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Prelude °°
I
pittori si sa, mettono nelle loro opere,
mescolati a i colori e alle sfumature, tutti i loro sentimenti, le loro
impressioni ed i loro desideri più nascosti. Lo stesso era
toccato a Weiss
Guertena, uno tra i più visionari e geniali artisti di tutti
i tempi. Nato e
cresciuto in un piccolo paese sperduto del nord, aveva iniziato sin da
piccolo
a coltivare l’amore per l’arte, facendolo diventare
ben presto un lavoro a
tempo pieno e successivamente l’unico scopo della sua
esistenza. Passava ore,
giorni, a volte mesi quando dipingeva quadri più complessi e
dalle dimensioni
assurde, senza staccare un attimo il pennello dalla tela, imprimendo
tutto sé
stesso nei colori e soggetti. Ma la pittura non era il suo unico campo,
si
destreggiava anche nella scultura e installazioni più
moderne e di difficile
comprensione. Creava di tutto, anche su commissione, e ben presto
passò il
tempo e la sua giovinezza venne perduta. Si accorse troppo tardi di
aver donato
la sua essenza a qualcosa di artificiale e inanimato, perdendo per
sempre
l’occasione di costruirsi una famiglia, ma non
perché non fosse piacente, anzi
i suoi capelli biondo platino e gli occhi azzurri come laghi di
montagna lo
facevano assomigliare ad un arcangelo, ma il colorito grigiastro ed il
viso
smunto per le troppe volte di digiuno, l’avevano messo in
cattiva luce con
l’altro sesso. Inoltre le donne non vedevano di buon occhio
la sua ossessione
per la pittura ed i suoi ritiri forzati nello studio, degni di un
monaco di
clausura. Non si fece scoraggiare, usò la sua arte per
crearsi un mondo che
l’avrebbe accettato con tutti i suoi difetti e ossessioni. Fu
l’impresa di una
vita, in tutti i sensi. Prima si costruì una schiera di
donne bellissime dai
lunghi capelli ed avvolte in sontuosi abiti, che gli ammiccavano dalle
pose
ispirate alla “ Monnalisa”, poi una serie di quadri
minori, fino alla statue di
persone senza volto e nome. Ma ancora non bastava, gli mancava la cosa
fondamentale: un erede. La questione era assai tormentosa e snervante.
Era
sempre in dubbio e non sapeva decidersi
su domande basilari. Sarebbe stato un maschio o una femmina? gli doveva
somigliare? Quale sarebbe stato il suo nome?
Passò mesi a scervellarsi su queste domande
e mille altre di carattere tecnico, come la luce i colori, il vestiario
e
altro… finché un giorno,
l’illuminazione venne da sola e guidò le sue mani
esperte e segnate da anni di conoscenze con acidi e solventi. La
dipinse un bel
giorno di primavera, sotto un albero frondoso del giardino sul retro
dove vi
era un cespuglio di rose gialle come limoni, mentre il vento faceva
ballare i
fiori appena sbocciati in un lento e dolce valzer.
“ Un momento perfetto per creare” pensò
commosso.
Rimase seduto al suo posto senza mangiare
né bere fin tanto che l’opera non fu finita nella
tarda serata; solo allora
smontò tutto e rientrò in casa sfinito ma
orgoglioso della sua creatura. Non
avrebbe potuto essere più perfetta di così ed era
la sua gioia e fonte di
ritrovata contentezza. Da allora i poi non se ne separò mai,
la portava
ovunque, e quando i suoi viaggi glielo impedivano era come se gli
strappassero un
pezzo della sua voglia
di vivere. Tuttavia tornava sempre da lei, profondendosi di scuse e
lacrime per
averla abbandonata, portandole sempre dei regali per farsi perdonare.
Ora erano
un blocco da disegno, ora una bambola di pezza, altre dei pastelli che
deponeva
accuratamente davanti al quadro. In questo periodo la sua arte,
definita poi
del tardo Guertena, fu la più prolifica ed ispirata.
Purtroppo tutte le cose
arrivano ad una fine ed anche i momenti felici svanirono,
perché Guertena
agognava sempre di più quel contatto figliale che la tela
non poteva dargli.
