I personaggi appartengono a Kishimoto;
sono inventati e non sono mai esistiti né mai esisteranno, purtroppo; non sono
miei e questa storia non è scritta a scopo di lucro.
Fanfiction uscita di getto mesi orsono,
con rekichan che mi fissava mentre mi chiudevo a scrivere sta cosa XD
Grazie, Koi per esserci sempre.
Daisuki.
Ps: Ho assegnato un rating volutamente
alto non perché ci siano scene di sesso o linguaggio volgare, ma perché la fan
fiction la vuole così.
Non significa nulla, lo so, eppure sento
che deve essere così.
Dediche:
Ad
Ainsel, perché tutto ciò che odora di fratelli Uchiha le va dedicata.
A rekichan, perché si è sorbita
le mie fisime mentali su questa fan fiction e perché gliela voglio dedicare,
come qualunque cosa che scrivo.
A princess21ssj, non so perché,
ma penso per lo stesso motivo di Ainsel XD.
Sperando che vi piaccia;
Kei.
Broken
Vase
«Sai,
Sasuke, un vaso rotto, per quanta colla si utilizzi, non tornerà mai come
prima.
Mi
chiedo chi ti abbia frantumato.
Itachi?
Naruto? Madara?
Non
lo so.»
Per creare un vaso serve l’argilla; o la creta; o il
marmo; ma non è questo l’importante.
[Il
materiale, è secondario.]
Ciò che conta, sono le mani del creatore.
[Le
dita sono lo strumento.]
Ma un vaso può diventare un piatto, o un bicchiere,
o un’anfora; è comunque il creatore che decide.
[La
mente è l’idealizzatore.]
Ed un uomo può essere buono, o cattivo, o cieco;
è sempre il creatore a forgiarti.
[L’essere
umano è il plasmatore di anime]
Il creatore, a sua volta, può essere Dio; o
un uomo; o te stesso.
Il
tuo creatore, Sasuke, chi è?
Sdraiato su un letto improvvisato di paglia, pensi.
A cosa, lo sai te e lo so io, che sono te e allo
stesso tempo non lo sono.
Ti giri e ti rigiri; non trovi una posizione comoda
e improvvisamente ti accorgi che ti manca.
Ti manca quel qualcuno che ti faceva da cuscino e da
materasso; ti manca la sua voce; ti mancano i suoi occhi.
C’è qualcosa che non ti manca? Sì, il suo volto.
Quel volto che lentamente si dissolve, incapace di
rimanere nella memoria di uno che lo distorce con i suoi lamenti.
Cerchi allora un altro viso, e un altro, e un altro
ancora, eppure qualcosa ti disturba - manca - e ti ritrovi a non sapere chi
cerchi in realtà.
Ti ricordi la forma delle labbra; gli occhi; il
naso; non i contorni.
Non sai se ridono; se piangono; se sono arrabbiati.
E sono così tanti i volti che non riesci a
ricordare! Così tanti che fra di loro c’è anche il tuo.
Specialmente,
il tuo.
Il ticchettio sul vetro ti distrae e sai che sta
piovendo, ma non ti dispiace, quella melodia ti ha sempre cullato. E salvato.
La pioggia è una cosa buona.
Ti
permette di camminare a testa alta mentre piangi.
Però ti ricorda anche quando hai abbandonato la persona
a te più cara, lasciandola quasi nelle mani dell’Oscura Signora.
E c’è anche chi, con la pioggia, se n’è andato.
Perché sei sicuro che pioveva.
Doveva piovere.
Perché
il volto dell’Aniki doveva essere bagnato di pioggia.
Non vuoi credere che il suo volto pioveva lacrime.
Troppo complicato; avrebbe implicato un fattore che
non volevi vedere: tuo fratello ti amava e si stava struggendo nel lasciarti.
Urli. Incredibilmente urli; tu, che la voce non
l’usavi quasi mai, se non per estrema necessità.
Non pensavi di raggiungere toni così alti, vero?
Gridi - sbraiti -, che pioveva. Che anche quando è
morto pioveva.
Te lo concedo; quella volta, effettivamente, il
cielo riversava pioviggine; e i suoi occhi? La pioggia era entrata in quelle
iridi cieche? E prima? Quando ha ucciso tutti, sei così sicuro che diluviava?
No, Sasuke.
Non puoi essere così cieco e così sordo.
Quella volta, era la tua mente a immaginarsi la
pioggia, per non farti vedere che stava piangendo.
Urli ancora, conscio che sei un’idiota. Che non hai
capito nulla e che hai sbagliato.
E ti penti.
Perché hai perso tuo fratello; i tuoi amici e la tua
miserabile vita.
E perché non avevi compreso.
Eppure… già, se tu tornassi indietro lo rifaresti;
certo, non se conoscessi i fatti veramente accaduti, ma lo faresti.
Non puoi nasconderti dietro la facciata che eri solo
un bambino di sette anni.
Non funziona; non con me, almeno.
Ti alzi, ed è uno specchio quello che ti trovi di
fronte.
Ti guardi e ti fai schifo.
Quegli occhi disperati; bagnati; ciechi; non
sono tuoi.
«Non
sono io!»
Quel volto pallido; madido di sudore; cadaverico;
non è il tuo.
«Non
sono io!»
