Per
tutte le cioccolate del mondo
Venezia, la dama che danza sulla laguna.
Senza togliere a Roma, Pisa e Capri, agli occhi del mondo essa è vista
come la città più romantica del mondo, non per nulla è colei che è
stata patria di quel Don Giovanni che è Giacomo Casanova.
Che poi Don Giovanni è solo un modo di dire, per far capire di quanto
mandrillon...ehm, romantico fosse il signor Jack Newhouse.
Sto divagando (come al solito).
Venezia è anche quella più suggestiva, per la presenza di evocative
tradizioni di sfilate e balli in maschera, ma soprattutto di
insondabili e oscuri misteri, che si perdono nella magia di una delle
grandi potenze marinare dell'epoca.
Enigmi che si perdono nella notte dei tempi, domande irrisolte, arcani
mai svelati.
Come ad esempio, di come faccia un cappuccino in Piazza San Marco a
costare l'equivalente di una cena per due in pizzeria.
Ma questi ed altri segreti sono appannaggio esclusivo di chi nella
città dei Dogi ci è nato e ci abita, come in una delle ville più
suggestive dello scenario veneto, tale Villa Espasia.
Ed è proprio in questa magione che in grande segreto viene praticata
l'ormai dimenticata arte dell'alchimia.
Ma il destino di una Stella Piumata nelle mani della prode Gigì... ah
no, scusate, ho fatto confusione *.
* Molta confusione, ho mischiato la Stella Piumata, riferimento a
L'Incantevole Creamy, con Il Magico Mondo di Mimì, che parlava di una
ragazzina la cui missione sulla Terra era grossomodo di
liberare
i sogni dei bambini per aiutare un altro mondo... ehy, non vi suona
familiare come trama?
Ma
il destino della Sesta Luna, affidato alle mani della intrepida Nina,
una piccola alchimista che ancora aveva da iniziare le scuole
medie, era incerto e oscuro.
La stessa ragazzina stava dimenandosi in una realtà da incubo.
- Andiamo, so che vuoi
farlo.
- Non mi avrai mai, dannato monaco.
Ma Nina tremava, perché, come
tutti gli esseri umani, neppure lei, soprattutto lei, poteva
considerarsi al sicuro da quella voce che più di una volta aveva
cercato di tentarla, sedurla e persuaderla.
- Non cederò mai! Per ... - Per tutti i
suoi amici e compagni,avrebbe voluto aggiungere.
Ma la voce non si spazientiva mai.
Sapeva che il tempo avrebbe messo a nudo le debolezze umane della
giovane.
E Nina questo lo sapeva. Qualsiasi adulto, corrotto nel suo animo,
avrebbe già ceduto.
Josè era stato un ottimo e doloroso esempio.
Essere
l'alchimista prescelta dalla Sesta Luna non la rendeva di certo meno
vulnerabile.
- A cosa dovresti cedere, Nina? - Le chiese la voce, con un sottile
velo ironico. - Io non ti sto costringendo a nulla. Ti voglio solo
aprire gli occhi su ciò che puoi fare, se solo lo volessi. E tu lo
vuoi, ammettilo.
- E io invece non voglio. Vattene! - Ordinò la bambina, cercando di
mettere un tono fermo alla sua voce tremante. Era spaventatissima, di
quel passo avrebbe certo finito per soccombere.
- Davvero? - La canzonò la voce. - Eppure non suoni
così tanto convincente. Mi stai ancora prestando ascolto. Questo perché
sai che ho ragione, anche se non vuoi ammetterlo. Su, lasciati
guidare dall'ambizione e dal desiderio. Asseconda i tuoi piaceri.
Vedrai, sarà dolcissimo.
- Lasciami in pace! - Implorò Nina. Chiuse gli occhi e scosse la testa.
Quando la sua mano incontrò una fredda superficie. Riaprì gli occhi,
sgomenta. La sua mano aveva afferrato qualcosa nell'oscurità. Le sue
dita si erano mosse indipendentemente dalla sua volontà.
