SECONDA
CLASSIFICATA al contest “Dieci Trame per Dieci Concorrenti”
indetto sul forum di EFP da S.Elric_
Pacchetto
Difficoltà
Blind
Sun
Eleonoora
la osservava con attenzione, analizzando l'espressione sognante e
familiarmente persa nel vuoto della sua amica.
Aija,
intanto, riusciva a scorgere ben poco, ma nonostante questo piccolo
dettaglio, il suo cuore stava esplodendo di gioia.
«Mi
spieghi perché ti vengono sempre queste idee, Aija?»
domandò Eleonoora, con calma.
L'amica
sorrise ancora più ampiamente e si lisciò i lunghi
capelli, fremendo per l'eccitazione.
Le
due ragazze, intirizzite dal freddo, si trovavano sulla piattaforma
della stazione, al binario numero 4, in attesa del treno.
Aija
era felice, nonostante i raggi del sole non fossero ancora in grado
di illuminare il panorama circostante.
Da
quando era riuscita a sbloccarsi e ad uscire con il solo supporto del
suo bastone bianco, niente era riuscito a fermarla. Aija aveva deciso
che voleva la sua indipendenza a tutti i costi e aveva lottato giorno
dopo giorno per ottenerla.
Ovviamente,
Eleonoora le era rimasta accanto, scoprendo con lei il piacere delle
piccole cose e delle percezioni amplificate dalla mancanza di retine
ben funzionanti.
«Leoo,
sei sempre la solita guastafeste! Sai anche tu che devo farlo.»
«Non
vorrei ti capitasse qualcosa...»
«Cosa
vuoi che mi succeda? Henkka mi aspetta alla stazione di Helsinki, che
sarà mai un viaggio di un'ora su uno stupido treno?»
Eleonoora
tacque, sapendo che la testardaggine della sua amica non avrebbe mai
smesso di sorprenderla. Ogni tanto, si ritrovava a pensare a come
riuscisse, Aija, ad affrontare tutto con determinazione e senza
paura. Lei, al suo posto, non sarebbe stata in grado di far nulla,
forse si sarebbe chiusa in casa per il resto dei suoi giorni. Eppure,
Aija aveva sempre affermato che era solo grazie al sostegno di
un'amica speciale era diventata ciò che era, decidendo di
lottare per la sua autonomia.
Aija
inclinò il capo di lato, come se ascoltasse qualcosa.
«Senti?»
mormorò.
«Cosa?»
«Arriva
il treno. Non senti la vibrazione?»
Eleonoora
fece per dire qualcosa, ma una campanella prese a suonare e, poco
dopo, una voce metallica stava annunciando l'arrivo del treno, prima
in finlandese, poi in inglese.
«Ci
siamo!» esclamò Aija, con entusiasmo, stringendo
l'impugnatura del bastone.
«Promettimi
che starai attenta e che mi chiamerai quando...»
«Leoo!
Sarò impegnata a sbaciucchiare il mio fidanzato, non
penserai...»
«Oh,
per favore! Prima mi avvisi, avrai tempo per le smancerie!»
Aija
rise, mentre osservava con fiducia la linea dell'orizzone che si
colorava, finalmente, di un colore per lei indefinibile. Eppure per
lei quella era pura gioia, una sensazione incredibilmente appagante.
«Il
treno è in orario, almeno per una volta» commentò
qualcuno accanto a loro.
Aija
era eccitata. Quello sarebbe stato il primo viaggio che avrebbe
affrontato da sola; il fatto che all'arrivo avrebbe trovato il suo
amato Henkka ad attenderla, le riempiva il cuore di gioia.
Il
suo cellulare squillò e la sintesi vocale annunciò che
il mittente della chiamata era proprio il suo ragazzo.
Rispose
senza pensarci due volte.
«Henkka?
Mi senti? Sta arrivando il treno!» gridò, attirando
l'attenzione di mezza stazione.
«Ma
sentila!» ridacchiò lui, poi sbadigliò e
aggiunse: «Ti sento contenta, ma non vorrei perdere l'udito,
specialmente di buon mattino».
