La
bionda si risistemò sul letto, lo specchio appoggiato sulle coperte, aspettando
che Seraphin riuscisse a liberarsi delle fans: era il brutto dei ragazzi di famiglia essere
continuamente aggrediti da ragazze invasate…
Qualche
istante dopo un piccolo ologramma di dimensioni mignon del ragazzo comparve
mettendosi a sedere sulla superficie rifrangente dello specchio e le fece ciao ciao.
-
Di che volevi
parlarmi? – indagò il moro mettendosi comodo
-
È una cosa un po’
strana… però vorrei che mi parlassi della tua vita…
-
Della mia vita? –
chiese divertito Fin – ma l’ho passata quasi tutta con te la mia vita! Sono
cresciuto a Malfoy Manor e ho frequentato Hogwarts
-
C’è stato un
periodo della tua vita in cui non eravamo insieme – puntualizzò lei, Seraphin capì al volo che si stava riferendo a quanto
accaduto prima che lei nascesse e, nello specifico, a quanto avvenuto l’ultimo
anno di scuola di Draco ed Hermione.
Sospirò
-
Chi te lo ha
detto?
-
Volontariamente
nessuno – si affrettò a dire lei, temendo che lui potesse andare a dire
qualcosa a Rowena – però stavo cercando una cosa ed è
venuta fuori questa faccenda.
Sullo
specchio, il minuscolo mento di Seraphin annuì.
-
Beh, intanto…
-
Se non vuoi
parlarne… - incominciò lei, temendo di aver detto troppo
-
No, non fa
niente. Se vuoi saperlo te lo dico, non è un segreto di stato. – Seraphin, come Kitt, teneva alle cose sue più di chiunque
altro, non ne parlava volentieri. Eppure sminuiva sempre i propri problemi.
Sapeva per esperienza che entrambi si sarebbero tagliati una mano piuttosto che
andare a sfogarsi con qualcuno…
-
Fin…
-
È successo quando
avevo cinque o sei anni, immagino che avrai scoperto di già che noi del ramo
cadetto dei Black abbiamo un feeling particolare con Voldemort – la bocca si storse in un ghigno sarcastico che
aveva imparato dai Malfoy – a quel tempo la guerra era ancora in atto e c’erano
mangiamorte disseminati ovunque. Ad un modo che non conosco, i seguaci del
Signore Oscuro vennero a sapere della nostra parentela, nonostante anche noi ne
sapessimo ben poco, se non niente. Io, Ransie e Rowena vivevamo con Alerei nel nord dell’Inghilterra ed
eravamo preda facile, non temevamo certo un attacco contro di noi.
Rapirono me e mia sorella nella notte, a settembre, e
fecero credere a Rowena di essere Ransie
inducendole una trance. – non si dilungò a spiegare cosa fosse - Ci portarono a
Malfoy Manor e ci tennero prigionieri tre mesi prima
che riuscissimo a scappare.
-
Ma perché i
mangiamorte volevano rapirvi? Ok, avevate un po’ di sangue del Signore Oscuro,
ma non mi sembrava un motivo sufficiente…
-
Il loro piano era
più sottile – ammise lui grattandosi il collo – vedi, a quel tempo Voldemort era stato praticamente spazzato via da Harry e
mio padre gli aveva dato il colpo di grazia. Ciò che i mangiamorte volevano non
era solo il nostro sangue, anzi, io c’entravo poco con la faccenda. Loro
volevano Temperance
-
Perché?
-
Non lo immagini?
Volevano ricreare Lord Voldemort – disse in un
sussurro
-
Ma è impossibile!
Insomma, resuscitare qualcuno… non si può fare!
-
Per questo
avevano studiato un pianto tanto elaborato quanto geniale e malefico, ispirato
direttamente dalla cultura babbana: clonare Voldemort
-
Assurdo!
-
Tu trovi?
Passandoci in mezzo lo è un po’ di meno. Avevano scelto Ransie
che aveva anche il suo sangue e che poteva ospitare l’embrione clonato, ma
qualcosa andò per il verso sbagliato.
-
Che cosa?
-
Rowena non ti ha detto che mia sorella era incinta? – quasi
scherzò lui, per sdrammatizzare la situazione e identificando subito la
responsabile della fuga di notizie, Gardis si morse la lingua. – lo era ed
anche ad uno stadio piuttosto avanzato della gravidanza; cercarono di farla
abortire in ogni modo, ma non ci riuscirono, sembrava che quel bambino non
volesse assolutamente morire e che avesse poteri decisamente fuori dal comune,
allora decisero di tenerci con loro finchè il bambino
non fosse nato, ucciderlo e poi continuare con il loro progetto originale
-
Ma è una cosa
terribile!
-
Gardis… mia
piccola sorellina – e le rivolse un sorriso, se fosse stato presente, lo
sapeva, le avrebbe anche scompigliato i capelli – tu sei cresciuta in un mondo
di pace, ma a quel tempo episodi di violenza e crudeltà si sprecavano…
-
Hai ragione,
scusami
-
No, dopotutto
anche te hai la tua croce da portare avanti e non t’invidio.
-
Cosa è successo
dopo?
-
A dicembre, poco
prima di Natale, tua nonna ci fece scappare. Dato che ero piccolo e non sapevo
badare a me stesso fui affidato a tuo padre, Ransie
invece andò per conto suo. Entrambi arrivammo a Hogwarts.
Io ebbi la fortuna di incontrare Evangeline, che si
prese cura di me per un po’. Anche Rowena arrivò. Ci
fu un putiferio per decidere chi delle due fosse mia sorella. Poi, quando tutto
sembrava stesse risolvendosi al meglio, i mangiamorte attaccarono. Nonostante
le strenue lotte di Zachariah – e Gardis sentì una
stretta al cuore sentendo suo “fratello” che chiamava per nome suo padre tanto
poca era l’abitudine a stare insieme – ed Evangeline,
nonostante tutti i morti, alla fine ci furono dei danni. Tua madre rischiò la
vita. E mia sorella, che aveva appena messo al mondo suo figlio, venne rapita
assieme al bambino.
-
Bambino?
-
Sì, aveva avuto
un bambino proprio quel giorno. Maschio
-
Come si chiamava?
-
Non l’abbiamo mai
saputo, credo che il neonato avesse poco più di qualche minuto… per anni mio
padre se ne è fatto un cruccio, una volta voleva addirittura ammazzarsi e io
stesso, che di quegli avvenimenti ricordo ben poco, ho la nitida visione di Rodolphus Lestrange che solleva Ransie dal letto e la porta via con sé assieme al fagotto
-
Ma perché anche
l’altro bambino?
-
Vai a saperlo. Di
loro non abbiamo saputo altro.
Istintivamente
lei allungò un dito verso di lui, dimentica del fatto che fosse solamente un
ologramma
-
Ora capisco
perché quando eravamo piccoli dicevi sempre che il tuo più grande sogno era
salvare tua sorella. Immaginavo che fosse una storia dolorosa, ma non fino a
questo punto.
In
effetti rimanere prigionieri dei mangiamorte per tre mesi doveva essere
un’esperienza che l’aveva segnato più di quanto volesse lasciar trasparire. Non
stentava a crederci.
