Sophy
“Sei certo che su c’è ancora il cielo?
C’è uno spot pubblicitario
Ma dimmi solo dove devo andare
Qui non c’è più un’indicazione
Fallo prima che finisca la passione
Un centimetro quadrato
un po’ di sensibilità
Circondato da un deserto
immenso di grande aridità.”
Due metri per quattro circa.
Le misure minime per farci stare
un minuscolo letto, un lavandino impercettibile.
Il freddo è pungente, l’umidità
ti penetra le ossa.
Il silenzio è assordante.
La solitudine è soffocante.
Non è posto per me questo.
Lo so.
La sento.
La pazzia si avvicina, è ormai
alla porta.
Non è posto per me questo.
Perché sono qui?
Rinchiusa tra questa quattro mura
grigie e perfide.
Sola come un cane.
Dove sono i miei due bambini,
dov’è la mia dolce metà?
Mi sembra di sentirli…da lontano…
mentre arrivano a casa, corrono per il corridoio chiamandomi a gran voce…
“Mamma!mamma!”
“sono qui miei angioletti…venite
ad abbracciarmi”.
Ma non arrivano, li chiamo ma
nessuno più mi risponde… non ci sono più.
Non ci sono.
Dei passi.
“John sei tu?”.
Nessuna risposta.
Lo chiamo. Urlo il suo nome, quel
nome che significa amore.
Niente. Era solo la mia fantasia,
solo vecchi ricordi che ogni tanto si fanno vivi, con come unico scopo quello
di tormentarmi, di rendermi ancora più pesante questa situazione.
Mi sento soffocare, è come che
due grandi mani mi stessero afferrando la gola, stringendo spietatamente, senza
un briciolo di pietà. Mi manca il fiato.
Devo restare calma, respirare
profondamente, mantenere il controllo.
“andrà tutto bene… andrà tutto
bene..” da un mese e mezzo me lo continuo a ripetere, tento disperatamente di
convincermi, ma senza successo. Non riesco a convincere me stessa, come potevo
riuscirci con il giudice?
Gliel’ho detto, gliel’ho
ripetuto, ma è stato tutto inutile.
“sono innocente!sono
innocente!”urlavo disperatamente mentre le lacrime mi rigavano il viso, e loro
mi fissavano con quei loro occhi freddi e insensibili.
La verità era evidente. Avevano
una sospettata, un’accusata, un’imputata tra le mani, e con essa l’occasione di
porre fine a questa triste storia. Che fossi colpevole o innocente non
importava, quello che contava era il poter dire pubblicamente di aver arrestato
l’assassino di Erik Low e Elisabeth Smith; nessuno avrebbe mai saputo la
verità, nessuno avrebbe mai scoperto la mia innocenza.
L’unico lato positivo che riesco
a vedere in tutto ciò è la durata della mia prigionia, quattro mesi, solo un
terzo dell’anno, poi tutto sarà finito.
Quattro mesi, solo quattro
mesi…poi sarò libera.
Mi dispiace solo per loro , per i
miei bambini. Non voglio che assistano a quello spettacolo, non voglio che
vedano la loro giovane madre morire.
La morte…non ne ho paura. Per me
è sinonimo di liberazione. La mia vita riprenderà con la mia morte. Ma fino a
quel momento…
Ho sempre avuto paura del buio,
qui dentro, però, è diventato terrore, puro e semplice terrore. Alla notte non
dormo, resto sveglia a rigirarmi sul letto, mentre innumerevoli pensieri
aumentano la mia ansia. Il mio cuore inizia a battere veloce, sempre più forte,
a quel punto mi raggomitolo su me stessa tentando disperatamente di ritrovare
la calma, ma la quiete dopo la tempesta non sopraggiunge mai.
Chiudo gli occhi.
“dormi..dormi..” ma è tutto inutile, non ci riesco. La visione dei corpi senza
vita di quella giovane coppia è sempre davanti ai miei occhi, mi ha così
sconvolta che non riesco a rimuoverla, ma non sono stata io!
Perché nessuno lo vuole
capire?perché nessuno mi ascolta?
È così difficile credermi?
Non ho fatto niente, l’unica mia
colpa è l’essermi trovata nel luogo sbagliato al momento sbagliato. Tutto qui,
nient’altro. Vengo condannata per un reato che non ho commesso!