Quelle labbra secche; screpolate; distorte in una smorfia
- non sai nemmeno riconoscere se è un ghigno o meno -; non sono tue.
«Non
sono io!»
Quei capelli neri; arruffati; lunghi; non
sono tuoi.
«Non
sono io!»
E mi viene da ridere, perché è vero.
Chi stai guardando nello specchio?
Chi?
Con un pugno lo infrangi. Peccato, era bello.
Esci in giardino, fregandotene di stare a petto nudo
quando fuori c’è il diluvio; però la spada l’hai presa.
Affondi la lama lucida nel legno di un albero che
non ti ha fatto niente.
Chi immagini che sia?
Itachi? Naruto? Madara?
Te stesso?
Nel colpire ti ricordi la tua vita, ed i tuoi
peccati. Sono tanti da scontare, non credi? E la pioggia è sempre stata lì con
te, accogliendoti fra le sue fredde braccia nei momenti più bui.
Ora la pioggia non ti piace più di tanto.
È
sempre stata lei a portarti via le persone che amavi.
Ma
ti ha sempre proibito di vedere il sangue che mescevi.
E
nasconde le lacrime che stai versando.
Dovresti ringraziarla, non credi?
L’acqua lava via ogni cosa, anche il sangue.
Basta strofinare bene, peccato che non toglie la
sensazione di viscido, vero? L’amplifica.
Urli e colpisci ancora, questa volta a mani nude,
fino a sentire le nocche lacerarsi.
Le dita scrocchiano, sembrano chiedere pietà; e
anche le braccia si stancano, rifiutandosi di rimanere alzate ancora per molto.
Continui imperterrito nella tua opera di distruzione
di un albero innocente; pensi.
Rifletti e urli; piangi e urli; colpisci e urli.
Non sai fare altro.
Solo piangere di te stesso e urlare per mascherare i
tuoi pensieri, che implicano una sola parola:
colpevole.
Senza possibilità d’appello, ma tu la sai celare
bene quella definizione.
I volti si affacciano alla tua mente.
Tutti, senza esclusione, e sono nitidi nella tua
memoria, tanto da portarti a rivivere le scene che scatenano in te molteplici
reazioni.
Mikoto; l’abbracci.
[Dolcezza]
Fugaku; lo guardi afflitto.
[Delusione]
Kakashi; lo insulti.
[Rabbia]
Sakura; la stordisci per farla svenire.
[Rancore]
Naruto; lo stai per ferire a morte.
[Disperazione]
Itachi; l’uccidi.
[Follia]
E pensi a Orochimaru; a Madara; a Karin; a Juugo; a
Suigetsu. E provi rabbia.
Tanta, troppa; ti porta alla follia e alla
disperazione.
Alla
ragione.
Crolli a terra sfinito.
La schiena si muove al ritmo dei singhiozzi, ma non
permetti alla voce di uscire.
Al costo di tagliarti la lingua non farai sentire il
tuo pianto inutile, e allora ti mordi le labbra a sangue.
Non ti accorgi che qualcuno guarda e ride di quella
scena pietosa.
Ride della tua stupidità; o della tua follia; o del
tuo genio che ti spinge a farti male.
Non smette di fissarti con quel ghigno invisibile,
reso tale solo dalla maschera, eppure lo sento.
Quell’occhio rosso che spia ogni movimento,
deridendo il tuo essere così infantile, ma sa che la smetterai.
E che troverai un capo espiatorio che ti ha già
fornito.
Ti conosce ed infatti ti rialzi; hai trovato un
nuovo obiettivo.
Perché non puoi sopravvivere ora che hai ucciso tuo
fratello.
Non
hai più uno scopo da inseguire.
Fai un ragionamento tanto logico, quanto infantile:
«È
colpa loro. Solo loro se il mio Clan è stato sterminato.»
Hai trovato la tua ragione di esistere ancora in
questo mondo.
E mi chiedo perché sei così attaccato alla vita.
Ora che sei solo ti conviene farla finita, almeno li
raggiungi! Ma no, è vero, devi ripopolare il Clan Uchiha.
Peccato che non credo sia possibile…
Ha smesso di piovere e dovresti rientrare, eppure ti
fermi a guardare due pozze d’acqua vicine.
Ti specchi in entrambi e non sai nemmeno perché, ma
ora è più chiaro.
Sei riuscito a vedere chi è riflesso?
Sei riuscito forse a vedermi?
Ghigni; dai un calcio all’acqua delle pozze,
facendole increspare, ed allora comprendo.
Mi hai visto. Ci hai visto. E non accetti.
«Distruggerò
Konoha.»
È tutto ciò che dici prima di sparire, lasciandomi
lì, deforme, aspettando che un giorno tu mi liberi permettendomi di riprendere
il mio posto.
Per ora, mi limiterò a dormire dentro di te.
Quando li ucciderai, io ci sarò.
Aspetterò la tua fine e riprenderò la mia
vita da dove l’ho interrotta.
E mi osserverò allo specchio; vedendo in me chi sono
diventato - te -, e chi avrei voluto diventare -Itachi.
«Sai,
Sasuke, un vaso rotto, per quanta colla si utilizzi, non tornerà mai come
prima.
Mi
chiedo chi ti abbia frantumato.
Itachi?
Naruto? Madara?
No.
Sei
stato tu.»