break up
L'incubo
della favola
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
Un paio di note
- Questa l'avevo già scritta un po' di tempo fa, colta da
improvvisa ispirazione. Ora finalmente sono riuscita a rifinirla.
È un
po' troppo drammatica in taluni punti e non sono proprio convinta che
rispecchi totalmente il carattere dei personaggi originali,
però sono soddisfatta di come è venuta fuori.
- Ci sono pochi dialoghi, è una scelta. Un esperimento che
ho voluto fare. Sono un po' una combinazione dei dialoghi italiani e
originali, ma soprattutto sono i dialoghi originali (tradotti in modo
relativamente preciso dagli episodi sottotitolati in inglese presenti
nella rete). Se foste interessati, visto che mi è stato
chiesto in passato, gli episodi qui ripresi sono il 61, il 69 e il 77.
- Personalmente penso che la fase della 'rottura' tra Usagi e Mamoru
sia stata fatta un
po' coi piedi nel cartone :) Soprattutto mi è proprio
sfuggita la scena della riappacificazione, per cui ho cercato qui di
darle un senso.
Buona lettura e grazie per ogni commento che vorrete farmi. Mi piace
sempre sapere se ho fatto provare qualcosa al lettore o in genere le
vostre opinioni, qualunque esse siano.
Ellephedre
"Spiegami perché dovrei rimanere legato a te solo per quello
che è successo in passato! Io non-"
Mamoru si bloccò all'improvviso.
Gli occhi di Usagi erano pieni di lacrime.
"È per via di Chibiusa? È qui da te? Adesso vuoi
bene a lei e non
più a me?"
"Non dire assurdità, è una bambina."
"Hai ragione. Scusami se ti ho fatto perdere tempo, Mamoru
..."
La voce spezzata distrusse una parte di lui.
Avrebbe preferito morire piuttosto che causarle quel dolore.
Ma non poteva veder morire lei.
Mi dispiace.
Rimani viva e non soffrire.
Non soffrire, per favore.
Il sogno maledetto, orribile e ormai usuale, quella
notte non si presentò.
La mente preferì riproporgli in continuazione il dolore di
Usagi, in un incubo immensamente peggiore.
Viva.
Rimarrà viva.
Il viso appoggiato sulle ginocchia, le lunghe code bionde a
incorniciare le gambe piegate, la
serenità sul volto, mentre lo guardava con l'amore negli
occhi.
Usagi era nata per essere felice. Per vivere.
Era quella l'immagine che riportava alla mente quando il dolore
minacciava di sommergerlo.
Per quanto ricordare quell'amore fosse un dolore in sé.
Nessuno lo aveva mai amato tanto.
Lui non aveva mai amato nessuno a tal punto, prima di lei.
Ma non potevano stare insieme.
Perché?
Chi lo voleva lontano da Usagi?
Quell'entità era abbastanza potente da controllare i suoi
sogni,
da spezzare oggetti. Perfettamente in grado di farle del male.
E l'importante era solo che Usagi potesse continuare a sorridere,
come nel ricordo che portava con sé.
Per un giorno, ancora. E, di giorno in giorno, per sempre.
Usagi era luce, una luce che non si sarebbe spenta anche se lui non
fosse stato
lì ad alimentarla.
Anche se ...
la mancanza di lei forse avrebbe spento lui.
Passava le sue giornate in una sorta di apatia.
Era tornato tutto come prima, nella sua vita.
Ma un tempo non aveva saputo cosa significasse vedere la gioia totale
in
un volto solo perché quegli occhi lo incontravano.
Non aveva saputo cosa volesse dire essere la luce nell'esistenza di
un'altra persona.
Nell'esistenza di Usagi.
Prima non aveva avuto idea di cosa significasse.
Né cosa fosse quel maledetto dolore che ora gli
pungeva il petto.
Lancinante, senza tregua.
Quella sensazione che si era sostituita così totalmente alla
gioia estrema che aveva conosciuto.
Si attenuava solamente quando faceva di tutto per dimenticare.
Era già difficile, ma nemmeno lo voleva davvero.
Non quando il solo ricordo di quel viso faceva tornare l'altra
sensazione, anche se solo per un momento.
Felicità. Anche solo per un attimo.
Passerà.
Passerà, si diceva.
Non il suo amore, non riusciva davvero a credere che potesse mai
succedere.
Ma l'agonia di quella separazione ... sarebbe passata un giorno.
Doveva passare.
Un giorno avrebbe smesso di essere così incessantemente
straziante.
E Usagi ... sarebbe vissuta.
Ma non erano che ragionamenti.
