SLL1
Le
situazioni di lui e lei
Capitolo
1
Lei
Mentre le note strade
di Civitavecchia
scorrevano veloci sotto i miei occhi, sbuffai per l’ennesima
volta non tanto
per la voglia di farlo quanto per infastidire mia madre.
«Puoi comportarti da ragazza grande e intelligente quale sei
e farti andare
bene questa cosa, oppure continuare ad agire come una bambina e venire
con me e
tuo padre in Sicilia».
Bambina?
Io?
«Ma mamma, non puoi pretendere che io accetti di vivere con
un totale
sconosciuto per ben due mesi!».
«Ma
tesoro», cominciò come a volermi
scimmiottare, «non è un totale sconosciuto,
è il tuo migliore amico».
«Ma
mamma», ripresi con lo stesso tono
certa che questa sfida, per come le cose si stavano mettendo,
l’avrei vinta io,
«a vivere con il mio migliore amico non ho alcun
problema».
«Bene. La questione è chiusa: condividerai la casa
con Marco per tutta
l’estate».
Come?
«Papà, di’ qualcosa pure tu. Non puoi
farti mettere
i piedi in testa
così».
Mio padre stava per replicare- vedevo chiaramente che nemmeno a lui
questa
situazione andava bene- ma una sola occhiata di mia madre
bastò a farlo
desistere dal rispondermi.
«È stato il mio migliore amico quando avevo nove
anni, ora come ora non lo
riconoscerei neppure. Perché non posso stare con i miei
amici? Perché non posso
stare con Dennis? Per la prima volta in tanti anni siamo riusciti ad
organizzare una vacanza tutti insieme e tu me la rovini in questo
modo?»,
ripresi il discorso precedente sperando che, facendole notare quanto
logica
fosse la mia osservazione, accettasse di avere
torto.
«Miranda, perché devi essere così
cocciuta?».
Nel dirlo si mise le mani nei capelli e per un secondo mi
sembrò che stesse
quasi per cedere.
Quando mio padre mi informò che mancavano solo pochi minuti
a destinazione, uno
strano nodo all’altezza dello stomaco cominciò a
infastidirmi.
Ansia?
Preoccupazione?
Eccitazione?
Passammo i restanti minuti in completo silenzio, ognuno perso nei suoi
pensieri.
Entrambi i miei genitori avevano gli occhi lucidi e mio padre strinse
con tanta
forza il volante che le nocche gli diventarono
bianche.
Che nessuno dei due si sentisse tranquillo a farmi vivere con quello
che, a
detta di mia madre, era il mio migliore amico era evidente, ma
perché essere
così ostinati?
Non sarei forse stata più al sicuro con Dennis che, e
stavolta veramente, era
il mio miglior amico?
∞∞∞
«Siamo
arrivati», annunciò mio padre dopo
aver parcheggiato con destrezza nel vialetto di
casa.
Ancora prima di scendere completamente dalla macchina mi incantai
qualche
secondo ad osservare quella che per anni è stata la mia
seconda
casa.
Tutto era esattamente come me lo ricordavo: le stesse rose
nell’angolo, la
stessa edera che, rigogliosa, spuntava tra un mattone e
l’altro e ricopriva di
verde buona parte della facciata laterale e, soprattutto, le stesse due
altalene su cui avevo passato i miei pomeriggi da
bambina.
Guardai con un pizzico di malinconia la vernice scrostata che aveva
perso tutta
la sua antica lucentezza e, con il nodo ancora allo stomaco, sfiorai le
sbarre
di ferro ricoperte ormai di
ruggine.
Prima di sentirmi richiamare da Angelica ricordai quelle parole che,
seppur
dette molti anni prima e con l’innocenza che solo un bambino
di otto anni può
avere, non avevo ancora dimenticato.
«Miri, mi prometti una
cosa?».
«Cosa?».
«Mi prometti che non mi dimenticherai
mai?».
«Me lo
prometti?».
«Sì».
«Miranda, come ti sei fatta grande»,
esclamò Angelica con sorpresa.
«E bella», continuò Giorgio
abbracciandomi.
Se la loro è stata per me come una seconda casa, loro sono
stati come dei
genitori. Non risposi perché la mia attenzione fu catturata
dalla presenza che,
dietro i due, si faceva abbracciare dai miei.
Non avevo mentito quando una ventina di minuti prima dissi a mia madre
che non
l’avrei più
riconosciuto.
