Many moons ago (you saw no fault, no cracks in my heart) di comfortinglies (/viewuser.php?uid=21408)
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Many moons ago (you saw no fault, no cracks in
my heart)
“Dove sono
gli altri?”
L'eco di passi
concitati lungo la scala di legno e lo scricchiolio simile a un gemito
dei cardini – quelli, Remus se li aspettava da un istante
all'altro. Ciò che non ha previsto è l'assenza di
due delle figure che una volta al mese varcano quella soglia, perdono
le loro sembianze umane e lo assistono nelle sue notti più
lunghe.
“Dove
sono James e Peter?” ripete, e non è del tutto
certo che la nota d'allarme nella propria voce sia imputabile solo al
tremore che già percepisce nelle ossa. Inizia sempre
così – una specie di richiamo lontano, che gli
scuote le viscere e leviga ciascuno dei suoi sensi con una precisione
spietata, collaudata.
“Anche
per me è bello vederti, Moony.” Sirius non sembra
divertito, solo trafelato, mentre si scosta i capelli dagli occhi e
agita la bacchetta verso la serratura: “Colloportus.”
Poi si volta di nuovo verso di lui – e davvero, non
è affatto
divertito.
“Oggi
niente passeggiata di piacere. Ce la dobbiamo cavare da soli, vecchio
mio” annuncia. Quindi fa scrocchiare le dita, e con aria
risoluta inizia a perlustrare la bettola in cerca di qualcosa che
potrebbe tornargli utile.
Ci vogliono
giusto un paio di secondi prima che Remus assimili la sorpresa
– e altrettanti perché questa si trasformi in
panico.
“Che
vuoi dire? Perché Prongs e Wormtail non sono qui?”
D'istinto fa per alzarsi dall'angolo vicino alla finestra sprangata in
cui si era rannicchiato, ma Sirius è già al suo
fianco e con una mano sulla spalla lo rimette giù di peso.
“Non
è ancora iniziata, quindi vedi di fare il bravo. E per
rispondere alla tua domanda” prosegue, dirigendosi a grandi
falcate verso la parete opposta di quell'unica stanza polverosa,
“i nostri amici sono due imbecilli che hanno pensato bene di
farsi mettere in punizione fino a domani mattina. Sì, se te
lo stai chiedendo la causa è stata l'ennesima genialata di
Prongs per entrare nelle grazie di Evans, e no, ti giuro che stavolta
io non c'entro niente.”
Remus registra
solo in parte quelle informazioni; la sua attenzione, mentre il livello
di angoscia che gli schiaccia il petto continua pericolosamente a
salire, è stata catturata da qualcos'altro.
“Quella...
quella non reggerà, lo sai?”
“Sei
sempre così ottimista.”
Inginocchiato a terra, Sirius esamina i grossi anelli arrugginiti della
catena infissa nel muro – o meglio, di quel che ne rimane. Il
cardine nella parete non è ancora divelto, ma quasi: effetto
di tutte le notti solitarie trascorse lì da Remus prima che
i suoi migliori amici trovassero un modo per tenergli compagnia, e al
tempo stesso per limitare i danni che infliggeva a se stesso e a
ciò che lo circondava.
Remus lo
ignora; il tremito nelle braccia e nelle gambe sta già
diventando più difficile da contenere, così come
il flusso di parole che gli sale alle labbra, incontrollato.
“Inutile
provare col Reparo, ho già tentato io. Non
reggerà più di qualche minuto, credimi.”
Puntellandosi
sulle ginocchia, l'estremità opposta della catena che
penzola dal pugno, Sirius si alza con un sospiro teatrale.
“Moony,
la tua mancanza di fiducia nei miei confronti mi ferisce.
Profondamente.”
Attraverso le
fessure delle travi inchiodate alla finestra, Remus ha una visione
parziale delle nuvole che iniziano a diradarsi nel cielo nero.
È solo questione di minuti, ormai.