Quando a prendere il sopravvento era il subconscio, durante il sonno,
non c'era freno alcuno.
Sognava i momenti passati insieme, sognava la vicinanza di lei.
Quel corpo minuto che, stretto al suo, gli trasmetteva tutto quello che
non aveva mai sognato di avere.
Sognava quell'assoluta tranquillità e gioia.
E, puntualmente, l'incubo cominciava.
Sempre, inesorabilmente sempre.
Perché?
Le stava lontano, le sarebbe stato lontano a qualunque costo pur di
vederla vivere, perché, perché
dannazione non poteva
almeno sognarla?
Succedeva ogni notte.
E risultava sempre più difficile andare avanti, se
non comportandosi come un perfetto automa.
Quel destino che lui stesso aveva tanto decantato continuava a
fargliela incontrare.
E, quando la vedeva, rischiava di cedere, di correre da lei.
Nemmeno nella mente poteva più ricordare cos'era stare
insieme.
E, ogni volta che lei lo guardava con quegli occhi, tutte le volte che
sentiva
la sua voce, voleva sempre più mettere fine a tutta quella
farsa,
a lui che faceva finta di non amarla.
Viva, deve rimanere viva.
Non poteva impedirle di guardarlo così.
Se solo lei avesse potuto capire ... ma non poteva parlargliene.
Usagi non avrebbe capito per niente, avrebbe insistito per rimanere
insieme.
Insistito per rischiare.
Era una di quelle che avrebbe rischiato la vita per amore.
Un'incredibile ingenua.
... L'amava così tanto.
Non poteva mettere a rischio proprio lei.
Non avrebbe mai potuto.
Lui l'aveva lasciata.
Era finita.
Le aveva detto che non l'amava più.
Era stata un peso, per quel poco tempo in cui erano stati insieme.
Oh sì, le aveva detto proprio così.
Quelle parole le avevano tolto il respiro, persino ... l'anima.
Non poteva essere vero.
No, non poteva.
Non quando nemmeno qualche giorno prima l'aveva abbracciata come se
fosse la cosa più importante del suo mondo.
Non quando aveva visto il suo viso illuminarsi, neanche fosse un
bambino, quando aveva posato gli occhi su di lei.
Non aveva mai creduto di essere in grado di far provare qualcosa del
genere ad un'altra persona, ma quei sentimenti erano stati reali.
Veri!
Non era mai stata una costrizione, Mamoru non si era mai costretto ad
amarla solo perché un tempo lei era stata Serenity.
Eppure ... le parole di lui le riecheggiavano nella mente talmente
tante di
quelle volte ...
... e il dolore tornava fresco a spillare.
Nella voce di Mamoru non aveva udito un solo dubbio.
Ma i suoi occhi .... era solo per quelli che non era ancora
del tutto
crollata.
I suoi occhi non l'avevano mai davvero guardata mentre le diceva quelle
cose.
Ogni volta che le faceva capire che non voleva più vederla
scostava sempre lo sguardo.
E, quando la guardava, era come se fissasse l'aria dietro di lei.
Come se facesse violenza a se stesso per avere il coraggio di dirle che
per lui non contava più nulla.
... non ne era capace.
Non era in grado di dirle che non l'amava guardandola dritta negli
occhi.
Perché?
Non lo sapeva.
Non aveva il coraggio di porgli quella domanda.
Perché lui l'aveva lasciata, era stata quella la sua
decisione.
Qualunque fosse stato il motivo, era stato comunque lui a decidere.
E aveva deciso che non la voleva più accanto.
Usagi andava avanti cercando di dimenticare, di far finta che fosse
tutto come prima.
Ma anche prima non aveva fatto che pensare a lui, da quando aveva
ricordato ogni cosa.
Quella speranza che poi si era realizzata.
E che ora era stata distrutta.
Durante il giorno aveva amici e molte cose da fare.
In quelle ore, si ingannava.
Magari è solo
una fase ... è solo questione di tempo e tornerà
tutto come prima.
La notte, ogni tanto, le ritornavano alla mente le sue parole.
A volte si addormentava piangendo.
A volte decideva di illudersi.
E sognava le sue labbra sulle proprie, il suo calore.
Il suo amore.
Si addormentava sentendo le sue braccia attorno a lei.
Era un'illusa e un'ingenua.
Ma non le importava.
Non le importava proprio per niente.
Continuava a vederla. A incontrarla.
Anche quando evitava apposta i luoghi che lei frequentava.
Non appena Usagi lo scorgeva, nei suoi occhi brillavano insieme dolore
e speranza.
