L'ombrello e il telefono 'quasi' assassinato
Capitolo II
L'ombrello e il telefono 'quasi' assassinato.
Come aveva immaginato aveva la febbre.
Lei ODIAVA la febbre. E sfortunatamente la temperatura era molto alta,
constatò guardando il termometro. Sarebbe dovuta rimanere a casa
da lavoro, ma per fortuna c’erano il nonno e il fratellino
pestifero Sota a tenerle compagnia.
Sospirò pesantemente lasciandosi ricadere sul letto che
l’accolse ancora tiepido. Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi.
Dalla sera precedente, dopo aver conosciuto il meraviglioso cantante,
non riusciva più a respirare normalmente. Le aveva scombussolato
la mente, inducendola a pensare ed a ripensare nuovamente al suo viso
perfetto, a quelle labbra sensuali, a quel corpo suadente, possente e
non continuò i pensieri perché, completamente rossa e
imbarazzata si coprì il viso con il cuscino. Non riusciva a
crederci! Si era trasformata nel suo miglior amico Miroku! Era un
incubo!
Quando credette di essersi calmata sufficientemente per fare un
po’ di pulizie, tolse il cuscino dal viso riprendendo finalmente
a respirare.
Eppure, non riusciva a smettere di pensare alla sera precedente, quando
aveva scoperto che la migliore amica della madre aveva un figlio
così splendido. Ma ora, ripensando alla figuraccia fatta, si
ricordò anche il motivo per cui in quel momento avesse
l’influenza. Chiuse ancora gli occhi, sbattendo una mano sulla
fronte. Come aveva potuto dimenticare il suo bellissimo ombrello nel
pub? E per che motivo poi? Perché era uscita in compagnia di
Inuyasha e la madre Izayoi. E dato che i Kami si divertivano a
prenderla in giro, la pioggia aveva iniziato a scendere e quando ormai si
rese conto che aveva dimenticato l’ombrello, era praticamente
fradicia.
Ma perché quel ragazzo le aveva fatto un effetto tale?
“Sicuramente è perché è molto attraente. A me non piace!”
Eppure quegli occhi, quel sorriso sghembo, quel corpo.
“BASTA!”
Con movimenti fulminei si alzò dal letto, facendo cadere per
terra il cuscino che teneva fra le mani. Saltellando per la stanza si
mise la tuta pesante e comoda che solitamente indossava. Ovviamente non
le mancò di cadere rovinosamente a terra, rimanendo in quella
posizione per alcuni istanti. Quando poi si alzò, notò il
gatto Buyo che la fissava sconcertato, poi, ripresosi dallo stato di
trance in cui era caduto, si avvicinò alla padroncina che lo
guardava quasi seccata. Infatti, non passò molto che
iniziò a fare le fusa e a strusciarsi contro la sua gamba.
- Tu la fai facile, scemo di un gatto!
Improvvisamente il gatto si fermò, guardandola torvo, per poi
riprendere a fare il ruffiano, obbligando Kagome a dargli da mangiare.
Scuotendo il capo, rassegnata dalla vita melliflua e molle che
trascorreva il suo gattone, uscì dalla stanza, richiudendo alle
sue spalle la porta, e scese le scale sul finire del corridoio, quando
il telefono squillò. Il suono dell’apparecchio risuonava
nella casa come una minaccia e, spostando i capelli con una mano, si
avvicinò celermente al telefono dal quale sollevò la
cornetta e con voce tranquilla chiese chi fosse.
- Buon giorno, sorellona, per prima cosa, oggi sto fuori fino a tardi e secondo, come va ora?
La telefonata e la voce preoccupata del fratello la fecero sorridere.
Pensare che quel piccolo diavoletto fosse preoccupato per lei, la
metteva di buon umore e sorrise inequivocabilmente al ricordo del suo
cambiamento repentino. Stava diventando un uomo.
Dopo che lo rincuorò e gli augurò buona giornata, rimise
a posto la cornetta, fermandosi per un istante per pensare, cosa che le
capitava molto spesso. Ricordò il sorriso dolce della madre che
la rincuorava quando qualcosa non andava, quando la rimproverava per
aver fatto tardi e per averla fatta preoccupare, a quando la chiamava
spaventata per sapere se stava bene, in caso fosse rimasta a casa per
malattia. Sorrise e le scappò una lacrima.
Fuggitiva, fuggevole, come i momenti che si vivevano.
Veloce, tagliente, come una pugnalata.
La lasciò scorrere sulla pelle, assaggiandola quando arrivò alle labbra.
Poi si riprese dallo stato di riflessione in cui si era fermata e si
girò per andare in cucina, ma fu fermata ancora una volta dal
suono opprimente e quasi spaventoso del telefono. Si girò, e lo
guardò alterata, domandandosi per quale motivo così tanta
gente avesse bisogno di lei.
Con una nota leggermente accentuata di irritazione e con un
sopracciglio leggermente inarcato, sollevò nuovamente la
cornetta.
-Pronto?
- Tesoro!!! Fiorellino mio!!!
Allontanò leggermente la cornetta dall’orecchio, sospirando sconsolata. Quel vecchietto non sarebbe cambiato mai.
- si, nonno?
Le chiese come si sentiva e rispose sinceramente che si sentiva un pochino stanca ma che entro la sera sarebbe guarita.
