Nina 2
La numero uno aurea
"When
the moon hits your eye like a big pizza pie
That's amore
When the world seems to shine like you've had too much wine
That's amore
Bells will ring ting-a-ling-a-ling, ting-a-ling-a-ling
And you'll sing "Vita bella"
Hearts will play tippy-tippy-tay, tippy-tippy-tay
Like a gay tarantella
"
Anni della dolce vita.
Vivaci scugnizzi sulla vespa strombazzavano la loro allegria sul golfo
della città più solare del mondo.
Un quadretto molto romantico, realizzò Cesco.
Sarebbe stato perfetto ordinare una bella pasta con pomodoro, piatto
unico, e poi attingere da un unico spaghetto lui e Nina, a lume di
candela.
Come Lilli e il Vagabondo.
Peccato per la candela, Dodo in quel caso.
L'occhialuto sospirò.
D'altra parte, quella non era una
gita di piacere.
Se tutti e tre si erano seduti in quel pittoresco
ristorante partenopeo, era solamente per studiare al meglio un piano
per recuperare...
- L'Oro di Napoli? - Fu la domanda spontanea.
- No, Cesco. - Rispose la giovane alchimista. - Il Numero Aureo.
- Non capisco bene cosa c'entri la Napoli di qualche anno fa.
- Le indicazioni da parte di Eterea
sono state ben precise. - Spiegò Nina, - Anche se non sono
riuscita ad ottenere spiegazioni in tal senso.
- Ammetto comunque che questo
ristorantino è un luogo abbastanza piacevole. - Confessò l'altro. -
Accogliente, raccolto, intimo...
E con qualcuno di troppo. Cesco guardò
il nanetto rossiccio a fianco.
- Dodo, non senti il bisogno di
correre al bagno? - Domandò, un po' spazientito.
- N-no? P-p-perché?
Francesco sbuffò, aggiustandosi gli
occhiali. - Niente. - Sibilò, annoiato.
Poi all'improvviso, un blackout.
- Ch-che succede? - Domandò Dodo, in
preda all'ansia. Il suo commento si perse nell'animato vociare del
resto della clientela.
Fu solo un minuto di completo buio,
nel quale il ragazzino non sentì né la voce di Nina, né quella di Cesco.
Solo intorno al sessantesimo secondo,
ci fu un lamento, che riconobbe da parte della ragazza, e poi un rumore
secco, come di un battimani.
Tornò improvvisamente la luce,
accompagnata dai sospiri di sollievo dei clienti.
Dodo si rasserenò,
rivedendo le familiari figure dei suoi amici di nuovo accanto a lui.
Tuttavia, c'era qualcosa di strano.
Nina, tutta rossa in viso, stava
lanciando gelide occhiate a un Cesco con il viso dipinto da un sorriso
beffardo.
- C-cesco? - Lo interrogò il
ragazzino. - E' s-successo qualcosa?
- Niente di brutto, questo è certo. -
Commentò l'occhialuto. Il sorriso si estese.
Nina non disse nulla, ma gli occhi si
strinsero, carichi di risentimento. Le guance della bambina divennero
ancora più paonazze.
Dodo non capiva. Però qualcosa attirò
la sua attenzione.
- C-cesco. Ti è spuntata una voglia a
forma di s-stella su-sulla guancia s-sinistra!
- Davvero? - Ribatté Cesco con falso
stupore. Si premette una mano sulla zona. Faceva ancora male.
Dodo continuò. - E' i-i-dentica a
quella d-di Nina.
Tutti osservarono il palmo della mano
di Nina, con la caratteristica voglia dalla medesima forma.
Poi Nina non riuscì più a reggere
l'espressione di trionfo da parte di Cesco e si girò sdegnosamente
dall'altra parte.
- E' a-a-rrabbiata? - Domandò Dodo a
Cesco.
Il ragazzo fece spallucce. - Le
passerà.
Sotto lo sguardo interrogativo del
ragazzino, Cesco premette ancora di più la mano, per non
lasciargli scorgere anche i segni delle dita che circondavano la stella.
Non riusciva tuttavia a smettere di
sorridere.
Se la stava godendo appieno
quell'euforia, dopo aver finalmente riscosso, protetto dalle tenebre,
quel credito di un bacio atteso troppo a lungo.
- C'è stato uno sbaglio! Vi dico che è tutto sbagliato!
Il ragazzo aprì flebilmente gli occhi, mentre la dura realtà lo investì
come un pugno. Le gelide e oscure mura dei Piombi, l'inospitale
prigione di Venezia.