“Non
si tratta di non avere fiducia in te, Sirius” confessa d'un
fiato e ad occhi chiusi, prima che la voce gli si spezzi, “ma in me stesso.”
“Ah,
ecco che riparte col melodramma.” Quando li riapre, Sirius
è al suo fianco, in equilibrio sui talloni, ed esibisce quel
suo tipico sorriso tutto canini e spavalderia. E anche se non serve
minimamente a tranquillizzarlo, è una vista che in qualche
modo dà sollievo a Remus – da quando ha messo
piede nella Stamberga gli è sembrato più
preoccupato che altro, mentre ora è di nuovo lui.
Insopportabile, sarcastico, sconsiderato – Sirius.
“Il
lupo perde il pelo, ma non il vizio... nel tuo caso quello di
piagnucolarti addosso, eh?” prosegue, giocherellando con
l'anello all'estremità della catena. Remus scuote debolmente
la testa.
“È
pericoloso.”
“Ti
ringrazio, ora dimmi qualcosa che non so già da quattro
anni.”
“Sei
da solo.”
“Acuto,
devo dire. Ma mi ero già accorto anche di questo.”
“Pad...
Sirius.” Con lo scorrere dei secondi, ragionare coerentemente
diventa più arduo – e così esprimersi.
“Ce l'ho fatta per un sacco di tempo, per conto mio. Va'.
Torna a scuola.”
Sirius si
acciglia, o forse è solo lui che si sta ingannando
– tra poco la sua vista sarà acuminata come non
mai, ma negli istanti appena precedenti la trasformazione tutto sembra
di colpo deformato, ondeggiante.
“E
lasciare che domani arrivi in infermeria ridotto come un colabrodo? Non
ci penso proprio.”
Suo malgrado,
la schiena contro la parete e gli occhi semichiusi, Remus si ritrova ad
abbozzare un sorriso.
“Se
resti potrei ridurre te, come un colabrodo.”
Il ghigno di
Sirius si allarga.
“Non
so se essere più toccato dal fatto che tu abbia appena fatto
una battuta, per quanto deprimente, o oltraggiato dalla poca
considerazione che continui a mostrare nei miei riguardi. In questa
forma o nell'altra, Moony, sono comunque più grosso di
te”, e di nuovo Remus non sa se sia colpa delle sue
percezioni alterate, o se Sirius abbia davvero utilizzato quel tono
sfacciatamente allusivo che a scuola fa arrossire tutte le ragazze, dal
settimo anno in giù e senza distinzione di Casa.
Comunque sia,
non ha la voglia né le forze di assecondarlo – il
punto è un altro, e finché gli è
possibile vorrebbe raggiungerlo.
“Sai
che ti ferirò.”
“Niente
che tu non abbia già fatto a me e Prongs – in
effetti, quello che se la cava sempre con meno danni è
Peter. I vantaggi di essere una maledetta pantegana,
suppongo.”
“Sirius...”
“E
comunque non è che me ne starò a guardare, eh!
Non sei l'unico con le zanne, dovresti smetterla di sottovalutare il
mio potenz-”
“Sirius.”
La voce gli
esce stranamente imperiosa, forse per effetto dello spasmo che ha
presagito arrivare, e che in effetti gli fa inarcare per una frazione
di secondo la schiena. La spina dorsale è sempre la prima ad
essere colpita.
Sirius ora lo
guarda e basta, l'anello della catena ancora tra le mani –
finalmente non parla più. E Remus, soffocando un gemito,
sente le parole fluire dalle proprie labbra nello stesso momento in cui
un secondo spasmo gli saetta lungo le vertebre – ed
è doloroso e liberatorio insieme.
“Tu
sei... sei l'ultima persona a cui voglio fare del male, Pads.”
