Le scimmie, dipinte in tutte le fogge e guise, mostravano le variazioni infinite dell'erotismo, tratte da Ovidio e Giovenale.
 

Tale idea delle scimmie era stata sua, un tocco esotico di originalità ed esse, intente e partecipi, lo osservavano, mentre egli celebrava i suoi riti con le amanti, come si accoppiava, cercando di imitare le loro strane posizioni.
 

Tempio era quella camera, altare di piacere il suo letto in cui entravano le favorite del momento.

 Molto  bella era  Jeanne Valois, che impastava le ricche carni vescovile con le candide e bacchiche manine e abili giochi di labbra, i capelli corvini che piovevano sulla nuda schiena, il collo adorno dei piccoli diamanti che usava regalarle.

Ed i  baccanali con il cibo.

 Quello che non vedevano celebrare in quel letto, quei poveri primati.

Per non tacere delle fervide implorazioni, squassate da pianti e lamenti e grida di rabbia, egli tutto aveva, tranne il saluto della regina, che lo ignorava a piè sospinto, colei che nel passo si rivelava vera dea, si ripeteva il verso virgiliano dell’Eneide, e dalla madre dell’eroe Enea, lo riadattava a lei, vera incesuit patuit dea…

Una sera il vescovo- satiro non tornò, si seppe che lo avevano arrestato  con i paramenti religiosi per le solenni celebrazioni del 15 Agosto, nella Galleria degli Specchi della Reggia, poi condotto alla Bastiglia e messo a processo, dormiva sulla paglia, tra fredde mura di pietra.

Al suo processo si presentò, insieme agli altri parenti, vestito di porpora viola, il colore del lutto, che non portò una volta, giudicato innocente, chè il re lo mandò in esilio in convento, dove si consolava con le carni dei seminaristi, antichi libri e del buon vino.

Poi tornò dalle sue scimmie…