- Lo vedi? Le tue parole di rifiuto sono solo vuote scuse. La tua mano
ha parlato per te.
La voce aveva assunto un tono compiaciuto. Nina poteva
sentire al
tatto un lieve formicolio. Le sue orecchie percepivano, tra l'altro, un
lieve ronzare, simile alle fusa di Platone.
Come se davanti a sé ci fosse qualcosa di vivo e invisibile. Nel suo
essere, avvertì un malsano impulso di piegare il braccio e tirare.
Ma quello avrebbe significato cedere al male.
- Avanti, tira quella maniglia. - La incalzò la voce. - Spalanca
finalmente la porta a ciò che davvero vuoi.
Senza neanche avere il tempo di realizzare la cosa, la mano di Nina
aveva già tirato, e un grosso rettangolo di luce si stava schiudendo
nell'oscurità.
E fu all'interno della figura che finalmente vide l'oggetto tanto
sospirato e tanto temuto. La sostanza che era in grado di corrompere
gli animi degli uomini, di trasformarli in avide bestie affamate di
piacere. Una tentazione spaventosa, eppure così irresistibile.
- No! - Urlò la ragazzina, trovando, nella disperazione, la forza di
staccarsi.
Accompagnato da un tonfo secco, il quadro di luce si chiuse
all'istante, e Nina si ritrovò nel buio.
Tese le orecchie.
Silenzio.
La voce era finalmente scomparsa.
C'era mancato poco. In un misto tra il sollievo e lo spavento appena
preso, Nina si raggomitolò a terra e cominciò a piangere.
Trascorse alcuni, interminabili attimi in singhiozzi, quando una
familiare voce che
bofonchiava impastate parole in russo la riportò alla realtà.
Mezzo minuto dopo, una luce si accese.
Ljuba, la bombonesca tata sovietica, era sulla
soglia a controllare la cucina.
Ma non trovò nessuno.
- Stranosky. - Commentò. - Avrei giurato di sentire la voce di
Ninotchka.
Guardando davanti a sé, la tata avanzò e aprì istintivamente la porta
del frigo.
La lampadina illuminava delle succulente triple coppe gelato da
mezzo chilo, con cioccolato fondente, mascarpone e panna.
Gli occhi le si illuminarono di una luce sinistra.
Poi guardò il suo aspetto fisico e richiuse immediatamente il battente,
in un impeto di lucidità.
Sospirò.
- Beati genitori di Ninotchka. - Commentò. - Nello spazio non
c'è gravità e le bilance non raccontano orribili verità.
Acqueo profundis.
Una Nina ancora trafelata si era riversata nel posto più sicuro della
villa, dal momento che camera sua era troppo lontana, con la tata
Meringa in giro. E in ogni caso, nel letto sarebbe tornata facile preda
da parte della maledetta voce.
Per quella notte il laboratorio segreto sarebbe stato il rifugio
migliore.
Oltretutto parlare con Max10-P1, l'androide guardiano, le avrebbe
sicuramente giovato.
- Max! - Chiamò. - Max, sapessi cosa mi...
Si bloccò, quando vide l'automa seduto una poltrona.
Era in Modalità
Sonnacchiosa, con gli occhi chiusi e la bocca socchiusa in un lieve
russare.
Nina ponderò inizialmente l'idea di lasciarlo in pace, dopotutto le
visite notturne nel laboratorio erano quantomeno inusuali.
Tuttavia, l'opprimente senso di agitazione la spinse a decidere
diversamente: aveva bisogno di qualcuno con cui parlare.
- Max. - Sussurrò, scuotendolo leggermente. - Max, sei sveglio?
Il custode cibernetico continuò la pennichella senza colpo ferire.
- Max, mi senti? - Gli domandò ancora Nina. - Max, ci sei? Sei connesso?
Per risposta le labbra dell'androide si mossero leggermente,
bofonchiando parole che la Nina non riusciva a capire.
La piccola alchimista
tese quindi l'orecchio, per accorgersi che era la voce preimpostata
della signora della Telecom.