Il viso tondo e grazioso aveva lasciato il posto ad una mascella
squadrata
ricoperta da una leggera barbetta bionda; e i capelli, di un biondo
molto più
scuro rispetto a quello che mi ricordavo, erano leggermente alzati con
un po’
di
gel.
Era un bel ragazzo, non potevo negarlo.
Rimasi ad osservarlo per qualche altro secondo e, se lui non avesse
attirato la
mia attenzione con una finta tosse, probabilmente sarei rimasta a
guardarlo per
ancora un
po’.
«Ciao», dissi imbarazzata dopo il calcio allo
stinco che mia madre, credendo di
passare inosservata, mi diede.
«Se continui così mi
consumi».
«Scusami?».
«Smettila di fissarmi, Miranda», rispose quasi
esasperato.
«Ragazzi, smettetela di fare i timidi e
abbracciatevi», esclamò mia madre
mentre io ancora cercavo di riprendermi dalla sua
sfacciataggine.
Inaspettatamente fece un altro passo in avanti, mi prese per mano e mi
attirò a
sé.
Il nodo allo stomaco, stranamente, sparì lasciando spazio a
una pace e
tranquillità che provavo solo in compagnia di poche
persone.
Nella consapevolezza che la convivenza non sarebbe stata
così tremenda come
l’avevo immaginata, afferrai i lembi della maglietta e lo
attirai ancora di più
a me.
Sentii chiaramente il mugolio di felicità di mia madre e
Angelica, ma non mi ci
concentrai troppo perché le parole di Marco attirarono la
mia attenzione
distraendomi.
«Pensavo che non fossi cambiata, speravo che fossi rimasta la
stessa».
Alzai lo sguardo per guardarlo, senza però staccarmi da lui.
La sua vicinanza
non mi metteva a disagio, anzi mi confortava e mi faceva
sentire protetta.
«E togliti, non vedi che con la tua bava mi stai
sporcando la maglietta?».
La cattiveria delle sue parole mi lasciò interdetta per
qualche secondo, incapace
di rispondere in alcun modo.
«Fanculo», replicai delusa e sciogliendo
l’abbraccio.
Voleva la guerra? Io non mi sarei di certo tirata
indietro.
Angelica, notando la mia improvvisa freddezza e malumore, ci propose di
entrare
in casa. Ma non sarei riuscita a fare buon viso a cattivo gioco e
perciò
guardai mia madre speranzosa che capisse, senza che ci fosse il bisogno
che le
chiedessi apertamente di farmi andare da
Dennis.
«Mamma…».
«E va bene».
«Grazie».
I presenti rimasti in ascolto guardavano me e mia madre curiosi,
evidentemente
non capendo di cosa stessimo
parlando.
«E rimani pure a dormire lì, ma vedi di tornare
domani appena spunta il sole
ché vogliamo salutarti prima di
partire».
«Vai da qualche parte, Miri?», mi chiese Angelica
sorpresa.
«Ho degli amici che hanno preso casa nelle vicinanze e volevo
vederli», risposi
leggermente scocciata, perché impaziente di rivederli dopo
più di un anno.
Dennis, più grande di me di tre anni, abitava nella mia
stessa città, ma gli
altri no e questa era una delle poche e rare opportunità di
passare più di
qualche giorno con loro.
Pur avendo instaurato rapporti di amicizia con Dennis a Pisa, lo
incontrai per
la prima volta, anche se inconsapevolmente, a casa di Marco in
occasione del
nono compleanno di
quest’ultimo.
Mi ero trasferita già da qualche mese e, in occasione del
compleanno del mio
migliore amico, i miei avevano deciso di ritornare per qualche giorno
nella mia
città natale.
Quella volta non lo
notai.
Il destino ci diede però una seconda opportunità
permettendoci di farci
rincontrare proprio a Pisa e, quando scoprimmo di essere nativi della
stessa
città, non potemmo fare a meno di fare
amicizia.
Entrambi ricordavamo con nostalgia i luoghi in cui, da bambini,
trascorrevamo
il nostro tempo: il mare, il parco accanto alla scuola,
l’edicola in cui
compravamo le figurine e altri posti che avevano fatto da spettatori ai
momenti
più significativi della nostra
infanzia.
«Marco, vedi di accompagnarla», ordinò
Angelica guardando il figlio
severamente.
Mi aspettai che rifiutasse ma, sebbene contrariato,
accettò.
La via in cui i ragazzi avevano affittato l’appartamento non
era molto lontana
e perciò la raggiungemmo in pochi
minuti.
