Dolce sentimento
Poppenbüttel, Amburgo – Gennaio 1987
Avevano pattinato per tutto il sabato pomeriggio sull’Alster ghiacciato, in mezzo alla consueta folla di grandi e
piccini imbacuccati in piumini, cappotti, sciarpe e berretti di lana; poi la
gente era, via, via, scemata per tornare alle proprie abitazioni, così adesso
erano rimasti da soli. ~ Finalmente… ~ pensarono entrambi
contemporaneamente.
Era sempre complicato, ultimamente, riuscire a ritagliarsi dei
momenti tutti per loro, perciò, anche se stava già incominciando a calare la
sera, su Poppenbüttel, nessuno dei due sembrava avere
voglia di andarsene, e quindi lasciarsi.
Principessa gli volteggiò attorno disegnando un otto ~
Che assomiglia più a un sei… ~ sorrise fra sé, ~ Ma è così carina! ~
poi si buttò improvvisamente addosso a lui, che fu ben felice di poterla
“parare” un po'; infatti, la trattenne in un abbraccio da cui lei non sarebbe
potuta scappare neanche volendo. ~ O magari, invece, farsi catturare era
proprio quello che voleva… ~ allargò il sorriso, compiaciuto.
Scivolarono sul ghiaccio, allacciati, in silenzio, per
qualche minuto in cui lui passò in rassegna tutti i possibili modi per provare
a baciarla, scartandoli inesorabilmente uno dopo l’altro, mentre lei aspettava
che si desse una mossa prima che facesse davvero notte; poi rabbrividì, e lui
alla fine rinunciò.
– Andiamo a casa? – suggerì, ma senza staccarsi e stringendola
un po' di più, perché almeno aveva la scusa di scaldarla. Ma lei annuì e si
divincolò, e lui rimase vagamente deluso, dato che prima non aveva fatto nessun
tentativo perché ~ Dannazione, c’era sempre troppa gente tra i piedi! ~
e questa sarebbe potuta essere l’occasione perfetta.
Invece la ragazza pattinò alla svelta verso la riva del
fiume, dove avevano lasciato le scarpe, e sospirò un po' frustrato, facendo un
ultimo giro da solo per pensare a come poteva sfruttare il tempo rimanente
della giornata, mentre vagliava di nuovo tutte le tecniche di approccio che
conosceva ~ Solo per sentito dire, però! ~
Alla fine, considerò che si sarebbero presentate occasioni
per tentare di baciarla lungo il tragitto mentre la riaccompagnava a casa,
oppure le avrebbe create lui, perché ormai, dopotutto, lei era ~ La mia
ragazza…~ accennò un sogghigno, ~ Come suona bene! ~ non più
rassegnato, ma convinto, e si accinse a raggiungerla.
– Scheiße! – Si voltò di scatto,
sentendola imprecare, e la vide che sprofondava in una pozzetta d’acqua gelida,
proprio nel punto in cui, fino a poco tempo prima, c’era stato appoggiato il
fornello delle caldarroste; quindi, probabilmente, il ghiaccio si era un po'
sciolto e assottigliato, e non aveva retto il suo peso, seppur leggero.
Il portiere si precipitò immediatamente e la afferrò per le
braccia, tirandola fuori prima che finisse del tutto immersa, ma intanto
Principessa era ormai inzuppata e gelata fino alla vita e tremava visibilmente.
Usò il suo giaccone per coprirla, tolse rapidamente i pattini, abbandonandoli
sul ghiaccio, e la prese in braccio.
Poi si mise a correre, e, mentre procedeva, rifletteva
altrettanto veloce, valutando che, se avessero tagliato per il boschetto,
sarebbero arrivati proprio dietro casa sua, e molto più in fretta che se
fossero andati fino da lei; anche se lì però avrebbero trovato Alain,
mentre Tatsuo sarebbe rientrato dalla Federazione soltanto dopo cena.
La posò a terra per aprire il cancello con le chiavi, ma
continuando a tenerla stretta a sé, perché non smetteva di tremare, come una
scimmietta infreddolita. ~ Mi occuperò io di te! ~ pensò risolutamente
mentre la accompagnava in bagno, e notando, con cipiglio preoccupato, che aveva
le labbra già un po' bluastre.
– Adesso fatti una bella doccia bollente, subito! – ordinò,
– Intanto io vado a prendere qualcosa di asciutto da metterti. – La ragazza
annuì, accennando lo stesso un sorriso nonostante il freddo che sentiva ~ Quanto
mi piace quando fa così il duro… ~
Genzō la scrutò un’ultima volta, aggiustò la visiera
del cappellino e si richiuse la porta alle spalle; poi andò in camera sua a
passare in rassegna il guardaroba, ma trovare qualcosa che non le stesse grande
due volte, non sarebbe stata un’impresa troppo facile, considerò mentre
scartava tute da allenamento e felpe.