"Informazione gratuita.
L'utente da lei chiamato, non è al momento..."
Questo provocò un'alterazione dello stato emotivo di Nina che
spazientita prese una delle campane che fungeva da orecchio e
la tirò a sé.
Il padiglione si staccò dalla testa dell'androide, rimanendovi tuttavia
attaccato tramite un filo.
A Nina parve di avere in mano la cornetta di un antico telefono
candeliere, il cui corpo era appunto la testa di Max.
Ne approfittò per usarlo, appunto, come un telefono, e quindi avvicinò
la campana alla bocca e urlò.
- Pronto? C'è nessuno?
Le vibrazioni vocali arrivarono con violenza alla testa dell'androide
che balzò dalla poltrona come un soldato sugli attenti.
- Ma chi caxxo...?! - Esclamò esasperato, guardandosi
intorno. Poi
vide Nina e si ricompose. - Oh, hello, Nina. - Salutò, con squisita
flemma britannica. - Posso aiutarti?
La bambina intanto lo stava guardando scandalizzata: l'impronunciabile
commento dell'androide non era passato inascoltato.
- Max, non ti avevo mai sentito imprecare.
- Opx, xorry. Avrai comunque notato che la parolaccia era cenxurata. E
dopotutto, anche dixturbare lo stand-by di un androide in piena notte
non è un gexto molto carino.
L'orologio dell'Acqueo Profundis segnava in effetti le 3, 15 minuti e
23 secondi.
- Sì, Max, scusami. - Rispose Nina, contrita, mentre Max riavvolgeva
il filo con la campana auricolare.
- E' tutta colpa di quella dannata
Voce della Persuasione. Stanotte c'è davvero mancato poco.
- Voce della Perxuaxione? - Domandò Max, allarmato. - E' tornata ad
infextare i tuoi incubi?
- Sì, - Sussurrò Nina. - Per poco non cedevo a una bomba di cioccolato.
La surreale risposta svuotò l'androide di ogni preoccupazione.
- Nina, texoro. Non poteva certo exxere il monaco. Quella "Voce della
perxuaxione" la xente chiunque inixi una dieta.
- Non ci scherzare su, Max. Lo sai che ho iniziato il processo di
purificazione del mio corpo di alchimista, indispensabile per la
prossima missione per Eterea.
- Nina, xe poxxo exprimere il mio parere, hai xolo dieci anni, pexi una
manciata di chili. Capirei Fiore, che è fixxata per le diete, o Roxy,
che è un po' robuxtella, ma tu...
- No, ti dico. - Ribatté Nina. - Sono sicura che sia la solita
macchinazione del perfido Conte...
- Forxe è xolo fame. - Minimizzò Max. - A propoxito...
L'androide prese il fido barattolo di marmellata di fragole e ne mangiò
una manciata. Poi si accorse dello sguardo di Nina su di lui, e sorrise
colpevole.
- I'm xorry, Nina... - Esclamò, affrettandosi a mettere via la
leccornia. - Ma lo sai che mi piace.
- E dire che sei un androide, non avresti bisogno di mangiare. -
Sospirò Nina. - E tra l'altro, il tuo corpo non ingrassa neppure.
- Di contro, tra materiali e tutto, pexo duecento chili.
La risposta spockiana
di Max donò un sorriso alla bambina, che però non placò le sue ansie
riguardo la vicenda di quella notte.
- Sono preoccupata, forse dovrei consultare il Systema Magicum Universi.
E così dicendo la ragazzina si avvicinò al libro magico e lo aprì.
- Ho bisogno del tuo aiuto. - Cominciò, riferendosi al tomo. - Potresti
darmi qualche indicazione?
Il libro rimase immobile, muto. Nina lo guardò interdetta, poi capì. Si
girò verso l'androide.
- Max, per favore, la base elettronica.
- Baxe elettronica? - Chiese l'automa.
- Sì, "elettronica" perché la fai te come robot. Intendo se riesci a
imitare il beatbox con la voce.
