto segue…
Penso a delle parole, frasi,
qualcosa che possa descrivere questa storia. Non è una storia
particolare, ma è una storia importante, forse d’amore, forse
d’amicizia. Contiene comunque qualcosa che vale la pena di essere
ricordato, rivissuto. No, non è affatto triste, non c’è
bisogno di preparare il pacchetto di fazzoletti, di raccogliere lacrime. Quello
di cui veramente hai bisogno è leggere e capire. Capire come tutto ebbe
inizio, come un amore sia diventato amicizia e anche il contrario… Non
è nemmeno difficile cercare nella memoria il giorno in cui tutto
è cominciato.
Eravamo soliti riunirci, dopo
ogni allenamento, in casa mia, forse perché la più vicina al
campo o forse perché mio padre non c’è quasi mai e si
può star tranquilli, forse proprio perché era casa mia.
Noi, compagni di squadra
e amici
per la pelle: Io, Tsubasa, Sanae e Genzo. Non c’era mai un motivo
preciso, senza nemmeno rendercene conto ci ritrovavamo li, a volte senza far
niente, a volte facendo troppo. Quattro persone che vogliono solo stare insieme
per puro piacere.
Sebbene ormai la storia
d’amore tra Tsubasa e Sanae durasse da molto tempo in nostra presenza
non
facevano nulla che potesse disturbarci o darci fastidio, anzi era proprio in
quei momenti che facevano il possibile per stare lontani. Spesso io e Tsubasa
giocavamo con i videogiochi, seduti per terra davanti al televisore, mentre lei
si occupava di Genzo, più che altro della sua caviglia sempre in pessime
condizioni. Nonostante fossimo fuori dal campo Sanae non è mai riuscita
a contenere il suo spirito da manager e fare dei massaggi al portiere, seppur
non in allenamento, per lei era la cosa più naturale del mondo.
-E stai fermo!-
-Ma mi fai male così!-
-Quanto sei bambino, grande e
grosso e non fai altro che lamentarti-
Era ovvio, loro due erano la
risata del nostro gruppo, lei ha sempre avuto la capacità di strappare
un sorriso anche alla persona più improbabile, quale è Kojiro
Hiyuga. Ci credereste? Gli ha fatto il solletico davanti a tutti noi e ai suoi
compagni di squadra solo perché non sopportava più di vedere il suo
perenne broncio da tigre infuriata ( per aver perso l’ennesimo scontro
con Tsubasa in campo ovviamente…). Quando smise lui non si
arrabbiò, la guardò fisso negli occhi e scoppiò a ridere
più di prima. Ogni volta che lo racconto a chi non era presente non mi
credono…chissà perché?!.
Comunque la mia storia con tutto
questo non centra niente, era solo una piccola parentesi. Già,
dov’ero rimasto? Il ruolo di Genzo e Sanae era definito sin
dall’inizio della nostra amicizia. Ed io e Tsubasa? Noi eravamo
l’essenza stessa del gruppo, eravamo il perché tutti e quattro
fossimo lì quasi ogni sera…
E adesso? Nulla è
cambiato, siamo sempre noi, le nostre cazzate, i nostri problemi e le nostre
gioie. Ma allora perché parlo al passato? Perché all’inizio
non era così, c’era qualcuno in più con noi. Una quinta
persona, una seconda ragazza. La mia migliore amica, la ragazza di Genzo: Aiko.
Lei era la punta della nostra stella, qualcuno con il quale non si aveva mai il
bisogno di spiegarsi, ti capiva sempre al volo, con il suo semplice sguardo.
Occhi neri come la notte più buia, fisico per nulla invidiabile, anzi
era piuttosto in carne, non grassa ma con le rotondità al punto giusto,
sottili occhiali azzurri e rettangolari le contornavano il viso e sotto di essi
un sorriso accecante, di quelli che ti fanno incantare.
Credo che fosse la sua più
totale normalità ad aver fatto innamorare il nostro caro portiere, la
stessa normalità che mi lega a lei come amico. Non aveva nulla a che
fare con la squadra o per lo meno non come Sanae; con il calcio, non praticava
nessuno sport, almeno non più. Come la incontrammo fu puramente
casuale…una giornata di allenamento qualsiasi, avevamo dormito tutti a
casa Wakabayashi e quel mattino salimmo tutti sul solito bus per andare al campo.
Lei era lì, seduta in ultima fila con delle amiche e un nostro compagno
di squadra: Takeshi Sawada. Ridevano.
Quando lui ci vide non
poté fare a meno di non presentarcela, di renderci partecipi della sua
vita.