«Simpatico.
Certo che sono contenta, tu invece?»
«Aija,
Aija... mi rendi felice, lo sai anche tu. E poi, come ti dico sempre,
abbi fiducia in te stessa. Il viaggio andrà benissimo e io
sarò lì ad aspettarti.»
«Sei
un amore, Henkki!»
Eleonoora
scoppiò a ridere, udendo quel nomignolo tremendamente
ridicolo. Questo le permise di scaricare un po' di tensione. Così,
aiutò Aija a salire a bordo, non appena il treno si fermò.
Insieme cercarono un posto non tanto distante dalle porte d'ingresso
e si salutarono con un veloce abbraccio.
«Mi
raccomando, avvisami!» strillò Eleonoora, poco prima che
lo sportello si richiudesse, costringendola a balzare sulla
piattaforma di cemento, lasciando che il viaggio di Aija cominciasse.
Il
tempo sembrava scorrere velocemente, Aija ci fece caso perché,
ogni tanto, controllava l'orario, facendosi aiutare dall'orologio
parlante che portava al polso.
Una
signora, salita due stazioni più avanti, si accomodò
accanto a lei e parve incuriosita da tutte gli aggeggi che aiutavano
Aija a fare ciò che tutti facevano con il solo supporto degli
occhi.
«Sei
cieca, cara?» le domandò, mentre lei si sistemava meglio
gli occhiali sul naso.
«No,
signora, ma potrei diventarlo» disse, poi sorrise e premette
uno dei pulsanti dell'orologio. Era trascorsa appena mezzora e Aija
non stava più nella pelle.
«Oh,
io... mi dispiace... ma, ehm... dove sei diretta?» buttò
lì la donna, stringendosi nelle spalle con fare imbarazzato.
«Vado
ad Helsinki, dal mio ragazzo. Lei invece?»
«Sono
una maestra d'asilo, scendo anche io ad Helsinki.»
Le
due continuarono a parlare per un po' e la donna scoprì che
Aija era davvero felice e che i suoi problemi non erano un limite,
bensì una spinta in più per andare avanti a testa alta.
«Vorrei
che venissi a parlare con i miei bambini, cara, a fare qualche
attività con loro. Ti piacerebbe?» le domandò,
quando lasciarono la penultima fermata.
«Dice
sul serio?» si sorprese la ragazza, sorridendo con rinnovata
gioia.
«Ma
certo! Potresti... chiamarmi?»
Aija
tirò fuori il cellulare con sicurezza e si preparò per
segnare il numero dall'insegnante. Lei rimase sorpresa dalla sua
sintesi vocale e le chiese informazioni, curiosa.
«Sa,
sono contenta di averla incontrata. Anche lei, oltre al mio ragazzo,
ha contribuito a rendere migliore questa giornata.»
Quando
giunsero ad Helsinki, Aija stava fremendo per l'eccitazione. Lei ed
Henkka si erano conosciuti per caso, durante la visita guidata ad un
museo tattile. Lui dava una mano all'interno della struttura ed era
rimasto affascinato dal modo in cui Aija accarezzava ogni cosa,
tastandone con delicatezza e sicurezza ogni tratto; si era trattata
di una bellissima esperienza, la quale venne ripetuta qualche giorno
dopo dai due ragazzi. Henkka era riuscito a chiedere un pomeriggio di
permesso per accompagnare nuovamente Aija al museo e per poter
partecipare come visitatore, con tanto di benda sugli occhi e
percezioni tattili e uditive al massimo.
Da
allora, non si erano mai lasciati. Si erano conosciuti giorno per
giorno, innamorandosi perdutamente l'uno dell'altra. Aija adorava i
modi gentili e divertenti di lui, mentre lui non si stancava mai di
comprenderla e di rimanere affascinato dal modo in cui lei affrontava
i problemi che la sua patologia le poneva sul cammino ogni giorno.