Max sbuffò, rassegnato. - D'accordo, Nina. - E cominciò a schioccare le
dita e cantilenare strani suoni ritmati.
- Tum-chà,
tu-tu-tum-chà, tum-chà, tu-tu-tum-chà...
Una volta che Max ebbe cominciata la melodia, il Systema Magicum
Universi cominciò finalmente a parlare.
"Jo, come butta, alchimista
sei alla pagina giusta
se ti serve una dritta
dal tuo libro gangsta"
Nina storse il naso. Non riusciva ancora ad abituarsi a quel nuovo tipo
di linguaggio. Ma in fondo era colpa sua.
Era cominciato tutto da quando si era scontrata e aveva sconfitto uno
dei malvagi androidi del Conte in Messico.
Si era scoperto, sfortunatamente, che questi rispondesse al nome di
Tupac, lo stesso nome del leggendario rapper.
Per un libro che parla esclusivamente in rima, come il Systema Magicum
Universi, questo fu un brutto shock.
Da allora lo strumento magico decise di porre le sue rime e il suo lifestyle in onore
e in memoria dello scomparso artista.
Da allora Nina e i suoi amici lo assecondano, sperando in un suo
rinsavimento.
"Ma
non è un po' prestino
a quest'ora del mattino?
Se vuoi fare una pozione
aspetta almeno colazione!"
- Potrei non averne il tempo, libro. Ho bisogno di andare direttamente
su Xorax.
Max interruppe il beat box per sollevare un'obiezione. - Nina, non
xarebbe il caxo di axpettare gli altri? - E aggiunse, con uno
sbadiglio. - E magari dormire un po'?
- Arriverò in tempo per la colazione. Bisogna agire subito. Riprendi il
sottofondo, per favore.
Una volta ripresi i tum-chà,
il libro finalmente parlò.
"Yo,
sorella,
se vuoi andar sulla stella**
prendi e punta il Taldom
e dì parole a random
ma fa' che sia latino
o qua succede un casino."
** Anche se Xorax è un
pianeta, licenza poetica.
- Bene, ho capito. - Concluse la bambina, tirando fuori il Taldom Lux.
- Grazie, Libro.
"Ti trovassi ancora
incerta
La mia pagina è sempre
aperta
E con questo dico bye
Alla prossima lettura
del grimorio di 'sto turf***
vostro magico libro
S.M.U.R.F(s)"
*** turf = nello slang gangsta, territorio
urbano.
Il libro finalmente si richiuse, con gran sollievo di Max che poté
finalmente smettere quell'assurda sceneggiata.
- S.M.U.R.F.(s) - Chiese Nina, grattandosi la testa. - Che diavolo di
nome è?
- Se lo è xcelto lui, come nome d'arte. - Spiegò Max, mentre
rinfrescava la gola sintetica con una manciata di marmellata di
fragole. - E' un acronimo che sta per
S.ystema M.agicum U.niversi R.apper F.ree(s)tyler
- Una volta Fiore mi disse che Smurfs era il nome originale di...
Puffi. - Commentò Nina, confusa.
- E' corretto, Nina. - Annuì Max. - il libro afferma lo definisce un
modo per omaggiare le proprie origini.
- Origini?
- Certo. Non xapevi, Nina, che il primo proprietario del libro fu il
grande Gargamella?
***
Davanti
al Laboratorio nero, nel perfido palazzo del malvagio.
Visciolo, detto Il Guercio, stava zoppicando avvolto nella sua
mantella.
Le atroci grida di frustrazione riecheggiavano in tutto l'edificio,
chiaro indizio sul pessimo umore del conte.
Bussò timidamente un paio di volte e poi aprì senza aspettare risposta.
Rabbrividì,
perché il suo signore e padrone stava maledicendo ancora una volta la
terribile avversaria di sempre, presumibilmente, a seguito
dell'ennesimo fallimento.