A fianco a lei non c'erano né Dodo né Nina, ma una Meringa gigante
dall'accento russo e una rachitica brunetta. Da un estremo adiposo
all'altro. Non c'era il giusto mezzo, lei, la compagnia femminile che
avrebbe preferito.
Chissà perché aveva sognato di prendere il posto di Roxy durante la
missione, e soprattutto perché a Napoli.
Intanto, però, la discussione che lo aveva svegliato proseguiva ben
scandita.
Controllò da dietro le sbarre, cercando di ignorare i piagnucolii della
tata e le rimostranze di Fiore nei riguardi di una stanza non
esattamente "a cinque stelle".
Riconobbe il biondo nanetto di prima che litigava animatamente con il
carceriere.
- Ordine diretto del sindaco. Se avete rimostranze, dovreste parlarne
con...
- E' da due ore che sto cercando di farlo! - Ribatté Edward,
trattenendo un'imprecazione. - Prima il capo della polizia, poi quei
viscidi consiglieri comunali e il loro presidente in testa. Siete un
ammasso di scaricabarile. Ma vi avverto,
- Intimò, come se stesse parlando a tutti loro presenti. - La mia
pazienza è al limite.
Il biondino si sfilò il guanto destro. A vederlo Cesco trasalì. Una
mano che non aveva pelle né carne, ma aveva una superficie lucida e
splendente: acciaio.
Forse quel tizio non era umano? Forse un androide karkoniano?
Poi qualcuno sopraggiunse, con passo deciso.
- Quel che si suol dire, "un pugno di ferro in guanto di velluto".
Edward si rimise il guanto, mentre Cesco trasalì di nuovo, alla visione
del mortale e viscido personaggio che più di una volta era stato la
causa dei guai suoi, di Nina e degli altri amici della Giudecca.
Perfino Edward ebbe un lieve moto di disgusto. Poi l'impeto e il senso
pratico ebbero il sopravvento.
- Signor sindaco! - Esclamò Edward. - Sono ore che la cerco! Lei non...
- Si calmi, signor Elric. - Lo interruppe il marchese Loredan, alzando
stancamente una mano. - Possiamo parlare più tranquillamente nel mio
ufficio. Senza... orecchie superflue.
Uno sguardo di sfuggita andò in direzione di Cesco, congelandogli, con
quegli inquietanti occhi da rettile, le eventuali frecciatine
che il bambino avrebbe voluto indirizzargli.
- Faccia strada! - Tagliò corto Edward, che si era già stancato
dell'atteggiamento dell'onorevole.
Quando i due si furono allontanati, Fiore, che aveva assistito alla
scena in disparte, si avvicinò all'amico.
- Cosa staranno tramando LSL e Karkon, questa volta? E quell'Edward è
in combutta con loro?
- Sinceramente, non ti so dire. - Confessò Francesco. - Molte cose
non mi sono chiare. E non riesco a capire se quell'individuo sia
complice o una semplice pedina. Ma per adesso non possiamo far nulla.
Non ci rimane che
aver fiducia in Nina, Dodo e Roxy.
***
Napoli.
Non esattamente la "dolce vita" del sogno di Cesco.
Pendici del Vesuvio, per essere più precisi.
Nina si era gettata a terra, il Taldom in pugno, e poi aveva rotolato
su un fianco per evitare una saetta.
- Niente male, pe' na guagliona. - Sentenziò una voce profonda, molto
meno giovane di Nina e dei suoi amici. - Ma
neppur si aie na' bacchètt magica, puoi competèr cu e' mie arti.
- Lo vedremo, fattucchiera! - Rispose Nina, puntando il Taldom.
La testa del gufo bubolò un raggio azzurro. Apparentemente, però, il
bersaglio era stato mancato di parecchi metri.
- Gajarella, hai sbagliato completamente mira!
- Tu credi? - Ribatté Nina, mostrando un mezzo sorriso.
L'antagonista imprecò, quando vide dei detriti precipitarle addosso.
Nina aveva mirato contro una parete di roccia per creare una frana.
- Il gufo le ha portato sfortuna. - Commentò Roxy, raggiante, poco
lontano, al riparo dalla battaglia.
Ma l'amica si sbagliava, e questo Nina lo sapeva. La piccola alchimista
quasì non si stupì, infatti, quando il cumulo delle macerie si alzò
mettendosi a levitare per aria.
Sotto poté distintamente vederli, quegli occhi, grandi, neri, carichi
di rabbia.
