"Caro, io esco e vado a
fare la spesa. Mi raccomando, bada ai bambini, io torno subito."
"Trisha, aspetta..."
Hohenheim non
riuscì a fermare la donna, che con un luminoso sorriso,
salutò i due bambini e chiuse l'uscio di casa.
"Mh..." L'uomo si
grattò la testa, guardando i due bimbi.
Al era sul punto di
piangere e Ed saltellava da una parte all'altra della stanza.
"E ora... Che faccio?"
Hohenheim si rese conto
che solo Trisha sapeva come prendere i bambini per il verso giusto: il
piccolo Alphonse gattonava nel box, succhiando il suo ciuccetto. Di
essere preso in braccio non voleva saperne.
Invece Ed era una molla;
non si stancava nemmeno un attimo, continuando a sfogliare libri,
gettare carte alla rinfusa, insomma far salire i nervi ad Hohenheim.
Quest'ultimo si
grattò la testa, in cerca di una soluzione: prima di tutto,
prese Ed e lo allontanò dalle carte, piazzandolo sulla sua
scrivania di fronte ad un sacco di pennarelli a cera.
"Ah! Colori!"
Esclamò gioioso il bambino. Sistemato il più
grande, Hohenheim prese in braccio il piccolo Alphonse.
Si ricordò
all'istante delle parole di Trisha, riguardo a come tenerlo in braccio.
-Alphonse ha bisogno di
sentire il contatto con te, sentire il battito cardiaco, l'odore di chi
lo tiene stretto. Quindi non avere paura di mettergli la testa sul tuo
petto. E ricordati di sorreggerlo con la mano dietro la schiena, devi
fare in modo che non barcolli all'indietro. D'accordo tesoro?-
Assunta la posizione
giusta, il bambino si accoccolò sul petto del padre,
stringendo con le sue manine il gilè nero.
Hohenheim lo
guardò sorpreso: non pensava che il piccolo potesse
dimostrare tanto affetto.
Gli accarezzò
la testa. Alphonse sembrava felice.
"Papà!!"
Chiamò Edward.
-Papà?-
Pensò Hohenheim. Gli sembrava così estranea
quella parola, che non credeva che Ed avesse chiamato proprio a lui.
Ed scese dalla sedia,
tenendo stretto un foglio di carta e raggiunse Hohenheim, facendogli
vedere lo scarabocchio appena fatto.
"Papà, questo
l'ho fatto per te!" Esordì il bambino.
Con tratto incerto, e un
uso variegato di colori, Ed aveva disegnato la sua famiglia. La figura
su cui si era impegnato tanto era proprio il papà.
"Ed... Questo sono io?"
Il bimbo
annuì.
Hohenheim era sul punto
di piangere.
Guardare il viso felice
di Ed, l'espressione appagata di Al... E dire che Trisha non faceva
altro che ripeterglielo.
-Non devi soffocare i
tuoi sentimenti. Sono le tue creature, qualcosa che va ben oltre
l'alchimia che studi.-
"Che dici, lo mettiamo
in un quadro e lo appendiamo nel corridoio?" Chiese Hohenheim.
"Sii!"
Mentre Alphonse dormiva
tranquillo nel suo lettino, Hohenheim, insieme ad Ed, misero in
esposizione il quadro.
Ed, con occhi sognanti,
guardava il suo papà e il suo disegno. Erano uguali!!
"Ecco fatto." Disse
l'uomo, soddisfatto di aver appeso il quadro. Non senza aver sbagliato
un paio di volte, picchiandosi il dito con il martello.
"Voglio vederlo."
Lamentò Ed.
"Perchè, non
lo vedi?"
"Lo voglio vedere da
vicino." E tese le braccia, aspettando che il padre lo prendesse.
Hohenheim si
grattò la testa, domandandosi come mai non fosse a studiare
e a fare ricerche.
Ma per una volta...
Hohenheim prese in
braccio Ed.
Quest'ultimo
osservò il disegno. Poi si mise a fissare il padre.
"Cosa c'è Ed?"