Per un po'
nessuno dei due dice niente – Remus vorrebbe concentrarsi sui
dettagli del viso di Sirius, lo vorrebbe davvero, ma sta arrivando: lo
sente nei muscoli, nei nervi, nelle ossa, ovunque – e l'unico
suono è il clac
metallico dell'anello di ferro che si apre e chiude tra le dita
dell'altro.
Alla fine, ma
potrebbe essere passato anche solo un secondo, è ovviamente
Sirius a spezzare il silenzio.
“Beh,
mettiamola così”, e i capelli gli coprono il viso
mentre assicura l'anello attorno alla caviglia di Remus e lo richiude
con uno scatto deciso, ma non brusco, “per ogni segno del tuo
affetto che mi lascerai, io sarò autorizzato ad esigere i
tuoi favori di Prefetto altrettante volte, e quando e come lo
riterrò più opportuno.” Solleva infine
la testa e rieccolo, il ghigno che snuda gengive e canini –
sembra in qualche modo più mansueto, ora, eppure come
potrebbe dirlo con certezza? “Pensi possa bastare ad
alleviare i tuoi devastanti sensi di colpa?”
Nel momento in
cui tutto cambia e l'altro
prende il sopravvento, Remus non è sicuro di aver risposto a
quella domanda – ma le ultime immagini che gli si imprimono
nella mente sono quella del sorriso di Sirius e un'altra,
più ineffabile (una stella?), accompagnate dalla sensazione
rassicurante di una mano che gli stringe il ginocchio – e
forse, forse,
questa volta potrebbe essere addirittura meno orribile delle altre.
“Buongiorno,
mio bell'addormentato.”
La parte
più dura del tornare in sé è
riassorbire tutto il dolore – è un po' come se un
trattore Babbano gli sia passato sopra e poi abbia compiuto la stessa
operazione in retromarcia; o più semplicemente, come sentire
di avere ogni singolo osso spezzato senza che però si sia
davvero rotto nulla.
Remus sbatte
le palpebre – quelle, almeno, non fanno troppo male.
Sirius lo
osserva dall'alto, i capelli che spiovono in avanti. Sul viso, eccetto
un paio di graffi superficiali sopra la guancia destra e delle occhiaie
notevoli, non sembra essere troppo malconcio. Sorride.
“Com'è
andata?” riesce a chiedergli in un sospiro. Man mano che
riacquista coscienza di sé, assimila anche altri dettagli:
è disteso a terra, ma con la testa e le spalle sollevate
– sulle ginocchia di Sirius, probabilmente. Piegando appena
il collo da entrambi i lati ne ha la conferma: l'altro è
seduto sul pavimento, le gambe allungate e la schiena rilassata contro
il muro.
“È
andata che di notte sei un vero animale, Moony. Mi hai distrutto.”
Suona allegro, e Remus sa di essere ancora troppo esausto per poter
provare altro all'infuori di stanchezza e sollievo – un bene,
dopotutto, o diventerebbe con ogni probabilità dello stesso
colore dei capelli di Lily Evans.
“Simpatico”,
biascica, la mascella ancora indolenzita dal riassestamento dei denti.
Poi fa ruotare la caviglia sinistra, trovandola irrigidita ma libera.
“Sono serio.”
“E
quando non lo sei?” Da quella posizione non riesce a dirlo
con esattezza, ma gli pare che Sirius abbia appena alzato gli occhi al
cielo. “Meglio delle tue catastrofiche previsioni, comunque.
La catena ha ceduto abbastanza in fretta” – e qui
Remus non riesce a trattenere una smorfia da te l'avevo detto
– “e per un po' ce le siamo date di santa ragione,
ma alla fine ti ho messo più o meno al tappeto e per quel
paio d'ore prima dell'alba mi hai dato tregua. Il collo è il
tuo punto debole, a proposito” specifica a suo beneficio, e
Remus sente
il ghigno nelle sue parole prima ancora di vederlo. Il retaggio di
generazioni smistate in Serpeverde doveva pur manifestarsi in qualche
modo, si dice.