La speranza minacciava ogni volta di farlo cedere ed
era costretto a ricordarsi che lo avrebbe
fatto
per il proprio bisogno di stare con lei, non per la sofferenza che le
leggeva nello sguardo.
Usagi sarebbe morta, se lui avesse ceduto.
Non si poteva essere egoisti ad un prezzo così alto.
Usagi ... non la sopportava più.
Non sopportava quella sofferenza.
Né sopportava quella speranza.
Ognuna, a proprio modo, lo attirava verso di lei.
E lui ormai lo sapeva:
sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe smesso di resistere.
Aveva voluto credere di poter essere forte per sempre, ma non aveva
mai, mai in
tutta la sua vita, sofferto così tanto nel mantenere un
proposito.
Ogni volta che la vedeva aveva solo voglia di mandare all'aria tutto
quanto. Era follia.
Mantenersi lontano da lei era quanto di più logico e giusto
potesse esistere.
E come faceva Usagi a non capire che era ad un passo dal farle
più
male che mai?
Come faceva?
Era così lacerato da arrivare a discutere con se stesso.
Una parte di lui avrebbe sempre perso, ma non doveva essere quella che
avrebbe fatto perdere la vita a lei.
Usagi doveva dimenticarlo.
Doveva credere che non ci fosse più speranza.
Doveva vivere la sua vita senza pensare a lui.
Sarebbe stato meglio anche per lei.
La sorella di Motoki risultò perfetta.
Trovò una scusa per portarla in giro con la sua moto e,
puntualmente, incontrò Usagi per caso.
Ma questa volta aveva dietro di sé Unazuki e usò
di proposito parole crudeli.
Usagi gli credette.
Ora l'avrebbe finita di pensare che tutto si sarebbe potuto sistemare.
Ora avrebbe smesso di....
Perché doveva fare quella faccia?
Schiacciò l'acceleratore della moto e andò via da
lì.
Non poteva vederla così.
Così non poteva vivere.
Usagi stava morendo?
Con la moto aveva raggiunto il luogo indicato da Luna.
Stava morendo anche quando lui aveva fatto di tutto, di tutto, per
evitarlo?
In quel sonno di morte, vide l'energia fluire via dal corpo di lei.
Stava morendo davvero?
No.
No.
Ma lei continuava a non svegliarsi e quel lento defluire
proseguiva senza freno o sosta.
La sentì mormorare il suo nome, in un'invocazione piena di
tristezza.
Usagi moriva e quello che aveva in mente era il suo rifiuto?
Non poteva essere l'ultima cosa che avrebbe ricordato.
Non quando ...
L'aveva tra le braccia in quel momento e all'improvviso la
immaginò mentre era lei ad abbracciarlo.
Mentre in lei c'era tutta la vita che in quel momento non aveva.
Era quella Usagi.
Usagi che rideva, Usagi che arrossiva quando la toccava, Usagi che si
accendeva quando le diceva che la amava.
Come aveva fatto Usagi a permettere che la riducessero così?
Come aveva potuto spegnersi così?
Ma era tutta colpa sua, non di lei.
Forse sarebbe stato meglio se non l'avesse incontrata mai.
Vicino o lontano, le faceva sempre del male.
Con la testa chinata, sentì il suo odore, il profumo che era
lei.
Se solo avesse potuto ...
Se solo avesse potuto far tornare tutto come prima.
Se solo lei avesse saputo che era stata tutta una menzogna.
Se solo fosse stato di nuovo semplicemente giusto e nient'altro
toccarle labbra con le proprie ...
Era stato essere uniti, era stato ...
Io e te.
E una sola altra volta
ancora.
E lei aprì gli occhi.
Andandosene, non poté far altro
che dirle, "Addio."
Si era svegliata.
Come le principesse nelle favole.
Ma quella non era una favola e non vivevano tutti felici e contenti
alla
fine.
Non poteva più dirle che aveva trovato un'altra fidanzata,
l'aveva resa vulnerabile al nemico.
Usagi non era ancora in grado di dimenticare.
Ma lui ... avrebbe continuato a resistere.
Fino a che non avesse trovato una maledetta soluzione a quel problema.
Destino, destino, se proprio c'era una cosa che era destino, non era
che lei morisse, ma che stessero insieme!
Forse a parlare era il bacio che era riuscito a darle, dopo tanto,
troppo tempo lontani.
Ma finalmente, per la prima volta, sentiva una nuova forza dentro di
sé.
Forse doveva sperare.
Sperare nonostante gli incubi che volevano uccidere ogni barlume di
felicità.
Era l'unico modo per andare avanti.