- Ma scusami, perché mi stai chiamando e soprattutto da dove?
Sentì un silenzio abbastanza lungo dall’altra parte del
telefono, così lo chiamò per capire se ci fosse ancora o
meno.
-Bè, tesoro, mi sono dimenticato di dirti che partecipo al concorso di ‘miglior custode di forza spirituale.’
In quel momento avrebbe strozzato il nonno. No, non sarebbe cambiato, mai.
Ancora più alterata gli domandò per quando aveva
intenzioni di tornare, ricevendo una risposta vispa ed emozionata.
Sarebbe tornato solo la sera. Quando assicurò ancora una volta
l’altro interlocutore della sua ottima salute, lo salutò
rimettendo a posto la cornetta per una seconda volta.
Il suo proposito di aver compagnia per quel giorno andò a farsi
benedire. Sarebbe stata sola fino a tarda serata, ma pazienza. Avrebbe
avuto più tempo e agevolazione per fare i lavori di casa. Si
voltò, per la seconda volta, avviandosi per la cucina, ma per
una terza volta il telefono squillò e Kagome, spazientita,
arrivò di corsa all’apparecchio telefonico e sollevando
con nervosismo la cornetta per la terza volta, parlò con una
nota quasi di minaccia.
- SIII!!! CHE C’è ANCORA!
Ci fu per un attimo silenzio e, quasi soddisfatta dell’effetto
ottenuto sulla persona dall’altra parte del filo, aspettò
la risposta del nonno. Improvvisamente sentì una risatina
leggera e si rese conto che la voce era troppo giovanile per essere
quella del nonno e ben troppo matura e profonda per essere quella di
Sota. Un improvviso dubbio le sorse.
- Buongiorno, Kagome.
Il cuore le si fermò. Non era possibile. Semplicemente impossibile.
- B-buongiorno, I-Inuyasha.
Sentì una leggera risatina proveniente dal ragazzo. Si
domandò velocemente per quale motivo, per quale assurdo motivo,
la stesse chiamando. Nel giro di una manciata di secondi formulò così
tante ipotesi, da farsi invidiare dalle ipotesi della scomparsa dei
dinosauri.
- Spero di non disturbare, volevo solo dirti che l’ombrello, il tuo ombrello, l’ho preso io.
Perfetto. Non solo aveva cannato tutte le ipotesi, ma stava facendo la
figura della muta e della sbadata. Ma quale ragazza con sentimenti
umani non sarebbe rimasta incantata?
- ehm, g-grazie! Sai, sono molto sbadata.
Sentì un’ennesima risatina dall’altro capo del
telefono e non riuscì a non pensare a quanto fosse meravigliosa.
- senti, quando te lo potrei riportare? Sarai a casa oggi?
Improvvisamente ringraziò mentalmente il nonno e Sota per aver
degli impegni, segnandosi mentalmente di consacrarli con
un’enorme cerimonia.
- A dir la verità, ecco...ieri mi sono presa
l’influenza quindi sarò a casa per tutto il pomeriggio, ma
se per te è un problema ti prego, non disturbarti a venire!
Si morsicò la lingua, ma che cavolo aveva detto? Lei voleva,
desiderava, doveva vederlo. Durante quel minimo silenzio pensò
stesse ripensando alla sua proposta.
-Assolutamente no! Mi sembra il minimo! Per colpa mia hai dimenticato l’ombrello! Devo farmi perdonare!
Lei rimase sconvolta, con gli occhi sbarrati. Come aveva fatto a capire
che lei era rimasta stupita, affascinata, ammagliata da lui?
- P-per colpa tua?
La voce del ragazzo la affascinava, intrigava ogni momento di
più. Avrebbe desiderato che pronunciasse il suo nome, solo per
sentire l’effetto che avrebbe ottenuto sul suo corpo.
- Certo, ti ho chiesto io di parlarmi un po’ di te, tenendoti occupata. Comunque, Kagome, passerò verso le due e mezza, se per te
non è un problema. Mi farebbe piacere rivederti.
Non poteva crederci. L’aveva realmente chiamata per nome e aveva
voglia di rivederla. Non si rese nemmeno conto di Inuyasha che cercava
di capire se ci fosse ancora o meno e subito gli rispose, esitando
apposta, che verso quell’ora sarebbe andato più che bene.
Quando si salutarono, dopo che mise giù la cornetta, si rese
improvvisamente conto che non gli aveva dato il suo indirizzo e stava
per richiamarlo quando si diede della stupida. Infondo sua madre sapeva
perfettamente dove abitava. Respirando a fatica, si avviò con
passo leggero e danzante verso la cucina, dove Buyo ormai attendeva
ansioso. Quando la ragazza lo vide, lo prese in braccio e lo fece
roteare, iniziando a ballare poi con lui, mentre il nostro povero
protagonista incompreso si sentì male e rimase
immobile, incapace di muoversi. La sua padrona doveva essere impazzita.
Fine secondo capitolo.
Tanto per cominciare vorrei sinceramente ringraziare le due persone che
hanno commentato il primo capitolo. Grazie a voi mi è venuta
voglia di fare il continuo. =) spero che voi continuerete a seguirmi,
lasciandomi sempre qualche consiglio e soprattutto critiche! =) Ora vi
lascio, a presto!
Monik
|