AUTRICE:
killer_joe
TITOLO: Lake Pontchartrain
FANDOM: One Piece
PERSONAGGI: Sanji, Roronoa Zoro, Monkey D. Rufy
RATING: arancione
GENERE: horror, triste
PAROLE: 2008
NOTE: la storia è ispirata alla
canzone ‘Lake Pontchartrain’ dei Ludo. Ne
consiglio l’ascolto, prima o dopo la
lettura
della ff!
“Accadde
così…
Ero con due amici, solo Zoro, Rufy ed
io. Volevamo fare una
gita, per uscire almeno per un giorno da quella città
insignificante, che sta
nel mezzo di quello Stato ancora più insignificante che
è il Missouri. Stavamo
uscendo pazzi in quel posto, senza nulla da fare e con il caldo torrido
che non
permette nemmeno di pensare. Allora ho proposto di prendere la
macchina, la mia
perché ero l’unico con la patente, e guidare fino
a dove l’istinto, la benzina
e il dubbio senso dell’orientamento di Zoro ci avrebbero
portato.
Abbiamo preso la 55 Louisiana e corso come disperati, con il vento tra
i
capelli e la musica al massimo volume, credevo che mi avrebbe sfondato
l’abitacolo da tanto era il rumore. Verso l’una del
pomeriggio ci siamo fermati
in autogrill per colpa di quello scemo di Rufy, che rompeva per
mangiare da
almeno due ore.
“SAAANJI ho
FAAAAAMEEEE!”
“Sanji per l’amor di dio, al prossimo autogrill
fermati o finisce che
l’ammazzo”
“Zitti tutti e due! Tra 100 metri ci fermiamo, Rufy non
mordere i sedili o
cucino te…”
L’autogrill era di dubbia
qualità, ma almeno c’era il
ristorante abbinato. Era semideserto in quel giorno d’estate,
solo noi tre,
qualche camionista in pausa e due centauri in completo da Harley
Davidson,
quindi vennero quasi subito a prendere le ordinazioni. Il
menù non era vario ma
mi incuriosii per il piatto del giorno.
“Gamberi?” feci
inorridito “di dove, esattamente?”
“E che ti importa? Basta che sia cibo!” mi rispose
Rufy, seguendo la sua logica
del ‘valuta se è commestibile e mangia lo
stesso’. Lo fissai indignato,
cercando di ricordargli che IO ero un cuoco dal palato raffinato, non
una
discarica umana.
“Se non ti fidi chiedi al cuoco…” mi
suggerì Zoro, ridacchiando davanti alla
scena. Gli assicurai che l’avrei fatto, infatti appena
arrivò il cameriere
chiesi informazioni.
“I gamberi sono freschi di giornata, pescati qui vicino.
Avete mai visitato il
lago Pontchartrain?” il cameriere, che poi era anche il
cuoco, rispose alle mie
domande. Tutti noi conoscevamo il posto, ma non c’eravamo mai
andati. Nonostante
il cuoco mi avesse rassicurato sulla provenienza dei gamberi, io decisi
di
ordinare del pollo. I miei amici invece, complice il loro inesistente
senso del
gusto, mangiarono i gamberi del Pontchartrain. Ci fermammo a riposare
all’autogrill, io e Zoro prendemmo un caffè
lasciando Rufy a dormire in
macchina. Poi riprendemmo la strada, inoltrandoci ancora più
profondamente nel
territorio della Louisiana. Decidemmo di tornare solo quando vedemmo
dei
nuvoloni neri che presagivano un temporale coi
fiocchi. Eravamo stanchi, quindi ce ne stavamo
in silenzio ascoltando del soul alla radio. Era cominciata una canzone
di
Clarence Carter, uno dei miei cantanti preferiti che Zoro tollerava
solo perché
altrimenti sarebbe tornato a casa a piedi, quando la interruppero con
uno
strano programma locale. Era come una nenia, che faceva circa
così:
Scendete nel
lago
Pontchartrain
riposate le vostre anime e nutrite le vostre menti
E’ lì che si arriva a vedere tutto ciò
che l’acqua può essere
“Che roba
è?” fece Zoro, il primo a riscuotersi. Io e Rufy
eravamo ancora frastornati, la melodia era sostenuta e le parole
inquietanti.
Zoro, vedendoci scossi, provò a cambiare canale, ma senza
successo. Ogni
stazione di quel buco di posto trasmetteva quella angosciante
filastrocca.
“Zoro, cambia musica!” fece Rufy, tremando
leggermente.
“Ci sto provando… Tutte le stazioni trasmettono
questo schifo!” si lamentò
Zoro, cliccando frenetico il pulsante della radio. La cosa cominciava a
spaventarmi, l’atmosfera era tesa e, tanto per migliorare le
cose, era iniziato
a piovere.
“Spegni quella radio!” intimai, e per la prima
volta Zoro mi obbedì senza sindacare.
Continuai a guidare in silenzio, commentando solo che, probabilmente
per colpa del
temporale, la radio prendeva solo quello stupido programma.
La pioggia cominciò a scendere fitta e il vento ululava
sempre più forte, tanto
che facevo fatica a vedere la strada e a tenere la macchina in corsia.
