Ancestor

di LedgendySun98
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Azazel, discreto come sempre, salì sull'albero che si affacciava appena fuori dalla finestra del suo piccolo angelo. Da quando la ragazzina aveva una famiglia? Umana, per giunta. Lei doveva essere immortale, come lui, destinata a lui e solo a lui. Vivere in una casa umana, con genitori umani in un corpo umano, era una cosa strana e si chiese come mai di tutto questo. L'aveva già vista molte volte, per strada, mentre faceva i compiti, mentre si dondolava sola sola nell'altalena del giardino o mentre cantava intonata una vecchia canzone. Un giorno si era anche permesso di seguirla -pedinarla, alcuni direbbero- a scuola, tra i corridoi delle classi. Lei era lì, impossibile da ignorare. Lei splendeva con i suoi lunghi capelli rossi come le braci ardenti, audaci i suoi occhi curiosi come la forza del fuoco sacro che gli macchiava ancora la pelle del peccato commesso da quell'uomo. Lei sapeva cosa le aveva fatto? No, da come viveva tranquilla in mezzo agli umani con tanta spontaneità. Amnesia? Si nascondeva di proposito o davvero non aveva alba di chi era e da dove veniva, da chi, soprattutto, era nata? Sapeva, però, di sicuro di quello che poteva fare. Le Cherubine avevano poteri sorprendenti e per non nulla ignorabili: potevano essere una benedizione e una maledizione al tempo stesso; modificavano il tempo, gli umori, i vettori e in qualche parte anche l'ambiente esterno. Sapeva, non c'era dubbio, ma il modo in cui nascondeva agli altri il suo potere e nello stesso tempo la sua aura, la rendeva ancora più "appetibile". Che ti pende, si sgridò severamente, stringendo le dita attorno al ramo su cui era appostato come un gatto in attesa di affondare le unghie nella carne della sua preda. Dio l'aveva severamente detto, sia a lui che ai suoi fratelli angeli, non forzate la natura. E lui aveva capito benissimo a cosa si riferiva. Non bisognava in alcun modo interferire col destino o tentare di accelerarlo. Le Cherubine, era vero, erano destinate agli Arcangeli, ma questo non significava che erano nate con l'amore per loro già. Bisognava farlo nascere, come in una normale relazione umana, e farlo fiorire. Nel momento in cui l'ex angelo, oramai divenuto un vero uomo, si sporse e, come se nulla fosse, camminò sul fine ramo e vide la ragazza giovane riposare beatamente sul suo soffice letto, un puntiglio lo prese e i suoi occhi dorati arsero di passione. Perché non prenderla adesso, adesso che era indifesa, fragile e arrendevole nel mondo dei sogni con solo un top rosso a coprire il petto e dei calzoncini bianchi nella più intima? Si leccò le labbra. Dannazione. C'era qualcosa di più bello? Dannazione. Fanculo alla parte razionale che si opponeva duramente ai suoi desideri. Fanculo lui. E fanculo pure lei per la scomodità che gli dava nei pantaloni il solo guardarla. Una parte di lui voleva avvicinarsi, accarezzarle i capelli e svelarle tutto, di lei, di lui e suo loro imperiale destino, portarla con sé, conoscela e lodarla. L'altra parte, quella più oscura, desiderava solo premere le sue mani contro la sua carne e affondare in lei quanto più il suo corpo adorabile gli avesse concesso. Aveva questi dubbi da tanto, da non appena la vide per la prima volta. Inizialmente era Angel ad occuparsi del mantenimento delle piccole, e lei era molto preoccupata perché Leaderlay non camminava ancora, tuttavia parlava come una vera adulta, cosa inversa tra le altre elette. "Non ha peli sulla lingua" diceva la figlia di Dio e Azazel non aveva mai saputo interpretare la cosa, se bene o se male. Lui era impulsivo, superbo e potente, qualità che dovevano essere state trasmesse anche a lei. Era una sua piccola copia, così molti definivano quest'opera di Dio, ben lontana e diversa dagli esseri umani, violenti e stupidi. Sarebbe stato interessante vedere due individui così simili a contatto estremo. Una cosa strana fu che, non appena agli angeli fu concesso l'onore di guardare le loro future compagne ancora piccole, Az riconobbe da subito la sua. Piccola di statura rispetto alle altre, i tratti del viso paffuto, le guance rosse e gli occhi espressivi. La veste lunga, linda e immacolata, stretta sul petto e larga sulle gambe sottili. I capelli lunghi, racchiusi il una lunga coda, dal color del fuoco. Allora non camminò da lui. Le altre erano troppo timide perché già Angel aveva svelato loro tutto. Gli angeli non possono mentire; Leady non camminò verso Azazel. Corse. E quello fu il suo primo passo. Az si morse un labbro e salì senza peso sul balconcino della camera da letto della ragazzina, al riaffiorar del ricordo. Si appoggiò sul vetro della finestra e con lui il suo fiato lasciò un alone caldo. In ogni modo voleva che il suo fiato la raggiungesse. Voleva inculcargli quei ricordi nel cervello, spararglieli nel modo più perverso e irragionevole e farla gridare di piacere al solo pronunciare del suo nome. Non sopportava l'idea di essere solo un estraneo. Doveva affrettarsi. Non gli era concesso molto tempo. La ragazza si mosse, consapevole nei suoi sensi sviluppati, del pericolo. Perché, come amava fare altre volte, le entrava nelle mente...




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