Gardis
abbassò gli occhi, un gesto che non le si vedeva fare spesso, Seraphin sorrise mesto per poi accorgersi che le dita
sottili di lei stavano tormentando un ciondolo a forma di lucchetto attaccato
ad una catenina. Fece per chiederle chi glielo aveva regalato, ma lei anticipò
la sua frase
-
Descrivimi tua
sorella – chiese all’improvviso. Seraphin, che era
quasi caduto in trance, si ridestò e annuì
-
Prendi lo
specchio – l’ologramma sparì, Gardis sollevò l’oggetto davanti al proprio viso
notando la propria immagine riflessa percorsa da ondine concentriche, dopodiché
un volto iniziò ad apparire al posto del suo.
Inconfondibile.
Nessuno
avrebbe potuto imbrogliare così bene.
Era
la madre di Christopher.
Sguardo
tranquillo, capelli neri ed occhi blu. La sua espressione, però, era
decisamente meno severa di quella della fotografia che Kitt le aveva mostrato.
Ma era la stessa persona.
Indubbiamente
erano tutti parenti.
Una
cosa attirò l’attenzione della bionda, però, una catenina a maglie alternate di
oro bianco e giallo scendeva lungo la pelle candida e terminava con un
medaglione rotondo che spiccava sul corpetto bianco dell’abito da sposa di Temperance. Un medaglione dall’aria familiare.
-
Che cosa porta al
collo? – domandò
-
È il medaglione
di Rowena, Zachariah l’aveva
dato a sua sorella e mia zia l’aveva prestato a Ransie
per il matrimonio
Gardis
annuì ancora a disagio per il fatto che lui chiamasse il suo vero padre “Zachariah”.
-
Te lo ricordi?
-
Certo
Nello
specchio il volto sorridente della figlia maggiore di Zachariah
si confuse con la forma intarsiata di quel monile rotondo su cui erano segnati
lo stemma di Hogwarts con tutte le sue quattro case e
il motto secolare inciso tutt’attorno.
Inconfondibile
anche quello.
Era
senz’altro lo stesso oggetto che aveva al collo Temperance
nella fotografia mostratale da Kitt, lo stesso medaglione che, inizialmente,
aveva creduto fosse di argento, ma che invece era una fantasia molto più
raffinata.
Dallo
specchio provenne la voce di Aisley che chiamava il
suo fidanzato, con un saluto frettoloso e un sorriso nel vetro Fin scomparve
assieme alla ragazza e la giovane Malfoy poteva finalmente tirare un sospiro di
sollievo. Se Aisley non fosse intervenuta al momento
giusto sarebbe cominciata la parte delle domande al contrario: perché lo vuoi
sapere, chi te lo ha detto e compagnia.
Un
vero colpo di fortuna, c’era davvero da dirlo.
Ma
ogni minuto che passava le sue idee assumevano il loro ordine nella testa.
Dunque…
era vero ciò che temeva? Lachlan, figlio di Ransie,
era davvero il clone di Voldemort?
Tremò
istintivamente.
Non
per paura per se stessa, ma per i suoi amici.
Aveva
coinvolto Hestia, Jeff, Jack e Karen in un pasticcio
decisamente pericoloso. Se Lachlan era davvero il nuovo Lord Voldemort allora non c’erano dubbi sul fatto che fosse
anche in grado di riaprire la Camera dei Segreti e di far del male a qualcuno.
Lachlan…
e dire che aveva sempre immaginato Tom Riddle molto,
molto diversamente. Eppure, bisognava solo scavare un po’ e i dettagli venivano
subito alla luce: Lachlan TOM Black. Tom era il
secondo nome di Lachlan, evidentemente avevano preferito non attirare
l’attenzione, dargli un nome che non suscitasse sospetti e continuare il loro
piano.
Il
loro diabolico piano in cui erano riusciti. Avevano rapito Ransie
e avevano clonato Voldemort e si eranof
atti aiutare da Kitt.
Doveva
risolvere quel casino da sola.
Troppo
tardi per chiamare gli Auror, troppo pericoloso
coinvolgere altra gente. Odiava ammetterlo, ma essere la portatrice dell’Anime
Azzurra le tornava comodo. Poteva affrontare da sola quelle persone senza
sprecare vite innocenti: la sua e quella di Rago non
lo erano più da tanto tempo.
Ma
avrebbe avuto il coraggio di affrontare i propri amici? IL proprio amico, il
più importante che avesse avuto, colui che non era solamente un amico, ma era
la persona che amava? Perché Kitt aiutava Lachlan, erano insieme quando erano
stati visti gironzolare dalle parti del bagno abbandonato di Mirtilla Malcontenta. Kitt aveva un segreto e lei aveva
scoperto quale. E ne aveva paura, temeva che lui potesse stare dalla parte dei
mangiamorte, contro di lei.
Avrebbe
sofferto, ma doveva farlo.
E
ora capiva perché Kitt fosse ancora vivo, probabilmente i mangiamorte aveva
anche provato a ucciderlo, ma indubbiamente era piuttosto difficile ammazzare
un Byakko con gli stessi incantesimi che si usano per
i maghi comuni, visto che lui, invece, era nientmeno
che un Arcimago, la Stirpe dalla quale venivano propri i maghi qualunque, ed
era anche molto potente, la mosca bianca della sua Stirpe, colui che aveva i
poteri degli Arcimaghi e gli occhi di un demone.
Solo
lei poteva uccidere Kitt, solo Kitt poteva uccidere lei.
E
dire che la leggenda voleva che si amassero. Loro sia amavano? Forse, ma anche
questa volta erano costretti ad uccidersi, destinati a non stare mai insieme.
E
dopo Kitt sarebbe arrivato un altro Byakko che non
avrebbe capito, che non avrebbe preso il suo posto nel cuore ormai vuoto che
aveva dentro di sé. La storia si sarebbe ripetuta, nessuno poteva prendere il
posto nel suo cuore che ora era occupato da Chris.
Ma
lei doveva uccidere Lachlan, perché Lachlan era Voldemort
e Voldemort era la più grande minaccia alla pace del
mondo in cui vivevano e se ciò significava uccidere Kitt, per il bene di tutti
l’avrebbe fatto. Per troppo tempo non v’era stato altro che terrore e paura tra
le mura domestiche, fra le persone di una famiglia, non si doveva tornale a
quel punto.
Era
disposta a sacrificare una vita, una vita molto importante per lei, per salvarne
centomila?
Lei
era vissuta in un tempo felice, doveva fare in modo che fosse lo stesso anche
per altri. Lei poteva farlo. Se fosse morta per quello non ci sarebbero stati
problemi, era uno scontro tra lei e Kitt.
Cercavano
di capirsi, ma appartenevano a due fazioni differenti. Lui voleva il caos
nonostante fosse la persona più ordinata e meticolosa della Terra, o così
avesse fatto credere. E lei, che andava a momenti e in uno era impulsiva e
nell’altro troppo riflessiva, che non sapeva mai decidersi, che non aveva
sufficiente fiducia nel prossimo, doveva sacrificare l’unico prossimo in cui
avesse davvero fiducia per la felicità di tutti gli altri in cui non credeva
minimamente.
Crudele
il mondo.
Ma
sapeva come ci si sentiva.
