WE’RE
JUST A SHADOW OF WHAT WE USED TO BE
Dedicata
a Simone.
Grazie per avermi regalato
il sorriso
quando avevo voglia di piangere
e per rendere ogni mia giornata speciale.
Un pugno
alzato davanti ad una porta.
Un pugno
che tremava.
Gli occhi
di Shizune indugiarono ancora sul biglietto attaccato allo stipite.
‘Non
disturbare’.
La
ragazza abbassò la mano.
Avrebbe
voluto vedere cosa stava succedendo nell’ufficio del Quinto
Hokage.
Era
troppo preoccupata.
La
polvere vagava ancora nell’aria, rendendola difficilmente
respirabile: per questo Tsunade aveva aperto la finestra.
Tornò a
sedersi alla scrivania, posando lo sguardo su un vecchio album.
Voleva
aprirlo. Voleva esplorarlo con i suoi occhi.
Eppure
non riusciva a muoversi.
[Once
again,I’m falling to my knees]
Qualcosa
la bloccava e non aveva idea di cosa fosse.
O
forse sì.
[Now
this feeling is spreading like a disease]
Scosse il
capo.
Quante
sciocchezze.
Era
l’Hokage, che diamine: come poteva sentirsi impotente davanti
a un
semplice album fotografico?
Eppure
era così.
Un
tremito, e fece piombare la mano sulla scrivania, per poi aprire con
uno scatto lo spesso volume.
Quasi non
credette a ciò che vide: nella pagina che aveva davanti a
sé, c’era
quella
foto.
Socchiuse
gli occhi, ma non per disprezzo.
Le
palpebre le si abbassarono per la stanchezza provocata
dall’estrazione dei ricordi da quell’organo tanto
complesso
chiamato cuore.
[In
the night there's a fire in my eyes.
And
this paradise has become
a place we've come to cry]
Il team
Sarutobi.
Un uomo e
tre ragazzini.
Tre
bambini ancora liberi, senza il peso dei sentimenti, della guerra,
dei tradimenti.
Tsunade
sarebbe stata pronta a giurare di sentire un’emanazione
nostalgica
provenire da quella foto sbiadita.
Posò la
fronte ad una mano, sentendosi la testa scoppiare.
E pensare
che ai quei tempi era così spensierata, così
allegra.
Forse era
stata addirittura felice.
Tutto
l’opposto del presente.
Cos’era
lei? Cosa
stava facendo?
[The
life we're living, it's all a masquerade]
Non lo
sapeva.
E si
sentiva tremendamente abbattuta per questo.
Una
folata di vento entrò dalla finestra, infastidendo la donna.
“Un
giro nel pozzo dei ricordi?”
L’Hokage
si permise un sorriso amaro, per poi voltarsi verso Jiraya.
“Tu non
entri mai dalla porta, vero?”
“Mi
piacciono di più le finestre” rispose lui, dando
un’occhiata in
giro, per poi tornare a guardarla, analizzatore.
“Che
c’è?” sbottò Tsunade,
distogliendo lo sguardo.
“Stavo
pensando che, se proprio ti dà fastidio, la prossima volta
userò la
porta: non voglio che tu mi rompa un’altra volta le
costole.”
La donna
lo fulminò con gli occhi, per poi far girare la poltrona su
sé
stessa, in modo da dargli le spalle.
“Che
sei venuto a fare?”
“A
farmi gli affari tuoi” l’uomo si
appoggiò con una mano sullo
schienale “stai bene?”
Dall’espressione
del giovane viso traspariva panico.
Deglutì.
[Here
we are, pretending we're ok]
“Certo.”
“Sì,
come no… e tu hai la forza di un
moscerino…” si appoggiò alla
scrivania, così da guardarla in faccia “il che
è assolutamente
falso, anche perché parlo per esperienza
personale.”
Tsunade
abbassò il capo, visibilmente irritata.
“Se sei
venuto qui a fare il buffone, è meglio che
sparisci!”
“Sono
venuto a vedere come stai” rispose veloce Jiraya,
incredibilmente
serio “e, siccome tu non vuoi essere sincera,
resterò qua finché
non mi dirai la verità.”
La
facciata dell’Hokage in quell’istante stesso si
frantumò.
Restò il
fragile essere umano, la semplice donna senza difese.
Lo
sguardo le scivolò ancora sulla foto.
“Che
cosa siamo diventati?”
L’uomo
spalancò gli occhi.
“Cosa
ci è rimasto dei ragazzini che eravamo una volta?”
continuò lei
“Mi sembra di aver perso tutto quello che avevo allora. E non
riesco a ritrovare neanche la più piccola insignificante
cosa.”
[We're
just a shadow of what we used to be]
Percepiva
l’umido invaderle le palpebre, sentiva le labbra cedere al
tremore,
e l’orgoglio rimbombava nel suo petto, incredula di essersi
esposta
così tanto.