"Anch'io voglio questi!"
E il piccolo afferrò gli occhiali del padre, inforcandoli
sul nasino in continuazione, perchè non stavano.
Hohenheim
restò di sasso: i suoi occhiali nelle mani di un bambino...
Poi quando Ed fu
soddisfatto del risultato li fece vedere al padre.
"Come mi stanno?"
Hohenheim rise.
Ed teneva gli occhiali
sotto al naso e imbronciando il muso, questi si reggevano. Respirando
però, i vetri si appannavano e Hohenheim rise ancora, per la
genialità del bambino.
"Ti stanno benissimo!"
Ed sorrise, facendo
scivolare gli occhiali.
All'improvviso, un
pianto disperato fece sussultare Hohenheim.
Entrò nella
stanza dove Alphonse dormiva e vide che era proprio lui ad emettere
quel pianto assordante!
Hohenheim si sedette a
terra, vicino al lettino, poggiando Ed sullo stesso.
"Ehi, cosa
c'è, perchè piangi?" Disse Hohenheim, prendendo
in braccio Al.
Il bambino
continuò ad urlare e l'uomo si prese di panico. Cosa gli era
preso di così grave ad Alphonse?
"Forse ha fame." Disse
Ed.
"Ne sei sicuro?"
Ed annuì.
"Anch'io ho fame, Papà."
Di nuovo quella parola,
papà.
Era bellissima e sentiva
che cominciava ad abituarsi a quell'espressione.
Nonostante fosse sempre
a casa, Hohenheim si accorse di quanto fosse assente nella vita dei
suoi figli. Era sempre Trisha ad occuparsi di tutto, e lui non si
accorgeva mai di niente.
Tra latte ed
omogenizzati poggiati sulla cucina, non sapeva proprio decidersi.
Intanto Al continuava a
lamentarsi della fame. Piangendo.
Ed cullava il suo
fratellino, muovendo la piccola culla a dondolo avanti e indietro,
aspettando il suo papà e il cibo per Alphonse.
Quando finalmente
Hohenheim arrivò con il biberon del latte, -mi raccomando
caro, non deve essere nè troppo freddo,
nè troppo caldo- ricordandosi delle raccomandazioni di
Trisha, il piccolo Alphonse riuscì a mangiare.
Ed restò
vicino a suo padre, gustandosi la scena del tutto improbabile,
mangiando anche lui del pane con marmellata.
Hohenheim rimase
sorpreso del suo istinto paterno. E dire che nemmeno lui ricordava
più cosa significasse essere padre o figlio. Ma con Alphonse
ed Edward, a poco a poco, lo stava riscoprendo.
Ormai erano le sette di
sera e Trisha non era ancora rincasata.
Forse si era fermata
dalla vecchia Pinako... Oppure era ancora a fare spese.
Comunque fosse, sapeva
che a quell'orario Trisha faceva il bagno ai bambini e li metteva a
letto. Il bagno ai bambini... Non che fosse necessario farglielo tutti
i giorni, in fondo erano sempre puliti e profumati. Preso dal dubbio,
Hohenheim si odorò un ascella.
-Oddio- Pensò.
Lui non era l'esempio
perfetto della pulizia.
Guardò i suoi
bimbi, che stavano allegramente giocando a terra con delle sculture in
legno. Seguendo con attenzione ciò che facevano, era
divertente vederli ridere e giocare.
-Tesoro, io ti dico
solamente questo... Non perderti tutti i preziosi istanti che puoi
condividere con i tuoi figli, o te ne pentirai.-
Trisha aveva ragione.
Hohenheim si
alzò e sedendosi anche lui sul pavimento, si unì
al gioco che i bambini stavano facendo.
Si mise in braccio
Alphonse e i tre giocarono ancora, fino a quando...
"UEEEE'!!" Alphonse
ricominciò a piangere.
Hohenheim si
spaventò di nuovo, come era accaduto prima: cosa succedeva
stavolta?
Solo Ed poteva dargli la
risposta. Lo vide con il naso tappato causa forse uno sgradevole odore.