I capelli lisci e neri si estendavano ai lati del viso, il pallore del
viso che, oltre a donare
raccapriccio alla figura, alimentava l'espressione furibonda del
pericoloso avversario.
- Molto astuta, piccola maghetta, ma questo è stato pure o' tuo più
grande errore! Adesso proverai sulla tua pelle la furia della grande Amelia De Spell!
Il becco di Amelia si estese in un ringhio.
Il becco, sì, la protuberanza di quella creatura umanoide che si
definiva "donna", anche se tecnicamente aveva le piume.
Nina trovò tutto questo buffo. Mai si sarebbe aspettata, nella sua
giovane vita, di capitare in un mondo popolato da animali antropomorfi.
Era sempre Napoli, beninteso.
Ma avrebbe potuto benissimo chiamarsi Paperopoli.
Sembrava infatti di essere finiti tra le pagine di uno di quei albi di
Topolino che leggeva tanto da piccola.
Non che la cosa la stupisse più di tanto, visti i posti in cui era
capitata. Aveva parlato con balene volanti, o dei mitologici.
E d'altra parte, sembrava che neppure al loro aspetto di esseri umani
nessuno facesse caso.
Ma andava bene così: se questo crossover fosse stato un fumetto,
difficilmente i ragazzi della Giudecca avrebbero avuto un becco. Al
massimo un tartufo, stile Topolino.
Nina Disney!
Se vi state chiedendo la linea temporale suggerita nel finale
dell'episodio precedente, ebbene sì, è la Napoli del passato. Di
cinque, dieci o vent'anni fa, poco importa. Tanto si sa che nel mondo
Disney il tempo è sempre uguale.
Ma non era quello il momento.
Davanti a lei c'era un nemico alquanto furioso.
Altre rocce si staccarono dai dintorni per andare a infoltire l'ammasso
di sassi levitanti, tenuti sospesi dalla bacchetta della fattucchiera.
- Non sono una maga. - Corresse intanto Nina. - Sono una alchimista!
- Pozioni, sortilegi o formule magiche, non fa differenza. - Sentenziò
Amelia. - Una novellina come te, che viene in casa d'altri a rubare ciò
che non le appartiene, ha bisogno di una severa lezione!
- Nina!
L'urlo di Dodo riecheggiò per le pendici.
Il bambino stava continuando a girare in tondo, inseguito da una
cornacchia che non faceva altro che becchettarlo e gracchiare
furiosamente.
Roxy raccolse dei sassi e cominciò a tirarli contro il volatile.
-
Dodo, tieni stretto il Numero Aureo!
- Gennarì, non lasciare scappà o' guaglioncello! - Incitò di rimando
Amelia, in direzione del suo familiare. - Adesso seppellisco quella
seccatrice! - Aggiunse, puntando la bacchetta verso la bionda.
Una scarica del Taldom di Nina, tuttavia, la costrinse a parare il
colpo con l'artefatto. I massi levitanti ebbero un attimo di sussulto,
poi ripresero a stare fermi in aria.
- Il tuo avversario sono io, Amelia! - La sfidò Nina.
- Dannata. - Borbottò la strega. - Per un attimo mi ha fatto
perdere la concentrazione. Poi urlò verso l'avversaria. - Mo' te
sistemo io!
Poi, una grossa ombra si posò sul campo di battaglia. Era così grossa
che oscurò sia Amelia che Nina.
- Quante pietre vuoi raccogliere ancora, con la magia? - Fu la domanda
di Nina.
- Ma ca' staje a dire? - Ribatté Amelia, alzando un sopracciglio. - Mi
sembravano sufficienti, te le stavo lanciando. Questa ombra non è opera
tua?
Nina la osservò, perplessa.
- Decisamente no.
Entrambe guardarono al cielo. Il sole era scomparso, coperto da quella
che sembrava una nuvola, ma che in effetti non lo era.
Non a giudicare dal fatto di come stesse divenendo sempre più grande.
Per non parlare dello strano ronzio sempre più forte che lo
accompagnava.
- Un aereo che cade! - Esclamarono entrambe, in preda al terrore.
Seguirono confuse scene di panico nelle quali tutti correvano a
casaccio e senza una meta precisa.
I detriti, privi di controllo, si erano schiantati sul terreno, non
travolgendo per un pelo Gennarino e Dodo.
Quest'ultimo, una volta tanto, non ci badò, terrorizzato com'era dalla
minaccia successiva, ben più grossa.
