Love Turns to Ashes

di xX__Eli_Sev__Xx
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Love Turns to Ashes
 
XVIII
Schegge
 
 Sono accoccolata sotto le coperte nel letto della stanza di Abbie da meno di un’ora quando sento un fracasso terribile venire dal piano inferiore.
 Mi metto a sedere di scatto e tendo l’orecchio.
 Cosa diavolo è stato?
 Rabbrividisco.
 Qualcuno è entrato in casa?
 L’ultima volta che ho sentito un trambusto simile è stato quando il demone che ha ucciso i miei genitori aveva fatto irruzione in casa mia.
 Sento il sangue gelarsi nelle vene e per un momento sembra che anche il mio cuore abbia smesso di battere per permettermi di captare ogni rumore, ogni suono.
 Mi alzo poggiando i piedi sul freddo pavimento e prendo la spada angelica che ho lasciato accanto alla porta.
 Non posso nemmeno chiedere l’aiuto di Tom dato che è dovuto andare alla riunione del consiglio con Maryse e Robert.
 Lascio la porta della mia stanza aperta e percorro il corridoio.
 Mi avvicino alla porta della stanza di Henry e la apro lentamente.
 Entro e mi avvicino al letto matrimoniale per svegliarlo e chiedergli di accompagnarmi di sotto. Quando scosto le coperte vedo che il mio parabatai non c’è.
 Ho un tuffo al cuore.
 È sceso ad affrontare l’intruso da solo?
 Non poteva chiamarmi?
 Esco socchiudendo la porta e scendo le scale lentamente prestando attenzione a non fare rumore per non attirare l’attenzione del misterioso visitatore. Sento un tonfo e poi qualcosa cadere a terra. Un oggetto di vetro si infrange contro il pavimento e tento di trattenere un gemito di paura.
 Quando arrivo all’ultimo gradino prendo un bel respiro e avanzo ancora. Giro a sinistra ed entro nel piccolo salotto, dove vedo una luce accesa. Proprio mentre sto per sollevare la spada, vedo che non c’è nessun demone. Anzi, la persona che mi sta davanti è qualcuno che conosco.
 È Henry.
 Ci sono libri sparsi ovunque e vari soprammobili rotti attorno a lui.
 - Henry… -  sussurro.
 Lo vedo muoversi convulsamente per la stanza. Si avvicina alla libreria, prende altri libri e li getta a terra, sferra loro un calcio e poi con la mano spazza via alcune statuine in vetro che si infrangono sul pavimento.
 Sobbalzo.
 Ma cosa gli prende?
 Lo sento sussurrare qualcosa di incomprensibile, sembra un lamento. Si porta le mani alla testa e le preme sulle tempie.
 - Henry. -  dico più forte e mi avvicino a lui.
 Non sembra fare caso a me, infatti continua a spaccare tutto e a sferrare pugni alla libreria in legno.
 Lo raggiungo e lo afferro per le braccia costringendolo a voltarsi verso di me.  - Henry, fermo! -  esclamo.
 Lui scuote il capo e abbassa lo sguardo.  - No… No… -  bofonchia  - A…ie -  mormora premendosi le mani sulle orecchie.
 Aggrotto le sopracciglia. Cosa sta dicendo? - Henry, ti prego, calmati. -  lo imploro, mi sta spaventando  - Che succede? -
 Lui scuote nuovamente il capo e poi parla più forte  - È colpa mia… Abbie… il demone l’ha uccisa… la mamma voleva che i-io… -
 Oh, no.
 Sento il cuore fermarsi.
 Abbie. È questo che lo tormenta.
 Oh, per l’Angelo… sapevo che venire qui avrebbe risvegliato in lui dei brutti ricordi. Sapevo che l’avrebbe fatto soffrire.
 Perché non siamo rimasti dai Penhallow? Accidenti a me.
 Aumento la pressione sulle sue braccia.  - Henry. -  lo chiamo  - Adesso calmati. -
 - No… io non… -  balbetta  - Abbie… devo aiutarla… -
 Sento gli occhi pizzicare  - Henry, Abbie non c’è. Calmati. -
 - Il demone… lui li ha già uccisi tutti… -  scuote il capo e singhiozza come se avesse realizzato che i suoi genitori sono morti.
 Sento una morsa al petto così dolorosa da farmi gemere.  - Henry… -  sussurro con voce strozzata, ma subito tento di ricompormi. Non devo piangere. Devo aiutare Henry.
 Il mio parabatai poggia la schiena contro la libreria e si lascia scivolare a terra. Aumenta la pressione delle mani sulle orecchie, sento i muscoli delle braccia che si tendono sotto i miei polpastrelli.
 Mi inginocchio davanti a lui e gli poggio una mano sulla spalla. Cosa posso fare per aiutarlo? Come posso far cessare il dolore che lo tormenta?
