aniron 8
Le lezioni erano al termine, le ultime verifiche e poi il lunghissimo
periodo delle vacanze di Natale. Laurel osservava i suoi studenti chini
sul test di storia, avevano cercato inutilmente di convincerla a
rimandare il tutto dopo le feste, ma Laurel aveva sorriso e aveva
rassicurato la sua classe che era solo un test, solo per vedere a che
punto erano arrivati.
Davanti alla macchinetta del caffè, Barbara le aveva fatto la
solita ramanzina su come lei fosse troppo severa e su come la
metà degli studenti fossero segretamente innamorati di lei.
-Barbara…smettila dai, l’altra metà è
innamorata di te…Ma cosa hai fatto ai capelli? Li hai tagliati?-
-Laurel, se c’è una brava a cambiare discorso sei tu
e vedo che hai già rimosso la piantina di ciclamini bianchi
della scorsa settimana, sulla tua scrivania…-
Laurel sorseggiò il caffè e sorrise.
Amava i ciclamini e amava i fiori bianchi, quello che non poteva sapere
Barbara era che non era stato uno studente innamorato, ma Daniel a
mandarglieli, perché gli ricordavano i fiori di niphrendil,
sulle colline della Terra di Mezzo.
La campanella suonò la fine dell’intervallo.
-Non mi hai detto cosa fai per le vacanze di Natale…-
Barbara aspettò la risposta dell’amica, anche se la conosceva già.
- Al mare, Barbara vado al mare-
- Tu sei l’unica persona che va al mare d’inverno…solito posto?-
- Solito posto…-
- Ah!-
Laurel amava il mare, ma d’inverno con la spiaggia grigia e
deserta e l’acqua che cambiava tonalità a seconda del
sole, era speciale. Il suo cuore riposava e nelle lunghe passeggiate
che si concedeva sulla battigia, respirando l’odore del sale e
del vento, la portavano lontano. Lontano verso un mondo che non
c’era più.
Un albergo carino, in mezzo alla pineta di Caorle, fra il fruscio del vento e il profumo resinoso del legno.
Ormai i proprietari la conoscevano bene, quella strana ragazza che si
alzava presto e andava il spiaggia. La vecchia cuoca aveva giurato una
volta di averla vista danzare sul pelo dell’acqua avvolta da una
strana luminescenza dorata, ma nessuno le aveva creduto, pensando
piuttosto che si fosse bevuta un bicchiere di vino in più.
Ma Laurel danzava e lasciava che l’acqua fredda le sfiorasse
appena il piedi, lei abbagliante di luce, si lasciava vedere
com’era. Ultima fra i primogeniti di Iluvatar.
-Buona Natale profe, Buon Natale-
-Auguri ragazzi , mi raccomando… Sulla scrivania c’è un piccolo pensiero per ognuno di voi-
E infine erano arrivate le tanto sospirate vacanze, Laurel aveva
preparato il cestino con i dolciumi e i cioccolatini per i suoi allievi
e il regalo della sua terza liceo era stata una bellissima stola in
seta azzurra e lana. Identica al colore dei suoi occhi.
Barbara le aveva regalato un libro e le avevo detto di raggiungerla a Roma almeno per l’ultimo dell’anno.
Laurel aveva gentilmente declinato l’invito, come sempre e aveva
preso la corriera blu che l’avrebbe portata verso il mare.
Aveva un libro, una bottiglia di ramandolo e il mare.
Non poteva desiderare altro, anche se le mancava Daniel. Da quando sapeva che c’era, si era sentita meno sola.
Il giorno di Santo Stefano il mattino era chiaro e luminoso. Laurel si
era alzata presto e dalla sua finestra aveva osservato i raggi del sole
entrare dritti fra le fronde della pineta.
Aveva indossato un abito lungo di lana chiara, una cosa assolutamente
fuori moda, ma che lei portava con la grazia di una regina e al collo
la magnifica sciarpa azzurra.
Camminò con passo leggero fino alla spiaggia, i raggi del sole
illuminavano la superficie dell’acqua. Verde e poi turchese e poi
blu profondo. Laurel si tolse le scarpe e intonò un canto di
stupefacente bellezza:
Ai! laurië lantar lassi súrinen
Ah! come oro cadono le foglie al vento,
yéni únótimë ve rámar aldaron!
lunghi anni innumerevoli come le ali degli alberi!
Yéni ve lintë yuldar avánier
I lunghi anni sono passati come rapidi sorsi
mi oromardi lissë-miruvóreva
del dolce idromele in alti saloni
Andúnë pella, Vardo tellumar
oltre l'Occidente, sotto le azzurre volte di Varda
nu luini yassen tintilar i eleni
ove le stelle tremolano
ómaryo airetári-lírinen.
alla voce del suo canto, voce sacra di regina.
Le note le uscivano fluide dalla gola, malinconiche e soavi.
L’aura dei Priminati splendeva, confondendosi con il sole del
primo mattino, mentre le dita dei piedi, con grazia sfioravano la spuma
bianca delle onde.
Danzava, poi in lontananza udì una voce, una voce che non credeva possibile udire.
Sí man i yulma nin enquantuva?
Chi riempirà ora per me la coppa?
An sí Tintallë Varda Oiolossëo
Per ora la Vampa, Varda, la Regina delle stelle,
ve fanyar máryat Elentári ortanë
dal Monte Semprebianco ha sollevato le sue mani come nuvole
ar ilyë tier undulávë lumbulë
ed ogni sentiero è immerso nella profonda oscurità;
ar sindanóriello caita mornië
e fuori dalla grigia campagna l'ombra si distende
i falmalinnar imbë met,
sulle onde spumeggianti poste fra di noi,
ar hísië untúpa Calaciryo míri oialë.
e la bruma ricopre i gioielli di Calacirya per sempre.
Sí vanwa ná, Rómello vanwa, Valimar!
Ed ora perso, perso per chi è in Oriente è Valimar!
Namárië! Nai hiruvalyë Valimar!
Addio! Forse un giorno troverai Valimar!
Nai elyë hiruva! Namárië!
Pure tu forse un giorno lo troverai! Addio!
Una luce di fronte a lei, una luce che non credeva avrebbe mai
più visto. Splendente e alta. La sua Signora, un sogno, una
visione. Una voce che rispondeva al suo canto, riempiendo l'aria di
vibrazioni e il cuore di Laurel di uno stupore e di una gioia che le
lacrime offuscarono la vista
-Galadriel! Mia Signora-
Grazie a chi segue Aniron e mi scuso per il ritardo con cui aggiorno!
un link necessario per approfondire
http://ardalambion.immaginario.net/ardalambion/namarie.htm
Ciao :)
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