-Mia sorella Aiko-
Sapevamo che avesse una sorella ma
non l’avevamo mai vista, non fino a quel giorno. Lei non ci porse la
mano, semplicemente cominciò a sventolarla da destra verso sinistra,
come se non ci fossero bisogno di presentazioni. Lei ci conosceva già,
aveva già capito che quell’incontro ci avrebbe legato per la vita,
quindi ci trattò come se fossimo sempre stati amici, come se quella non
fosse la prima volta. Parlammo del più e del meno durante il viaggio,
credo che fosse l’unica volta in cui non parlammo di calcio con qualcuno,
forse perché era proprio lei. Scese qualche fermata prima della nostra
porgendoci quel solare sorriso al quale ci eravamo già abituati e che
volevamo rivedere al più presto. Privilegio che ebbe solo Genzo per un
certo periodo dato che era l’unico a servirsi di quell’autobus per
venire agli allenamenti. Fu proprio così che tra loro nacque
l’amore. In quei pochi minuti di viaggio cominciarono a conoscersi,
dapprima amici, poi scattò la fatidica scintilla. Dall’oggi al
domani si presentò con lei a casa mia, la presentò come la sua
ragazza! Immagina il nostro stupore e la nostra felicità. Era ovvio,non
dovemmo nemmeno spronarla per inserirsi nel gruppo, perché entrasse a
far parte di noi ci volle così poco che adesso che non c’è
più è così difficile abituarsi a non averla accanto.=
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E la mia amicizia con lei
com’è nata? Personalmente ho sempre creduto da subito, ma lei ogni
volta dice che siamo diventati più intimi dopo la sua prima lite con il
suo adorato fidanzato. Quel giorno, o meglio, quella sera Tsubasa e Sanae
festeggiavano uno dei loro tanti anniversari, quindi era lampante che non si
sarebbero presentati a casa mia e gli altri due non ero nemmeno sicuro che
sarebbero venuti a farmi visita. Ma quando sentì il campanello suonare
fui felice di aver pensato il contrario. Era lei, da sola.
-Genzo è in casa?-
-No, Aiko mi spiace. Io credevo
fosse con te-
-Beh…in effetti…era
con me fino ad un ora fa. Ma…-
-Avete litigato-
-E’ così evidente?-
-No però, lo si capisce da
come hai pronunciato quel “ma”-
In effetti aveva ragione, non era
per nulla evidente! Se io avessi litigato con la mia ragazza, qualsiasi fosse
stata la ragione, non sarei per nulla stato così tranquillo, così
maledettamente normale. La invitai ad entrare e fu lei che volle confidarsi con
me. Le promisi che non avrei raccontato nulla così mi spiegò il
motivo della loro lite. Non sapevo come giudicare la causa: stupida o
importante? Forse lo era entrambe. Per la prima volta si erano detti “Ti
amo”, quelle cinque lettere magiche che fanno diventare un rapporto tra
due persone sempre più profondo, ma non fu quello il motivo. Aiko disse
a Genzo che l’amava anche per i suoi difetti,cosa che ritengo più
che normale perché se non si accetta tutto di una persona quando si ama
allora non è amore, ma immaginatevi lui, per nulla abituato ai
sentimenti, come può aver reagito (soprattutto come può aver
reagito il suo orgoglio…-.-) nel sentirsi dire che aveva dei difetti e
che non erano pochi! Ovviamente ha reagito alla Wakabayashi: sbattendo la porta
e andandosene… e io mi sono fatto grasse risate nell’immaginare
quella situazione, ma quello che mi stupì fu che anche lei rideva. Non
era per nulla preoccupata del fatto che se ne fosse andato arrabbiato. Come se
non fosse importante l’averlo offeso, ma non era affatto così: in
fondo era preoccupatissima ma non si sentiva affatto in colpa per quello che
gli aveva detto, perché era la pura verità.
Senza che glielo chiedessi
cominciò a parlarmi di loro, come se rendermi partecipe delle sue
intimità fosse la cosa più naturale del mondo, come mangiare o
dormire. Io ascoltavo estasiato il suo della sua voce, così rilassate,
sarei rimasto ad ascoltarla per ore credo, ma si fece tardi e quella notte
avrebbe dovuto dormire da lui. Mi confidò che quella sarebbe dovuta
essere la sua prima notte, la Fatidica notte, la più importante della
vita di una ragazza ancora vergine dal punto di vista sessuale. Non fu per
nulla imbarazzata quando le sue labbra pronunciarono quelle parole, anzi era
sollevata di averlo detto qualcuno, di averlo detto ad un amico. Fu in quel
momento che considerai Genzo la persona più fortunata del mondo. Ma
anche io ero fortunato, seppur in modo diverso.