– Scheiße! – imprecò Dite
mentre si spogliava, – Maledetta sfiga! – Era tutta contenta per aver passato
un pomeriggio, finalmente da soli, con ~ Il mio ragazzo… ~ e fece un
risolino, ~ Mi suona ancora così strano! ~ Una giornata davvero magnifica,
che, se si fosse conclusa con un bacio, sarebbe stata perfetta… Invece, proprio
all’ultimo, si era ritrovata ad annaspare nell’Alster e
aveva persino rischiato quasi il congelamento.
Si guardò fugacemente allo specchio, rabbrividendo
leggermente e notando le labbra violacee che spiccavano sul pallore del volto. ~
Orribile come sono, è ovvio che Genzō oggi non ha provato a baciarmi
nemmeno una volta. ~
Scalciò via le mutandine con stizza e si infilò sotto il
getto bollente, che, dopo qualche minuto, rivitalizzò le membra intirizzite,
ma, quasi involontariamente, le suggerì anche audaci fantasie di una doccia
insieme all’S.G.G.K.
Certo che era piuttosto curioso trovarsi nel suo bagno,
usare il suo bagnoschiuma, che aveva quello stesso buon profumo di pulito che
emanava sempre lui… E istintivamente ritornò col pensiero a quell’unica volta
in cui, lo scorso inverno, lo aveva visto quasi in mutande per sbaglio, e
avvampò, sentendosi bagnata ovunque.
E non soltanto perché l’acqua caldissima scorreva sul suo
corpo.
Inoltre, sapere che lui era proprio di là, nell’altra stanza
appena oltre il corridoio, non la aiutava di certo a tenere a freno quell’idea
bizzarra e sporcellosa.
Alla fine scovò, in un cassetto, seppellito da maglioni e
magliette che non gli stavano ormai più da un pezzo, ma comunque sempre troppo
grandi per lei, uno yukata, che, anche se era da maschio, però ~
Indosso a Principessa sarebbe un incanto! ~
Così, ringraziò mentalmente il suo allenatore sempre
previdente, che aveva insistito per farglielo portare dal Giappone, nonostante
le sue proteste e lamentele, sebbene in quel momento il portiere stesse
dubitando fortemente che Tatsuo avesse mai potuto immaginare il suo utilizzo in
un’occasione simile.
~ Siamo anche da soli in casa… ~ lo stuzzicò
maliziosa la vocina dentro il cappellino, che tolse e lanciò dall’altra parte
della stanza con un sogghigno, – E tu sei di troppo! – sibilò; poi si fermò,
incerto, davanti alla porta del bagno.
Sentì la doccia invitarlo con il sublime richiamo del rumore
di acqua calda scrosciante, che gli suggerì la visione di Dite
nuda nella cabina, e desiderò, all’improvviso, di poter scorrere ovunque
sul suo corpo, che finora aveva visto soltanto con l’immaginazione.
– A cuccia! – sussurrò guardando istintivamente verso il
basso, ma “lui” non gli diede retta, continuando imperterrito a farsi il suo
film mentale sporcelloso; prese un paio di respiri per riprendere il controllo
di sé, e al contempo la doccia tacque.
Quando tutto ~ O quasi… ~ tornò alla normalità, si
costrinse a bussare con calma.
* * *
Mentre si stava asciugando, la ragazza si guardò
criticamente allo specchio e sospirò, frustrata, per la taglia ancora misera
del suo reggiseno, ma, poco male – Prima o poi cresceranno! – il suo sguardo
scese verso il basso, – E, comunque, pare che Genzō sia più attratto dalle
mie gambe… – considerò con un sorrisetto compiaciuto.
Quando sentì bussare, strinse l’accappatoio in vita –
Avanti! –
Il ragazzo esitò, non trovando il coraggio di toccare la
maniglia, perché non si entrava nel bagno delle femmine, però… La porta si aprì
mettendo fine alla sua indecisione.
– Non hai sentito? – Dite lo scrutò
interrogativamente; Genzō fece appena un cenno di diniego con la testa,
mentre le porgeva l’indumento, che lei prese dispiegandolo con un sorriso. – È
proprio un amore! – cinguettò, mentre si tamponava un orecchio con un angolo di
salvietta, – Che bello, così sembrerò un po' giapponese anch’io! –
Il portiere annuì, non riuscendo a distogliere lo sguardo di
pece rovente da Principessa avvolta nel suo accappatoio, che le stava addosso
proprio come un manto regale.
– Ti va una cioccolata calda? – propose tanto per dire
qualcosa, ma dovette sforzarsi di camuffare il tono anomalo della sua voce all’inizio
della frase.
– Magari! – esclamò la ragazza allargando il sorriso; poi si
avvicinò, e senza preavviso lo abbracciò, scoccandogli un bacino sulla guancia.