Non sono un’assassina!
Non sono un’assassina, sono
un’insegnante.
Sono figlia di operai, mio padre
e mia madre mi hanno sempre insegnato l’importanza dell’istruzione, fin da
quando ero piccola si sono impegnati a convincermi che andare a scuola non era solo un obbligo, ma che tutto era
nei miei interessi. Certamente all’ora non ne ero molto convinta, in fondo
quanti sono i bambini che vedono la scuola come un dovere e non una condanna?
Tuttavia con il passare degli
anni scoprii che era vero. Studiare non mi dispiaceva, anzi ero particolarmente
interessata alle varie lezioni, apprendere era per me un piacere. Decisi così
che nella mia vita volevo far provare questo piacere anche ad altri, a tutti.
Ricordo i numerosi sacrifici che
fecero i miei per finanziarmi, e quanto tentassero di non farmeli notare per
non farmeli pesare.
Erano fieri di me, la loro unica
figlia che mirava a una laurea, che voleva diventare maestra, che credeva in tutti quei valori che le
avevano insegnato.
Mi hanno sempre spiegato
l’importanza della famiglia, che è sacra e inviolabile; il rispetto per
entrambi i sessi, perché entrambi hanno lo stesso valore e la medesima importanza
nel ciclo della vita e della società. Lo stesso rispetto che si deve avere per
tutti i popoli e per la loro cultura. Il diritto alla libertà, ma soprattutto
l’intoccabile diritto alla vita.
La vita con i suoi profumi.
La vita con le sue emozioni, con
le sue esperienze.
La vita con i suoi suoni e i suoi
silenzi.
La vita che dovrebbe spettare a
tutti, quella stessa vita che ora mi vogliono togliere.
Sono figlia di cattolici.
Ho imparato ad amare il Padre, il
Figlio, lo Spirito Santo e anche la Madre mia. A ringraziare Dio per tutto ciò
che ho, a rivolgermi a lui come un figlio fa con il padre, a chiedergli scusa e
anche qualche favore.
Ho sempre creduto in Dio.
Ricordo che un tempo gli parlavo
così spesso, lo stressavo immensamente, gli raccontavo tutto perché per me,
oltre al Padre, era anche un mio grande e intimo Amico. Forse è per questo che
ora mi succede tutto questo.
No, non credo. Il Dio di cui mi
fidavo ciecamente non farebbe mai una cosa simile. Magari la realtà è un’altra,
forse la verità è che neppure esiste.
Questo luogo, queste mura, questa
solitudine mi privano di tutte le mie convinzioni, di ogni mia certezza… ciò
che mi resta è solo il vuoto.
Non ci credo più, non credo più
in quel Dio buono che ci affianca e ci sostiene sempre. Sono tutte menzogne,
stupide favole che si raccontano ai bambini.
I casi possono essere solamente
due: o Dio non esiste, o si tratta di un perfido Dio punitore.
Ma se si tratta davvero di un
Vendicatore, come posso mettermi contro di lui?
Se tutto ciò, se questa mia
agonia è causata da una sua decisione, da una sua volontà, come posso cambiare
la mia sorte? Se così è, sono rovinata!!
E se..se è così..che ne sarà di
me dopo la mia morte, come potrò ritrovare la vita, la libertà? Anche la mia
vita nell’Aldilà sarà un’agonia?
Non voglio!!
Perché tutto il mondo, tutto
l’universo cospira contro di me? Che ho fatto di male?
Dio mio! Dio mio! Abbi pietà di
me!
Prego lui? Come posso pregarlo se
neppure sono sicura della sua esistenza?
Non ne posso più! Non capisco più
nulla! Mi sto perdendo nell’immensità di questa oscurità.
Un tempo ero così serena, così
ottimista, ora invece vedo tutto così nero, è tutto così sfuocato, così privo
di senso.
Vorrei avere ancora qualcosa a
cui aggrapparmi, la fede un tempo era un appiglio perfetto, ora invece non c’è nulla, perché non credo più in niente.
La mia è una caduta libera, in
questo pozzo scuro e senza fondo.
La fine, la mia fine è
dannatamente sempre più vicina, e di fronte a ciò non posso fare a meno di
tremare.