Ci
era già passata perché quando lei era Rago erano
diventate la stessa persona i sentimenti della prima, i suoi ricordi, la sua
storia, i suoi affetti e le sue paure erano state provate anche da lei. E Rago si era sacrificata per il suo popolo di mangiatori di
uomini. Aveva rinunciato al suo amore per salvare delle vite, vite di coloro
che la disprezzavano e disprezzavano quelli come lei.
E
lui non aveva capito e piuttosto che aspettarla, piuttosto che credere in lei e
nel loro amore, Dresda si era ucciso e aveva combinato quel bel casino che era
successo. Che continuava ancora adesso e che vedeva nuovamente contrapposti
allo stesso modo Rago e Dresda. Sohryu
e Byakko. Est e Ovest. Gardis e Christopher. Quella
era la loro storia e il loro destino.
Il
destino era davvero qualcosa di già scritto o che si scriveva con le proprie
mani?
Doveva
usare ciò che le era stato donato proprio per rendere il mondo migliore.
Era
la Regina dei Demoni e come una regina avrebbe agito.
* * *
Aisley si
coprì appena con il lenzuolo di raso bianco e accoccolò all’uomo che aveva
affianco emettendo un sospiro soddisfatto come le fusa di un gatto.
Seraphin,
a torso nudo e con le braccia dietro la schiena, stava guardando fissamente il
soffitto con una sigaretta tra le dita della mano destra: Aisley
sapeva che lui fumava solo quando era nervoso, fumare era un’abitudine di tutti
i maschi Malfoy, come diceva Hermione e come
approvava suo fratello Blaise, e nonostante Fin si
chiamasse Black di cognome, era cresciuto in una
famiglia Malfoy.
Lucius, Draco, Seraphin e Leonard, da
degni rappresentanti di quel casato, avevano ricevuto l’abitudine piuttosto
presto, per la sfortuna dei loro polmoni, si diceva che anche Abraxhas fumasse, ma nessuno lo aveva conosciuto e quindi
rimaneva un mistero insoluto.
Seraphin
parlava poco della sua famiglia di origine, dopo quanto accaduto all’epoca del
loro primo incontro, Zachariah non si era sentito in
grado di fare nuovamente da genitore al piccolo Seraphin
ed Evangeline neppure, così Draco
ed Hermione, che al tempo erano appena diventati
genitori, avevano preso con sé il bambino e l’avevano tenuto a Malfoy Manor insieme a loro e al piccolo Leonard che era appena
nato.
Seraphin
ricordava con gioia quel periodo, era stata un’infanzia felice, ben più di
quella precedentemente trascorsa assieme a Ransie e Rowena, questo perché aveva pochi elementi intorno a sé che
gli permettessero di rammentare il volto sorridente della sorella, ormai perso
per sempre.
Blaise,
che fin da allora aveva parteggiato spudoratamente perché Aisley
e Seraphin diventassero amici, si preoccupava di
portare giornalmente la sua sorellina al castello nonostante sia lui che Draco si stessero preparando per entrare al Ministero,
l’uno come Auror delle sezioni speciali e l’altro
come rappresentante della sezione Rapporti Diplomatici.
Ricordava
molte cose belle di quei tempi: la nascita di Leonard e quella di Gardis, poi
la nascita di Rudiger Greengrass
di cui sapeva un po’ troppo per poterne parlare liberamente.
Ricordava
quando i bambini con cui giocavano prendevano in giro Gardis per via dei suoi
occhi chiamandola “strana” e lui e Leonard la difendevano. Gardis non aveva
passato un bel periodo.
Poi
era successo il patatrack, quella volta di quando
aveva quattordici anni. Quella volta in cui Gardis era diventata un demone per
proteggere lui e Leonard, ricambiare, per così dire, il favore.
Da
allora sulla faccenda si era messo un segreto inviolabile: non dovevano esserci
prove della vera natura di Gardis, salvo forse quelle che avrebbe fornito lei
stessa; tutti coloro che sapevano furono messi in silenzio.
Le
cose si erano andate via via dimenticando, i figli di
Neville, così come quelli di Potter o di Weasley, non
sapevano nulla di quanto avvenuto quella notte di Capodanno di undici anni
prima.
Aisley,
affianco a lui, che l’aveva fissato per qualche minuto, gli levò la sigaretta
dalle dita prima che la cenere cadesse sulle coperte e le macchiasse, vedendolo
perso nei suoi pensieri
-
Forse sto
diventando paranoico con Gardis – ammise alla ragazza che aveva spento il
mozzicone in un posacenere di cristallo
-
Forse – confermò
lei ridacchiando al pensare come era diventato iperprotettivo Blaise dopo aver saputo che uscivano insieme e che insieme
avevano fatto ben altro, tipo far l’amore. Proprio lui che aveva
parteggiato perché stessero insieme e che sul sesso doveva tenere la sua
boccuccia chiusa, era arrossito balbettando alla loro rivelazione. – Ma Gardis
sta crescendo e vuole sapere delle cose – ammise ricordandosi alla sua età.
-
Ha voluto sapere
di prima… - aggiunse con fare allusivo – non vorrei che stesse sviscerando
quella storia che dovrebbe rimanere morta e sepolta. Non avrei dovuto parlarne
con Leonard – aggiunse – mi sto preoccupando troppo, è solo che le ragazze in
genere chiedono un altro genere di cose.
-
Già
-
Spero che Leonard
non si preoccupi, forse sono stato un po’ precipitoso
-
Chi, Leonard?
Preoccupato per Gardis?
-
Forse sono io… - Aisley gli accarezzò una mano
-
Ti ricordi? Avevo
la stessa età di Gardis quando noi siamo stati insieme per la prima volta… e
sono già passati sette anni… tu eri così piccolo…
-
Ne sono successe
di cose…
-
L’ultima delle
quali era particolarmente gratificante…
-
Te lo dico
seriamente, Aisley, dovresti chiuderti quella bocca.
Se qualcuno ti sentisse parlare penserebbe che io stia con te solo per il sesso
-
Perché, non è
forse così? – Seraphin la guardò storto
-
Sai che non lo è
-
Non dovresti
essere così assennato Fin, insomma, in genere è la ragazza quella che vuole il
“legame per tutta la vita”, mentre qui andiamo proprio al contrario
-
Non ci posso fare
niente
-
Addirittura a
volermi dare un anello di fidanzamento…
-
Non vedo dove
stia il problema, se non lo volevi bastava dirlo
-
Sono troppo
grande – disse gelida
-
Hai solo due anni
più di me, non vedo dove stia il problema - ripetè
-
Dovrebbe essere
il marito ad essere più grande – Fin sbuffò, aveva sentito quella predica un
milione e mezzo di volte, Aisley era ossessionata dal
non essere quella giusta e soprattutto da quella cosa dell’età
-
Non credo che sia
un problema così rilevante
-
Invece sì! Guarda
che cosa è successo la prima volta!
-
La prima volta?
-
Sì, la prima
volta! Io potevo anche avere diciassette anni, ma tu, bimbo mio, ne avevi solo
quindici!
-
E allora?
-
Troppo piccolo –
mugugnò contrariata, il moro lanciò gli occhi al soffitto, ancora con quella
faccenda
-
Mi sembrava di
averti dimostrato che andava bene ugualmente, non credo di aver fatto così
schifo…
-
Eri troppo
piccolo!
