Capitolo 1
Lentamente con una mano tolse le
piccole ciocche dei lunghi capelli rimasti appiccicati alle labbra, asciugate
da un vento dolce e delicato che la accarezzava da ogni parte, appoggiata con
la schiena a quell’albero ascoltava il fruscio delle foglie secche che,
cadute dagli alberi, sembravano formare un enorme coperta per la terra.
Completamente assorta nei suoi
pensieri non si accorse che il sole stava tramontando, lo notò solo
osservando la sua ombra che lentamente si spostava verso est (alla parte
opposta di dove tramonta il sole^^;;;), allora alzò gli occhi verso
l’orizzonte e mosse qualche passo in avanti verso quel magnifico
paesaggio…
“…E andando nel solo
che abbaglia
Sentire con triste meraviglia,
com’è tutta la vita
E il suo travaglio, in questo
seguitare una muraglia
Che ha in cima cocci aguzzi di
bottiglia.”
“Hai mai sentito questa
strofa?” disse lei senza nemmeno voltarsi.
“No…” una voce
da dietro rispose con tono basso e dolce.
“E’ di un poeta
italiano, il mio preferito…” lei chiuse gli occhi e sorrise, solo
allora si voltò, lui non era vicino a lei, solo qualche passo più
indietro, ma la stava guardando, si stavano guardando…i loro sguardi
erano uniti da un sottile filo invisibile e si capivano senza proferire parola,
solo gli occhi…
Ad un tratto lui si voltò
per andarsene.
“Tornerai da me?”
chiese lei, il vento raccolse una lacrima dai suoi occhi e la cullò fino
alla spalla di lui che non rispose alla sua domanda ma continuò a
camminare…
“Aspetta…”lui
allora si fermò…
“Se vorrai tornare da me,
io sarò qui ad aspettarti…”
Lui però continuò a
non rispondere e se ne andò tra il fischio del vento e il fruscio delle
foglie, mischiando la sua ombra a quella degli alberi…
Kira si svegliò, stringeva
nella mano il ciondolo, il suo acchiappasogni che il nonno le aveva regalato
poco prima di morire, poco prima di lasciarla sola.
Osservò l’orologio,
erano le quattro del mattino, un mattino d’estate molto caldo, Kira
sentiva attaccati a se i pantaloncini del pigiama e le lenzuola erano
umidiccie…
Si alzò ed andò ad
aprire la finestra, per qualche istante rimase ad osservare il manto stellato
della notte che immenso ricopriva il cielo, ad un tratto una luce, una scia,
una stella cadente, un desiderio…
“E’ inutile che provo
ad esprimere un desiderio, tanto i miei sogni non si avverano
mai…”.
Con aria triste e molto stanca
tornò a sdraiarsi e mise le braccia sotto la testa…cominciò
a pensare…
Domani darò una svolta a quella che è sempre stata la mia
vita, finalmente avrò l’opportunità di ricominciare e avere
una nuova esistenza, da quando il nonno mi ha lasciata il mese scorso non ho
più motivo di abitare qui, non mi è rimasto più
nulla…solo ricordi…ora sarà meglio dormire, mi aspetta un
lungo viaggio verso l’ignoto.
Qualche ora più tardi si
svegliò, si tirò su per metà, ma rimase a letto ancora
qualche istante ad osservare la sua stanza, che come tutte le altre, era piena
di scatole e scatoloni pronti per essere portati via, le pareti, di un bianco
perla erano piene di ombre giallastre, lasciate dai quadri che il nonno
dipingeva.
L’ultimo ricordo che Kira
aveva lui era molto nitido nella sua mente, era in casa sdraiato sul divano,
impegnato a leggere il giornale con i suoi occhialoni spessi, infatti tutti lo
chiamavano “mosca” visto che con gli occhi non vedeva praticamente
quasi più nulla, ma forse lui, accecato dall’anzianità,
vedeva più di chiunque altro.
Quel giorno Kira uscì, ma
quando tornò a casa trovò solo la sua collana sul comodino e un
biglietto del nonno “SOGNAMI”.
Abbandonò i suoi ricordi e
finalmente decise di alzarsi dal letto…andò prima a farsi la
doccia, sentiva l’acqua calda darle una piacevole sensazione di
benessere…
Quando finì e fu
finalmente vestita arrivò, puntuale, il camion dei traslochi pronto per
caricare la roba e portarla via da lì…
“Buon giorno
signorina!”