– Sei il mio eroe: se non c’eri tu, a quest’ora ero morta annegata e congelata…
–
Sentì mancargli il respiro per un attimo, improvvisamente
quasi stordito dal profumo del suo stesso bagnoschiuma, perché su di lei era
anche più buono, e letteralmente incendiato dal tepore di doccia che ancora
emanava.
~ Ed è nuda sotto… ~ gli ricordò la voce sempre più
maliziosa; stavolta con più fatica, ma riuscì di nuovo a controllarsi, e si
limitò ad abbracciarla dolcemente.
Dite si strinse di più al suo portiere,
come per suggerirgli, di nuovo, che aveva bisogno di essere scaldata, o
coccolata ~ Quello che ti pare! ~ però adesso doveva essere lui a
proseguire quell’abbraccio, che lei desiderava tanto terminasse con un bacio.
– Passato il freddo? – le chiese, invece, arrestando
bruscamente le sue fantasticherie di un film dal finale romantico, e annuì,
sospirando mentalmente, perché, di nuovo, proprio come prima al lago, non avevano
concluso nulla di concreto.
Genzō le massaggiò delicatamente la schiena, come se
volesse prendere tempo per non doversi ancora staccare da lei; quando la
testolina si mosse annuendo nell’incavo della sua spalla, un ricciolo sfuggito
all’elastico per capelli, anch’esso profumato, gli solleticò il naso, così si
scostò leggermente.
La ragazza interpretò il gesto come il segnale tanto agognato,
socchiuse le palpebre, si fece coraggio e sollevò appena il viso dalle guance
arrossate verso di lui… Che, però, rimase immobile, fissandola in maniera
strana, e infine si allontanò del tutto.
– Allora… Mentre tu ti vesti, io vado… – poi si rese conto
di stare ancora imbambolato nel vano della porta, perché Principessa lo stava
scrutando con un sopracciglio alzato interrogativamente. – Ti sei dimenticato
qualcosa? – chiese, fiduciosa in un guizzo di comprensione del suo ragazzo in
Zona Cesarini, ma lui, ancora una volta, niente…
Anzi, tergiversò – No, cioè… Sì: vuoi anche della panna
fresca? –
~ Che domanda inutile… ~ sospirò fra sé, e gli
rispose annuendo semplicemente, poi richiuse l’uscio. – Ma, insomma, cosa dovrò
mai fare per un bacio dell’S.G.G.K., una richiesta scritta formale alla
Federazione Giovanile Calcio? – rivolgendo retoricamente le sue perplessità
all’immagine riflessa, che scosse la testa, vagamente delusa.
Ma non si sarebbe rassegnata tanto facilmente, doveva
trovare un modo per sbloccare la situazione. ~ E siamo pure in casa da soli!
~ sbuffò, ~ D’accordo che prima ero brutta da far paura… ~ e
adocchiò l’indumento che lui le aveva portato.
Tolse l’accappatoio e si rivestì, poi si guardò nuovamente
allo specchio, stavolta, però, poteva dirsi piuttosto soddisfatta, perché lo yukata
le stava davvero divinamente; legò i capelli nella solita coda lunga, poi
cambiò idea e fece i codini come Candy.
Chissà che, magari, l’effetto “Giappone” non fosse proprio
quello giusto!
Mentre la cioccolata calda avrebbe potuto creare uno spunto
perfetto per risvegliare il suo vulcano giapponese ancora un po' troppo
sonnecchiante.
* * *
~ Sei proprio un inetto lo sai, vero? ~ lo rimproverò
la vocetta fastidiosa dentro la sua testa, anche senza cappellino; sospirò,
frustrato, perché avrebbe potuto baciarla, poco prima sulla porta del bagno, ma
non aveva trovato sufficiente coraggio per farlo.
~ Perché sei un caprone! ~ rincarò qualcun altro dal
basso, che era ancora più sveglio di prima. E, in quel momento, Genzō si
sentì molto Tsubasa. Mentre mescolava latte caldo e cioccolata, si scusò
mentalmente con il suo amico lontano per tutte volte che lo aveva canzonato a
causa della sua timidezza con Anego.
Perché adesso capiva come mai, davanti a lei, lui si fosse
sempre bloccato. – È difficile, dannazione! – sbuffò, – E molto di più che
parare il FireShot del Kaiser…
–
Il rumore leggero di passi scalzi e stoffa strascicata lo
fece voltare, e si trovò davanti Principessa con indosso il suo yukata,
e i capelli raccolti in due codini un po' arruffati e ancora gonfi di umidità:
una visione per lui decisamente “divina”!
