Molti anni fa nel paese di Wa
no Kuni viveva un bellissimo samurai dai capelli verdi. Era forte e
valoroso, il miglior spadaccino di tutto il regno. Il samurai era
innamorato della meravigliosa principessa Namizo, figlia del re del
paese, e lei contraccambiava. Questo amore li consumava,
perché entrambi sapevano che non potevano avere futuro data
la differenza di rango…
- Ma che razza di storia
è mai questa, Nami?! Ti avevo chiesto un racconto sui
samurai, non una storia piena di sentimentalismi come piace a voi
donne!-
- Questa è
la storia di un samurai! E non interrompere sul più bello,
buzzurro che non sei altro! Vogliamo tutti sapere come finisce la
storia fra il samurai e la bella principessa!-
- Tutti chi?!-
- I lettori, no?
Sì, dico proprio a voi che avete appena letto
l’inizio di questo appassionante racconto. Volete sapere come
continua? Allora andate sul Midori Mikan!-
Autrice: Alexiel Mihawk
| alexiel_hamona
Titolo:
the end of the world as we know it
Fandom: One Piece
Coppia: Zoro/Nami
Rating:
sfw / giallo
Warning:
modern!AU, zombie!AU, estabilished relationship, post-apocalyptic!
AU
Genere: catastrofico,
generale,
introspettivo, one shot
Parole: 1093
Note: scritta per la
ZoNami week indetta
dal Midori Mikan. Questa storia, come tutte le altre è una
AU, solo che a
differenza delle altre è una zombie!AU, perché io
amo gli zombie e amo gli
scenari apocalittici. Premessa: Zoro e Nami qui hanno una relazione e
si
comportano come due persone che effettivamente stanno insieme. Non
vedrete mai
nelle mie storie Zoro e Nami che litigano a casaccio, che si riprendono
questo
sì, ma che litigano o si odiano, no. Semplicemente
perché Zoro e Nami che si
odiano, per me, è una delle rappresentazioni OOC peggiori in
un manga la cui
storia verte completamente attorno al rapporto di fiducia,
lealtà, affetto,
idea di famiglia tra nakama. Detto ciò, due cose e vi lascio
alla storia:
-
il campo si chiama Melville, perché è il campo di
Edward Newgate aka
Barbabianca, Barbabianca ha una nave che si chiama Moby Dick, e Moby
Dick è un
romanzo di Melville. Such associazione di idee.
-
sono di fretta quindi non ho riletto come mio solito, se trovate errori
o
imprecisioni vi chiedo di segnalarmeli, così che possa
correggerli!
The
end of the world as we know it
La
follia era esplosa il quinto giorno.
L’epidemia
si era diffusa a macchia d’olio, rapidamente, senza lasciare
via di scampo a
chi, ignaro di quanto stesse avvenendo, aveva tentato di bloccare o
aiutare gli
infetti.
Ancora
oggi, a distanza di mesi, Nami si domanda come sia stato possibile che
nessuno fosse
stato in grado di evitare una simile catastrofe, ma in fondo era del
tutto
impossibile prevedere un disastro di tali proporzioni.
Si
stringe nelle spalle, lasciandosi scivolare contro il muro di quella
casa vuota
in cui sono entrati qualche ora prima; sospira e rimane a fissare le
mattonelle
colorate della parete di fronte, la vasca impolverata e lo specchio
rotto.
Chissà chi ci viveva in quella casa e chissà
quale sorte ha atteso i suoi
sventurati abitanti. Il mondo non gira più come prima, si
dice sopprimendo un
brivido e stringendosi le ginocchia al petto, ogni cosa sta andando in
frantumi.
I
suoi vestiti e le sue mani sono sporchi di sangue, ma oramai
è la norma; questa
volta, però, c’è mancato davvero poco
perché finisse tutto e lei ha temuto, per
qualche istante, che sarebbe morta. Era stata una disattenzione
all’apparenza
insignificante, ma nella pratica quasi disastrosa: attraversando la
piazza
principale della città, non si erano accorti che
l’accesso alla fognatura era
stato divelto. Non ci era voluto molto perché si
ritrovassero circondati su
tutti i lati da un’orda di zombie e, se non fosse stato per
un rifugio di
emergenza che erano riusciti a trovare (che poi non era altro che un
grosso tir
rovesciato, che forniva loro una posizione sopraelevata) non sarebbero
riusciti
a sopravvivere. Nami sentiva ancora la mano fredda e putrefatta
dell’infetto
che le aveva afferrato la gamba trascinandola verso il basso, riusciva
a vedere
la spada di Zoro che gli penetrava il cranio per poi reciderlo dal
resto del
corpo e tirarla verso di sé. Si era aggrappata a lui e aveva
cominciato a
sparare, cercando di mantenere l’autocontrollo che andava
sempre più
esaurendosi, trasformandosi in un grido roco che premeva per uscirle
dalla
gola. Insensatamente, chiaro, perché i rumori forti non
facevano altro che
attirare ulteriori zombie.
