Testamento.
Il calcio era stato talmente forte che il mobile s'era flesso a metà.
Oddèo, chiamalo mobile. Un parallelepipedo di ferro. Accartocciato.
Non che la cosa cambiasse la situazione: indietreggiò, spalle al muro,
guardando in alto.
Sbuffi.
"Non ti preoccupare, credo che la società si stia impegnando a
sufficienza per farci estinguere."
Improvvisi un sorriso, e ti alzi.
Ciao, uomo. Ciao, donna.
Cioè, ciao Essere Umano.
Essere Umano, credo che tu ti stia facendo un po' troppe complicazioni
con tutta questa storia di uomo e donna, doveva essere una cosa
marginale.
Dicevo.
Ciao, essere umano.
Poi è
bello quando nessuno ferma nessuno.
Senti, parliamoci chiaro.
Non doveva andare così, di base, quindi è inutile che continui a
prendertela con me. La smetti, da bravo-trattino-a, così non hai
nemmeno da prendertela per il fatto che son sessista... dicevo, la
smetti di tirarmi giù per ogni cosa che ti succede? Risalire è faticoso
e mi sto alquanto stufando.
Quando
poi andando via ti lasci sommergere anche se non vorresti da.
Da.
Da?
Tutto.
"Le cose sono semplici, in realtà. Siete voialtri che le complicate."
Massì, se uno ha iniziato un lavoro tantovale finirlo. Specialmente se
non c'era nessuno nel raggio di - bhe', parecchio.
Accartocciamo del tutto questo portaocumenti o quel diavolo che è.
Magari senza distruggere la stampante accanto, la quale traballò con
lieve sconcerto al secondo, al terzo e anche a quel quarto colpo che
ridusse il mobiletto in cinque lati e una lamiera malmessa.
Perchè le cose forse non erano poi così semplici.
Doveva essere così, in
origine.
Sì, magari quel
tuo-trattino-vostro simile deve aver visto in me un po' meglio di un
Dante a caso e aver ricordato, non si sa tramite quale dono ch'io non
diedi, cosa frulla in me.
Che poi abbia torto è un
altro paio di maniche.
Ma non è per questo il
discorso.
O forse sì.
Aveva il fiatone, e almeno questo offriva una sensazione che non fosse
quella rabbia misto impotenza che si trascinava addosso da mesi.
Stanchezza, sì: ma almeno era una stanchezza motivata.
Ci sarà giunto da se', eh
- bhe, la cosa mi conforta.
In parte. E mi
intristisce.
Vuoi la verità, Essere
Umano?
Poggiò nuovamente le spalle al muro, scivolando, lentamente e
inesorabilmente.
"No, onestamente non vedo come
potresti aiutarmi."
Vuoi la verità, Filosofo?
La vuoi, Fisico? Biologo?
Astrologo? Mago? Chimico? Alchimista?
E tu la cerchi,
Imprenditore? Attore? Contabile? Architetto? Avvocato?
E tu la sai, Maestro?
Teologo? Monaco?
Il
giorno dopo lo si fissa negli occhi.
Così fai.
E si finisce a sorridere e ridere per idiozie, come al solito.
La verità è che le cose
dovevano essere semplici.
La verità è questa.
Non hai scampo, Essere
Umano.
Le cose SONO semplici.
Sei tu che le complichi.
Perchè dopo un ora a tapparsi in quello stanzino, con fronte se' il
prodotto del proprio stato animo interiore, continuare a stare lì nelle
stesse modalità, realizzò, non avrebbe comunque portato a nulla.
Mai.
Fissò un ultimo istante il macello che aveva combinato, la mente
svuotata dal pianto, e si ritirò su come un fantasma.
Un passo, poi un altro.
Giù.
Per poi farsi fendere gli occhi dalla luce del sole di febbraio.
Forse
un litigio.
"Te la posso dire una cosa?"
Tu che ti ostini a voler
poter nomiare tutto, tu che ti ostini a voler poter conoscere tutto,
quando non ti rendi conto che tu per primo hai creato il complicato,
nel semplice.
Tu che hai voluto dar
nome a ciò che non conosci, a ciò che non esiste, a ciò che non può
essere.
Tu che ti sei inventato
amore ed amicizia e che hai voluto ben distinguerli, tu che hai deciso
che non eravate uomini e donne ma due razze diverse destinate ad
incontrarsi in un sol modo, in un modo che poi hai proibito a simili;
tu che hai voluto creare l'arte e che poi non l'hai saputa spiegare, tu
che hai ipotizzato il tutto e il nulla, tu che hai chiamato l'infinito
ma non l'hai mai toccato.
Tu che hai scoperto i
sentimenti, tu che hai voluto studiare il mondo esterno e quello
interno.
Tu che non conosci te'
stesso, Essere Umano.
Tu che ricorri alla
logica quando nemmeno comprendi cosa la logica sia.