Durante il tragitto nessuno dei due aveva provato a fare conversazione
e
l’imbarazzante silenzio che si era creato non faceva che
aumentare la mia
agitazione.
Approfittando del mutismo di Marco, mandai velocemente un messaggio a
Dennis,
avvisandolo del mio
arrivo.
Quando finalmente arrivammo mi aspettai che se ne andasse, invece mi
seguì per
le scale e anche
nell’appartamento.
Arrivata al terzo piano abbassai senza timore la maniglia della seconda
porta a
destra. La musica e le risate che provenivano non lasciavano spazio ai
dubbi:
in pochi attimi avrei riabbracciato le mie amiche.
Entrai di soppiatto, attenta a non farmi sentire da nessuno ma Marco, a
pochi
passi di distanza da me, non era sulla mia stessa lunghezza
d’onda e perciò si
girarono tutti nella nostra direzione, a causa dei fastidiosi rumori
che le sue
scarpe producevano a contatto con il pavimento.
Daniele e Alessandro furono i primi a venirmi incontro e a stritolarmi
in un
abbraccio che diventò collettivo quando si unirono anche le
ragazze.
Conobbi Martina qualche anno prima a Firenze quando Dennis, conoscendo
la mia
passione per l’arte, decise di portarmi alla Galleria degli
Uffizi.
Dopo più di due ore in cui lo avevo trascinato a destra e a
manca il mio amico,
ormai distrutto, mi disse che aveva bisogno di qualche attimo per
riposarsi.
Ma io, per niente stanca e presa dall’entusiasmo di tutte
quelle opere d’arte,
mi impuntai per rimanere ancora un altro po’ e decidemmo di
ritrovarci
all’uscita della Galleria entro
un’ora.
E fu proprio allora che incontrai
Martina.
Mesi dopo incontrai anche il suo ragazzo Alessandro, la sorella di
quest’ultimo, Ilaria, e per ultimo Daniele, migliore amico di
Ale.
«Dio, quanto sono contenta di
vederti».
«Tu
saresti?».
«Miri, ma mica è Mattia
questo?».
«Ma no che non lo è», affermò
Daniele convinto, pur non avendo mai visto
nemmeno una foto di Mattia.
Prima che tutti cominciassero a escogitare teorie varie, mi affrettai a
chiarire e spiegai loro che Marco non era altro che il mio nuovo
coinquilino.
«Cosa?», domandò Dennis sorpreso. Da
quando ero entrata non mi aveva rivolto la
parola –in fondo non ci vedevamo solo da qualche giorno
–e continuava a
guardare Marco in
cagnesco.
«Qualche problema?», chiese il biondo in tono di
sfida mentre io, man mano che
passavano i minuti, diventavo sempre più
sconcertata.
«A dire il vero, sì»,
cominciò il mio amico alzandosi dalla poltrona e
avvicinandosi minacciosamente a Marco, «non mi va a genio che
Miranda viva con
te».
«Interessante… E a me dovrebbe
importarmene?». Anche lui si stava adirando e la
discussione sarebbe sicuramente degenerata se Alessandro non fosse
intervenuto.
All’epoca non sapevo che cosa legava i due, ma già
cominciavo a capire che due
mesi erano davvero tanti e molto difficilmente, se nessuno dei due
avesse
allentato un po’ la corda, le cose tra di loro si sarebbe
sistemate.
«Marco, grazie per avermi accompagnata ma stanotte rimango a
dormire qui».
«Non ne dubitavo». Nel suo sguardo mi
sembrò di leggere delusione e forse
disgusto, ma invece che indagare preferii fare finta di nulla e
concentrarmi
sui miei amici.
Lui
Uscito da
quell’appartamento, invece che
andare subito a casa, preferii farmi una passeggiata per il lungomare,
sperando
di schiarirmi un poco le
idee.
Vedere Dennis sorridermi con cattiveria, per poi abbracciare
teneramente
Miranda, aveva fatto riemergere in me ricordi di cui credevo non me ne
importasse più nulla.
Non sapevo se mi infastidisse di più il tradimento di Dennis
oppure vedere con
quanta semplicità Miranda mi aveva
sostituito.
Dopo il suo trasferimento continuammo a sentirci per qualche altro
anno, ma la
distanza raffredda i rapporti e così era capitato anche a
noi.
Nei primi anni ogni occasione era buona per vederci, poi ci fu il
periodo della
malattia di mio padre e da allora ci perdemmo di
vista.