E in un attimo capì. La tortura di ogni genitore, cambiare
il pannolino al proprio figlio!!
-No, tutto tranne
questo...- Pensò Hohenheim, preso dal panico.
Mentre Ed teneva in
braccio il fratellino, Hohenheim preparava tutto il necessario:
pannolino pulito, salviette, borotalco, pomata anti-rossore, acqua
calda...
Hohenheim era pronto.
"Vieni qui, Ed."
Edward prontamente si
avvicinò al padre e poggiò Alphonse su un
giaciglio preparato da Hohenheim.
Prima fase: svestire
Alphonse. Una trappola umana di bottoncini e calzamaglia. Hohenheim non
ne coglieva il senso pratico.
Seconda fase:
allontanare Edward prima di togliere il pannolino ad Al. Cosa che
risultò alquanto difficile, dato che Ed voleva guardare.
Guardare cosa poi, Hohenheim non riusciva proprio a capirlo.
Terza fase, la
più importante: togliere il pannolino e gettarlo alla
svelta, prima che l'odore sgradevole potesse diffondersi per tutta la
casa.
"Papà,
attenzione a non inciampare!" Avvertì Ed, vedendo il padre
vicino ai giocattoli. Per poco, Hohenheim non scivolò per
terra... Insieme al pacco regalo di Alphonse.
MISSIONE COMPIUTA.
Quale altro padre era in
grado di fare altrettanto?
Hohenheim era pieno
d'orgoglio quando rivestì il piccolo Al. Quest'ultimo
sorrideva divertito, grazie anche alle smorfie di Ed.
Ormai erano le otto
passate e di Trisha nemmeno l'ombra.
Hohenheim si sentiva
stanco, in tutti i sensi. Ora riusciva a capire le lamentele di Trisha,
quando si sentiva a pezzi e voleva riposare.
Tenere a bada i bambini,
la casa in ordine...
Eh si, Trisha era
proprio una santa donna.
"Papà, credo
che Alphonse abbia sonno." Disse Ed, anche lui con tono assonnato.
Hohenheim
guardò il figlio, poggiato sul suo petto. Ronfava
leggermente, tenendo gli occhi chiusi. Edward sbadigliò,
inducendo Hohenheim a fare lo stesso. Poi si alzò dalla
sedia, facendo attenzione a non svegliare Al.
"Su, forza. Andiamo a
letto." Disse Hohenheim, tendendo la mano verso Ed.
Edward, strinse forte
quella mano calda e rassicurante, camminando verso la camera da letto.
Senza ricordarsi di mettersi il pigiama, tanto era stanco, il
piccolo Ed si addormentò sul petto del padre.
"Sono tornata!"
Esordì Trisha, sulla soglia.
Una volta poggiate le
buste sul tavolo, la donna si avviò verso lo studio di
Hohenheim. Ma stranamente non vide l'uomo chinato sullo scrittoio.
Se ne sorprese.
"Dove sarà?
Hohenheim?"
E i figli? Non erano
accorsi per salutarla.
"Bambini?"
Andò in
perlustrazione nelle altre stanze, notando lo strano disegno appeso nel
corridoio. "Ma che bello!" Esclamò.
Arrivò nella
stanza da letto, certa che i bambini erano lì a dormire. In
effetti era così.
Ma erano insieme al loro
padre, che anche durante il sonno, si somigliavano come tre gocce
d'acqua. Sorrise, vedendo quell'insolito quadretto.
"Ecco un perfetto
ritratto di famiglia." Disse Trisha, socchiudendo la porta e lasciando
i tre nel mondo dei sogni.
OWARI.
nda
y_y sniff...
Questo ritratto di
famiglia è perfetto!
Questa fic l'ho scritta
dopo aver letto i vari bonus nel manga di FullMetal, mi fa troppa
tristezza sapere che Hohenheim ha abbandonato quelle due creature
così piccole!!
Recensite, mi raccomando
v_v
BUON ANNO A TUTTI!!! :D
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