- Padron Karkon... - Sussurrò, prima di evitare un incensiere scagliato
dalla furia cieca dell'iracondo datore di lavoro. - Padron Karkon, si
calmi... - Scongiurò il povero aiutante, con un braccio alzato per
difendersi da altri eventuali proiettili.
Lo spettacolo, se tale si poteva definire, di quell'uomo che faceva a
pezzi il laboratorio era spaventoso ma allo stesso tempo intrigante.
Visciolo osservò Karkon mentre sfoggiava la sua vera natura, tenuta
sempre a freno nei rapporti formali con i consiglieri comunali e il
sindaco,
nascosta dalla facciata di cittadino e filantropo gestore di un
orfanotrofio in piazza San Marco.
Adesso Karkon stava urlando la sua vera essenza, con quel suo aspetto
perfettamente en role.
Il cranio lucido e il lungo pizzetto, ideali ingredienti di risate
sataniche ed espressioni minacciose.
Il sosia perfetto di Ming di Flash Gordon.
Il padrone malvagio che ogni servo vorrebbe avere.
Il Guercio rimase incantato un attimo, quando un alambicco
pericolosamente vicino alla testa gli fece notare di quanto il padrone
odiasse essere disturbato, soprattutto in momenti delicati come quello.
- Visciolo, lurido scarto intestinale di una scolopendra, come osi
infastidire il tuo padrone?
- Mi perdoni, paròn
Karkon, mi perdoni...! - Si mise a piagnucolare l'archetipo di Igor di
Frankenstein Jr. - Ma se posso permettermi, per quale motivo è così
adirato?
- E per cos'altro, stupido e ritardato inetto? E' colpa di quella
maledetta bambina, Nina, che i demoni dell'inferno la strangolino! E'
sfuggita ancora una volta ad uno dei miei infallibili piani!
- Beh, infallibili non direi, se non gliene riesce neppure uno... -
Bofonchiò il Viscido Visciolo scivolando sulla sciolina (non ho resistito allo
scioglilingua ndA),
poi si accorse dell'occhiata torva di Karkon e tossì rumorosamente
facendo finta di nulla. - Piuttosto, padrone, questa volta cosa è
andato storto?
- Renditi conto, mio insignificante servitore, che quella sottospecie
di anoressica non ha neppure assaggiato le tre coppe gelato sulle quali
avevo aggiunto il mio speciale cioccolato. E nemmeno la Voce della
Persuasione è riuscita a persuaderla!
- Tutto ciò è disdicevole, siòr
paròn!... - Convenne Visciolo, basito.
- Ma come si fa? - Si lamentò lo Magister Magicum. - Come si
fa,
dico, a resistere al mio irresistibile cioccolato, il sublime Carte D'Or?
- Karkon Carte D'Or...? - Pronunciò il servo, con aria perplessa.
Qualcosa non gli tornava.
Karkon sbuffò. Cosa ne voleva sapere quel rimbambito con mezza vista,
mezza deambulazione e che faceva commenti a mezza bocca?
Non si trattava solamente dell'orgoglio di un alchimista con un cognome
cioccolatoso, confermato dalle tante figure da cioccolataio
sperimentate.
- Se Nina avesse mangiato quel nettare, sarebbe rimasta
incantata per sempre, avrebbe cominciato a
mangiare
esclusivamente cioccolato e avrebbe lasciato perdere la via
dell'alchimia. E da grande avrebbe pesato centodieci chili e fatto la
cuoca pasticciera, lasciandomi campo libero nella conquista del mondo!
Il guercio annuì. - Praticamente come la sua tata russa.
Una scampanellata interruppe il discorso, riechieggiando per le sale
dell'abitato.
- Questo dev'essere il sindaco. - Commentò il Guercio.
- Quella serpe. - Soffiò stizzito Karkon. Il nomignolo era ben più che
un riferimento al carattere. - Addirittura a domicilio?
- Deve trattarsi di un qualcosa di confidenziale.
- Corri ad aprirgli, strisciante lacché.