“Ora,
di grazia” prosegue imperterrito, e solo adesso Remus nota la
bacchetta che si rigira tra le dita, “mi piacerebbe finire il
lavoro che avevo iniziato prima che tu e la tua gioia di vivere che
farebbe suicidare un Dissennatore mi interrompeste.” Quindi,
senza aspettare il suo consenso, la agita un paio di volte e “Epismendo”,
borbotta a mezza voce. La sensazione di benessere che pervade Remus nei
punti toccati dall'incantesimo guaritivo, spalla e torace, dura meno di
un secondo.
“Ma
che fai?”
“Facilito
le cose a Madama Chips, chiaro. Quella povera donna non ne
potrà più di rattopparti tutti i mesi.”
“Lascia
stare. Sei stanco.” Ed è vero: Sirius ha l'aria
rilassata, ma al tempo stesso il suo viso è tirato e il
polso gli trema appena mentre la magia stilla dalla sua bacchetta.
“Potevi pensare a rimettere in sesto prima te stesso,
piuttosto.”
“E
fartela passare liscia così? Neanche per idea. Prima
dobbiamo contare quanti souvenir della nottata mi hai lasciato... o hai
già dimenticato che mi devi altrettanti favori?”
Remus non ribatte – quindi
ho accettato, è l'unico pensiero assorto che
per un po' riesce a formulare, col sottofondo di Sirius che mormora
altre due o tre volte la stessa fattura.
“Perché,
comunque?” gli chiede infine, dal nulla.
“Perché
cosa?”
In tutta
onestà, di perché
sulla punta della lingua ne ha una quantità infinita
– ma ciascuno di loro lo impegnerebbe in discussioni che non
crede di essere disposto né pronto ad affrontare in queste
condizioni, ed è così che finisce per ripiegare
su quello a suo giudizio più neutrale.
“Perché
quei due si sono fatti mettere in punizione?”
Sirius scrolla
le spalle, accennando la sua solita risata latrante.
“Beh,
Pete ovviamente ha fatto il palo. Sai com'è fatto, no? Per
guadagnarsi l'approvazione di James, penso arriverebbe ad appendersi
per i pollici ai bastioni della Torre di Astronomia.” Ridono
entrambi. “Quanto a Prongs...”
Sirius lascia
la frase in sospeso: per diversi secondi sembra dedicare tutta la
propria concentrazione a quel pensiero, tanto che una ruga solitaria
arriva a incidergli la fronte. Remus lo osserva in silenzio, quasi
rapito dalla sua espressione contemplativa – in oltre cinque
anni d'amicizia, raramente l'ha visto così.
“Beh,
Prongs è innamorato” decreta infine, con un
sospiro che testimonia l'essere pervenuto a una conclusione tanto ovvia
quanto inattaccabile. Poi inclina appena il collo da un lato e lo fa
scrocchiare, gli occhi semichiusi e il viso più stanco di
quanto sia apparso finora – ma quando torna a guardarlo da
sopra la spalla, i capelli lunghi che quasi arrivano a solleticargli la
faccia, sorride di nuovo. E stavolta è un sorriso diverso da
tutti i precedenti – è più implicito,
ricco, sottinteso. Non è nelle labbra; è negli
occhi. O forse è solo l'immaginazione di Remus che ha
ripreso a viaggiare – eppure, prima che Sirius parli di
nuovo, non può fare a meno di avvertire lungo la schiena una
specie di brivido. Qualcosa che con quelli della notte appena trascorsa
ha in comune solo l'intensità, ed è gradevole in
un modo che gli impedisce di reprimere del tutto un sospiro.
Un sorriso,
una mano sul ginocchio. Una
stella.
“E a
quanto pare, Moony, l'amore fa fare alla gente un sacco di cose
cretine.”
“Remus.”
“Sì?”
L'ombra
di un sorriso antichissimo in due occhi logori, infossati.