Tu che vuoi dimostrare
ciò che non esiste ma che di fatto è vero, poichè l'hai dimostrato.
Tu che pensi e che sai,
che impari e dimentichi.
Tu che hai paura infinite
volte, e infinite volte il terrore più grande sta nel chiamare la Paura
tale.
Ma tu hai creato le
parole, Essere Umano, i concetti, i pensieri, le categorie....
Forse
no.
No, non è così Semplice.
"Sei una persona Vera."
Sbuffi.
"Non ti preoccupare, credo che la società si stia impegnando a
sufficienza per farci estinguere."
Improvvisi un sorriso, e ti alzi.
Poi è bello quando nessuno ferma nessuno.
E poi è sconforto quando la porta si chiude definitivamente dietro te.
E poi è che Sai che gli hai voltato le spalle.
Le Categorie.
Solo Tu potevi inventarti
una cosa del Genere.
Riaprì lentamente gli occhi, il vento a sferzargli le guancie livide
dal freddo.
Non era stato il sole di febbraio. Solo un autobus con i fari troppo alti.
Forse credere, per qualche istante, di non aver fatto le otto di sera, gli faceva bene. Forse voleva che fosse così. Forse. Dallo sguardo mezzo abbagliato scorse la figura di Adrian,
seduto su di una panchina e rintanato nel giaccone da snowboard tre
taglie più grande.
"Woh. Buonasera. Hai finito con l'autocommiserazione, Sir?"
"Vaffanculo."
Mosse qualche passo in avanti, scendendo un paio di gradini. L'ufficio,
sopra di lui, era ridotto a una vetrata enorme e riflettente le luci
artificiali della città.
Con uno schedario rotto. Dentro. No, quello non si vedeva.
"Son Due ore che aspetto. Dammi almeno la soddisfazione di prendermi un
insulto così ben sentito, Perry."
"Sì: Vaffanculo."
Adrian sorrise, ergendosi nei suoi modestissimi 163 centimetri, e andò
ad affiancarsi all'amico, le mani in tasca.
Perry, accanto a lui, nascose mento e labbra nella sciarpa di seta,
tentando di stringersi il più possibile nel montgomery.
Camminarono per qualche miglio senza dire nulla. Adrian ciondolando
leggermente, salutando ogni tanto qualche suo ciondolante simile. Perry
teneva lo sguardo basso, e controllava morbosamente l'ora sul
blackberry.
"Non ci faranno entrare. E' troppo tardi."
"Sei un Pacco, te l'ho mai detto?"
"Vuoi il terzo, di Vaffanculo? Guarda che sono Bello Carico."
Si fermarono sotto al colosso della clinica privata Samston, tutti e
due intenti a guardare in Alto.
Perry storse le labbra, per tornare poi immobile.
Uno.
Due.
Tre.
Si voltò di scatto, pronto ad incamminarsi.
"Oh, ma che cazzo fai?"
"Non ce la faccio. Domani, Forse."
"Oh, Pe', ma sei un coglione o cosa? Torna Immediatamente qui," e via,
la bestemmia di turno.
La bestemmia stava sempre bene. La bestemmia diveniva d'obbligo quando
il discorso era profondo. Perchè Serviva.
Tu, che di me fai
divenire di tutto, che nei peggiori dei modi mi sai trattare, che con
il più frustrato dei lamenti mi sai chiamare.
Tu e i tuoi umani
pensieri.
Tu credi un Dio Possa
capirli?
E Pe' si fermò, come faceva ogni volta che Adrian o Abasi lo
richiamavano con tono imperativo.
"Gli ho voltato le spalle, e adesso dovrei ripresentarmi a Lui Così?"
"Ma se gliele rivolti Nuovamente sei un Coglione al Cubo"
E Pe' si voltò.
"Ma cosa vui che faccia lì, eh? Cosa?"
"Gli Parli? Cazzo vuoi fare con un amico in ospedale, andare lì a
curarlo? Sei avvocato, bimbo mio, non medico! So che conoscendoti
vorresti poter far Tutto, ma non è così Facile essere un Genio a giorno
d'oggi, quindi rimani nei tuoi Ranghi e fai il bravo Amico!"
"Ma ce gli dico?! Che la vita è Meravigliosa? Ma per favore, sappiamo
tutti e tre che non è Vero!"
"Puoi Provarci, magari ti ascolta, anche se menti, male non gli fa"
"Sì, cazzo! E' colpa MIA se se ne sta lì!"
"Sì, è Colpa Tua che gli paghi la clinica privata e non lo lasci in
quelle merde di ospedali pubblici che, molto intelligentemente, ai
maniaci depressivi con manie suicide mollano Flaconi di antidepressivi!
