Guardami, sono qui.
Ho un bel vestito nuovo, viola e
scuro come occhi che non
sono miei.
Non sprecare fiato a dirmi quanto
sono bella, quanto mi
vuoi. Ammirami e basta, se è me che cercavi in queste strade
buie.
Sei un’altra faccia ignota,
un’altra voce sporca, altre mani
goffe ed annoiate che si aspettano da me tutta la soddisfazione che
nessuno
regala mai.
Paga il giusto prezzo, se vuoi
toccarmi.
Non sono una donna. Non sono una
persona. Sono carne che
ogni giorno va al macello. Cruda, cotta o a brandelli, ordina
ciò che
preferisci. La maggior parte della gente mi usa, mi spreca e mi butta via
senza
nemmeno sapere ciò che ha avuto per le mani.
Tutti falliti già morti dentro da un pezzo, esattamente come te.
Guardami, bramami, violami.
So che è il peccato che
vuoi, stanotte. Chiamami Eva, se
vuoi un nome da urlare, e non cercare segni di umanità, in
me, perché l’ho
svenduta anni fa in cambio di uno stomaco forte per sopportare tutto
quello che
sono, per non vomitarmi addosso ogni volta che incontro uno specchio
fin troppo
sincero.
Odio tutti coloro che non sanno
mentire.
Vivo di bugie, mi nutro di menzogne,
mi vesto di falsità.
Non sarei così splendida, ai tuoi occhi, se non lo facessi.
Chi riesce ad assaggiarmi raramente
dimentica il mio sapore,
ma non è facile ritrovarmi, una volta lasciatami andare.
Io non esisto nella
realtà, ma forse già ne eri consapevole
prima ancora di decidere di venirmi a cercare. Forse hai sentito
parlare di me
da qualcuno che ha creduto di avermi incontrata e conosciuta e
posseduta, e
allora hai deciso di tentare anche tu.
Sei patetico, sai? Tu e quella tua
espressione assente, i
mocassini consumati ed quell’orribile giacca di pelle che
indossi senza pensare
al sangue che le ha dato la vita.
Mi stai comprando, ma non sai che io,
qui davanti a te, non
esisto.
Venite da me pieni di speranze, mi
guardate e sentite che
non avete mai anelato a nulla di impossibile come me. Mi volete solo
perché non
mi potete avere.
È un’illusione
che pagate, tutti quanti, e potreste
benissimo fottervi da soli, anziché chiedere stupidamente il
mio aiuto. È tutto
una fregatura, non l’avete ancora capito?
Mi osservi senza fiato ed io so cosa
stai pensando. È quello
che pensano tutti.
La amo.
So tutto di te, non credere. So che
sei un ragioniere di
mezza età, sposato da vent’anni e con due figli a
carico, una moglie frigida e grassa
nel letto, un’auto squallida ed un branco di amici ubriachi.
So che cercavi me,
quando hai scelto tutto questo.
Ne ho visti milioni come te e milioni
di diversi da te, ma
alla fine siete tutti dei falliti che baciano aria. Ti avranno detto
che basta
avere i soldi, per comprarmi, che posso essere acquistata, magari anche
in
saldo, come una partita di eroina tagliata male, e tu sicuramente ti
sarai
bevuto quelle cazzate, ed ora eccoti, brusco ed impacciato a chiedermi
quanto
voglio.
Tutta la tua vita, lurido stronzo,
sputa sangue e denti e
quant’altro e dammi tutto quello che hai, tanto non mi avrai.
I perdenti come
te non possono permettersi il lusso di ottenermi. Sono sicura che te
l’hanno
già detto in tanti.
Sono splendida, lo so. Ti faccio
gola, non è vero? Mi vuoi
più di qualunque altra cosa ti sia mai capitata davanti, ma
io sono eterea ed
incorporea, e considerati fortunato se se riuscito ad intravedermi da
lontano
in tutta questa densa nebbia che mi avvolge.
Vattene e trovati qualcuna per le tue
tasche. Ho altra gente
da soddisfare, stanotte. Pochi ma buoni, sempre meno ma sempre
più fedeli. Loro
mi meritano, loro mi hanno trovata da soli, senza nemmeno cercarmi.
Ancora non
lo sanno che io sono tutta loro, oggi.
Sgommi via imprecando, dandomi della
sudicia puttana, ed io
non posso che ridere di te e dello sdegno che ti ho causato.
Sii uomo, d’ora in poi.
Va’ da tua moglie e dille che l’ami,
dillo ai tuoi figli, ringrazia quel bastardo del tuo capo che ti ha
concesso
quel misero aumento senza licenziarti, accendi una candela in chiesa,
se ci
credi, o dell’incenso in un tempio, sbarazzati di quella
giacca crudele, e sii
riconoscente di ciò che già hai.
Torna a cercarmi, dopo, dimmi
com’è stato, e forse potrei
darti una chance.
Da lontano, scorgo due ragazzi che si
avvicinano mano nella
mano. Lui non ha che quattro spiccioli in tasca, lei tiene in braccio
un
bambino appena nato.
Sembrano sorpresi quando mi arrivano
di fronte e mi vedono.
Incuto soggezione, la prima volta, ne
sono consapevole.
Timidamente, lui allunga stupefatto
una mano e mi sfiora
riverenzialmente, come se non credesse che io sia proprio qui al suo
cospetto.
Lei sussulta, gli occhi che le brillano, e si stringe il bambino al
petto. Io attendo
pazientemente che mi porgano quella domanda che aleggia sulle labbra di
tutti
coloro che riescono ad arrivarmi così vicino.
“Chi sei?”
Annuisco, perché questa
parte la conosco a memoria, ma è
divertente ricominciare ogni volta daccapo ed istruire poco a poco che
mi
incontra.
Sorrido e li prendo per mano,
stringendoli forte.
“Mi hanno chiamata con tanti
nomi diversi, non so quale dei
tanti conosciate voi,” rispondo. “Ma il
più comune, nella vostra lingua, è
Felicità.”
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A/N:
troppo
cruda? Troppo amara? Troppo e basta? Forse. O forse no.
Stano ma vero, scritta in un momento
in cui questa sfuggente
prostituta sostava momentaneamente al mio fianco.
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