Sperare significava anche credere che ci fosse un nemico dietro gli
incubi.
I precedenti sogni che aveva fatto, alla fine, lo avevano portato a
Serenity e al cristallo d'argento.
Erano stati più che veri.
Ma questa volta la voce era diversa, la volontà dietro quei
sogni era diversa.
Doveva essere qualcun altro.
Quanto era stupida e debole.
Piangeva e soffriva tutte le volte che lui la respingeva.
Non riusciva a farne a meno.
Non quando desiderava così tanto sentire altre parole,
quando desiderava ricevere un altro sguardo da lui.
Ma ... ogni azione di Mamoru, ogni azione che contava davvero,
gridava che ci teneva a lei.
E non perché lei era Sailor Moon e lui la doveva salvare.
Ma perché, glielo leggeva negli occhi, Mamoru non riusciva a
pensarla morta o ferita.
Perché?
Perché?
Doveva capire.
Ed eccola lì a fare uno stupido braccialetto.
Stupido, ma carino.
Si era imposta di andare da lui quando lo avesse finito.
Era un modo per farsi coraggio.
Si sarebbe piantata alla sua porta e glielo avrebbe chiesto.
Anche a costo di vedersi rifiutata ancora.
Perché
così non posso vivere.
Prima di rendersene conto, si era addormentata.
E svegliata.
Orribile incubo.
E una voce che ... si rivolgeva a Mamoru. Che gli diceva di stare
lontana da lei, altrimenti ...
Andò a guardare la foto di loro due insieme e il vetro ...
si spezzò.
L'incubo!
Poteva essere quella la chiave?
Magari l'aveva avuto anche lui, magari era quel sogno che l'aveva
spinto a
lasciarla.
Più ci pensava, più diventava certezza.
Non riuscì ad attendere oltre.
Andò da lui.
La conferma.
Era stato per quell'incubo.
Ma Mamoru non voleva vederla lo stesso, si rifiutava di pensare che
quel sogno fosse una menzogna per separarli.
Si rifiutava di credere in lei, in loro due.
Consumò ogni lacrima contro la porta che lui le
chiuse in
faccia.
Sapeva che era lì dietro ad
ascoltarla.
In parte, voleva fargli male.
Come aveva potuto scegliere uno stupido incubo al posto di loro due?
Non lo capiva che era così
che la stava uccidendo?
Ma soprattutto che era tutto talmente ... stupido.
Quella voce rappresentava solo un insieme di paure che avevano entrambi.
Sì, poteva tutto finire.
Era già tutto finito e più di una volta.
Ma chiunque stesse mandando quei sogni era loro nemico.
Un nemico che, se avesse potuto, l'avrebbe già uccisa.
Non potendo arrivare direttamente a lei, stava usando quel modo per
farle del male.
Ottenendo un successo su tutta la linea.
Si alzò, appoggiandosi alla sua porta.
E se ne andò.
Mamoru avrebbe dovuto arrivarci da solo.
Lei non avrebbe certo smesso di fargli capire che a farle del male
era lui e non quel sogno, ma ora ... era stanca.
Per quel giorno, basta.
Non sapeva ancora se essere felice perché lui l'amava ancora
o essere
triste per quello che le stava facendo.
Ma nemmeno per quello ebbe il tempo.
Era arrivato un altro nemico.
E così ora Usagi sapeva.
Aveva reagito esattamente come si era aspettato.
Era arrivata addirittura a sostenere che non le importava di nulla, che
voleva stare con lui anche se il mondo fosse finito e se lei
fosse morta.
Perché anche lei aveva avuto quell'incubo?
Che senso aveva mandarlo anche a lei?
Era lui che veniva avvertito di starle lontano.
Avvertito
...
Un nemico non l'avrebbe mai fatto.
Un nemico avrebbe voluto vederla morta.
E farle del male non sarebbe stato forse più semplice
se lui non fosse stato lì a proteggerla?
Era da un po' che ci pensava.
In quella presenza che gli parlava percepiva qualcosa di ... strano.
E, da qualche tempo, gli incubi erano diminuiti.
Da quel giorno, da quando aveva deciso di non piegarsi più a
loro, gli incubi erano diventati sempre meno frequenti.
Gli era parso di riuscire finalmente a ... combatterli.
Assurdamente, gli era sembrato quasi che ... chi parlasse
sapesse di
stare per perdere. Che non gli importasse più.
Forse quello che gli veniva detto non era vero. Si era concesso, per
qualche istante, di pensarlo.
Ma poteva rischiare ?
.... non voleva rischiare.
E non voleva nemmeno farle del male.