Aija
era affetta da retinite pigmentosa e sapeva che sarebbe potuta
divenire completamente cieca da un momento all'altro. Tuttavia, non
si perdeva d'animo e godeva di ogni singolo istante della sua vita,
sperando in una cura che le restituisse la vista o evitasse di
fargliela perdere del tutto.
In
questo, Henkka le stava sempre vicino ed era divenuto, insieme ad
Eleonoora, la persona più importante della sua vita.
Quel
giorno in particolare, avrebbero festeggiato i loro primi due mesi
insieme e lei aveva deciso di raggiungere Henkka, anziché
aspettarlo come al solito. Non lo aveva mai fatto e, quando scese dal
vagone insieme all'insegnante d'asilo che aveva incontrato, si sentì
soddisfatta e in preda alla felicità.
Il
sole era ormai sorto, erano le sette e ventiquattro di mattina, ma
c'era qualcosa che non andava.
«Oh
no, peccato» mormorò tra sé.
La
donna, poco prima di andarsene, si accorse della sua espressione
improvvisamente delusa.
«Cosa
succede?»
«Ho
sperato tutta la settimana che oggi ci fosse unbel sole e un cielo
terso, invece... ha visto che nuvoloni? Non potrò vedere
granché, di questo passo.»
Improvvisamente,
si sentì afferrare per la vita e si spaventò, poi
riconobbe il familiare profumo di Henkka e un sorriso bellissimo le
incurvò le labbra, inondando il suo viso di luce e calore.
«Buongiorno
tesoro, com'è andato il viaggio?» le domandò,
scostandole una ciocca di capelli dal viso.
L'insegnante
si schiarì la gola.
Henkka
sollevò gli occhi scuri su di lei e la osservò, in
attesa.
«Io
allora vado, cara. Divertiti e tanti auguri per il vostro bellissimo
amore! Chiamami presto!» disse e se ne andò, agitando
con energia un braccio.
«Chi
era?»
«L'ho
conosciuta sul treno e... oh, Henkka! Henkki, sono così
felice!» esultò Aija, gettandogli le braccia al collo e
stringendolo a sé. In un attimo scoppiò a piangere,
mentre gli occhi le bruciavano e si riempivano di lacrime. Ancora non
riusciva a credere di essere lì, insieme a lui. I sentimenti
che provava nei confronti di quel ragazzo, esile e dal profumo più
sensuale che avesse mai percepito, erano difficili da spiegare a
parole e il cuore martellava così forte che tutto il resto
sembrava soltanto un'insignificante cornice.
Con
dolcezza lo baciò sulle labbra, lasciando cadere il bastone a
terra e avvinghiandosi al suo corpo. Henkka non aveva mai sopportato
le effusioni in pubblico, ma con Aija era tutta un'altra storia. Da
quando stava con lei e si era innamorato di lei, tutte le convinzioni
che aveva sempre avuto erano state stravolte dal fatto che la sua
Aija fosse speciale e capace di dare significato alle sue giornate e
ad ogni piccola cosa, per quanto apparentemente insignificante.
«Adesso
ti porto a fare colazione, hai fame?» chiese Henkka, quando si
furono separati.
Aija
scoppiò a ridere, con le lacrime che ancora le luccicavano
sulla pelle, poi si chinò a raccogliere il bastone e infine
annuì con vigore, per poi rivolgere un'altra occhiata al cielo
ricoperto di nuvole grige.
«Pioverà?»
si domandò.
Lui
la udì e rispose: «Non credo».
«Avrei
voluto ci fosse il sole... avevo...»
Henkka
la abbracciò e baciò, cercando di confortarla. Le
sussurrò all'orecchio: «Non ti preoccupare, io sarò
il tuo sole e i tuoi occhi, così come tu sarai le mie
percezioni. Funziona sempre così, non è vero?»
La
ragazza riuscì a sorridere di nuovo, rincuorata da quelle
parole.
Mai,
nella sua vita, avrebbe pensato di conoscere un ragazzo dolce e
comprensivo quanto Henkka.