Era una
di quelle notti in cui sembra che il mondo stia per essere inghiottito
dall’inferno, e guidare diventava sempre più
difficile. Per colpa di Zoro, ma
anche mia perché sapevo che non dovevo
affidare a lui la mappa,
sbagliammo un’uscita e ci perdemmo in mezzo alle stradine
della Louisiana,
un’esperienza che non auguro a nessuno. Dopo vari tentativi
di recuperare la
strada e molte imprecazioni da parte di tutti e tre vedemmo
l’insegna del
‘Choctaw Motel’, e decidemmo di parcheggiare per
leggere meglio la cartina e
ritornare sui nostri passi. Mi fermai sul parcheggio più
vicino alla strada, la
zona era deserta e, sotto la pioggia, non si vedeva a più di
un metro
nonostante i fari accesi. Stavo cercando di capire dove diavolo eravamo
finiti
quando Rufy cacciò un urlo. Alzai lo sguardo verso Zoro,
convinto che l’avesse
spaventato lui con uno stupido scherzo, ma lo vidi impallidito,
terrorizzato e con
gli occhi spalancati verso il cruscotto. Alzai lo sguardo verso
l’esterno e gridai
anch’io.
Sotto la pioggia c’era un uomo, sembrava fosse uscito
dall’acqua stessa. Aveva
enormi occhi gialli, i denti neri e stava dritto davanti al parabrezza.
Cominciò a sbattere sul vetro e ad urlare con il massimo
della forza, usando
tutta la capacità dei suoi polmoni.
“Scendete nel lago
Pontchartrain
Riposate le vostre anime e nutrite le vostre menti
Gratis per voi e tutti i vostri amici, gamberi fino alla vostra amara
fine
Scendete nel lago Pontchartrain
Guadate fino a dove le secche si interrompono
E’ lì che si arriva a vedere tutto ciò
che l’acqua può essere”
Gridai con tutto il fiato che avevo in corpo. Zoro era congelato dalla
paura,
Rufy pareva in stato confusionale. Con uno sforzo misi in moto, feci
una
retromarcia a sorpresa per allontanarmi dall’uomo e
schiacciai l’acceleratore.
Cominciammo a correre, la macchina al massimo delle sue
possibilità, noi non
avevamo nemmeno la forza di parlare. Seguii l’interstatale,
deciso a
raggiungere il primo centro abitato prima di fermarmi di nuovo e capire
che
strada prendere per tornare a casa. La mia insignificante
città ora sembrava il posto
più bello del mondo. Cercai di tranquillizzarmi e ragionare
razionalmente ma non rallentai la nostra sfrenata corsa.
Ad un tratto, da lontano, vedemmo che un tratto di strada si era
allagato, a
causa della pioggia che non aveva smesso anzi, se possibile era ancora
più
forte. Non mi fermai nemmeno a quel punto, e di tornare indietro non se
ne
parlava… senza nemmeno scalare, presi in quinta una curva e
seguii una strada
in mezzo agli alberi.
Una mossa sbagliata a ripensarci, ma in quel momento non
importò a nessuno di
noi. Continuammo a correre come disperati, senza una parola. Era
surreale. Tra
noi il silenzio, fuori dalla macchina la natura in rivoluzione. La
pioggia
sbatteva forte contro i finestrini e faceva un fracasso infernale,
ormai non
ero neanche in grado di vedere dove stavamo andando. La strada
scomparve tra la
pioggia e fui costretto a fermarmi, con una frenata brusca. Sudato e ad
occhi
chiusi, cercai di riprendere fiato e mettere ordine nel caos che avevo
in
testa… era tutto impossibile, non aveva senso! Ci eravamo
fatti suggestionare
da quella stupida filastrocca e le cose avevano preso una direzione
imprevedibile. Ora si trattava solo di rasserenarsi e guidare verso
casa. Con
calma e senza sbagliare strada. Riaprii gli occhi
e, in un istante,
persi tutto il sangue freddo che avevo recuperato. Davanti a noi
c’era la
segnalazione:
LAGO PONTCHARTRAIN
Cercai di ricominciare a respirare in
modo normale, il
panico mi aveva sopraffatto. Accanto a me, Zoro sembrava assente,
sudava freddo
e stringeva frenetico il sedile. Con un sussurro forzato,
riuscì solo a dirmi
“metti la retro…”
Prima che potessi seguire il consiglio, Rufy strillò dal
sedile posteriore,
facendoci sobbalzare entrambi. Gli avrei urlato addosso se la
situazione fosse
stata diversa, ma in quel momento non riuscii a fare nulla. Rufy stava
cercando
di dirci qualcosa, ma dalla paura o non so quale stato di eccitazione
non
riusciva a farsi capire. L’ultima frase che disse,
però, la afferrai al primo
colpo e mi fece congelare sul posto.
“C’è qualcuno laggiù!
Là, tra le onde” gridò confusamente.