Nemico!
Lo sentì e corse ad aiutarla.
«Non si
può abusare in questo modo della fiducia delle
persone!» urlò, rivolgendosi al mostro.
«Fiducia? Tu cosa ne sai? Per uno come te, che vuol far pace
con
qualcuno, questi braccialetti saranno perfetti!»
Respinse l'attacco delle corde che gli vennero lanciate contro, ma
quelle parole gli rimasero in
mente.
Fiducia?
Sailor Moon e le altre guerriere distrussero il mostro.
Poi, per l'ennesima volta, apparve una nuova folle intenta a
distruggere il mondo.
«Presto si aprirà il portale oscuro e il potere
del
cristallo corvino contaminerà il potere del cristallo
d'argento, fino a che l'intero mondo verrà
distrutto!»
Se ne andò così come era venuta, con quelle
poche parole.
Il cristallo d'argento?
Usagi.
Volevano passare da Usagi per distruggere il mondo.
E lei ... lei addirittura arrivava a dire che non le importava, se non
poteva stare con lui.
Era meglio non rischiare invece.
Ma ...
Si girò verso di lei. «Proteggere la nostra
città e Crystal Tokyo, la città del futuro,
è il compito che ci
è stato affidato. Qualunque difficoltà
incontreremo, dovremo superarla e andare avanti.»
Lei lo guardava con occhi sgranati. Aveva la sua piena attenzione.
Doveva farle capire che non poteva abbattersi tanto da dimenticare
quanto era importante il loro compito. Ma ...
«Guerriere Sailor, combatterò assieme a voi contro
questa
minaccia.»
In quello le sarebbe stato vicino, sempre. Almeno lì, dove
ancora poteva, sempre.
Un giorno avrebbero sconfitto quel nemico.
E se i sogni non si fossero più presentati, forse
...
Forse allora ...
Se ne andò prima di fare qualcosa che era meglio evitare.
Corse, corse.
Non lontano da lì c'era un posto in cui aveva portato Usagi
una volta.
Una balconata sul mare.
Era stata così contenta quel giorno.
Si diresse in quel luogo.
C'era ancora qualcosa che ... non riusciva a capire.
Fiducia?
Quel mostro era stato capace di leggere dentro le persone.
Far pace?
Certo che avrebbe voluto poter fare pace con lei. Ma non poteva.
'Cosa ne sai tu della
fiducia?'
Erano state quelle le parole del mostro.
Non capiva perché continuassero a tormentarlo.
Fiducia?
Di chi doveva fidarsi?
L'unica di cui si fosse mai fidato era Usagi.
Si fidava di Usagi.
Lei avrebbe sconfitto tutto e tutti pur di mantenere la pace nel mondo.
E ce l'avrebbe fatta. Senza dubbio.
'È solo un
sogno.'
"Anche se dovessi
morire, vorrei stare con te.'
Così gli aveva detto, con voce pervasa di emozione.
Fiducia.
Non aveva fiducia nelle parole di lei.
Non aveva avuto fiducia in quello che Usagi provava per lui.
Usagi, che era in grado di sconfiggere tutto e tutti, non aveva nessuna
difesa solo contro l'amore. Solo contro di lui.
Stupido.
Idiota.
Pazzo!
Aveva sbagliato tutto.
Avrebbe combattuto e vinto su quei sogni.
Avrebbe combattuto al fianco di Usagi contro chiunque avesse voluto
farle del male.
E l'avrebbe amata.
Le avrebbe dato forza, amandola.
E sarebbero stati di nuovo felici.
Di nuovo insieme.
Si girò per andare da lei, subito, quanto prima possibile.
Ma lei era già lì.
Usagi stava correndo verso di lui.
Di nuovo insieme.
Sarebbero stati ... di nuovo insieme.
Di nuovo come prima.
Di nuovo ... felici.
L'avrebbe resa di nuovo felice.
Sarebbe stato di nuovo ... felice.
Non riuscì a muoversi.
Era lei che correva da lui, per tornare a dare luce alla sua vita.
Quando la strinse di nuovo tra le braccia ...
Io e te.
E mille altre volte
ancora.
E, dal giorno in cui riuscì a baciarla di nuovo, l'incubo
non
tornò mai più.
FINE
Nda: revisionata nel Novembre 2009. L'ho sistemata stilisticamente,
cambiando solo alcune frasi.
Se
questa storia vi ha trasmesso qualcosa fatemelo sapere, mi raccomando
:) Per me è sempre un piacere sentire cosa ne pensano i
lettori.
Naturalmente sono qui anche se avete delle critiche.
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