Parlammo per un’altra
mezz’ora e mi raccontò un po’ della sua vita in generale,
del fatto che, nonostante fosse poco che ci conoscevamo, lei aveva sempre
seguito tutte le nostre partite e teneva addirittura conto dei gol che ognuno
di noi faceva, in che giorno, contro chi e in quale momento della partita!
Impressionante…credo che nemmeno Sanae sarebbe stata capace di tanto!
Era semplicemente
fantastica…avrei una lista lunghissima di aggettivi per descriverla, ma
mi fermo qui, non basterebbero in ogni caso.
Poi fummo interrotti, lei vide la
figura di Genzo fuori dalla finestra e si precipitò verso di lui, questo
dopo avermi dato un bacio sulla guancia e dopo avermi ringraziato della
chiacchierata. Non avevo detto parola da quando aveva cominciato a parlare!
Sorrisi, da solo, dentro di me. Andai a dormire, sicuramente un po’
invidioso per la notte che li aspettava, ma felice per loro. Dopo quanto fummo
costretti a separarci? Quattro mesi credo, già, dopo così poco
tempo lei ci ha privato del suo sorriso, della sua luce. Genzo e Takeshi
sapevano tutto, erano a conoscenza del perché ci avrebbe abbandonato, ma
ce lo nascosero, ci dissero che fu una sua richiesta, un modo per impedirci di
vederla piangere. La solita altruista, non cambierà mai. Era la sera dei
festeggiamenti per la nostra ennesima vittoria alla finale del campionato, non
riuscivo a trovarla, avevo un bisogno assoluto di parlarle, di raccontarle
qualcosa di veramente importante che mi era successo…
-Non verrà-
-Perché?
Dov’è?-
-In viaggio, torna fra tredici
mesi…-
Genzo mi prese da parte quella
sera e mi raccontò ogni cosa: non avrei mai immaginato che dietro una
persona così solare come Aiko si nascondessero tanti problemi… non
mi sembra giusto doverti raccontare quali fossero, magari un giorno sarà
lei a farlo se vorrà, ma non io.
Quello che posso dirti è
che aveva deciso di non frequentare l’università, voleva
allontanarsi per un po’ dal Giappone, vivere una vita un po’
diversa da quella presente. Aveva bisogno di ritrovare se stessa.
Organizzò tutto alle nostre spalle, preventivando ovviamente di dover
avvisare l’adorato ragazzo, ma facendogli promettere che non ci avrebbe
messo all’occorrente di nulla… semplicemente la sera prima della
festa, quindi anche della sua partenza, ci vedemmo come d’abitudine a
casa mia e passammo tutta la sera a giocare a carte, a bere birra e a ridere.
Quello era il ricordo che voleva portarsi via di noi, nessuna festa, nessun
triste arrivederci, solo noi e la nostra quotidianità.
Adesso sono passati più di
tre mesi e lei sta bene…ops squilla
il telefono, forse è proprio lei!
-Pronto? Casa Misaki chi parla?Ah
tesoro, sei tu!-
-Chi credevi che fosse?-
-Aiko-
-Lei è in casa e io ti
stò chiamando da una cabina, avevo voglia di sentirti…-
-Quando torni?-
-Fra cinque giorni, ogni volta
che ci sentiamo te lo ripeto!-
-Lo so ma mi sembra un
eternità da quando sei partita-
-Accidenti!!-
-Cosa?-
-Sto finendo i soldi, ti devo
lasciare, ciao!-
-No, Sanae aspetta!-
-Dimmi Taro, ma fai in fretta!-
-Ti amo! Accidenti è
caduta la linea…-
Dove ero rimasto? Ah si, sono
passati più di tre mesi dalla sua partenza e lei sta bene. Sanae ha
deciso di andarla a trovare per un paio di settimane e adesso si stanno
divertendo come matte, alle spalle dei loro cari fidanzati. Ed ecco che il mio
racconto finisce, te l’avevo detto che non avevi affatto bisogno dei
fazzoletti, dovevi solo leggere attentamente quanto ho scritto.
Ah già, è vero, non te
l’avevo detto: io e Sanae stiamo insieme da quando lei è partita,
ma questa è tutta un’altra storia e chissà magari un giorno
troverò il tempo di raccontartela…
…Fine…
Yuki_83