Il quinto siero

di Aoboshi
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Non è possibile… Me lo ripeto ancora, sento la bocca farsi secca. I miei occhi vagano nel laboratorio, i toni freddi del grigio metallo mi fanno sentire in gabbia, prigioniero dei ricordi. Alzo lo sguardo, Matthew è lì; come ho potuto non accorgermene, come ho potuto essere così cieco: l’amava. Lui serra la mascella e cerca di non incontrare il mio sguardo, non è pentito, lo so e non credo di poterlo giudicare. Sento la voce di Caleb venirmi da lontano a singhiozzi – Per questo Jeanine ha affrettato l’esecuzione… ed è per questo che io… aveva quello che voleva!- Alzo gli occhi agli schermi sulle pareti, digrigno i denti, ci sono mappe celebrali. So di chi sono, so a chi appartengono. Vedo anche il mio volto tra quei ricordi, deglutisco, perché la speranza fa così male!? Caleb continua a parlare, è vicino a quel freddo lettino, ho fatto di tutto per non guardare cosa c’è lì sopra, non ci riesco, l’ho fatto una volta, adesso non ne ho più il coraggio -Abbiamo sperimentato un nuovo siero – la sua voce mi arriva ovattata. La sto guardando, due anni sono svaniti in un secondo, i muscoli mi fanno male, ho bisogno di abbracciarla –E’…- deglutisco ancora, mi mancano le parole –Sintetica?
Caleb scuote la testa, Matthew sterra i pugni –No!- è Caleb a parlare – Le sue… be’ quelle che avevi tu, non erano le sue ceneri, il suo corpo… lo abbiamo conservato… Matthew, lui ha ristabilito le connessioni celebrali, ha creato un prototipo di liquido amniotico, l’abbiamo tenuta lì per permettere alle cellule di rigenerarsi e… riattivarsi … abbiamo sviluppato il nuovo siero… uno a cui neppure lei può resistere … Jeanine era quasi riuscita ad inibire il suo genoma divergente, io ho recuperato le sue informazioni e l'ho inibito- è un Erudito, lo so e ne sono sempre più consapevole ascoltandolo; nonostante l’emozione cerca di esporre al meglio il suo esperimento, sebbene sia la cosa più importante mai fatta nella sua vita, nella vita di chiunque, cerca di controllare l’emozione. Il cuore mi batte troppo forte, lei vorrebbe così? No, non credo ma io... Voglio essere egoista, non so se sarà lo stesso, ma è la mia speranza, inseguo il suo fantasma nei sogni e nelle paure, non pronuncio il suo nome per impedire al mio cuore di fermarsi. Poi Caleb estrae la siringa, l’ago è lucente e sottile, il liquido nello stantuffo è azzurrino e luminoso, lo guardo ipnotizzato. Se voglio fermarlo, devo farlo adesso, ma le gambe mi tremano, non rispondono, non voglio che rispondano. Caleb infila l’ago nel collo bianco e senza vita, spinge lo stantuffo, le mie gambe scattano… troppo tardi. Caleb si allontana, mi precipito su quel tavolo, sento il metallo freddo nelle mani sudate, il suo viso  è sotto il mio. Caleb ha il fiatone, gli occhi sgranati, schiacciato contro il muro, in preda al terrore, ma per me non esiste più, non esiste perché ci sono i suoi occhi e mi guardano. Il fiato mi manca, il cuore ha smesso di battere, la bocca mi trema. Ha gli occhi grandi, sofferenti, ma non tristi, non delusi, sento la sua mano cercare la mia, le sue dita intrecciarsi alle mie. Una fitta al cuore mi sconquassa –Tobias…- la sua voce, quella che pensavo di non udire mai più. I suoi occhi diventano lucidi, io sto già piangendo, dal dolore, dalla gioia, non lo so, so solo che lei mi guarda, che sembra viva e che la amo e non ho mai smesso di farlo. Affondo il mio viso nel suo collo, poco a poco ritorna il suo odore coperto da quello del liquido in cui l’avevano tenuta –Ho riabbracciato mia madre…- la sua voce, la sua adorata voce, è così bella. Scatto, è lei, non può che essere lei, le prendo il viso tra le mani, le sue guance bagnate dalle mie lacrime –Non volevo fermarli… io-  la mia voce è talmente roca da non appartenermi - …Sei tornata!- quella verità è così bella, bella da fare male, da distruggere e rigenerare. Lei poggia le sue labbra sulle mie, finalmente, il suo sapore. Mi allontano per guardarla ancora, per convincermi che non è un sogno, che è lei e non è un clone. Io lo so, è lei, lo vedo dalla tristezza nei suoi occhi, è lei!
-Ti amo- mi dice con un fil di voce, incerta, perché sa cosa ho affrontato, sa quanto ho sofferto, ogni minuto, ogni secondo senza di lei è stata una tortura
-Ti amo anche io, Tris!-
-Beatrice…- mi sussurra all’orecchio .
Sorrido – Ti amo, Beatrice Prior!   




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