“Salve…” era un
signore sulla cinquantina, dall’aspetto molto cordiale e indossava una
vecchia tuta verde e un cappellino a visiera in tinta con il marchio della
ditta “Traslochi Okonami sicuri e veloci ovunque vuoi tu!”.
Kira si soffermò un attimo
poi ricominciarono i lavori di trasporto, non era molta la roba che si portava
via, alcuni dei mobili li aveva venduti insieme alla casa, ci vollero solo un
paio d’ore per finire tutto.
Quando ogni cosa fu a posto lei
era sulla soglia con le valigie accanto a se e teneva la maniglia
dell’uscio con la mano destra, diede un ultima occhiata alla casa vuota e
se ne andò…
“Signorina non si
preoccupi, lei ci dia l’indirizzo di dove dobbiamo portare la roba, sa
per sicurezza, nel caso dovessimo perderci di vista durante il viaggio!”
“L’indirizzo? Ah si!
Certo, mi scusi…” rovistò nella borsa in cerca di una penna
e un foglio per scrivere.
“Ah! Fujisawa! Complimenti
signorina ha scelto davvero un bel posto, ci sono stato una volta, ma era molto
tempo fa, vedrà è una città tranquilla, si troverà
bene!”.
“Grazie mille”.
Partirono…
Durante il viaggio Kira
ascoltò la radio, ma ad un tratto una gomma si bucò e fu
costretta a fermarsi in una piazzola di sosta.
“Ah! Maledizione, ma porca
miseria, e ora come faccio? Io non sono capace a cambiare la gomma! Speriamo
che si fermi qualcuno…”
Provò a chiamare con il
telefonino un carroatrezzi ma non c’era copertura di rete…Kira si
rassegnò e fu costretta a sedersi sul muretto accanto al ciglio della
strada, aspettare era l’unica cosa che potesse fare.
Nel giro di mezz’ora
passarono un paio di macchine ma nessuno si fermò, poi finalmente…
“Ehi, Salve! Qualche
problema con la macchina?”
“Noo che scherzi! Di solito
giro sempre con una gomma bucata, mi sono solo fermata per fare una
pausa!”.
“Ok, ok, vediamo che posso
fare”.
Mentre il ragazzo cambiava la
gomma Kira lo osservava, era alto, poco più di lei, un bel fisico,
capelli neri corti e un sorriso stupendo,indossava un paio di jeans neri e una
t-shirt azzurra un po aderente che risaltava ancora di più la sua
figura, in dieci minuti la macchina fu a posto.
“Come posso ringraziarti?
Sei stato molto gentile”.
“Tranquilla è stato
un piacere, a proposito di piacere, mi chiamo Philip, Philip Callaghan”.
“Kira Fang, Piacere”.
“Beh Kira il piacere
è tutto mio di averti conosciuta, sei in viaggio?”.
“Più o meno, ma
scusa tu come hai fatto a…ah già le valigie!”.
“Se non sono troppo
indiscreto posso sapere dove sei diretta?”.
“No nessun problema, vado a
Fujisawa mi sono appena trasferita li”.
“A quanto pare andiamo
nella stessa direzione, dai seguimi che ti faccio strada! A proposito la
via?”.
A quella domanda Kira
diventò rossa come una fragola. Si sentiva strana in presenza del
ragazzo appena conosciuto…
“Aspetta la via si
chiama…”.
Non sapeva ancora a memoria il
nome e molto frettolosamente estrasse dal portafoglio un fogliettino piegato in
quattro…
“Viale delle Rose al numero
26”.
“Dai ti accompagno so
dov’è!”.
I due risalirono in macchina e
Philip le fece strada, Kira durante tutto il viaggio non faceva altro che
pensare a quel bellissimo ragazzo che il fato le aveva fatto incontrare, il
cuore le batteva fortissimo, si sentiva accaldata, ma non era la temperatura
esterna, anche se di per se era già alta, qualcosa dentro di lei si era
mosso, cercò subito di fermare i tremolii momentanei e la frenesia dei
suoi pensieri…
“Dai Kira che ti succede?
Lo hai appena incontrato e probabilmente non lo rivedrai mai più, adesso
smetti di pensarci! Però è così carino…e poi il suo
sorriso…”.
Passò un’altra
mezz’ora e arrivarono a destinazione, Kira non aveva mai visto la casa
dal vero, l’aveva solo osservata in un catalogo e l’aveva presa
subito, le era sembrata bella e il prezzo di vendita non era male, di certo i
soldi non erano la sua preoccupazione. Dopo la morte del nonno era stata
chiamata per l’apertura del testamento e con grande meraviglia aveva
scoperto di essere stata nominata come unica erede, la somma era molto alta,
tutti i risparmi di una vita dedicata al lavoro.