-
Sì, ma intanto
chi di noi due ha preso l’iniziativa?
-
Mi stai
accusando? Cioè, io dovevo abusare di un bambinetto? Dovevo sedurti?
-
Sapevi che non mi
sarebbe dispiaciuto, dopotutto non ne ho mai fatto mistero… è sempre una
battaglia con te, tu e questa faccenda del più grande e più piccolo, se le
nostre età fossero invertite non ci sarebbe lo stesso problema?
-
No
-
Ah no? E tu
avresti fatto l’amore con un imbecille più grande solo perché era più grande?
Avresti avuto quindici anni tu, un po’ pochini…
-
Io non ho mai
fatto l’amore con un imbecille più grande solo perché era più grande – finiva
sempre così, una sfuriata – ma tra noi due le cose vanno SEMPRE al contrario!
-
Beh, scusa tanto
se io ero innamorato e tu no!
-
Io SONO
innamorata – gridò esasperata – ma non sta bene che sia stata io a insegnarti
come si va a letto con qualcuno
-
Oh, scusa tanto…
sai, a quindici anni magari un ragazzo non lo sa ancora – dopo essere cresciuto
a Malfoy Manor, certe cose era impossibile ignorarle
-
Appunto per
questo! Sono grande per te! E soprattutto lo ero allora e non potevo stare con
te perché eri TROPPO piccolo, così tanto da non sapere neppure… – Aisley continuava a non capire e a non capire che a
quindici anni lui sapeva benissimo cosa succedesse in un letto, solo che lui
aveva fatto di tutto perché la prima fosse lei e, c’era da dirlo, per un Black è estremamente difficile conservare la propria
integrità, specie se fisica.
Aisley
invece aveva creduto che lui fosse candido e innocente, insomma non voleva
vedere la realtà, e aveva tentato ogni strada pur di levarselo dalla testa, con
scarsi risultati, era da sottolineare, visto che alla fine più gli stava
lontano e più amava Seraphin Black.
-
Sei grande un
corno. – biascicò lui
-
Dovrebbe essere
il ragazzo che guida
-
Non vedo la
differenza, basta essere felici, no?
-
Certe cose
proprio non le capisci. Mi sentivo così stupida…
-
Beh, io no! Non
mi sentivo stupido a stare con una persona che mi piaceva
-
I tuoi genitori
devono vedermi come un mostro che ruba la pubertà al loro figlioletto – e si
riferiva a Draco ed Hermione,
nessuno parlava mai di Zachariah e della compianta Bryanna come dei “genitori” di Seraphin,
ormai lui era legalmente adottato da altri
-
I miei genitori
ne sanno abbastanza di pubertà da stare zitti visto che a diciott’anni
mia madre aveva già il pancione e stai pur tranquilla che i ragazzi Malfoy la
loro innocenza la perdono presto
-
Troppo presto –
annuì lei riunendolo ai ragazzi Malfoy
-
Chissà… - a volte
non era così sicuro che fosse “troppo” presto - a me non è dispiaciuto –
aggiunse allusivo
-
Per un ragazzo è
diverso – balbettò lei arrossendo un po’
-
Sì… beh, però c’è
da dire che tu non mi hai aspettato, sempre con queste stupidaggini sulle idee
-
Tesoro, sono una Zabini
-
Mi sembrava che
Monica fosse… vergine?
-
Monica è mia
sorella, non sono io!
-
Ci credi che la
figlia di Monica e anche quella di Morgana, ha quasi la nostra età?
-
Già… beh, a quel
proposito…
-
Quale proposito?
– Aisley lo fissò in cagnesco mentre prese la mano di
lui facendola scivolare lentamente sul corpo, fino all’addome
Le
iridi blu di Seraphin si dilatarono mentre gli occhi
si spalancarono, fissò un attimo il vuoto mentre sentì un movimento strano
sotto il suo palmo, che strano, il ventre liscio di Aisley
sembrava particolarmente arrotondato, anche se era una cosa che a colpo
d’occhio non si sarebbe mai indovinato…
-
Dimmi che sono i
cannoli di Capodanno di mia madre… - implorò
I
riccioli scuri di Aisley ondeggiarono assieme alla
sua testolina mentre un sorrisetto più sadico che dolce si formava sulle sue
labbra a forma di cuore
-
Aisley…
-
Che dici piccolo Black, hai combinato qualcosa? – disse con tono allusivo
riprendendo il modo di dire che usava Silente i primi anni che Seraphin era a scuola, quando lo incontrava durante le
punizioni di Piton
-
Mia madre morirà
– la risata argentina della ragazza si propagò per la stanza – su, alzati
-
Alzarmi? Perché?
-
Su, in piedi
signorina… almeno non lo rimarrai per molto…
-
Seraphin, che sta frullando in quella tua testolina
pericolosa?
-
Andiamo a
sposarci
-
Sposarci? Ma tu
sei pazzo! Neppure per sogno! E tutto quello che ti ho detto prima?
-
Io e te ci
sposiamo a costo di trascinarti fino all’altare e giuro che di tutte quelle
puttanate di prima non me ne frega un cazzo
-
Che finezza…
-
Alzati
-
No
-
Aisley, alzati immediatamente, non voglio diventare come tuo
fratello, non ci penso neppure a…
-
Che c’entra Blaise in questa faccenda?
-
Niente – si
affrettò a replicare lui mordendosi le labbra
-
Spiega
-
No. In piedi
-
Spiega
-
Ti sei incantata?
-
Spiega e io mi
alzo da qui e ti sposo – la bocca del ragazzo rotolò dritta fin sul pavimento,
sì, ne aveva combinate un paio di troppo… tipo mettere incinta una
ragazza e farsi sfuggire qualcosa che invece doveva rimanere tabù
-
Non chiedermelo…
ho promesso di non dirlo
-
Affari tuoi
-
Strega – il
sorriso cattivo di Aisley, quello che aveva sfoggiato
direttamente a Charlie Weasley quando aveva sette
anni e lui voleva sposare Riri, apparve sulle sue
belle labbra rosse
* * *
Con
una lanterna in mano la bionda percorse i corridoi assieme ad un piccolo
drappello di coraggiosi ragazzi.
Aveva
raccontato delle sue scoperte ai suoi amici, trascurando il fatto della vera
natura di Kitt. Ora le tremavano le mani al solo pensiero di quello che poteva
accadere a coloro a cui voleva bene.
Né
la sanguinaria zia Bellatrix, né i suoi tirapiedi
potevano farle del male, tantomeno ucciderla, solo Chris, ma… Jeff, Jack, Hestia e Karen non erano immortali, loro rischiavano molto
e avevano paura perché le ombre sulle pareti millenarie di Hogwarts
erano tremule e sparute mentre le loro mani non riuscivano a rimanere ferme.
Sua
madre e suo padre dovevano aver vissuto quel sentimento mille e una volta, per
loro era normale: la guerra, il terrore, la morte…
Loro
volevano emularli, ma non ne avevano la forza né erano avvezzi come lo erano
stati loro.
Harry
Potter e il suo gruppo erano stati messi di fronte al male della vita
addirittura dalla nascita, Lord Voldemort aveva
tentato di uccidere lui e molti altri dalla culla.