I
due ragazzi trascorsero una giornata meravigliosa.
Aija
aveva non poche difficoltà ad osservare ciò che la
circondava, ma Henkka non faceva altro che descriverle ogni
dettaglio, aggiungendo anche commenti divertenti e ironici sulle
persone che passavano o su scene esilaranti che si svolgevano intorno
a loro.
Verso
sera decisero di sedersi su una panchina, in una zona in cui avevano
una bellissima visuale di gran parte della città. Il tramonto
incombeva su di loro, colorando il cielo di meravigliose sfumature
arancio e oro.
Almeno
quello, Aija, riusciva a goderselo appieno, nonostante le coltre di
nubi avesse deciso troppo tardi di abbandonare il cielo.
«Non
voglio partire, Henkka» mormorò Aija, stringendosi al
fianco del suo ragazzo.
«Partiamo
insieme, poi io torno indietro.»
«No!»
Henkka
le sollevò il mento con un dito e la osservò con
attenzione. Poi ribatté: «Vuoi o non vuoi stare più
tempo con me?».
Lei
rimase spiazzata da quella domanda, ma non avrebbe mai potuto dirgli
di no. Sarebbe stata una bugia incredibile!
«Okay,
vieni con me!» si arrese, sorridendo raggiante.
«Ma
prima devo comprare una cosa» aggiunse Henkka, con il tono di
chi sta architettando qualcosa.
«Cosa?»
«Ogni
cosa a suo tempo.»
Henkka
condusse Aija attraverso un dedalo di stradine contorte, finché
non raggiunsero quello che pareva un vecchio negozio d'antiquariato.
Alla
ragazza venne un po' d'ansia, nonostante riponesse la sua intera
fiducia in lui.
«Dove
siamo?» sussurrò, immersa nell'oscurità che ormai
stava incombendo sull'intera città.
«Sei
sempre troppo impaziente.»
Il
ragazzo entrò nella piccola e polverosa bottega, accompagnando
anche lei, che lo seguì con un po' di curiosità.
Aija
si domandò pigramente perché fossero giunti lì
soltanto al calar della sera, ma decise di non porre altre domande,
per il momento.
«Avanti,
avanti, entrate! Oh...» esclamò un ometto curvo e
dall'aria simpatica. Ispirò subito fiducia ad Aija, bastò
che lo sentisse parlare per capirlo.
«Salve!»
salutarono i due ragazzi, con educazione.
«So
perché siete qui. Mia nipote mi ha parlato di voi, credo...
eh, vero? State bene? Volete un po' di tisana? Un bicchiere di
vodka?»
«No,
lei è molto gentile, ma io e la mia signora siamo di fretta»
rispose Henkka con estrema cortesia, con Aija sottobraccio.
Lei
stringeva il bastone in mano e lo tenne fermo, cercando di scrutare
nell'oscurità che la circondava.
«Ragazzi,
vi piace Dostoevskij?» domandò l'uomo, all'improvviso.
Aija
sussultò per l'eccitazione. Dostoevskij era uno dei suoi
autori preferiti, così annuì.
«Questo
è per voi. Anzi, per te, piccola» proseguì quello
strano signore, avvicinandosi con cautela ad Aija. Seguì un
momento di sospensione, in cui nessuno seppe cosa fare né cosa
pensare.
Poi,
le mani affusolate e delicate di Aija sfiorarono un volume abbastanza
grosso. L'uomo lo lasciò tra le dita di lei, sorridendo con
una strana luce negli occhi, un lampo di gioia che confuse Henkka, il
quale stava ad osservare la scena. In cuor suo, aspettava soltanto la
reazione di Aija.
«Ma
è... è... oh, cielo...» farfugliò lei,
accarezzando la copertina di cartone spesso, su cui spiccava una
strana scritta, fatta di puntini apparentemente incomprensibili.
«Ti
piace?» domandò con allegria l'ometto, trotterellando
attorno alla coppia.
«Non
ci credo... è tutto scritto in braille? Io non...»
Aija
era totalmente sconvolta e non sapeva più cosa dire.