I passi claudicanti del subordinato si allontanarono in fretta. Karkon
si passò una mano sulla faccia, come a rimettersi la maschera di
ruffiana diplomazia che doveva usare con quel rettile sibilante.
Marchese Loris Sbatacchi.
Sibilus Loredan , adorato dai Maya come divinità serpente
e adesso in politica come sindaco di Venezia.
Una volta si era azzardato a chiedergli del perché, con i suoi poteri e
il
suo viscidume, non avesse tentato carriere politiche più ambiziose. La
risposta fu esemplare.
"A Montecitorio sono già
in troppi".
***
Era
ormai mattina inoltrata a Villa Espasia.
I fidati
amici di Nina, vale a dire Cesco, Roxy, Fiore e Dodo stavano attendendo
pigramente il ritorno dell'alchimista.
Fiore si era rifugiata tra le pagine di un antico libro e isolata dal
mondo con gli auricolari dell'I-pod, che riempivano i suoi
padiglioni con la Fuga di Bach, che non è il titolo di un film ma una
di quelle altisonanti e anche un po' inquietanti esibizioni con
l'organo da chiesa che tanto sarebbero piaciute a Karkon durante le sue
entrate in scena.
Sul cosa in effetti ascoltasse arrivò puntuale la domanda di Roxy, che
soffriva più di tutti quell'attesa forzata e cominciava ad annoiarsi.
- Fiore, cosa ascolti?
La riccia si pentì, poi, dopo aver ascoltato la minuziosa risposta
della
brunetta, completa di titolo, autore, chi dirigeva l'esecuzione e
persino i nomi degli strumentisti.
Mentre la snobbina si gongolava nell'ennesimo sfoggio di cultura, Roxy
roteò gli occhi, confusa.
La scenetta non era sfuggita a Cesco e Dodo.
- C-cosa ha d-d-detto? - Domandò il piccolo rossiccio, più tartagliante
del solito.
- I Fiori di Bach. - Soffiò Roxy, sull'orlo del delirio.
Lo strafalcione arrivò alle orecchie della brunetta, che scese dalle
nuvole e aggrottò le sopracciglia, offesa.
Sulla testa di Dodo si formò un grosso punto interrogativo, al che
Cesco intervenne con la logica.
- Intendeva che Fiore ascolta Bach.
Un urlo improvviso interruppe la scena e allarmò i presenti.
Fu solo un attimo, perché si trattava del televisore lasciato acceso da
Cesco.
Sullo schermo si proiettava una scena che gettò nel terrore Dodo, che
si paralizzò.
L'occhialuto prontamente spense la TV. - Era proprio uno stupido film.
- Commentò seccato. Poi abbracciò Dodo. - Non hai nulla da
temere.
- C-credi? Da-da-davvero? N-nessun alieno v-verrà a poss-ss-sederci?
- E' solo un film, Dodo.
- M-ma dicevano che p-prove-venivano dalla Sesta Luna!
- Non credo affatto di tratti di Xorax. - Lo rassicurò Cesco.
- Terrore dalla Sesta
Luna è
solo un vecchio film di fantascienza tratto da un ancora più vecchio
racconto dei tempi dei nostri genitori. - Spiegò rassegnata Fiore, che
ormai aveva il mood
rovinato sia per la lettura che per la musica. - Xorax manco si sapeva
cosa fosse, al tempo!
- Però è ambientato
nel 2007, no? - Obiettò Roxy. - Quindi, più o meno, è dei tempi
nostri...
Cesco e Fiore fulminarono la bionda con lo sguardo.
- Certo che Nina si sta facendo attendere. - Si lasciò sfuggire
l'occhialuto, aggiustandosi le lenti.
- C-che l'abbiano rapita gli alieni? - Domandò timoroso Dodo.
- Dacci un taglio. - Gli rispose Fiore, esasperata.
Uno scampanellio attirò l'attenzione di tutti.
- Finalmente, Nina è tornata!
- Vuoi scherzare, Roxy? Non è andata a Xorax uscendo di casa. - Ribatté
Cesco.