E
addirittura a undici anni erano cominciati i problemi, un anno dopo l’altro di
infidi e perfidi segreti, di storie dimenticate dai molti, di leggende che
erano invece realtà, che avevano coinvolto Harry, Ron ed Hermione.
E Draco che il male l’aveva visto tra il sangue di coloro che
gli avevano dato la vita, che aveva sofferto in silenzio, incompreso da tutti.
Che
alla fine si era ribellato, portando ancora sul braccio il Marchio Nero che
nessuno era riuscito a togliergli, che bruciava e consumava ogni volta che
incontravano dei mangiamorte, che gli faceva male ogni volta che incontrava Zachariah o Rowena che erano suo
amici, ma possedevano lo stesso sangue del Signore Oscuro.
La
Maledizione Senza Perdono per eccellenza non è quella che non ti uccide, ma ti
fa soffrire per tutta la vita.
Per
i genitori di nessuno di loro sarebbe possibile dimenticare quello che furono, quello
che fecero, tutte le loro imprese. Il dolore della perdita dei propri cari, dei
genitori, dei fratelli, delle sorelle… degli amici.
Per
loro che erano i loro figli, tutto ciò era una brutta e lugubre favola.
Vivevano nell’ombra degli adulti sapendo di non poterli emulare.
Che
coraggio si poteva sfoggiare gettandosi nella mischia e sapendo di non poter
morire, avendo anche paura? Si erano detti una volta Gardis e Leonard a
proposito dei loro genitori, le cui ferite erano ancora visibili, specie quelle
del loro papà che sulla schiena aveva sette profondi tagli, ricordo fin troppo
nitido di quando si era ribellato al proprio destino, sapendo di poter morire.
E rischiando tutto.
Loro
due vivevano quasi una vita immortale, per questo non c’era merito per loro ai
propri occhi, sebbene esistesse in quelli degli altri che non conoscevano la
loro vera natura.
Una
famiglia strana: un purosangue, una mezzosangue, un vampiro e un demone. E il
nipotino di Voldemort in casa (Seraphin)
che giocava con loro dopo che era stato adottato.
Cinque
persone con ben poco sangue in comune, ma tanto affetto.
Affetto
che gli dava sentimenti di protezione l’uno verso l’altro.
E
che le aveva imposto di tacere sulla faccenda con suo fratello, con sua madre,
con suo padre. Ma soprattutto con suo cugino Seraphin
che aveva tutto il diritto di sapere. Ma che doveva essere protetto come lui
aveva fatto con Rowena: nascondendo la verità.
Quello
era il peggior modo di proteggere, quello che alla fine fa soffrire, bastava
ricordare il ben più facile caso di Karen, suo fratello e Ciel.
Ma
se questo ti salva la vita allora il dolore provato è giustificabile? Seraphin avrebbe fatto il diavolo a quattro sia che
tornassero vincitori che in una bara, se erano fortunati, ma… almeno lui
sarebbe stato vivo ed avrebbe potuto continuare la sua vita e la sua ricerca.
Era
troppo disillusa. Tanto amore per Kitt, ma poca convinzione nella possibilità
di potersi davvero amare, vivere insieme, essere sinceri.
Troppo
poco amore aveva visto e non lo imputava ai suoi genitori, che di amore gliene
avevano dato ben più di quello che meritasse, ma l’esperienza di Rago segnava come un marchio a fuoco. L’amore non ti salva
la vita, il più delle volte ti tradisce, a volte per il tuo bene, o per
egoismo. Per troppo amore.
Kitt
non le aveva detto di quella faccenda perché ci credeva davvero nel nuovo
avvento dei mangiamorte o perché voleva proteggerla?
E
lei perché non gli aveva detto di essere Rago? Per
non metterlo in difficoltà, per lasciargli amare chi voleva; e aveva poi
scoperto che lui voleva lei e adesso non sapeva che proprio lei, Gardis,
portatrice dell’Anima di Rago, sarebbe stata la sua
gloria o la sua rovina, ovvero la sua vita o la sua morte.
Come
si sarebbe sentito trovandosela davanti?
E
quando lui avesse scoperto che aveva rifiutato una Regina dei Demoni solo per
ritrovarla davanti nelle forme della ragazza che “amava”?
Lei
voleva solo che lui fosse felice, almeno nei limiti delle regole, ma non poteva
lasciargli mantenere in vita il clone del Signore Oscuro.
Era
ancora combattuta tra i suoi pensieri di amore, che la rendevano stupida ed
esposta, e quelli di dovere, senza essere arrivata a soluzione alcuna quando il
piccolo drappello di studenti del Grifondoro arrivò
con lentezza alla porta socchiusa del bagno di Mirtilla.
Non
un’anima in giro, neppure il ficcanaso muso della gatta di Gazza. E solo il
suono del vento che ululava nella notte degno dei migliori film dell’orrore.
Gardis
sollevò la lanterna mentre Jeff spalancava la porta. Udì Hestia
deglutire e con la coda dell’occhio notò la manina di Karen stringere quella
della mora con un gesto malfermo.
Aveva
fatto male a portarli con sé, loro avevano troppa paura rispetto a lei che, in
quel momento, era innaturalmente rigida e inespressiva, troppo presa dai
pensieri di giusto e sbagliato che quello della sua morte.
Jack
l’aveva più volte guardata stranito come se fosse diventata un’altra persona:
ciò che non sapeva era che lei era davvero così, difficilmente riusciva a provare
paura, se non per la vita dei propri cari. Anche ora che ne aveva motivo,
perché per la prima volta poteva davvero morire, non sentiva paura. Era calma.
Solo offesa e arrabbiata. E confusa.
Il
bagno era tranquillo quanto il corridoio, ma le vecchie finestre avevano i
vetri che facevano rumore sbattendo appena contro le imbracature di legno,
colpiti dal vento di gennaio.
Mirtilla,
precedentemente avvisata della loro missione e di tenere d’occhio il suo
rifugio, mise la testa e i codini scuri fuori da un muro controllando di chi si
trattasse.
Senza
attaccare una delle sue lagne sulla solitudine, si andò appena a sedere su un
lavandino e con l’indice prima fece segno di silenzio e poi indicò un grosso
buco nel pavimento del diametro di un metro e forse più: l’ingresso della
Camera.
Qualcuno
era entrato. E sapevano chi, ormai non avevano dubbi al riguardo.
-
Vado prima io –
disse sottovoce, appena percettibilmente lei, le altre teste annuirono pronte a
seguirla subito dopo, la bionda abbassò la lucentezza della lampada, poi,
facendola fluttuare con un levicorpi accanto a sé, si calò per la scaletta di metallo
che scendeva lungo la botola del nascondiglio segreto di Salazar Serpeverde.
Il
ferro era umido e scivoloso, ma non vi cresceva del muschio come poco distante,
segno che la scaletta era piuttosto utilizzata negli ultimi tempi.
Avrebbe
voluto abbandonare la lanterna e usare un metodo di luce più efficace e meno
ingombrante, ma i suoi amici si sarebbero insospettiti così sospirò e mise la
scarpa sull’ultimo gradino.