 - Ellie… -  sussurra come se si fosse reso conto che sono lì solo in quel momento.  - Ellie. -
 Poggia la testa sulla mia spalla e, dopo averlo avvolto con le braccia, lascio che pianga.  - Va tutto bene, Henry. -  sussurro accarezzandogli i capelli  - È tutto ok. Sono qui. -
 Mi circonda le spalle con le braccia e affonda il viso nell’incavo del mio collo.  - Lea, mi dispiace tanto… -  singhiozza  - Non volevo… non sono stato un buon Cacciatore… -
 Scuoto il capo.  - No. Non è vero e lo sai. Sei il migliore. -  lo rassicuro.
 - No… -  ripete  - Avrei dovuto proteggerli. Avrei dovuto affrontalo… -
 - Come avresti fatto? Eri solo un bambino. -
 - Non sono degno di essere un Nephilim… -
 - Sai bene che non è vero. Adesso calmati. -  gli dico e gli accarezzo la guancia. Lo aiuto ad alzarsi e poi mi dirigo verso il divano, sposto alcuni cuscini e poi mi siedo incrociando le gambe. Lo tiro per un braccio e lui si sistema accanto a me. Continuo ad accarezzargli una guancia e ad asciugare le lacrime che gli rigano il volto.
 È così doloroso vederlo così. Mi fa male, terribilmente male.
 Henry è sempre stato forte e determinato, mostrava raramente la debolezza e forse è proprio per questo che adesso ha reagito così.
 - Non lasciarmi… -  mi implora.
 - Non ti lascio. -  replico  - Rimango con te quanto vuoi. -  sussurro.
 Lui si avvicina e mi stringe tra le braccia.  - Per sempre. -  sussurra contro il mio collo  - Rimani con me per sempre, Lea. -
 Un brivido mi percorre la schiena e un gemito sfugge dalle mie labbra. - Henry… -  ansimo. Sento le sue labbra sfiorare il mio collo e le sue dita incontrare la pelle della mia schiena accarezzandola delicatamente e sollevando la maglietta.
Con una mano gli accarezzo la schiena e circondo la sua vita con le gambe.
Sento il cuore galoppare nel petto. La testa potrebbe scoppiarmi da un momento all’altro.
 Henry solleva la testa e punta i suoi occhi nei miei.  - Lea… -  lo sento sussurrare ancora. Mi tira a sé e sento il mio bacino aderire al suo.
 Non riesco a staccare gli occhi dai suoi, sono come legata a lui da una forza invisibile. Sollevo una mano e gli sfioro la guancia con i polpastrelli. Il suo viso è freddo e pallido e mi sembra di potergli trasmettere il mio calore solo sfiorandolo.
 Avvicina il suo volto al mio e mi accarezza l’angolo della bocca con le labbra, poi scende sul collo e si sofferma sulla clavicola fino ad arrivare alla runa che ci lega come parabatai.
 - Henry. -  lo fermo, allontanando di scatto le sue mani dal mio corpo.
 - Lea, cosa…? -
 - Fermati. -  sussurro. Sento una stretta al cuore nel pronunciare quelle parole.
È sbagliato, la mia mente mi dice che tutto questo è sbagliato, che io ce l’ho un ragazzo, che io e Henry siamo parabatai… ma il mio corpo dice il contrario. Le mie membra, ogni singola cellula del mio corpo desidera che lui continui.
 Ma non possiamo.
 - Noi… io… -  tento di dire.
 - Lea, va tutto bene. -  mi rassicura accarezzandomi una guancia.
 - No. -  mi impongo  - No. Noi siamo parabatai, io sto con Tom e… e tu sei solo un po’ confuso. -  concludo e mi alzo in piedi.
 Lo vedo irrigidirsi.  - Ellie, ti assicuro che… -  si alza per bloccarmi.
 - Henry, ti prego. -  lo imploro, mi allontano ancora da lui e prima che possa fermarmi salgo di corsa le scale e mi chiudo in camera di Abbie.
 Solo ora mi accorgo che sto ansimando e che le lacrime hanno cominciato a rigarmi le guance.
 Tutto sta andando in pezzi.
 Questa casa.
 Questo paese.
 La nostra vita.
 Tutto.
 Di noi non rimarranno altro che schegge.
 
 ANGOLO DEL MOSTRICIATTOLO RITARDATARIO CHE SCRIVE
Ciao a tutti! Mi scuso per l’enorme ritardo nella pubblicazione, ma l’università si intromette continuamente nei miei piani! ^_^ chiedo venia.
Spero che questo capitolo vi piaccia. È breve, ma denso di avvenimenti.
Ovviamente qualcuno di voi aveva già previsto ciò che sarebbe successo, dato che era abbastanza prevedibile ;)
In ogni caso, spero davvero che vi piaccia. Fatemi sapere, mi raccomando. :)
A Lunedì, spero, con il prossimo.
Eli ^_^




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