Erano
riusciti ad avere la meglio e a fuggire, senza vittime, e Nami era
sempre più
convinta che da qualche parte ci fosse qualcuno che vegliava su di
loro, perché
non poteva spiegarsi altrimenti tutta la loro fortuna. Il contatto
freddo con
la parete alle sue spalle, in quella casa sicura che sono
miracolosamente
riusciti a trovare, le congela la schiena, è una sensazione
spiacevole tanto
quanto rassicurante, perché le comunica che è
ancora viva per percepirla.
La
porta si apre cigolando, con un movimento lento, e una testa dalla
zazzera verde
si affaccia nel bagno.
«Oi,
Nami, hai bisogno di qualcos- Non avevi detto che volevi lavarti? Ti
sembra il
caso di metterti a riposare qui? E poi dici a me!»
Solleva
lo sguardo verso il giovane e gli lancia un’occhiataccia,
cercando allo stesso
tempo di ricacciare indietro le lacrime che, come ogni volta che si
ritrova a
vagare in una casa distrutta, che reca ancora traccia di chi
l’abitava,
minacciano di uscire (o almeno così si dice, non volendo
ammettere che gli
eventi della giornata l’abbiano scossa a tal punto).
«Ti
pare che entri senza bussare, troglodita?! E se fossi stata
nuda?!»
«Niente
che non abbia già visto» replica Zoro sollevando
le spalle ed entrando nella
stanza per poi chiudere con delicatezza la porta dietro di
sé «Stai bene?»
Nami
si rialza piano e gli si avvicina, appoggiando il capo contro la sua
spalla e
chiudendo gli occhi, le mani strette contro un’arma da cui
ultimamente fatica a
separarsi.
«Sto
bene» borbotta piano lasciando che l’uomo le
accarezzi la schiena «Vorrei solo trovare
quel benedetto campo e riprendere a respirare».
È
un mese oramai, da quando quel gruppo sgangherato si è
formato, che stanno
cercando di raggiungere la base Melville; secondo Rufy là ci
sono dei
sopravvissuti che sono stati in grado di costruirsi una vita e arginare
l’epidemia. Apparentemente è una notizia giunta
via radio da suo fratello e
quindi probabilmente attendibile; il capo della base, un tale di nome
Newgate,
ha radunato tutti i superstiti possibili e corre voce che stia
lavorando a una
cura.
Per
loro significherebbe tornare a vivere una vita quasi normale e Nami non
riesce
a fare meno di desiderarlo con tutta sé stessa, soprattutto
perché
l’alternativa non è per niente allettante.
«Andrà
tutto bene» mormora Zoro, affondando il viso nei suoi
capelli. Anche se non ne
è troppo convinto nemmeno lui, anche se il mondo non
è più quello che ricordava
e ogni cosa gli sembra fredda ed estranea. Allunga le mani e scioglie
con
delicatezza la presa di Nami, afferrando saldamente il calcio della
pistola e
portandosela alla cinta.
«Questa
non ti serve ora».
«E
se dovesse entrare qualcosa?» borbotta la ragazza
avvicinandosi alla vasca.
«Vuoi
che chiami Robin? Che rimanga qui mentre ti lavi? Anche se, cazzo,
quando mai
si è avvicinato qualcosa a più di venti metri
quando c’era qualcuno di guardia?»
Si
sente tirare leggermente per una manica, mentre le dita pallide e
sporche di
sangue di Nami si piegano sul tessuto della sua felpa impolverata.
«Resta»
mormora piano.
E
Zoro resta. Rimane lì, seduto contro la vasca a osservare le
piastrelle, mentre
alle sue spalle Nami la ripulisce, la riempie di acqua calda e vi si
immerge
completamente trovando ristoro nel tepore che la circonda.
La
testa verde di Roronoa, le sue spalle larghe chiuse nel chiodo di
pelle, sono
una presenza rassicurante, e la ragazza china il capo, appoggiandosi
contro di
lui; gocce d’acqua tiepida gli scivolano sul collo e gli
bagnano gli indumenti,
mentre una ciocca arancione gli solletica una guancia. A Zoro,
però, non sembra
importare e non le intima di spostarsi, né le fa notare che
così lo sta
inzuppando, si limita ad allungare un braccio dietro di sé e
ad accarezzarle
con gentilezza i capelli.
Si
gira leggermente e le deposita un bacio leggero a fior di labbra,
sentendola
appoggiare la sua fronte contro la propria.
«Meglio?»
La
ragazza annuisce piano, e se non fosse che la conosce oramai
così bene forse
nemmeno si accorgerebbe di quel gesto.
Le
accarezza ancora il capo e le spalle bagnate, infischiandosene
dell’acqua che
gli inumidisce gli indumenti e la pelle.
«Andrà
tutto bene, Nami. Te lo prometto».
La
rossa stringe i denti e cerca di dimenticare gli orrori che li
attendono all’esterno.
E,
con gli occhi chiusi e il calore di quel corpo noto contro di
sé, prega che
Zoro abbia ragione.
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