Si era promessa che quella per la
casa sarebbe stata l’unica somma che avrebbe speso per se stessa, gli
altri soldi li avrebbe utilizzati per lo studio.
Era una piccola villetta a due
piani, con un giardino, piccolo anch’esso, tutto in torno alla casa, di
un bianco impressionante erano le facciate, si vedeva che era stata costruita
da poco, c’era anche il parcheggio privato.
Il viale dove si trovava non era
molto grande però in compenso era abbastanza lungo, tutte le abitazioni
li erano villette singole o doppie, e ognuna aveva il suo giardino, sembrava un
posto davvero tranquillo.
La cosa spettacolare era che
c’erano un sacco di alberi in fiore nonostante la primavera fosse appena
finita e il caldo era incredibilmente forte, c’erano un sacco di glicini
e peschi che davano al paesaggio un aria quasi fiabesca, notò che anche
nel suo giardino c’era un alberello ,però a differenza degli altri
era molto striminzito e secco, probabilmente un pesco anch’esso ma si
vedeva che non se ne era mai occupato nessuno…
Posteggiò e scese, quelli
dell’impresa di traslochi erano arrivati da un pezzo e erano già a
metà del lavoro.
Notò che Philip si era
accostato al marciapiede e si avvicinò per salutarlo.
“Grazie di tutto, sei stato
gentilissimo!”.
“Di niente è stato
un piacere!”.
Detto questo ripartì e se
ne andò…
Philip chissà se ti rivedrò…
“Forza al lavoro Kira, la
tua nuova casa ti aspetta!”.
Quando finirono tutto era quasi
sera, gli operai avevano rimontato tutti i mobili e sistemarono tutte le
scatole in sala, lei si offrì di farli cenare li, ma loro declinarono
l’invito asserendo di dover tornare in ditta per riportare il camion
prima che chiudesse, allora li pagò e anche loro se ne andarono…
Kira entrò in casa e per
qualche istante rimase ferma in piedi a guardarsi in torno con aria
soddisfatta, era davvero contenta di ricominciare una nuova vita, ormai non
dipendeva più da nessuno, solo da se stessa, anche se questo la faceva
sentire un pochino sola e triste.
“Domattina per prima cosa
cercherò una scuola dove iscrivermi, però adesso sarà
meglio andare a letto è stata una giornata faticosa”.
Non ci volle molto perché
si addormentasse, era davvero stanca…
I giorni seguenti Kira li
dedicò interamente alla casa, alla sua nuova dimora, alla sua nuova
vita…lo ammetteva da sola che tutto quello che le stava succedendo non le
calzava ancora, aveva sempre passato tutta la vita sotto la protezione del
nonno, la sua unica famiglia, e ora era costretta a stare da sola, a combattere
per ricominciare una vita propria, ma le piaceva.
La sensazione di libertà
che aleggiava nell’aria le dava un forte senso di tranquillità,
era andata ad iscriversi a scuola, doveva ancora frequentare l’ultimo
anno, sarebbe stata solo un anno più grande rispetto ai suoi nuovi compagni
di classe, non sapeva ne chi fossero ne come fossero, non aveva ancora avuto il
tempo di conoscere nessuno dal suo arrivo…tranne Philip.
Nei giorni seguenti al loro
incontro capitava spesso che ci pensasse, aveva voglia di rivederlo, di
rivedere quel bellissimo sorriso, ma non sapeva proprio niente di lui e non
sperava neanche che sarebbe potuto succedere di nuovo…
Ci volle circa una settimana
perché la casa cominciasse ad avere sembianze normali, che apparisse
abitabile, e stava venendo davvero bella, non era molto grande nonostante avesse
due piani ma per lei andava più che bene.
Al piano terra c’era la
cucina, una sala abbastanza spaziosa, un bagno con vasca e un piccolo ingresso
mentre al piano superiore aveva fatto la sua camera, una cameretta piccola per
gli ospiti e c’era un altro bagno però con doccia.
