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Zira si sentiva come
stordita.
Anche lei, come Daigorou, ora non
era che un mostro della genetica.
I capelli bianchi andavano ben
oltre la fronte, oscurandole gli occhi, ma tra i ciuffi della frangia si
intravedevano chiaramente bagliori scarlatti, intermittenti.
In corrispondenza delle orecchie
due voragini grondanti di sangue, appena più su due grandi orecchie volpine.
Tentò a fatica di alzarsi. Era
stata scaricata proprio come la pattumiera, in un vicolo cieco, tra casse di
legno e bidoni strapieni. Il tailleur era strappato in più punti, sotto la gonna
nera non c’era più nulla di umano: le aderenti calze retate comprimevano a
stento le muscolose, animalesche gambe della donna, coperte di una pelliccia
ispida e bianca. Non aveva più i
piedi, ma due zoccoli caprini, oltre che un serpente come lunga coda verde.
Alzando lentamente le braccia
alla testa, tastando con le mani le orecchie volpine, urtò contro qualcosa di
duro: aveva anche due lunghe corna.
Svelta, osservò il suo riflesso
in uno specchio rotto: non aveva certo un aspetto rassicurante, anzi, sembrava
molto il demonio.
Zira: -…-
Ancora una volta, provò ad
alzarsi, riuscendoci. Gli zoccoli facevano rumore a contatto con le dure
mattonelle della strada. Recuperò il suo block-notes, poco distante dai bidoni,
e accese una delle immancabili sigarette, stranamente calma.
Anzi, si avviò sicura fuori dal
vicolo, restando comunque nell’ombra, anche se un occhio attento l’avrebbe
comunque potuta vedere…
Vide una ragazzina camminare
tranquilla, una ragazzina dai capelli rosa come i petali del ciliegio d’estate e
il kimono rosso come le ciliegie.
Zira: -… Hey, piccolina…-
La giovane si guardò intorno, ma
nessuno sembrava essere rivolto a lei. Quando, all’improvviso, vide i due occhi
rossi brillare nell’ombra.
Dapprima si spaventò, arretrando,
ma la voce di Zira era tanto suadente e amichevole che alla fine le si
avvicinò.
Zira: -Facciamo… Un patto?-
???: -…-
Zira: -… Che sgarbata che sono!
Non mi sono nemmeno presentata! Io sono Zira. Tu…?-
???: -Sakura. Sakura Haruno,
signora-
Zira: -Bene, Sakura. Dammi la tua
mano-
Sakura le tese la mano, la
perfida donna, con una delle affilate unghie, le incise il palmo. La ragazza
gridò, ma non un suono uscì dalla sua gola, si divincolò, ma era tutto inutile:
impresso nella pelle, un marchio di sangue dalla forma simile a una testa di
volpe.
Infine, Zira si mostrò in quel
che era diventata. L’Haruno, sconvolta, pietrificata, tentò ancora di dimenarsi
e scappare, urlando per la bestia che l’aveva appena ingannata, ma fu tutto
inutile.
Zira: -Mi dispiace, carina…-
Sakura: -… LASCIAMI!-
Zira: -… Ma hai fatto un patto
con me!-
Rise orribilmente, sparendo in un
vortice di fiamme verdi.
A quanto pare, questo cambiamento
non la turbava molto. Ora doveva recuperare i suoi due assistenti, Juugo e
Suigetsu.
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Hinata osservava con disinteresse
la fabbricazione di katane al negozio di Minato.
Tokimasa aveva più volte cercato
di capire cosa avesse, così come Naruto, ma il samurai spiegò che probabilmente
era ancora scossa per gli ultimi avvenimenti. Non c’era niente che avrebbero
potuto fare, se non sperare che il trauma non fosse stato tanto forte da
segnarla a vita.
Ovviamente, il giovane Uzumaki
non aveva ascoltato le parole dei ‘grandi’ ed aveva provato a rallegrare Hinata
di suo, con scarsi risultati…
Naruto: -Errr…Fai finta che quelle pallottole
siano state… Semi di anguria!-
Hinata: -… Sai che cosa ci faccio
con i tuoi semi d’anguria?!-
Rispose sarcastica lei,
pentendosene poco dopo: anche se in maniera molto particolare, Naruto stava solo
cercando di farla stare meglio.
Ad un certo punto, Tokimasa fece
il suo ingresso nel retrobottega.
Tokimasa: -Posso fare
qualcosa…?-
Hinata: -… Solo se potessi
cambiare il passato-
Tokimasa: -Hinata… Lascia che ti
dica una cosa… Le cose brutte accadono, e tu non puoi farci nulla! E’ inutile
rimuginare sul passato, è passato!-
Hinata: -… Anche se il passato di
perseguita…?-
Tokimasa: -Hinata… Io conoscevo
tuo padre. Ti posso dire tranquillamente che è morto contento, poiché è riuscito
a salvarti, non desiderava altro…-
Hinata: -Basta…-
Tokimasa: -…?-
Hinata: -Non voglio più… Stare a
sentirti!-
Conteneva a stento le lacrime.
Era rossa in viso, e tentava di asciugarsi con un lembo della manica della
maglietta.
Poi corse via, uscì con
l’intenzione di allontanarsi il più possibile. Voleva restare da sola.
La sera era arrivata in fretta,
quel giorno.
Si era seduta a spalle contro una
roccia, sulla riva del lago dove Sojobo era solita portarla, poiché si potevano
ammirare delle grandi e splendide carpe.
Si raggomitolò, stringendosi al
petto le gambe, senza tentare in alcun modo di trattenersi.
Per quanto avrebbe dovuto
soffrire, ancora…?
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