Nel
corridoio dove giunse erano i resti di rettili di vario genere. Odiava i
serpenti quasi quanto sua madre e dato che Malfoy Manor
era equamente divisa tra Slytherin e Gryffindor, si sprecavano le occasioni di far paura alle
donne di casa, Leonard l’aveva presa in giro fino alla morte quando era bambina
e lei non sapeva fare altro che piangere.
Di
certo sua madre s’era passata un brutto quarto d’ora quando doveva aver visto
la testa triangolare del basilisco mentre era al secondo anno. Hermione quasi sveniva con un orbettino, figuriamoci con un
serpentone leggendario! Come minimo si era pietrificata dalla paura più che
dallo sguardo “magnetico” della bestia, degna figlia di Medusa la Gorgone.
La
testa di Jeff comparve dall’apertura circolare aspettando che lei desse il
nullaosta, agitò la mano e lui cominciò a scendere.
Di
sicuro quello non era posto da fanciulle, ma anche se erano molto più che
terrorizzate, Hestia e Karen non si sarebbero fatte
lasciare troppo indietro.
Stretti
uno accanto all’altro con la Malfoy in testa, il gruppetto avanzò per il
corridoio buio mentre via via accendevano le fiaccole
lungo la strada, alcune delle quali erano già infiammate da prima. L’acqua
filtrava rumorosamente dalle vecchie pietre, scavate dalle gocce e dai rivoli,
ricoperte dal viscido verde del muschio acquatico che di certo s’intonava coi
colori della Casa dei Serpeverde e con la natura dei
suoi abitanti.
Alle
parti del corridoio era una canaletta dove scorrevano i rivoli di scarico, dai
racconti dei suoi genitori sapeva che nella stanza centrale c’era un piccolo
fossato intorno al girone principale dove ancora era piantata la zanna che
Harry aveva staccato al basilisco e che nessuno era stato in grado di levare
dal pavimento dove aveva inchiodato e distrutto col suo veleno il diario del
cuore di Lord Voldemort.
Poteva
essere Rago in persona e quel posto non le piaceva.
Era sinistro e tetro, entrare lì era come entrare all’Inferno, sentiva
scricchiolii sinistri tra le pietre e sperò che non si trattasse di altre
serpi, avrebbe potuto commettere un genocidio o svenire all’improvviso per un esserino strisciante, ma Draco
una volta aveva detto che Harry aveva adeguatamente ripulito la Camera dei
Segreti da tutti i serpentelli superstiti… sperava
solo che lo zio avesse fatto un buon lavoro senza dimenticarsi gli angoli bui,
anche se là sotto era tutto buio…
Ma
non era solo questo ad inquietarla quanto una presenza particolare, come se
all’improvviso riuscisse a capire dove andassero tutti i pezzi della storia e
lentamente stesse ricostruendo il quadro completo, al momento i pezzi erano
quelle strane sensazioni che sentiva mentre era a scuola e il quadro generale
il fatto che l’anima dannata del Lord Oscuro fosse di nuovo con loro.
All’inizio
non ci aveva fatto caso, dopotutto lei il vero Voldemort
non l’aveva mai conosciuto, ma aveva visto Bellatrix
e si sarebbe dovuta insospettire. Ora però la questione era diversa, come era
tutto più facile quando si potevano confrontare i risultati con le soluzioni…
La
luce alle pareti tremò quando un filo d’aria s’insinuò tra le crepe della
roccia, poi, di fronte a loro, una tenda scura ondeggiò appena all’aria
mostrando una luce simile alla loro dall’altra parte.
Deglutì
sentendo avvicinarsi il momento fatidico di scoprire chi fosse davvero
Christopher Justin Black; riusciva a percepire la
paura dei suoi amici, meno emotivamente coinvolti di lei, ma comunque
coraggiosi (e stupidi) a imbarcarsi in qualcosa del genere.
Si
inumidì le labbra e scostò gli anelli di ottone che fissavano la tenda
sbrindellata al bastone posto sopra il grosso portone con tanto di maniglie a
forma di serpente che lei si rifiutò accuratamente di toccare.
Guardò
oltre e vide finalmente la scena: due persone stavano alla parete in fondo,
quella dove stava il grosso trono di Salazar, quello originale sovrastato da un
baldacchino a forma di cobra che a sua volta faceva da supporto per una porta
chiusa ermeticamente a chiave. Sapeva che era da lì che era uscito il
basilisco, Harry glielo aveva narrato quando era stata abbastanza grande per
riuscire a capire e voler capire.
Curioso
che avesse raccontato tutto ciò a lei e non a sua figlia… forse non voleva
ferirla, mentre lei sapeva che sarebbe comunque sopravvissuta ad una storia del
genere, specie perché alla fine di quella terribile avventura tutto si era
sistemato nel migliore dei modi.
Ginny
comunque, aveva precisato, non doveva sapere nulla di quella faccenda perché
era presa dal panico ogni volta che le si rammentava come Lord Voldemort l’aveva praticamente trasformata in una
marionetta senza volontà grazie ai profondi sentimenti di lei verso Potter e,
forse, era proprio per via di tutto ciò che dall’anno successivo aveva
accantonato quello che sarebbe diventato il suo futuro marito e si era dedicata
ad altre compagnie. Forse per cercare qualcosa di meno pericoloso?
Era
quello che le aveva sempre detto di fare Kitt, alla fine, se si leggeva nelle
loro conversazioni tutti i consigli e tutti i messaggio più o meno subliminali.
Beh,
lei non era Ginny che alla fine con quella persona
che doveva dimenticare ci si era pure sposata e aveva messo al mondo una riga
di piccoli Potter chiacchieroni!
E
dannazione, perché lei non poteva?
Due
teste scure stavano appiattite contro la parete confabulando piano, una era
nera, l’altra castana scura, sembravano tastare i blocchi antichi uno per uno,
completamente disinteressati a loro che erano comparsi sulla soglia.
All’improvviso
il ragazzo più alto si voltò verso il portone d’accesso e sollevò la lanterna
per fare luce, i cinque Gryffindor si strinsero tra
loro, ancora coperti dall’oscurità: quando si arriva ad un bivio pericoloso si
vorrebbe sempre poter tornare indietro, ma se poi ci si riflette davvero si
scopre che erano state le nostre scelte e la nostra volontà a portarci lì, a
volte l’avevamo davvero voluto.
Fu
per questo che, ugualmente intimorita da quello che poteva venire a sapere,
Gardis sciolse il braccio dalla presa della sua migliore amica e mollò la mano
ossuta di Jeff che la stringeva, forse comprendendo quanto per lei dovesse
essere diverso da quanto era per loro.
Era
strano, per una qualche ragione, anche se era da molto che non parlavano più
assieme e non si confidavano tante cose, anche se non facevano sempre i
bastardi del gruppo, sentiva Jeffrey più vicino a sé di quanto le era mai
successo… forse era per il segreto che lui ed Hestia
avevano deciso di dividere con lei e nessun’altro, forse perché comprendeva il
suo sentimento “probito” e, come lei, combatteva per
portarlo avanti… dopotutto, se non era proibito innamorarsi di un simpatizzante
mangiamorte…
Forse
ad accomunarli era il loro sangue misto mezzo Grifondoro
e mezzo Serpeverde. Forse, semplicemente, era
diventato bravo a capire le persone come i suoi genitori non era mai riusciti a
fare.