Per prima finì la sua
stanza e su ogni parete aveva appeso almeno due quadri del nonno, aveva un modo
di dipingere tutto suo, particolare, le pennellate erano come macchie di luce
che si riflettevano su un vetro, quasi fossero date a caso ma nello stesso
tempo con chiarezza per quanto riguarda la loro posizione. I soggetti che
dipingeva non erano i soliti vasi, le solite modelle, erano tutti soggetti di
un mondo irreale e fantastico come unicorni, gnomi, fate, gli unici dipinti che
riprendevano il vero erano quelli ritraenti gli indiani d’America, il
nonno ne aveva una passione sfrenata, passò circa 10 anni insieme a
loro, a studiare le loro origini, usi e costumi tanto che poi ne sposò
una…la nonna era di origini Sioux.
Da lei Kira aveva imparato tante
cose, come per esempio curare le ferite con delle semplici erbe…anche
l’acchiappasogni era un oggetto tipico della loro cultura, anche se
l’uso più frequente era per i neonati, veniva applicato sulle loro
culle per scacciare gli incubi e proteggere il loro sonno innocente…
Una mattina Kira prese finalmente
la decisione di uscire, di farsi una bella corsa, la rilassava farlo, le
scaricava tutte le tensioni.
Usci di buon ora, erano circa le
8,30 del mattino, il viale antistante casa era ancora deserto, del resto aveva
notato che tante case erano ancora chiuse dal suo arrivo, pensò che
molti fossero andati in vacanza, l’estate era solo iniziata da un
mese…
Durante la corsa cercò di
memorizzare i particolari del paesaggio, in modo poi di ritrovare la via del
ritorno.
Accanto ad ogni casa
c’erano tante piccole vie e se uno non era della zona probabilmente era
anche facile perdersi…comunque Kira preferì continuare il suo
tragitto sempre dritta per evitare che accadesse.
Ad un tratto si fermò, era
arrivata in cima ad una collinetta e da lì poteva vedere tutta la
città, in lontananza vedeva anche il vulcano Fuji, il suo sguardo
improvvisamente si posò su qualcosa che sovrastava l’ambiente
sottostante, era un enorme villa bianca con il tetto azzurro, era bellissima,
tutto in torno aveva un grande parco.
Beato chi ci abita! Di sicuro non avrà problemi…
Kira sospirò un attimo,
quasi in segno di invidia e poi riprese la sua corsa scendendo dalla collina,
il vialetto che stava percorrendo la portò in una via più grande,
probabilmente la principale della città, tutto in torno sul lato
sinistro c’erano palazzi, negozietti,ristoranti
insomma…l’uomo, dall’altra invece la natura, degli spiazzi
enormi di verde fiancheggiavano la strada ed erano interrotti ogni tanto da
campi sportivi,tutti erano deserti tranne uno…quello da calcio.
Una squadra si stava allenando e
dalla strada Kira poteva sentire le urla di incitamento dell’allenatore
verso i suoi ragazzi.
Tutto in torno c’era un
prato verde e Kira decise di fare una pausa e andare ad osservarli, si sedette
però abbastanza distante in modo da non essere vista e magari
così non creare disturbo all’allenamento.
Osservava il gruppo di ragazzi
fare una serie di esercizi per il controllo della palla, sembravano davvero
tutti molto bravi e anche se non se ne intendeva notava un certo affiatamento
tra loro.
Fu colpita dalla loro divisa, era
bianca con delle strisce azzurre sulle maniche, sul davanti la bandiera
giapponese…
“Dev’essere la
nazionale giovanile…avevo sentito che si allenava qui.”
Si sdraiò sull’erba
e da lontano sentì il fischietto
dell’allenatore…probabilmente annunciava una pausa, allora si
ritirò su e in silenzio se ne andò riprendendo la sua
corsa…
Dal campo…
“Ehi Holly guarda.”
“Che c’è
Bruce?”
L’amico alzò la mano
e con il dito indicò proprio Kira che si stava allontanando.
“Si l’ho notata anche
io, ci ha osservato tutto il tempo, ma non la conosco non mi sembra di averla
mai vista prima.”
“Già anche a
me.”
“Di che parlate voi
due?” Philip si avvicinò ai due amici che continuavano ad
osservare Kira che pian piano spariva lungo la strada.
“Niente”
Allora Philip alzò lo
sguardo e la vide sparire in fondo al viale…
“Ma quella
era…”
“Che c’è
Philip la conosci?” chiese Holly incuriosito dalla frase
dell’amico…
“No, forse mi sono
sbagliato.”
Di nuovo il fischietto
dell’allenatore, la pausa era finita…
Era lei, ne sono sicuro! A Philip scappò un sorriso sulle
labbra…