“Io
l’ho ritrovata, quella piccola insignificante cosa.”
Jiraya
sorrise, vedendo la donna alzare il capo.
“Che?”
domandò lei fiaccamente.
“E ho
ritrovato molto altro ancora. Tutto quello che pensi abbiamo perduto,
è tutto integro, conservato in luoghi molto più
fertili del nostro
corpo.”
“C-cioè?”
“Cioè,
non vorrai mica farmi credere di non esserti accorta che Sakura
è
l’esatta copia di te stessa alla sua
età!”
Tsunade
era confusa. Che stava dicendo?
“Come
lo è Naruto di me. E… purtroppo, come lo
è Sasuke di Orochimaru.
Ma comunque sono tutto quello che eravamo noi un tempo. Questo vuol
dire…”
“… che
non ci siamo persi del tutto?” continuò poco
convinta lei.
“Esatto.
Questo è confortante, non trovi?”
Il Quinto
si alzò lentamente, per poi andare alla finestra.
“No.”
“Come?”
chiese Jiraya, seriamente stupito.
“E’
vero, forse non ci siamo persi del tutto… ma comunque non
siamo più
gli stessi. E sinceramente… io non ho ancora capito chi sono
ora.”
“Dai,
come fai a non saperlo? Tu sei…”
“Lo so
che sono il Quinto Hokage, non ho bisogno che tu me lo dica!”
sbottò “Ma io non mi ci sento, Hokage. In
realtà credo di non
essere tagliata per questo.”
Silenzio.
Pesante silenzio. La donna non sentiva più niente, se non il
fruscìo
del vento.
Poi un
contatto: una mano sulla sua spalla.
“Tu sei
Tsunade, il miglior ninja medico che io conosca a questo mondo. E la
mia migliore amica d’infanzia.”
Quella si
voltò verso di lui, a dir poco esterrefatta, trovandolo a
sorriderle.
[Whenever
I need you
Wherever
I run to]
Gli occhi
le si inumidirono.
Non
riuscì a trattenersi, neanche per orgoglio: in un attimo si
ritrovò
al petto di Jiraya, a mordersi le labbra per non singhiozzare.
Sentì le
robuste braccia dell’uomo posarsi sulla sua schiena, con fare
rassicurante.
“Sei un
bravo Hokage, Tsunade, checché ne dicano quei due vecchiacci
che
stanno sempre a criticarti.”
[I
know where to find you]
“Lo
credi davvero?”
“Certo
che sì… anche perché, se osassi
mentire, con te me la vedrei
brutta.”
Lo
spintonò, irritata. In un momento come quello si metteva a
fare
battute vecchie di secoli?
“Idiota!
Quando la smetterai di rinfacciarmi quella vecchia storia?! Come se
non fosse stata colpa tua!”
Stranamente,
Jiraya stava sorridendo ancora.
“Cosa
c’è di divertente?!”
“Hai
smesso di piangere.”
Tsunade
rimase a bocca aperta. Era vero: come aveva cominciato a fare il
buffone, le lacrime avevano smesso di uscire.
Ora che
ci pensava, era stato sempre così: fin da ragazzini, ogni
volta che
si sentiva giù, lui le faceva qualche battutaccia, facendola
arrabbiare fino ai limiti del possibile.
In questo
modo, però, la tristezza se ne andava, facendola sentire
più
leggera.
Squadrò
l’ex compagno di squadra, ringraziando gli dei di averle
affiancato
una persona del genere.
Non
credeva di poterlo pensare, ma non sapeva davvero come avrebbe fatto
senza di lui.
[I
know where to find you
It
keeps me holding on]
“Grazie,
Jiraya.”
Stavolta
fu lui a stupirsi, udendo quelle parola dalla donna che
l’aveva
nuovamente abbracciato.
“Figurati.”
Era un
momento meraviglioso, di completa serenità.
Che fu
interrotto dal timido bussare alla porta.
“Signorina
Tsunade?”
Shizune
entrò cautamente, temendo una brutta reazione da parte
dell’Hokage.
“Sì?”
Stava in
piedi in mezzo alla stanza, girata verso la finestra.
“Le ho
portato del tè.”
“Grazie,
posa pure tutto sulla scrivania.”
La
ragazza esaudì la richiesta, per poi dirigersi verso il
corridoio.
“Signorina,
sicura che vada tutto bene?”
Lo
sguardo del Quinto indugiò ancora un poco in quella
direzione, come
se ci fosse stato qualcosa.
[it
keeps me holding on]
“Sì,
Shizune.”
Di
nascosto sorrise. Di un sorriso tenero.
“Sì,
va tutto bene.”
“Bene”
sospirò l’altra sollevata “buonanotte,
signorina.”
Uscì.
Tsunade
rimase immobile ancora per un po’.
Poi andò
ad affacciarsi alla finestra.
Scoppiò
a ridere.
“Sì,
va tutto bene.”
Fine
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