- C-chiunque sia, - Puntualizzò Dodo. - S-sembra che la tata ci stia
li-litigando in que-questo momento.
Ed è così.
Ljuba stava discutendo animatamente con un ragazzo, il quale si stava
sbracciando in preda alla collera.
- Le ripeto che non sono un bambino! - Urlava con voce stridula. - Ho
detto che mi chiamo Edward e...
- Tra gli amici della signorina De Nobili non raviso alcun
Edward.
- E infatti neppure la conosco. - Ripeté il biondino. Le mani nei
guanti bianchi gli tremavano dall'esasperazione. Si stava facendo
violenza per non strangolarla.
- Si può sapere, allora, perché hai chiesto di lei?
- Sono qui in rappresentanza delle autorità civili e militari di...
- Non sei un po' troppo piccolo per giocare a queste cose? - Obiettò la
tata.
- Chi è quello troppo piccolo? - La aposotrofò Edward, sfidandola in
cagnesco.
La scena, al sopraggiunto Cesco, suonò buffa: quello strano nanetto
biondo vestito di rosso che sbraitava con la domestica gli sembrava un
chihuaha isterico nei confronti di un San Bernardo.
Edward nel frattempo aveva estratto un documento di identità e lo stava
sventolando davanti alla signora per convincerla una volta per tutte.
Ljuba prese in mano il documento e lo esaminò, poi posò lo sguardo
alternativamente tra Edward e la sua foto sul tesserino.
Alla fine si dovette arrendere. - Perdoni se ho dubitato della sua età,
signor Edward Elric.
A Fiore, sopraggiunta anch'essa, il nominare la parola "Edward" provocò
un attacco di fangirlite.
Segretamente appassionata della saga di Twilight, aveva appena rivisto
in quell'alterco una delle sue scene preferite.
Bella (Ljuba): Quanti
anni hai?
Edward: Diciotto.
Bella (Ljuba): Quanto
sei alto?
Edward: Un metro e
cinquanta.
Bella (Ljuba): Da quanto
sei alto un metro e cinquanta?
Edward: Da molto.
Cesco dissipò la nuvoletta sognante di Fiore con un gesto infastidito
della mano, dopodiché si rivolse senza mezzi termini al nuovo venuto.
- Nina al momento non c'è. - Tagliò corto il ragazzino. - E il
piccoletto qua sarebbe?
- Edward Elric, per servirti. - Si presentò il biondino girando di
scatto il capo verso l'insolente intruso. Gli occhi stavano
fiammeggiando e il codino intrecciato batteva ripetutamente sulla
schiena, talmente il corpo vibrava dalla rabbia. - E chi
sarebbe
'piccoletto', giovane quattrocchi? Avrai dodici o tredici anni.
- Ne ho dieci. - Puntualizzò Francesco, con un insolito orgoglio.
Di fronte alla confessione di una così giovane età, Edward ebbe la
tentazione di squadrarlo con aria di superiorità, di guardarlo con
compatimento dall'alto verso il basso... quando scopri, con enorme
frustrazione, che non gli era
fisicamente possibile: quel bambino, di otto anni più giovane di lui,
lo sovrastava di almeno dieci buoni centimetri.
Fu la tata ad interrompere la scena.
- Ninotchka non c'è? - Intervenne la signora, confusa. - Quando è
uscita? Perché non mi ha avvertita?
- E' dovuta solo uscire un attimo, tornerà a momenti. - Mentì Cesco. -
Nel frattempo, perché non servire la colazione? Così possiamo anche
intrattenere il nostro ospite.
- Ottima idea. - Convenne la tata. - Il signor Elric mi sembra così
gracile, così piccino! Una buona tazza di latte caldo gli farà
sicuramente ben...signor Elric, si sente bene? E' diventato pallido!
Edward stava trattenendo un conato con una mano premuta sulla bocca,
mentre scuoteva vigorosamente la testa insieme all'altra mano. Quando
riuscì a deglutire il bolo acido, sussurrò con un filo di voce. -
Niente
latte!....