Allora cercò in lungo ed in largo un metodo per portare alla
vita quello che era
inanimato. Si rivolse a chiunque avesse esperienza e conoscenze di arti
magiche,
ma a nulla valsero i suoi sforzi e dovette tornare a casa,
più disperato di
prima e con i primi segni di una malattia incurabile.
Sembrava che ormai tutte le speranze lo
avessero abbandonato, quando una lettera allegata ad un pacchetto
avvolto in
carta di giornale, gli arrivò da un corriere che
sparì come era venuto. La
semplice busta conteneva un bigliettino con poche frasi.
Caro
Weiss,
mi
è giunta voce della tua ricerca infruttuosa e di quanto
questo ti affligga.
Perciò sentendomi vicino alla tua causa, ho deciso di
condividere con te il mio
più prezioso segreto. Ti invio insieme a questa missiva un
vasetto il cui
contenuto dovrai spalmare su ciò che ti è caro.
Prima però dovrai creare
un’opera, una veduta di un mondo, fatto a posta per gli
abitanti che vorrai
farci vivere ed attraverso di esso potrai incontrarli. Ma ricorda il
risultato
di tutto dipenderà da cosa esprimerai nel tuo capolavoro.
Confido
in te,
con
affetto, un caro amico.
La
gioia che provò Guertena fu
indescrivibile, sembrava che per la ritrovata speranza il cuore potesse
esplodergli
dal petto. Non si chiese mai chi era il benefattore, né come
facesse a
conoscerlo o ad averlo trovato, non gli importava nemmeno.
Ringraziò a squarcia
gola il misterioso mittente e si fiondò subito nel suo nuovo
obbiettivo.
Ordinò una tele di dimensioni mai viste e
si mise all’opera. A parte il ritardo nella consegna, nulla
avrebbe più fermato
la sua foga, nemmeno i pochi amici rimastigli e che da tempo gli
rimproveravano
la trascuratezza e l’abbandono in cui viveva.
La
terminò con l’ultimo briciolo delle sue forze e
riuscì ad applicare il liquido
trasparente che aveva ricevuto in dono, quando purtroppo la malattia lo
stritolò tra le sue grinfie affilate e implacabili. Era
davvero frustrante per
l’autore, proprio ora che il suo desiderio stava per essere
esaudito, perché il
male che lo colpiva lo costringeva a letto, tenendolo lontano dai suoi
amatissimi quadri, e soprattutto dal suo prediletto.
<< Adesso come farò a venire da
voi?!?>>
si chiedeva l’uomo in ogni istante di lucidità che
si accendeva in lui tra un
eccesso di febbre e l’altro. A
Guertena sembrava che ogni qual volta
ponesse nuovamente la domanda, il suo beneamato quadro, sembrasse un
pochino
più triste ed a quel faccino non poteva trattenersi dal
promettergli che un
giorno l’avrebbe raggiunto. Cercò in tutti i modi
di raggiungere la tela
principale nascosta nello studio al piano di sotto, tuttavia le
infermiere che
l’assistevano, inviate dal comune, lo riportavano prontamente
a letto.
Alla fine, tra sforzi andati a vuoto e la
disperazione più nera, arrivò il suo ultimo
giorno in questo mondo e con le
ultime forze che gli restavano, espresse un unico ed intenso desiderio,
ovvero
che le sue opere potessero trovare qualcuno che le avrebbe conosciute
ed amate
come aveva fatto lui con ogni pennellata che le aveva dato vita, e
avrebbe
varcato quel confine che a lui era stato negato. Quel
desiderio riuscì a raggiungere le sue
creature che gli promisero di mantenere la sua volontà,
aspettando la sua
venuto o padroni idonei.
Una volta spirato la casa del pittore venne
chiusa e venduta all’asta con tutte i quadri che racchiudeva
e solo dopo anni
quando un maniate amante dell’arte comprò il
podere, venne riportata alla luce
la preziosa collezione. L’uomo, riconoscendo il genio dietro
a quelle
pennellate esperte, forgiate da mille e passa opere, decise di mostrare
al
mondo quelle meraviglie tanto a lungo custodite nell’ombra,
organizzando mostre
e gallerie in onore del grande maestro Guertena.
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