“Ti
ricordi la prima luna piena?”
E
non serve chiedere, per averne la certezza: non sta parlando della
prima in assoluto, bensì della prima superata da soli,
insieme. Bastano quella nota malinconica nella sua voce e lo sguardo
vago oltre il quadrato di cielo notturno che si intravede dalla
finestra – e Remus sa.
Sedici
anni, e una fiducia ai limiti dell'ingenuo in qualsiasi cosa avessero
detto o fatto – a ripensarci ora, con in mezzo una vita che
è quasi riuscita a trasformare entrambi in ciò
che non avrebbero mai voluto essere, è uno di quei ricordi
che si rimpiangono e che al tempo stesso fanno martellare dentro una
rabbia sorda, incessante, perché come si può
essere stati così innocenti, e così
sciocchi?, e soprattutto come è possibile non aver previsto
la menzogna, il tradimento e l'equivoco che per dodici anni, e forse
ancora adesso, hanno avvelenato ogni loro singolo giorno?
Eppure
– eppure una cosa l'avevano capita già
nell'inesperienza di allora, quando ancora il dolore dell'anima era
sconosciuto a entrambi e si rideva della pazzia, quando il cane e il
lupo si leccavano a vicenda ferite solo superficiali – quando
il sacrificio di Lily e James Potter era lontano e impossibile anche
solo da concepire, l'Ordine neppure un'idea, e Grimmauld Place la sola
prigione da cui provare a fuggire.
Remus
guarda Sirius, il grigio prematuro nei capelli e la pelle degli zigomi
tirata come se da Azkaban non sia passato un giorno, e forse loro non
sono più le stesse persone di quella notte, e la stella che
un tempo splendeva più di tutte le altre pulsa ora
più flebile e stanca – ma quella
verità, così grande nell'apparente
semplicità con cui l'avevano scoperta, è rimasta
immutata.
È
l'amore che fa fare le cose più stupide, Moony.
L'amore,
in tutte le sue forme – sempre.
Remus
guarda Sirius, e sono passati vent'anni, ma il fantasma di quel sorriso
impigliato negli occhi è ancora lo stesso.
“Più
di tutte le altre, Pads.”
NdA: questa fic
è nata perché io, per dirla con le parole di
Ronald Weasley, devo rivedere le mie priorità. Il che
significa che sono sotto esame e che attualmente dovrei stare
dedicandomi anima e corpo alla sessione, MA (come succede sempre in
questi casi) sono capitati tre inconvenienti: il ritorno
dell'ispirazione, quello dei feels Wolfstar e soprattutto lo zampino
malefico di Federica (Fede_Wanderer qui su EFP), che da persona
diabolica quale è non solo mi ha assecondata, ma mi ha
addirittura promptato un sacco di cose bellissime su questi due. Il
prompt che ho scelto è stato Sirius
Black/Remus Lupin, la prima luna piena: beccati questi 2k e
oltre, donna, e grazie ancora per aver contribuito a tutto
ciò ♥
L'ennesimo
grazie, ormai di routine, va anche a Elena, che come sempre sopporta
con infinita pazienza le mie paranoie e mi consiglia come
modificare/migliorare le mie storie. Ilysm – un giorno ti
faranno santa.
...e basta, il
succo è che volevo semplicemente tornare a scrivere su
Sirius e Remus, due dei personaggi che più amo in assoluto;
spero di averlo fatto in modo credibile, e se avrete voglia di farmi
conoscere il vostro parere ne sarò più che felice
:)
Alla prossima!
Lou.
P.S. Per la parte tra
parentesi del titolo ringrazio come sempre quei benedetti uomini noti
anche come Mumford & Sons – che in questo caso, mi
hanno salvato la vita con 'Ghosts That We Knew'. (A proposito, sono
l'unica ad avere sempre problemi ENORMI nel trovare un titolo alle
fic?) (...okay, ora vi lascio davvero :D)
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