Ma a dispetto di tutto, lo schianto avvenne una decina di metri più in
là, senza coinvolgere nessuno, a parte un forte spostamento d'aria.
Curiosamente, non ci fu neppure un'esplosione.
Purtroppo però, il velivolo aveva demolito l'unica struttura
solida nella zona, vale a dire...
- La mia casa! - Urlò Amelia, stropicciandosi le mani nei capelli.
Dai rottami ancora fumanti, misti alle macerie della vecchia
catapecchia, uscirono, tossendo, due figure.
- Ci sono dei sopravvissuti! - Esclamò Roxy.
Il primo a palesarsi fu un pellicano molto alto e slanciato, vestito
con una uniforme di aviatore e una caratteristica sciarpa gialla. Gli
occhi gli stavano roteando, in evidente stato confusionale.
Si sistemò con una mano il ciuffo rosso che spuntava dal caschetto.
- Cento punti! - Esclamò, con aria compiaciuta. - Questo schianto è
stato uno... schianto!
Nina concluse che doveva star delirando per via della caduta, senonché
questa tesi venne smentita dal rimprovero che seguì.
- Un giorno o l'altro ci lascerò le penne, con te, Jet!
Nina rimase basita, cercando di scorgere l'altra figura, ancora avvolta
nella nube di fumo.
Trovò il commento persino più strano, nella sua lucidità, rispetto al
delirio del pellicano.
Era indubbiamente una protesta, la voce stridula e seccata, ma il tono
era fondamentalmente fermo e calmo. Per nulla isterico.
Stonava con la situazione.
Erano reduci da un disastro aereo!
- State bene? - Chiese, sinceramente preoccupata.
- Oh, normale routine. - Rispose spontaneamente il pilota, con una
punta di vanità. - Schiantare aerei è la mia specialità!
- Già, prima o poi ci si fa il callo! - Ribatté la voce del suo amico.
Si vide una mano bianca brandire un bastone da passeggio e darlo sulla
testa del pellicano.
- Ma finirò sul lastrico, a furia di rimpiazzare aerei!
Fu allora che Nina, Dodo e Roxy rimasero di sasso, perché finalmente il
proprietario della voce si era mostrato in tutta la sua persona.
Tuba, occhiali, palandrana rossa, uno sguardo di chi aveva affrontato
mille battaglie e ne era sempre uscito vivo. E ricco.
Il suo nome venne proferito dai ragazzi della Giudecca all'unisono,
poiché era impossibile non riconoscerlo. Come un disegno che aveva
preso vita, una leggenda che si era avverata.
- Paperon De' Paperoni! - Esclamarono quattro voci.
Quattro, sì, perché anche Amelia si era unita al coro.
Gli occhi della strega avevano cominciato a colorarsi di rosso.
Il becco si era incurvato in una smorfia rabbiosa.
- In carne e piume. - Rispose, spolverando la palandrana con la
mano.
Squadrò per un attimo i tre intrusi. Poco più che bambini, potevano
avere l'età dei suoi nipoti, gli stessi che questa volta aveva lasciato
a casa.
Poi scosse la testa: c'erano affari più urgenti.
Si aggiustò il copricapo e ricambiò lo sguardo cagnesco della
fattucchiera.
- Amelia, perfida spacciatrice di sortilegi! - La apostrofò. - Ridammi
subito ciò che è mio di diritto! La Numero Uno!
- A proposito della moneta. - Amelia si girò verso Dodo e il corvo. -
Gennarì! Acchiappalo!
La cornacchia gracchiò attirando gli sguardi di tutti sul ragazzino che
aveva ripreso a correre.
Paperone capì al volo. - Jet! Vai! Io penso ad Amelia!- Ordinò,
puntando il dito.
- Subito, De' Paperoni!
I due rivali di sempre si guardarono ancora una volta negli occhi.
- Aye nu' bel coraggio! Mi demolisci la casa e vuoi anche o' soldo!
- E' il mio soldo, ladra megera! - Rispose il magnate. - Ridammelo o...
- E le puntò contro il bastone.
Amelia fece altrettanto, e l'arma volò via dalla mano del nemico.
- Uack! - Gracchiò Paperone, mentre Amelia soffiava sulla punta della
bacchetta fumante. - Che me volevi minaccià, Paperone, con nu' bastone
da passeggio?
- Il mio bastone, però, è magico! - Intervenne Nina. Il Taldom sparò,
ma Amelia deviò il colpo.
- E tu saresti? - Domandò Paperone, sospettoso.