Senza che potessimo fare nulla era saltato giù
dall’automobile e stava correndo
sotto la pioggia, verso il lago. Terrorizzato guardai verso Zoro, per
trovare
appoggio e
comprensione, ma non ebbi
nulla di tutto questo. Zoro, ancora stranamente distratto, stava
aprendo la
portiera. Mi scagliai verso di lui per fermarlo ma fui troppo lento, un
istante
dopo anche lui era sotto la pioggia e si avvicinava al lago.
“Tornate indietro!” sbraitai verso di loro. Ma
perché
diavolo avevano abbandonato la macchina? E fu in quel momento che le
sentii…
non mi stavo sbagliando! Sentii le voci, che li chiamavano dal profondo
del
lago.
“Scendete
nel lago Pontchartrain”
“Scendete nel lago
Pontchartrain”
“Scendete
nel lago Pontchartrain”
“Scendete
nel lago Pontchartrain”
I gamberi strillavano, le onde
ballavano a tempo con le loro
urla. I miei amici scendevano sempre più in
profondità e l’acqua saliva sul
loro corpo. Arrivava già al loro bacino, ma non accennavano
a fermarsi. Io
guardavo in preda al terrore i miei compagni, il fragore era orribile e
sempre
più forte. Ad un tratto il lago si spalancò,
accogliendoli e trascinandoli
dentro di sé. Urlai i loro nomi, disperato, sperando di
vederli riaffiorare. Maledissi
le onde e la pioggia, pregai il lago di rimandarli indietro, di
lasciarli
tornare da me. Ma non accadde nulla. Attorno a me era ancora il
finimondo, la
pioggia picchiava, il vento tirava talmente forte che era come ricevere
uno
schiaffo, il lago era tumultuoso, le strida dei gamberi accompagnavano
le mie
urla. Le mie lacrime si confondevano con le gocce di pioggia, come se
il cielo
stesse piangendo per loro. Nella mia testa solo silenzio, e un muto
richiamo.
Tornate qui.
Questo è ciò
che è successo, e non sto mentendo. Sono solo
un ragazzo che ha perso i suoi amici, non chiedetemi altro, sono
affranto e
angosciato. E non ho risposte da dare. Se avete altre domande, dovete
chiedere
al lago Pontchartrain.”
--.--.--.--.—
Sanji alzò gli occhi verso
l’uomo davanti a lui. Il
poliziotto in divisa stava facendo il verbale, scrivendo la sua
dichiarazione
sulla scomparsa dei suoi due amici. Rufy e Zoro…
dov’erano ora? Li avrebbe
rivisti mai più? Al pensiero dei due ragazzi, Sanji
sentì una morsa al petto.
Si sentiva in colpa, era un suo errore… se solo non avesse
preso quella strada
tra gli alberi. Se solo non avesse sbagliato uscita. Se solo avesse
vietato
loro di mangiare i gamberi. Se solo non avesse avuto l’idea
di quella stupida,
tragica gita. Li aveva uccisi lui.
L’uomo davanti a lui alzò lo sguardo, sembrava
scettico. Merda, ovvio che era
scettico, aveva praticamente detto che il lago aveva preso vita e si
era
inghiottito i due scomparsi. Ma era la verità, dovevano
credergli!
“Ragazzo…” l’uomo di fronte a
lui aggrottò le sopracciglia. Non sembrava furioso,
né dubbioso. A dire il vero, era triste. Lo guardava
malinconico, come si
guarda a un matto. Sanji saltò in piedi a quello sguardo,
credeva fosse pazzo?
“Senta, non sto mentendo! Perché dovrei? Non ho
nulla da nascondere!” affermò,
il tono un po’ più alto di quanto avesse voluto.
La guardia aggrottò le
sopracciglia.
“Sei sicuro che siano entrati di loro volontà nel
lago?” gli chiese, più
gentile. Sanji sentì le lacrime scendergli sulle guance.
“No! Era il lago a chiamarli! Erano ipnotizzati, era un
fottuto incantesimo!”
dichiarò in un sussurro. L’agente scosse il capo,
la voce profonda e abbattuta.
“Non hai visto la tua camicia?”
Sanji abbassò lo sguardo. Sulla camicia bianca, ancora
bagnata dalla pioggia,
si estendeva un’enorme macchia rossa.
Il grido disperato di un ragazzo fece increspare la
superficie, liscia come l’olio, del lago Pontchartrain.
Angolo dell’autore:
Ciao a tutti e benvenuti su
“CreepyTV”! No, vabbè… se
leggete il testo di “Lake Pontchartrain” dei Ludo
è praticamente la stessa
storia della fiction, tranne il finale. Sì, in
realtà è il pensiero che è
venuto a me quando ho sentito la canzone, alla frase
“perché dovrei mentire,
non ho nulla da nascondere” ho pensato subito “li
ha uccisi lui!”, e da qui la
fiction. Ma io non individuo mai l’assassino quando
guardo/leggo un giallo,
quindi suppongo che questo pensiero idiota sia venuto solo a me. E con
questa,
meglio se chiudo qui l’angolo autore…
Un ringraziamento a chi
recensirà la storia, la metterà tra
le seguite/preferite/ricordate, la leggerà!
Alla prossima
killer_joe
|