Povero
Jeff, quando scrivevano le sue iniziali sulla biancheria e sugli asciugamani lo
prendevano tutti in giro perché entrambe le lettere del suo nome e cognome
erano strane: J.W.
Se
poi ci mettevano anche il secondo nome assomigliava più ad una stazione
televisiva… JBW o magari ad una di quelle squadre di baseball americane così in
voga tra i babbani…
Ad
ogni modo, staccandosi dal gruppo mosse un passo, lasciando che la lanterna
comparisse nella luce del salone. Vide gli occhi blu di Kitt assottigliarsi
cercando di capire di chi si trattasse, ma avrebbe scommesso tutto quello che
aveva che lui sapesse già chi era arrivato e pregasse fino alla fine che non si
trattasse proprio di LEI.
Ed
era così. Gardis era stata strana negli ultimi periodi, Gardis aveva scoperto
qualcosa e se non l’aveva ancora fatto, sarebbe successo presto.
Se
non era lei quella che stava per comparire con un’entrata trionfale degna di
Cleopatra, allora quel giorno anche lui avrebbe fatto qualcosa di terribile
alla vita altrui.
Sapeva
per primo che ciò che faceva era sbagliato, ma aveva i suoi motivi.
Stranamente,
pensava che l’unica che potesse fargli cambiare idea, ma ancora di più, che
riuscisse a rimettere tutto a posto fosse proprio la piccola Malfoy.
-
Chi è là? –
chiamò come se si trattasse della sua ronda notturna
Con
la schiena dritta e il passo cadenzato, la biondissima testa della ragazza
prese forma sotto la luce delle torce assieme alla sua divisa di scuola del Grifondoro con la piastrina di prefetto orgogliosamente
appuntata sul petto proprio sotto lo stemma della sua Casa di cui era così
orgogliosa.
-
Non mi riconosci
neppure più? – domandò con un sarcasmo fuori luogo
Kitt
alzò la testa mentre lei arrivava sulla cima delle scale e, guardando dietro di
lei, vide spuntare dalla porta altre quattro facce conosciute: i due gemelli
Potter, il maggiore dei Weasley e la piccola Longbottom.
Aveva
come l’impressione che l’avessero seguita per forza d’inerzia, non per propria
iniziativa, dopotutto non aveva lasciato indizi in giro, come diamine aveva
fatto Gardis a scoprire che era proprio laggiù? E che altro aveva saputo? Da
chi? Come?
Sapeva
che Gardis era in grado di far credere a quelle persone che non sarebbe
successo loro nulla di terribile, o forse quei quattro pazzi avevano deciso che
era venuto il loro momento di gloria, di vivere la loro avventura. Per quanto
lo riguardava in un’avventura ci viveva da quando aveva visto la luce del
mondo, luce che più che altro era stata buio, solo dolore, solitudine e
incomprensione. Poi era arrivata lei e le cose erano peggiorate.
Era
triste vedere la luce e non poterla mai raggiungere. Era frustrante averla così
vicina, proprio a portata di mano, ma sempre inarrivabile.
Una
luce che lei gli avrebbe donato e anche adesso, ma che lui non poteva
accettare.
Troppo
buio avrebbe oscurato anche la più brillante delle fiammelle che rilucevano
come gli occhi indignati e sarcastici di lei.
Il
sarcasmo di Gardis era sempre fuori luogo, tagliente come rasoio, riusciva a
fare davvero male.
Sembrava
che gli dicesse “avanti, sono qui, che aspetti?”, già, ma aspettare cosa? Di
ammazzarla o di raggiungerla?
Non
poteva fare né l’uno né l’altro.
La
sua avventura che lo accompagnava ogni giorno assieme ai suoi segreti l’avrebbe
volentieri data indietro per una vita qualsiasi, forse anche senza di lei.
Ma
avrebbe fatto di tutto per lei.
La
follia dell’amore rendeva la gente davvero pazza e lui non se lo poteva
permettere.
Ormai
non più, non quella sera, non ora.
Non
ora che lei sapeva tutto e voleva sapere di più.
Per
lei era uguale, altrettanto divisa tra decisioni prese e non prese, tra
sentimenti più o meno confusi, tra futuri inesistenti, con l’unica differenza
che non aveva ancora scoperto le sue carte.
Non
erano che due esseri umani con troppi segreti, divisi da un muro trasparente
che permetteva loro di confrontarsi, ma mai di toccarsi.
Ed
erano pieni di orgoglio, credendo di essere nel giusto e di stare facendo il
meglio per ciò in cui credevano.
E
pregiudizi, perché il mondo non è mai tutto bianco o tutto nero e la stessa
Gardis, che Kitt vedeva come la LUCE, non era altro che un pallido grigio
perché la sua ombra, il suo buio, risiedevano dentro di lei e non si chiamavano
Rago, ma era la stessa Gardis.
Era
arrivato il momento che più di tutti avrebbero voluto scongiurare.
Il
momento della verità.
Una
pietra dietro di lui, ripetutamente colpita dal martelletto di Lachlan, emise
un suono sordo: il tempo delle rivelazioni era arrivato.
* * *
Spazio autrice: finalmente comincia a muoversi qualcosa, Gardis decide
finalmente di prendere l’iniziativa, ma non in campo amoroso, bensì sceglie di
lanciarsi in un’avventura che la porterà a scontrarsi con Kitt senza sapere
bene lei cosa fare perché lo ama alla follia, ma allo stesso tempo deve badare
al mondo in cui vive.
Non
è un capitolo con molte pretese, è la classica quiete prima della tempesta
dove, subodorando qualcosa, tutti cominciano a pensare e riflettere un po’
troppo.
Mi
auguro che vi piaccia, lo spero davvero!
Nel
frattempo, dato che siamo entrati nel 2009, vi auguro un Buon Anno. Spero che possiate viverlo serenamente e felicemente.
Nyssa
Hollina: non credo che dovresti ringraziarmi, più che una
storia questa è una persecuzione! Sono felice che i chappy
precedente ti sia piaciuto, spero che sia lo stesso anche per questo! Grazie
per gli auguri e Felice 2009! Nyssa
Killkenny: ovviamente si risolveranno tutti i misteri, penso che
un seguito, per una storia, sia più che sufficiente, non voglio continuare in eterno
sempre con la stessa minestra, mi piace cambiare…
Wow,
addirittura 10? Mi vergogno quasi di un voto così alto, grazie mille! Spero che
anche questo capitolo ti piaccia quindi aspetto un tuo commento, ciao e buon
anno! Nyssa
Lord Martiya: a Love Hina ci sto dando la
caccia, vedrò cosa riesco a recuperare, purtroppo non abito a Milano e
dintorni, quindi dubito di riuscire a trovare quel posto, però dalle mie parti
le fumetterie sono abbastanza fornite…
Nel
frattempo spero che il chappy ti piaccia, sono
curiosa di sentire la tua opinione, ciao e buon anno, Nyssa
Kri87: sul serio esiste una simile facoltà? Wow, me piena d’invidia!