Nina aprì bocca, ma Amelia la precedette. - Chesta criatura e so' amici
son venuti qui pe' rubare a' Numero Uno!
- Che cosa? - Sbottò il vecchio, guardando alternativamente tra il
sorriso beffardo di Amelia e l'espressione contrita di Nina. - Non
bastava Amelia? Un'altra strega?
- Signor De' Paperoni, non è come dice lei! - Provò a spiegarsi
la bambina.
Ma Amelia la interruppe subito. - Neghì forsè ca'
o' toje cumpagn sta scappànd cu o' decino?
Quattro occhi accusatori si posarono su Nina. - Posso spiegare! Non
siamo ladri...
- Menzogne! - Incalzò Amelia.
Paperone guardò ancora con sospetto sia Amelia che Nina.
- Jet, prendi il decino! - Urlò infine, girandosi di scatto.
Aveva deciso di lasciarle perdere. Qualunque fosse la verità, non lo
riguardava.
C'era solo una cosa che davvero importava, e cominciò a correre verso
di essa.
Dopo tre passi, però, una scarica lo colpì alla schiena, facendolo
cadere.
Si voltò, e sapeva già verso chi guardare con infinito odio.
- Amelia! - Soffiò con rancore, davanti alla papera trionfante.
- Non ti ho mentito. - Sottolineò Amelia, quasi offesa da quello
sguardo diffidente. - Ma la Numero Uno è comunque mia. Non ti
permetterò di sottrarmela.
Si girò immediatamente per respingere la nuova scarica del tandom di
Nina.
- E questo vale anche per te, marmocchia.
Le due rivali di magia si guardarono, poi il duello ebbe di nuovo
inizio.
"Jet, prendi il decino!"
- Ci sto provando, De' Paperoni! - Aveva risposto distrattamente
McQuack, saltellando come uno stambecco tra una montagnola e l'altra.
Ma
più che alle direttive del suo datore di lavoro, il pilota sembrava più
aver a cuore la sorte di quel povero ragazzino inseguito dal fastidioso
corvo.
I capelli del pargolo, dello stesso colore dei suoi, erano scompigliati
e tormentati dal becco del pennuto.
Vedeva l'espressione sofferente del fuggitivo, che teneva stretto in
pugno un qualcosa di luccicante, sicuramente la moneta del padrone.
Getta quella moneta! Avrebbe
voluto dirgli. Gettala, così
smetterà di beccarti.
- Non li raggiungerò mai! - Concluse, disperato, anche perché il suo
fiato di adulto fuori allenamento era già in esaurimento.
Ed
anche la sua pazienza. Come raggiungerli?
Poi si accorse, poco lontano. di una ragazza bionda. Costei urlò a gran
voce il nome del bambino, invitandolo a venire verso di lei.
Dopodiché la vide abbassarsi a raccogliere pietre.
- Che idea! - Esclamò il pilota, e la imitò.
Fu l'inizio un improvvisato tiro al bersaglio, nel tentativo di
disturbare Gennarino.
La mano precisa di Roxy cominciò con clamorosi lanci a vuoto, che
divenivano
sempre più precisi non appena Dodo si avvicinava, e con lui il corvo.
Poi la bionda si accorse che qualcun altro aveva cominciato a darle
manforte. Si girò per un attimo per osservare il pellicano.
- Vi aiuto io! - Esclamò Jet, con il tono pomposo di un eroe.
Roxy annuì semplicemente, e la sassaiola si intensificò.
Finalmente un paio di colpi centrarono la cornacchia, uno alla testa ed
uno al corpo. Con un bernoccolo e le stelle che gli giravano intorno
alla testa, Gennarino gracchiò di dolore, prima di cadere a vite come
un aereo abbattuto.
Vittoria! Stavano per
esultare la bambina e il pilota, ma tutto accadde così in fretta che
l'euforia si trasformò in vero terrore.
Videro Dodo barcollare, con le gambe e le braccia senza controllo. Il
decino stava volando via, lontano dal bambino.
Ma cosa più terribile, fu quel guizzo di sangue dalla fronte del
bambino.
Jet lasciò cadere ogni munizione e si portò le mani al becco,
mortificato.
Colui che voleva proteggere era caduto, vittima del fuoco amico.
Il suo fuoco amico.
- Dodo!
Il nome pronunciato con disperazione dall'amica suonò come una
stilettata nel cuore di Jet.
Lo aveva fatto di nuovo. L'ennesima stupidaggine. Il tonto che gioca a
fare l'eroe.
