Ago e filo

di V@le
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contest borsa

AGO E FILO

 

Il filo fu percorso da un brivido di tensione.
Shizune si morse un labbro: doveva fare più attenzione, o si sarebbe spezzato.
Non che fosse questione di vita o di morte, ma le dava parecchio fastidio rovinare un lavoro del genere.
Respirò a fondo, pensando che non doveva guastarsi una giornata così incredibilmente tranquilla per una sciocchezza come quella.
Ancora non le sembrava vero che il Quinto Hokage l’avesse lasciata libera, seppur per appena venti ore, o poco più.
Certo, Tsunade aveva pensato soprattutto a sé stessa: sicuramente si era defilata dal suo ufficio per bersi un bicchierino… forse con Jiraya.
Scosse la testa.
Non doveva pensare al lavoro, non in quel momento: per una volta che poteva smettere di pensare solo ed esclusivamente al villaggio e alla sua maestra…
Infilò nuovamente l’ago nella spessa stoffa, sorridendo con soddisfazione alla vista del disegno che stava tracciando.
Quella borsa stava venendo proprio bene. Neanche si ricordava l’ultima volta in cui si era sentita talmente contenta e serena per qualcosa.
Le sembrava di essere tornata bambina… anche se a quei tempi era una vera frana: si pungeva o graffiava in continuazione.
Scoppiò a ridere al ricordo.
“Non credo di averti mai visto così rilassata.”
Shizune si voltò, sorridendo alla persona appena arrivata.
“Ciao” salutò cortesemente “stai facendo una passeggiata?”
“Sì, approfitto del poco tempo libero che ho” spiegò Iruka avvicinandosi “posso?” chiese poi, accennando l’azione di sedersi.
“Certo. Fai pure” rispose lei, ritornando alla sua opera.
Si sentì lo sguardo dell’uomo addosso, ma non le dava fastidio.
Come se ci fosse abituata.
“Stai ricamando quella borsa” fece lui sporgendosi verso l’oggetto del lavoro “sei brava.”
“Ho perso un po’ la mano, è un secolo che non lo faccio più. Credo che sia da quando sono partita con Tsunade.”
Ci fu una densa pausa, cullata dal leggero vento del momento.
“Immagino sia stata dura per te” Iruka rivolse lo sguardo al paesaggio che si poteva ammirare da quella collina “partire così giovane, lasciare tutto per seguire il Quinto Hokage…”
La donna sospirò, senza fermare il suo operato.
“Non è stato facile, certo, ma era l’unica cosa da fare. E sinceramente, se dovessi scegliere una seconda volta, credo farei la stessa cosa. Non me ne sono pentit… ah!”
Una piccola bollicina scarlatta si allargò sul polpastrello, dando origine ad un sottile rivolo di sangue.
Shizune scosse il capo, sospirando. Non era cambiata da quando era una bambina: si pungeva ancora con l’ago.
Si riscosse dai suoi nostalgici pensieri quando si sentì afferrare delicatamente la mano.
Iruka accostò il dito alla bocca, succhiando via il sangue e suscitando nell’altra un discreto sorriso.
“Scusa” disse poi “ma quando ti fai male sento di dover fare qualcosa.”
Shizune rise appena, sentendo la sua mano stretta in una dolce morsa che le trasmetteva una sicurezza.
“Non c’è bisogno che tu ti scusi.”
Poco dopo aveva di nuovo ago e filo in mano, e la schiena al petto di colui che non era un semplice uomo, ma qualcosa di più.
Almeno per lei.
Quel giorno non riuscì a finire di ricamare la borsa, né si punse o graffiò più.
Ma non aveva ancora bisogno dell’infanzia per trovare la serenità: c’era qualcosa di molto più vivo e vicino a lei.
E, in quel momento, non desiderava nient’altro.
 
 
Fine
 




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