Anche
a me capita di conoscere il risultato finale, ma il percorso a volte è
tortuoso, credimi però che è peggio scrivere e non sapere cosa si vuole far
succedere dopo, una volta l’ho fatto e spero che sia anche l’ultima…
Ahaha,
tranquilla, di notte dormo come un ghiro, fosse per me dormirei in
continuazione, non ho certo problemi d’insonnia! In verità non so quando mi
vengono in mente, è così e basta, cioè, mi sembra naturale che sia così…
difficile da spiegare, sarà che io tra alberi e parentele sono a casa mia, mi
piacciono un sacco (non l’avrebbe detto nessuno n.d.Tutti).
Le
scene con Kitt e Gardis ci saranno, lo prometto, ma forse saranno un po’
diverse da come le immagini, al momento non è ancora giunto il tempo delle smielatezze ^_^
Spero
davvero che questo capitolo 26 ti piaccia e mi auguro che la storia continui a
soddisfarti, nel frattempo ti faccio tantissimi auguri di Buon 2009, ciao e
un bacione! Nyssa
DragonSlave: ehm, diciamo che la risposta è a metà tra le due, nel
senso che io ho deliberatamente depistato tutti quelli che mi domandavano se
Chris fosse figlio di Ransie, questo perché, già a
causa della somiglianza evidente, se l’avessi detto chiaramente la storia
avrebbe perso tutto il suo fascino, mentre il Lettore doveva scoprire le carte
nell’ordine di Gardis che non si è mai minimamente preoccupata di qualcosa del
genere per il semplice fatto che non se lo ricordava, che non era ancora nata e
che i suoi gliel’anno appena accennato. Gardis doveva deliberatamente credere
che Kitt fosse uno qualunque, una brava persona, salvo poi scoprire piano piano che in realtà la sua vicenda era intrecciata
doppiamente a quella di vent’anni prima.
In
realtà io non ho mai detto che lui NON fosse figlio di Temperance,
ho semplicemente fatto notare che non era rilevante al momento. Sì, forse
questa è cattiveria.
Credo
che sia il caso che ti procuri altra carta, allora, perché ci vuole un po’
prima che tutta la vicenda si dipani completamente… nel frattempo spero che
anche questo nuovo aggiornamento ti piaccia e che continuerai a seguire la
vicenda! Ti auguro un felicissimo 2009, ciao e un grande bacio, Nyssa
_Nana_: eh, Gardis è una campionessa di film mentali, basta
solo pensare a quelli che i suoi genitori si erano fatti ai tempi dei tempi! Sono
felice che tu ti ci riconosca, davvero davvero tanto!
I “nostri”
arriveranno col tempo, ormai la vicenda si sta per chiudere e, come su un
palcoscenico, entreranno ad uno ad uno, bisogna dare tempo al tempo, l’entrata
collettiva rovina le particolarità di ciascuno che ha sempre qualcosa da dire
senza essere sopraffatto dagli altri e dalla loro presenza.
Spero
davvero il chappy 26 ti piaccia, aspetto curiosa il
tuo prossimo commento, ciao, un bacio e tanti auguri di buon anno! Nyssa
Vavva: ehehe, che avevo detto? Fate lo schemino
che torna utile ^:^ sembro idiota ma parlo per esperienza, se a volte non me lo fossi rivisto bene mi sarei persa
qualche particolare per strada…
Ad
ogni modo sono felice che la tua mente frulli tutte queste informazioni
aggiuntive, alla fine della storia mi dirai delle tue teorie, anche se erano
sbagliate, vero????
Per
il nuovo capitolo, eccolo qui, spero davvero che ti soddisfi, aspetto il tuo
commento, ciao, buon 2009 e un abbraccio! Nyssa
Whaterverhappened: so che temi questo momento perché ho una doppia
risposta per te: quella del chappy 25 e quella alla
meravigliosa recensione che mi hai lasciato ad Amore Selvatico. Innanzi tutto,
grazie.
Allora
cominciamo con le spiegazioni: sì, Lachlan e Izayoi sono nati lo stesso giorno
dello stesso anno, volutamente imprecisato perché credo che quando si
cominciano a mettere le date la vicenda diventi troppo simile ad un libro di
storia che ad una avventura, ho vissuto dieci anni nell’ignoranza dell’anno di
nascita di Harry Potter ed ero felice, lo sono ancora visto che continuo a
confonderlo, quindi vale lo stesso per i personaggi che credo: niente date.
Ehehe, il
mistero di Izayoi e Lachlan è ben più fitto, se pazienti ancora fino al 27° chappy si scoprirà tutto quanto senza fretta, prometto che
risolverò ogni mistero della storia, così che lettori e personaggi possano
vivere felici la loro vita senza ulteriori pesi.
Sul
resto della storia devo cucirmi la bocca, sto già parlando troppo, mi dispiace
solo che questo capitolo dica poco rispetto a ciò che già si sa, ma mi auguro
che ti piaccia ugualmente, prometto che dal prossimo arrivano le rivelazioni
shock!
Per
quanto riguarda Amore Selvatico, sono felice che la vicenda e la rielaborazione
delle Reliquie della Morte ti sia piaciuta, in effetti lo stile con cui l’ho
scritta è differente da quello di queste due storie (le Relazioni e Del colore
dell’ametista), lì ho cercato di tirare fuori un po’ di drammaticità e di
vedere la solitudine dei personaggi; Le Relazioni è stata la mia prima storia,
infatti è un po’ semplicistica, e questa, scritta sulla sua falsa riga, anche perché
ne riprende il modo di scrivere e di porsi dei personaggi; per Amore Selvatico
ho cambiato completamente, volevo renderlo diverso da queste e allo stesso
tempo avevo messo assieme delle vicende dei personaggi che erano di per sé piuttosto
drammatiche, quindi ci ho dato un taglio con il troppo umorismo e mi sono data
all’introspezione, anche se all’inizio non volevo perché sarebbe risultata
pesante. Mi piace portare a nudo le debolezze che, secondo me, hanno i
caratteri della Rowling, insomma, nessuno è un’armatura, Hermione
in particolare l’ho sempre vista un po’ in bilico tra due mondi e Draco è dannato per davvero… Vabbè,
se continuo a parlare non finisco più; sono molto felice che la mia storia ti
sia piaciuta e ti ringrazio moltissimo per averla letta e recensita, GRAZIE!
Ora
scappo davvero, ci risentiamo al prossimo capitolo, ciao! Un bacio e felice
2009! Nyssa
Lisanna Baston: mi rendo
conto che uno schemino avrebbe aiutato, ma
francamente cominciavo a diventare ridicola perché alla fine la parentela
dovrebbe essere chiara visto che si gira sempre intorno alle stesse persone…
qui comunque ho cercato di dare luce anche ai dettagli che nell’altro chappy non avevano visto la luce, cioè la vicenda secondo Seraphin che, chiaramente, è quello che ne sa più di tutti
avendola vista coi suoi occhi e vissuta sulla sua pelle.
Addirittura
del genio! Sono oltremodo lusingata, ma credo di non meritare questi
complimenti, credo di sentirmi già sopravvalutata quando qualcuno mi chiama
scrittrice ^_^ Ad ogni modo mi fa molto piacere sentirlo, scrivere mi piace
molto e sapere che altri apprezzano ciò che produco mi rende oltremodo
orgogliosa. Grazie davvero.
Spero
che ti piaccia anche il chappy 26, aspetterò curiosa
il tuo commento, ciao e a presto, un bacione e tanti auguri di un sereno 2009! Nyssa