– Che buon profumo di cioccolata! – esclamò Dite
una volta che fu entrata in cucina, poi, accortasi dello sguardo nero e intenso
del suo portiere, arrossì leggermente, così, per non farsene accorgere,
piroettò su se stessa, cosicché lui la potesse ammirare per bene; le piaceva
ricevere quelle occhiate di fuoco, perché la facevano sentire la più bella
anche quando era conciata in maniera bizzarra come adesso.
– Mi tocca, però, tenerlo su come uno strascico, oppure
inciampo – e fece un semplice timido sorriso, ma il ragazzo involontariamente
balbettò, – Ti… – e annaspò con voce roca, – Sta un incanto… – E lei arrossì di
nuovo, ancora più di prima.
Ma, intanto, aveva segnato una rete all’S.G.G.K., che,
infatti, anche lui resosi conto di stare avvampando, prima che lei se ne
potesse accorgere, si voltò alla svelta verso i fornelli. E intanto il latte
aveva rischiato di straboccare fuori dal pentolino.
Riempì le tazze e si diresse in salotto, realizzando di aver
dimenticato la panna in frigo quando ormai erano seduti vicini sul divano. ~
Non importa, la cioccolata da sola sarà sufficiente per trovare lo spunto ideale.
~ Bevvero in silenzio, ogni tanto sbirciandosi furtivamente, forse
aspettando entrambi che fosse l’altro a fare il primo passo.
– Mmm, ci voleva proprio una bella cioccolata calda, anche
senza la panna fresca… – commentò Dite; Genzō annuì, e
si accorse che le erano rimasti i “baffi” appena sopra il labbro superiore, e
non riuscì più a staccare lo sguardo da lì.
– Che c’è, sono sporca? – lei inarcò un sopracciglio e fece
per pulirsi con la mano, che lui “parò” prontamente a mezz’aria: quella era la
miglior occasione della giornata per baciare la sua ragazza, e non poteva
lasciarsela sfuggire così, come le altre due volte.
~ E non sono poi così capra… ~ indirizzò
quell’ultimo pensiero alla vocina fastidiosa, che ora, però, se ne stava ben
volentieri zitta, mentre gli ingranaggi del suo cervello si erano finalmente messi
a funzionare come si deve.
– Oltre alla panna, mi sa che mi sono dimenticato pure dei
tovaglioli! – ammiccò, – Ma avrei un’idea migliore… – Prese un respiro profondo
e si sporse verso Principessa, che chiuse gli occhi e allacciò la mano “parata”
in quella del suo ragazzo, che, finalmente, si era deciso a baciarla. ~ Era
ora, S.G.G.K.! ~ sospirò.
Respiri e sospiri si sfiorarono per un istante, poi le
labbra si incontrarono.
Dite, ancora tiepida di doccia,
profumata di bagnoschiuma, e morbida come lo yukata che indossava, si
fece più vicina; una carezza leggera risalì dalla spalla e si fermò sulla sua nuca,
provocandogli un piccolo brivido che poi scese lungo la spina dorsale.
Genzō, ora deciso e sicuro nei suoi gesti, le circondò
la vita con il braccio, attirandola a sé e stringendola ancora di più, e il suo
cuore incominciò a battere più velocemente; si lasciò andare affondando le dita
tra la seta nera dei suoi capelli.
Come la prima volta che si erano ‘assaggiati’, il bacio fu
altrettanto dolce, ma stavolta decisero che non c’era più bisogno di trovare
scuse per rifarlo, bastava che riuscissero a superare la timidezza che li
assaliva quando si trovavano insieme da soli.
* * *
Rimasero così, immobili e silenziosi, non volendo
interrompere quel momento perfetto per entrambi. Le loro labbra sapevano di
cioccolata, che d’ora in poi avrebbe rievocato, nei ricordi dei due ‘ormai
fidanzati’, il gusto dei primi baci.
– Che ne dici se ne facciamo ancora? – propose lui con un
soffio sul lobo dell’orecchio di Principessa dopo qualche minuto; la sua testolina
annuì nell’incavo della spalla, e, con un sogghigno che lei non vide, ma forse
intuì, aggiunse, a scanso di equivoci, – Di cioccolata, intendo… – Un piccolo
brivido la percorse fin giù sulla nuca.
– Magari! – e sogghignò, deliziata, perché il suo vulcano
giapponese pareva non voler tornare più a dormire, – Era proprio buonissima… –
sussurrò, non potendo evitare di arrossire un pochino, e solleticando con le
parole la base del collo dell’S.G.G.K., la cui pressione sanguigna ebbe un
nuovo ritorno di fiamma.
Lei si scostò leggermente per guardarlo negli occhi di brace
ardente, volendo precisare – Anch’io intendo la ciocc… – Ma lui ammiccò e non
le permise di terminare la parola.
~ Wakabayashi – Weiss: uno
pari! ~ Un fugace pensiero che, molto probabilmente, fu formulato da
Genzō e Dite contemporaneamente.