Signore e signori, ecco a voi Jet McQuack.
Poi, da qualche parte, qualcosa o qualcuno gli diede un virtuale calcio
nel sedere.
Forse era la sua coscienza, forse un De' Paperoni interiore.
Almeno prendilo al volo, idiota!
E allora agì, d'istinto. Senza riflettere. Lui era stupido, non ne era
capace. Ma forse poteva essere ancora utile. Certo più utile che stare
a commisersi. Lo avrebbe fatto. Dopo.
Prima voleva assicurarsi di non aver fatto l'irreparabile.
Jet si gettò al volo e prese Dodo in braccio con un tuffo degno di Gigi
Buffon. Si rannicchiò, per fare da scudo con il suo
corpo durante l'atterraggio.
Non per nulla, lui era uno specialista in quello, che si trattasse di
lui o un aereo poco importa.
Intravide, solo per un momento, un luccichìo allontanarsi.
Il decino era andato perduto chissà dove. Sicuramente sarebbe stato il
licenziamento in tronco. Ma non importava.
In quel momento voleva solo sincerarsi di non essere diventato un
assassino.
Dopo aver battuto ripetutamente il sedere, insieme ad un paio di
"Ouch!", Jet finalmente si fermò.
Poi finalmente osservò quel bambino chiamato Dodo.
Gli venne il magone, a vedere il rivolo di sangue che scendeva dalla
fronte.
Premette con un guanto sulla ferita, con un principio di panico.
Sangue, perché sangue, poi?
In mille schianti e peripezie, in effetti, forse era la prima volta che
vedeva qualcuno farsi male in maniera seria. Persino il corvo, preso
con due (!) sassate, era precipitato come da...copione.
Quello che usciva dalla fronte però era sangue, linfa vitale.
Era una cosa anomala
.
- Jet, ripigliati. - Si disse finalmente. - Devi fare
qualcosa. Ma cosa? - Si domandò, senza idee.
- Come sta?
La voce a fianco a lui. Era la bambina riccia. Il tono era trafelato.
Jet aprì il becco, ma poi si bloccò.
Non sapeva come rispondere, o aveva paura di farlo.
Temeva di dire l'ennesima sciocchezza.
Ne uscì solo un sospiro, affranto.
- Fammi vedere. - Concluse Roxy, sbrigativa.
Lo spilungone si limitò a porgerle Dodo, con delicatezza.
***
- Voi mi state prendendo in giro. - Edward Elric si grattò la testa. -
Come possono dei bambini essere fuorilegge?
- Non avete idea di quante volte quei piccoli delinquenti abbiano messo
in pericolo le istituzioni qui vigenti. - Spiegò il sindaco. - Ma è
sicuro di non volere un bicchiere di cognac?
- Grazie, non bevo mai in servizio. - Liquidò Ed.
- Forse non ha voglia di alcolici.
Edward strinse gli occhi, attirato dal commento della terza persona
presente nella stanza.
Quello strano individuo, dalla comodità della sua poltrona, lo guardava
con una
cortesia così melliflua da apparire sinistra.
La barba appuntita, unica
zona pellifera di una testa completamente pelata, era ancora sporca di
cioccolata calda, sorseggiata da una tazza fumante tenuta sulle gambe.
- Conte Carte D'or, la cioccolata non è ciò che si suol dire, una
bevanda che di solito bevono gli adulti. - Lo rimproverò bonariamente
Loris.
Karkon non si scompose.
- Non sono d'accordo, esimio Sibilus. Il cioccolato è un nutrimento
genuino, il preferito presso i bambini del mio orfanotrofio. Ne vuole
un po' anche lei, signor Elric? Personalmente, consiglio il
cioccolato al latte... ma non si sente bene? E' diventato pallido!
Edward fece un gesto ripetuto con la mano. - Credo che resterò a
stomaco vuoto, grazie!...
Dopo un attimo di pausa, il biondo riprese il discorso. - Ho già letto
i capi di imputazione, ma se devo essere sincero, mi sembrano tutti uno
più assurdo dell'altro. Senza contare il reato peggiore...
- Sì, proprio quello. - Confermò il sindaco.
- Praticare l'alchimia. E'
uno scherzo!
- Affatto. - Furono le calme parole di Loris. - Il mio Proclama in
merito parla chiaro.
Edward cominciò a perdere la pazienza. Lo stava deliberatamente
prendendo in giro?
- Le devo fare una domanda, signor sindaco. Lei è cosciente di chi sono
io?