Colpa TUA se ha una bella schiera di medici tutti per se' che Ne' io
Ne' Lui possiamo permetterci! Va! Colpa Tua che sei stato mesi ad
ascoltarlo quando io l'avevo già mandato a fanculo da ferragosto, VA,
sei proprio una bella Merda, Pe', ma Veramente una bella Merda."
"VAFFANCULO"
"Adesso ti Prendi, vieni QUI, mi mandi a fanculo quelle altre tredici
volte che ti ci servono ed entri. Con Me."
"No."
Tu originasti il Caos.
Non Io.
"Più
ci penso più diventa l'unica soluzione logica."
"Cosa?"
"Lasciar perdere tutto e via, no?"
"Ma sei Scemo?"
"E se anche fosse?"
"Ok, Pe', quando la smetti di autocommiserarti e di essere tanto
egocentrico da ritenere che ogni singola ingiustizia di questo mondo
sia colpa tua, fammi uno squillo."
Sbuffò.
"E poi?"
Adrian si schiaffò per terra, pronto ad accendersi una sigaretta.
Conosceva Perry.
Perry Odiava fallire.
Sarebbe nuovamente stata questione di ore.
Fece un tiro profondo, espirò la nuvola di fumo malsano nel vento che
si abbatteva su di una New York invernale come non mai.
L'altro rimaneva immobile, ed attendeva che quello elaborasse.
Ma Adrian non aveva poi così tanto da Elaborare. Adrian sapeva dire la
verità con sconcertante semplicità. Sapeva fallire, e sapeva quand'era
il momento di redimersi. Al contrario di Pe'.
"E poi saliremo insieme da Abasi."
".. E poi?"
Adrian sbuffò. Sì, era nuovamente questione di ore.
"E proveremo a sistemare le cose. Abbiamo tutti e due la nostra bella
croce. E anche Lui ce l'ha. La colpa è totale e massima, e decisamente
collettiva. Stai meglio, adesso?"
"... No."
E l'improvvisato Snowboarder Newyorkese sbuffò nuovamente.
Controllò il pacchetto. Ce n'erano abbastanza per un'oretta? Due? Metà
era già andato prima, la fine era sicura.
Vabè.
Le avrebbe fatte bastare. Doveva preparare il Sir all'incontro con
Abasi. Non che non fosse pronto, più che altro quello non si sentiva
mai pronto. Doveva solo convincerlo. Ed era Dura.
"Dio santo...."
Io Sono. So solo Essere.
Posso solo Essere.
Voi, Invece.
Ma Adrian aveva la sensazione che ce l'avrebbe fatta. Porse il
pacchetto di sigarette a Perry, con sguardo torvo.
"Piglia, Pe'."
"Ho Smesso."
"E io sono la regina d'inghilterra."
"Io
ti rispetto."
"Cazzo me ne faccio del rispetto quando vieni a farmi discorsi del
genere?"
Perry prese la sigaretta senza nemmeno troppe smorfie.
Adrian ridacchiò sotto i baffi.
E provò a mettersi all'opera.
Voi Vivete.
"Il buono è destinato a
soccombere."
"Sì, Abasi"
"No, dico sul serio.
'Sto mondo fa Schifo per i Buoni. "
"Ma non riesci a non
fare filosofia davanti a una birra?"
"E' più forte di me."
C'erano cose che solo lui sapeva fare, come far dribblare a Perry
quelle infinte paure che lo assalivano continuamente, farlo ripartire
dopo un errore più o meno madornale. E c'erano cose che solo Perry
sapeva fare, come non voltare le spalle a un amico fino all'ultimo,
fino a quando non ne poteva più dei suoi deliri sull'inutilità della
vita umana nel 2000, mentre loro due lo guardavano invidiosi perchè,
non esattamente ricco che fosse, riusciva a trasparire costantemente
allegria e tranquillità con la sua Rose e i suoi due gemelli di sei
mesi.
E infine c'erano cose che solo Abasi sapeva fare.
Come convincere un promesso contadino a tentare l'università,
nonostante i debiti infiniti e la rottura con i genitori, a diventare
uno dei più promettenti neoavvocati della grande mela.
Oppure rimettere in carreggiata una promessa dello skateboard come
Adrian Boyle, già investito del titolo di neo-Hawks, dopo un
simpaticissimo incidente al coccige dettato dalla stupidità ed
accompagnato da un tamtam dispersivo ed eccessivo sulla fine della sua
carriera nell'ambiente.
Insomma.
Fino ad ora sembrava che in tre ce la potessero fare.
"Ora sta a noi, Pe'."
"Fammi finire questa e poi entriamo."
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[Con
i migliori auguri che si sappia chiamare la Paura per nome]
[Con le maggiori speranze che le paure tali siano e tali rimangano]
[E ringraziando chi s'ostina a starmi vicino e chi ancora non m'ha
cacciata.]
Dedicata a un Deficiente.
Perchè l'insulto è Libero.
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