Poi tutto successe in fretta, in una escalation di eventi che non
lasciò ai presenti il tempo di reagire.
Un commando di uomini armati fece irruzione a Villa Espasia.
Qualcuno gridò: - Polizia! Siete tutti in arresto!
Ljuba, Cesco e Fiore vennero presi e immobilizzati a terra.
Quello che sembrava il capo parlò ai subordinati. - Devono essercene
altri! Setacciate la zona!
Cesco e Fiore si guardarono preoccupati. Doveva esserci lo zampino del
famigerato marchese LSL. Pregarono che il tafferuglio avesse allarmato
gli
altri e che questi si fossero rifugiati nell'Acqueo Profundis.
Ljuba, cominciò automaticamente a piangere. - No, non di nuovo ai
Piombi!
- Con quale autorità e imputazione ci arrestate? - Protestò Cesco.
- Silenzio, criminale! - Gli intimò una guardia, in procinto di
zittirlo con il calcio del semiautomatico.
Una mano però bloccò l'arma, afferrandola saldamente. L'agente osservò
incredulo il piccolo biondino che lo stava osservando con freddezza.
Edward Elric, l'unica persona che in effetti non era stata toccata dai
militari, con un gesto deciso del braccio gettò via l'arma, insieme
all'uomo ad essa avvinghiato.
- Già. Con quale autorità e imputazione? - Domandò Ed agli agenti. -
Sono io a chiedervelo.
- Signor Elric. - Si affrettò a spiegare il comandante. - L'ordine
arriva direttamente dal sindaco.
- Voi mentite! - Ribatté Edward, sconcerdato. - Non è ciò che era stato
concordato!
Cesco e Fiore trasalirono. Quella persona era in combutta con il
sindaco?
- Se ha rimostranze da fare, - Gli spiegò il caposquadra. - Dovrà
parlarne con il primo cittadino in persona.
- Potete scommetterci che ne ho! - Protestò Edward, afferrandolo per la
collottola. Poi lo lasciò andare, ed uscì rabbiosamente dalla porta.
Dall'altra parte, Roxy e Dodo avevano, come sperato dagli amici,
mangiato la foglia e si erano rifugiati nel laboratorio sotterraneo,
che gli agenti non avrebbero mai trovato.
Nina si materializzò proprio in quel momento dal viaggio su Xorax.
- Ragazzi! Siamo pronti per la nuova missione e...
Si accorse che tutti avevano un'aria agitata, e qualcuno mancava
all'appello.
Dodo si gettò tra le sue braccia, in lacrime.
- Le gua-gua... Le gua-guardie... hanno pre-preso Ce-cesco e Fio-fiore!
- Le guardie? - Chiese Nina, confusa. - Cesco e Fiore presi? Che è
successo?
- Pare xia in xorxo una irruzione della polixia a Villa Expaxia. - Si
affrettò a precisare Max.
- Un'altra mossa sporca del sindaco e di Karkon! - Protestò Nina.
- E adesso che facciamo? - Chiese Roxy.
- Non abbiamo alternative. - Rispose la rossa. - Per salvarli dobbiamo
assolutamente compiere la missione!
Il trio di ragazzi annuì deciso, e Max approvò con un pollice alzato.
- D-Dove si va, stavolta? - Chiese Dodo.
- Avanti! - Rispose Nina, con enfasi.
- Sì, - Obiettò Roxy. - ma 'avanti', dove?
Nina fece una pausa ad effetto ed esclamò.
- Avanti, nel passato!
E mentre l'episodio terminava con questo cliffhanger cominciò,
sulla dissolvenza in nero, a suonare la musica di 'Ritorno al Futuro',
ma riprodotta all'incontrario.
Dove dovranno andare
Nina e i suoi amici per salvare la situazione? Ma soprattutto, quale
situazione?
E che c'entra Edward Elric con tutto questo?
E quali altri strambi
personaggi verranno coinvolti?
A presto con la seconda ed ultima parte!
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