- Ma certo! Ero già stato informato ancora prima del suo arrivo.
- E mi dica. Ha intenzione di imprigionare anche me, dal momento che
sono un... alchimista?
All'ultima parola Karkon sputò il cioccolato che stava bevendo e scattò
in piedi.
La tazza cadde a terra e si spaccò in mille schegge.
- Machese Sibilus! Che razza di scherzi... - Protestò, frugando
nervosamente dentro il mantello, in cerca del Pandemon Mortalis.
Il sindaco alzò una mano per fermarlo. - Si calmi, conte.
- Come posso calmarmi? Tra tutti, ha invitato proprio un alchimista! Va
bene essere serpenti, ma coltivare serpi in seno...!
- E' vero, il signor Elric è un alchimista. Tuttavia, la sua
denominazione è incompleta. Dico bene?
- In effetti, per essere precisi, sono un Alchimista di Stato.
- Alchimista di Stato? - Karkon era più confuso che mai.
- Sì. - Confermò il sindaco. - La sua carica viene da un'autorità più
influente di un semplice regolamento comunale. Quindi la sua era una
sterile provocazione, signor Elric. Non avrei mai l'autorità per agire
contro di voi. Ma nel caso di Nina e della sua
banda la cosa è diversa. La praticano illegalmente, e per scopi
sovversivi.
- Ci sono cose poco chiare, al di là di questa "terrorista" Nina. -
Ribatté Edward. - A cominciare dalla reazione esagerata, e decisamente
sospetta del suo amico
Conte.
- Deve scusare la paranoia del conte. - Spiegò Loris. - Ma più di
tutti, lui e il suo orfanotrofio sono stati vittime degli attacchi di
quella De Nobili.
- A proposito. - Chiese Edward. - Perché mandarmi ad indagare a Villa
Espasia e poi interrompere il tutto con quell'assurda retata?
- C'era il timore fondato, che poi si è avverato, tra l'altro, che Nina
optasse per l'ennesima fuga. Adesso è latitante.
- Ed io a che servivo, di preciso?
- Da testimone, signor Elric. Testimone di una certa rilevanza.
Può confermare che l'indiziata non si è fatta trovare in casa, e
tuttora è introvabile. Questo basta per incriminarla. In quanto a
catturarla, confidiamo anche nelle sue capacità.
- Chiedo scusa. - Lo interruppe Edward. - Tutto questo straparlare mi
sta dando alla testa. Sento il bisogno di uscire.
La porta si aprì, e poi si chiuse di scatto, lasciando in un sordo
silenzio i due lestofanti legalizzati.
Quando furono certi che l'ospite si fosse allontanato, fu Karkon a
rompere il ghiaccio.
- Marchese, quell'individuo è una grossa rogna!
- Al contrario, conte. Ho solo preso la palla al balzo di questa visita
ispettoriale da parte dello Stato per usare l'ospite a nostro
vantaggio. Beninteso, sempre che Nina si faccia di nuovo... viva.
- Viva? - Ridacchiò Karkon. - Con Arnold ne dubito, e molto.
Sindaco e Conte ridacchiarono.
L'ultimo androide alchemico era un qualcosa di spaventoso, perfetto,
indistruttibile. Era stato creato avvalendosi di una intelligenza
artificiale avanzatissima. Non c'era nessuno che gli potesse sfuggire.
Tantomeno Nina.
***
- Nulla di particolarmente grave. - Concluse Roxy.
La fasciatura era ormai completa. Dodo, ancora incosciente, era
sorvegliato da un apprensivo Jet.
Il senso di colpa lo perforò di nuovo, insieme a una forte
preoccupazione.
Perché non si risveglia?
Il pellicano assunse un'espressione mortificata.
Roxy lo guardò, e si intenerì. Gli mise una mano sulla spalla.
- Dodo sta bene.
- E' quello che spero. Ultimamente faccio solo guai. Ultimamente, da
quando sono nato, intendo.
- Non dica così. A parte... l'incidente, lei ci ha aiutati! Ed è anche
uscito vivo da un disastro aereo! Non è cosa da tutti, signor...?
- Jet McQuack. - Si presentò il pellicano. - Pilota... o dovrei dire
frana. Trattandosi di pilota, sarebbe più giusto schianto, ma sono un
tipo molto modesto.
Roxy rise. - Sei simpatico.
- Beh, ci provo. - Si schernì lui. Poi guardò in giro nella vana
ricerca della Numero Uno, e sospirò. - Chissà se qualcuno potrà
assumermi come "simpatico", dopo che sarò licenziato. Un simpatico di
professione, come ti sembra l'idea?
