The End

di arete
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The End
 
No, questo era troppo. Era troppo persino per uno come lui, uno che non si era mai arreso, uno che si era sempre rialzato, sempre. Tempo prima era precipitato nel buio, in un abisso profondo di disperazione: non un solo spiraglio di luce sembrava in grado di penetrare l’oscurità che lo aveva circondato e ormai stretto nel suo soffocante abbraccio. Ma, appunto, tutto ciò era accaduto prima, e faceva ormai parte del passato. E allora, perché percepiva di nuovo la stretta tanto dolorosa di quella voragine nera come una notte senza stelle?  

“E’inutile, puoi scappare e allontanarti da me quanto vuoi, ma tu sei e resterai sempre la mia più grande creazione! Jude Sharp, tu ora sei quello che IO ti ho insegnato ad essere! Tutte le tue tecniche, i tuoi movimenti, le abilità e le capacità che hai saputo sviluppare e migliorare nel corso del tempo…sono frutto del MIO insegnamento! Corri pure quanto vuoi, ma non mi sfuggirai, Jude!” 

Piccole gocce di sudore gli imperlavano la fronte, le ginocchia tremavano, la vista si offuscava, il respiro si faceva più affannoso e stentato; nella mente gli rimbombavano due parole, due soltanto, ma sufficienti a gettarlo nel terrore più totale: “mia creazione”. Lui era suo, era una sua proprietà, e il senso di nausea e di disgusto che provava in quel momento non sarebbe bastato a cancellare la verità.

 Si rivide bambino, mentre cadeva a terra, sfinito, e una voce subito gli ordinava di rialzarsi in piedi e riprendere a correre, e correre, e correre, senza fermarsi mai. Già allora quell’uomo lo definiva “l’essere supremo”, l’essere perfetto, e lo costringeva a spingersi fino al limite delle sue forze, a farsi del male, pur di segnare un goal, trasformando ciò che lui amava di più al mondo in una situazione di vita o di morte, una sfida continua nella quale non era ammesso perdere. Troppe bugie, troppo orgoglio, troppa sicurezza, troppa fatica, troppa audacia, troppo tutto: e lui era crollato, inerme e vulnerabile come non era mai stato prima di allora. E in quel momento, sotto il peso di quel crudele sorriso di scherno, quel ghigno che sembrava essere sicuro di averlo in pugno, lui si sentì crollare di nuovo. Era tutto vero, il buio lo stava riafferrando e trascinando nuovamente con sé.

Ad un certo punto, però, egli si costrinse ad ascoltare: non lontano da lui qualcuno stava urlando il suo nome, e lo stava incitando a rialzarsi con tutto il fiato che aveva in gola. Ma queste voci che lui ora percepiva via via sempre più distintamente erano completamente diverse dal tono di rimprovero carico di rabbia e amarezza tipico del suo precedente allenatore. Queste voci l’avevano tratto in salvo mentre lui stava ormai andando alla deriva, erano state la sua luce, il suo conforto, la sua sicurezza; si sarebbe sempre fidato di queste voci, e per loro e con loro avrebbe superato ogni prova, ogni sfida, ogni difficoltà. E fu allora che capì: Dark credeva di averlo in pugno, ma si sbagliava. Jude Sharp sarebbe sempre stato Jude Sharp, con il suo mantello rosso fuoco e il suo talento innato e il suo animo riflessivo e combattivo e soprattutto con i suoi amici, ma non sarebbe mai appartenuto a nessuno, men che meno a uno come Ray Dark.

Tenendo il pallone in equilibrio sulle punte dei piedi, fece un grande salto in avanti, e per qualche secondo sembrò aver spiccato il volo: “Da oggi, io camminerò nel mio futuro!”

Ed ebbe la certezza che questa volta era davvero tutto finito.




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