L’estate
del mio sedicesimo compleanno, il
mio vecchio amico d’infanzia Dennis venne a visitare i nonni,
e passammo
qualche giorno insieme.
E fu proprio allora, mentre stavamo parlando della sua nuova vita a
Pisa, che
mi fece vedere la foto della sua ragazza:
Miranda.
Fino a quel momento non avevo mai pensato che i due si trovassero nella
stessa
città e alla possibilità di potersi
conoscere.
Non capii –e non lo feci per molto tempo –quel
sentimento di gelosia che si era
insinuato in me e che mi fece vedere Dennis con altri
occhi.
L’affetto che Miranda e io provavamo l’uno per
l’altra era già diminuito a
causa della troppa distanza che ci divideva e poi, vedere che mi aveva
sostituito con Dennis, aveva spezzato il mio cuore da bambino
innamorato.
Già, perché io sognavo di sposarmela quella
bambina con le
trecce.
Tutto terminò l’estate successiva quando lui,
ritornato per qualche settimana a
Civitavecchia con la famiglia, tradì irrimediabilmente la
fiducia sia mia che
di Miranda.
∞∞∞
Quando ritornai a casa,
l’ora di cena era
passata già da tempo, ma i miei genitori e i loro amici non
sembrarono
accorgersene, continuando a chiacchierare davanti ad un bicchiere di
vino.
«Tesoro»,
esclamò mia madre quando mi vide, «hai
mangiato?».
«Mi sono
preso una pizza nel ritornare», mentii. Non avevo fame e
nemmeno la
forza di intrattenere una discussione, e tantomeno spiegarle il
perché della
mia mancanza di
appetito.
Senza aspettare
risposta mi diressi in camera mia e, dopo una doccia ghiacciata
viste le temperature tropicali, mi distesi supino sul
letto.
Nonostante pochi
giorni addietro avessi concluso l’esame di
maturità non avevo
la minima idea di cosa avrei fatto ad ottobre, e l’incertezza
continuava a
torturami incessantemente impedendomi di prendere
sonno.
Annoiato, e stanco
di pensare nuovamente all’abbraccio tra Miranda e Dennis,
chiamai Laura nella speranza che non fosse troppo tardi e non mi
mandasse a
quel paese per averla
svegliata.
«Pronto?»,
biascicò dopo un sonoro
sbadiglio.
«Dormivi?».
«Più
o meno», mi rispose subito dopo aver sbadigliato
nuovamente.
«Che
volevi?»,
continuò.
«Mi
annoiavo… Tuo fratello è in casa? L’ho
chiamato per uscire un’oretta fa, ma
non mi ha risposto».
«È
dalla sua ragazza. Vuoi che gli dica che hai chiamato?»,
domandò più
addormentata che
sveglia.
«Va beh,
non importa. Ci sentiamo
domani».
Laura, nonostante la
differenza di età e l’iniziale opposizione del
fratello,
era una delle persone a cui più ero legato e che, con la sua
pazza saggezza,
aveva evitato più di una volta che il nostro gruppo di amici
si sciogliesse a
causa di alcuni screzi interni; pur essendo la più piccola
la ragazza aveva le
palle ed era benvenuta da tutti.
Ancora una volta,
inevitabilmente, i miei pensieri ritornarono su quella dolce
bambina che da tanti anni prima popolava i miei
sogni.
“Fanculo
lei e pure Dennis”, pensai rigirandomi per
l’ennesima volta nel letto
e sentendo che, finalmente, la stanchezza riusciva ad avere la meglio
sui miei
pensieri da
depresso.
«Fanculo»,
sussurrai un’ultima volta prima di prendere definitivamente
sonno.
Note
Ho
scritto questo
capitolo più o meno un anno fa, ma avevo deciso che non
avrei pubblicato nulla
fino a quando non avrei finito con la maturità
perché sapevo che non sarei
stata capace di portare a termine gli impegni presi. Però la
maturità ora è
finita e spero che la voglia di scrivere non mi abbandoni e che io
riesca a
finire tutte quelle storie incomplete o mai pubblicate.
Questa storia è la versione di una storia che avevo
pubblicato ma che ho
cancellato perché non mi piaceva più e
perché non la sentivo più mia.
Ringrazio di cuore _Stranger_ che continua a sopportarmi e a
supportarmi da
così tanto tempo. Senza di te non avrei pubblicato
né questa né altre storie.
Grazie
Un
bacio,
Alina_95
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