Roxy si grattò la testa di fronte alla domanda nonsense di Jet. Non
aveva un senso logico. Però la divertiva.
Gli sorrise. - Perché no? A proposito, io mi chiamo Roxy.
Poco lontano.
Paperone era steso a terra, mentre Amelia aveva costretto in ginocchio
Nina, ansimante.
La magia della strega si era rivelata molto potente, ed apparentemente
la bambina della Sesta Luna era in svantaggio.
- Ammètt ca' me aie fatto
sudare, bambina. -
Commentò, ansimante. -
Forse perché anche tu sì italiana. - Aggiunse, con un piccolo,
inconfessato sorriso di complicità.
Il vecchio miliardario poggiò a fatica le mani a terra.
- Dannata Amelia. Non hai ancora vinto.
Mise una mano nella palandrana e frugò. Ciò che tirò fuori mise
sull'allarme Amelia, ma il vecchio cilindro aveva già alzato la mano
per lanciargliela.
Putroppo, però, i riflessi del vecchio furono più letti della strega,
che con un colpo gli fece volare via la fialetta.
Questa andò a finire ai piedi di Nina.
Paperone imprecò.
- Mi credi scema, Paperone? Volevi fermarmi con dell'aglio?
- Una fialetta di aglio, eh? Interessante.
La bambina della Sesta Luna non aveva perso tempo, raccogliendo il
contenitore.
Amelia si girò di scatto, imprecando, verso la minaccia, sparando un
altro raggio.
Ma i riflessi di Nina furono più veloci e, mentre parava il colpo col
Taldom, buttò con l'altra mano la fiala, che si infranse direttamente
sul corpo di Amelia.
La strega si sentì improvvisamente debole e cominciò a gemere. La
bacchetta cadde di mano e le gambe cedettero.
- Ben ti sta, strega! - Acclamò Paperone, cercando per terra bastone e
tuba.
Nina stava tenendo puntato il Taldom contro Amelia, che alzò
istintivamente un braccio per ripararsi.
Paperone, risistemati tuba e bastone, la incalzò. - Che aspetti?
Finiscila! E' una strega malvagia!
No. - Nina abbassò il Taldom. Poi, una grande indignazione le salì
dentro. Anche nel mondo dei paperi, gli adulti erano così sciocchi? -
Come può chiedermi una cosa tanto orribile, De' Paperoni?
La bambina alzò gli occhi carichi di disapprovazione, ma si imbatté in
un insolito sorriso da parte del vecchio cilindro.
- Ti stavo mettendo alla prova, ragazzina. Non so chi tu sia, ma non mi
sembri avida o cattiva. Di certo, sei migliore di lei. - Un cenno di
sprezzo andò contro Amelia. - Ma comunque non avrai la mia Numero Uno.
Ci siamo capiti? - E
si avviò per raggiungere il suo assistente.
Nina osservò la figura agonizzante della strega napoletana.
Il Numero Aureo. Perché era così importante, tale da coinvolgere tante
forze in campo? Ed ancora non si era fatto vedere alcun scagnozzo di
Karkon.
Ovviamente, aveva parlato troppo presto.
Il rumore di un mitra fece balzare d'istinto tutti i presenti a terra.
Alcune rocce esplosero in sequenza, seguendo un tragitto preciso che
andò pericolosamente vicino a Nina.
Poi, il silenzio.
La piccola alchimista alzò la testa per studiare la situazione.
Improvvisamente, sulla fronte della bambina si accese un puntino rosso,
una luce che dipinse il suo volto di un genuino terrore.
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
Davanti a lei, una canna fumante.
Sopra, il proiettore del led che la teneva sotto tiro.
Una mitraglietta, impugnata senza fatica con una mano, da quello che
Nina riconobbe come
il più spietato degli androidi, una montagna di muscoli come Tupac, ma
al contrario di lui, granitico e impassibile.
I capelli ispidi e corti, gli occhiali scuri che non riflettevano
nulla, se non la paura della morte da parte di lei.
Il temibile Arnod
Tiottocento, chiamato dagli amici "Terminator".
E fu con una sola frase che
l'androide la salutò.
- Hasta la vista, baby.
Nooo!
Come continuerà? Come si
salverà Nina? SE si salverà (arh! arh! arh!)
E quali altri elementi verranno coinvolti, in vista del gran finale?
Lo saprete nella terza ed ultima parte della Parodia della Sesta Luna!
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