«È
bello, vero?»
«Signore...
non so come ringraziarla, sono sconvolta! Mi piace tantissimo, la
ringrazio davvero!»
Henkka
decise di intervenire: «Mi dispiace, però dobbiamo
andare. Tra meno di venti minuti partirà il nostro treno,
perciò dobbiamo darci una mossa. La ringrazio, davvero.
Passerò in settimana per sistemare tutto, può andare
bene per lei?».
«Ma
certo, ci vediamo presto, allora!» concluse l'uomo, spingendo i
due ragazzi fuori dal negozio.
I
due innamorati dovettero quasi correre per non perdere il treno delle
18:47.
Aija
non riusciva neanche a parlare, tanto era assorta dall'esame di quel
libro.
Era
meraviglioso. Lei non si era ancora decisa ad imparare a leggere e
scrivere in braille. Era una di quelle cose di cui aveva un po'
paura, ma sapeva di doverci lavorare.
Si
voltò verso Henkka, seduto accanto a lei sul sedile.
«Henkki?
Come hai fatto a trovare quel posto?»
Lui
scosse il capo e sorrise, divertito. «Per te mi do sempre da
fare. Non so che mi hai fatto, Aija, ma da quando ti conosco, credo
di essere impazzito.»
«E
come farò a leggerlo?» domandò ancora lei, con
aria confusa.
«Imparerai,
no? Questo sarà il tuo primo libro in braille, potrai
esercitarti» rispose semplicemente Henkka, senza smettere di
sorridere.
Rimasero
per un po' in silenzio, mentre Aija stringeva la mano del suo amato e
rifletteva su come sarebbe stato emozionante leggere Dostoevskij in
braille.
«Aija»
sussurrò lui, ad un certo punto.
«Sì?»
«Terrò
il tuo cuore e non lo lascerò mai andar via»
recitò, accarezzandole con dolcezza una guancia.
«Oh, Henkki!
Che dolce! L'hai inventata tu?»
Aija era commossa e
rischiava di scoppiare a piangere per la seconda volta durante quella
giornata.
«No, è
una canzone dei Green Day.»
Lei sgranò
gli occhi, poi esplose in una risata irrefrenabile.
«Sei
ridicolo!» lo accusò, abbracciandolo.
«Sono ridicolo
perché ti amo?»
«Sì. E
anche io sono ridicola per lo stesso motivo.»
Anche se lei non
poteva vedere gli occhi di Henkka, si sentì attraversare dal
suo sguardo penetrante e colmo di amore nei suoi confronti.
Si scambiarono un
bacio a fior di labbra e il treno si fermò ad una delle tante
stazioni.
Leggere il braille
non sarebbe potuto essere più semplice, per Aija. Solo l'amore
e la dedizione del suo Henkka erano riusciti finalmente a farle
capire che doveva affrontare e sconfiggere anche quell'altro
ostacolo. Senza neanche accorgersene, divenne bravissima in
pochissimo tempo e, un mese dopo, si recò all'asilo e lesse,
ad occhi chiusi, una favola ai bambini, sotto gli sguardi sognanti ed
invidiosi di ognuno di loro.
«La vita è
davvero bellissima, bambini» concluse, sorridendo. «Anche
se il sole è cieco o gli occhi non riescono a vederlo.»
Tutti gli scolari la
accerchiarono, abbracciandola con calore.
NdA:
Eccomi
qui con una nuovissima One Shot, con protagonista Aija, la ragazza
ipovedente che ha animato anche la mia storia “Blind Moon”.
Non
siete obbligati, ma se voleste leggerla, la trovate qui:
http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2986235&i=1
La
frase che trovate in corsivo verso la fine, è una citazione
della canzone “Stray Heart” dei Green Day, inserita nel
pacchetto che mi è stato assegnato.
Ringrazio
S.Elric_ per avermi permesso di partecipare al suo bellissimo
contest!
Grazie
anche a chiunque sia arrivato fin qui, alla prossima,
Kim
♥
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