Cap.
2
The
Stone
Oscuro
è il cuore della strega
che
di sangue grondano le mani.
Maledetta
è la sua tomba di pietra
su
cui nessuno si reca a pregare.
Il
suo dominio di terrore e morte
le
cinque streghe hanno fermato
e
Stone River's liberato.
Ora
giace nella fredda pietra
ma
se la luna di sangue sorgerà
la
strega sorella giungerà per liberarla.
Una
vita per una vita
Un'anima
per un'anima
Le
Tenebre caleranno,
dal
fiume la nebbia si alzerà,
antichi
nemici diverranno amici,
e
quando sorgerà la luna di sangue,
nessuno
sarà più al sicuro.
Aveva
sempre pensato di poter vivere tranquillamente, di andare avanti
senza eventi rilevanti, di crescere sua figlia in un mondo tranquillo
e pacifico.
Vane
speranze.
Il
risveglio non fu dei migliori. Dopo una notte passata ad osservare il
soffitto, andando avanti e indietro per il corridoio, passando dalla
sua stanza a quella di Cassandra per controllare che dormisse, Avalon
si rese conto che sperare non portava a nulla.
In
piedi, attorno alla pietra, Avalon, Phoebe, Ellen, Lauren e Siusan
osservavano il monolito con preoccupazione e timore. La crepa si
stava allargando e potevano chiaramente sentire il potere di Willow
al suo interno. Il melo di Deana stava lentamente appassendo, come se
improvvisamente fosse arrivato l'autunno.
«Non
so voi, ma stare qui davanti a fissarla mi mette a disagio!»
esclamò Ellen smorzando la tensione.
Phoebe
continuava a giocherellare con una ciocca di capelli biondi, cercando
di capire cosa fare. Ma come poteva? Aveva solo diciotto anni, era
una ragazza che voleva semplicemente vivere la sua vita e divertirsi,
non pensare alle sorti del mondo e al suo ingrato compito di
guardiana di una tomba. «Io vado, farò tardi a lezione!»
«Forse
nel grimorio c'è qualcosa.» Avalon l'aveva detto per
dare una speranza, ma sapeva anche lei che il grimorio, per quanto
antico, non conteneva nulla, nemmeno un incantesimo che potesse
tornare utile a quella situazione.
«E
se tentassimo di guarire l'albero?» domandò Lauren, ma
Siusan la guardò con sguardo ammonitore. No, qualsiasi ipotesi
era da scartare.
Poi
Avalon ricordò un racconto, una specie di filastrocca che la
sua bisnonna le aveva cantilenato da bambina. «Se la crepa è
comparsa, può darsi che qualcuno stia cercando di liberare
Willow, qualcuno fuori dalla città che non ha ancora
abbastanza potere per riuscirci.»
«Cosa?»
«Ma
se la luna di sangue sorgerà la strega sorella giungerà
per liberarla.» disse Avalon. «La filastrocca di
nonna Charlotte!»
***
Seduto
al bancone del bar, con la visiera del cappellino abbassata quanto
bastava per vedere, Connor beveva piccoli sorsi del whiskey che aveva
ordinato. Osservava la vita scorrere tranquillamente, in attesa del
momento giusto per fare la sua mossa.
Poteva
andare da Avalon subito, parlarle, cercare di dirle la verità,
ma come poteva sperare che lo perdonasse? Era un cacciatore di
streghe che aveva tradito il giuramento fatto innamorandosi di una
strega. Come avrebbe reagito lei una volta venuta a conoscenza del
vero motivo che l'aveva spinto a lasciarla?
E
sua figlia?
«Siamo
in una piccola città, credevi davvero di poterti nascondere
tanto a lungo?»
Quella
voce. Connor sorrise, senza nemmeno voltarsi, ascoltando lo
scampanellio dei bracciali di Ellen. «Come lo sapevi?»
Ellen
fece spallucce, sedendosi accanto a lui. «Te l'ho detto, è
una piccola città.»
«Avalon
lo sa?»
«No,
non le ho detto nulla. Abbiamo altro a cui pensare.»
Ellen
era la figlia minore di Siusan. Avalon l'adorava, spesso la definiva
la sua confidente, forse per il fatto che più di una zia,
Ellen si comportava più come amica che come parente.
Aveva
gli occhi sempre contornati dall'eyeliner nero, come se volesse farli
sembrare più sottili, quasi da gatto. Portava bracciali con
charmes tintinnanti e collane lunghe con ciondoli grandi. Era strana,
se la si giudicava solo dalle apparenze, ma aveva un cuore grande.
Ellen
aveva perso il fidanzato pochi giorni prima del matrimonio, morto in
un incidente stradale mentre la raggiungeva per le prove della cena
di nozze. Un tragico incidente che le aveva spezzato il cuore.
Peccato, perché aveva solo trentasei anni ed era una bella
donna, meritava di essere felice.
Quando
era arrivato a Stone River's, cinque anni prima, aveva fatto ricerche
sulle Douglas, frequentando Avalon aveva scoperto i poteri di tutte
le streghe della famiglia. Se ricordava bene, Ellen era una medium in
grado di manipolare i fulmini a suo piacere e con sensi psichici
acuti, forse perfino sensitiva, ma non ne era certo. Lauren, la madre
di Avalon e Phoebe, poteva manipolare i ricordi delle persone,
perfino prenderne il controllo e far fare ciò che più
preferiva, poteva anche leggere il pensiero e spostare gli oggetti
con la forza del pensiero. Avalon, la sua Avalon, era in grado di
controllare gli elementi naturali, una medium e una sensitiva capace
di prevedere il futuro, proprio come sua sorella Phoebe che era anche
una telecineta. Era Siusan quella da temere, la strega che, non solo
possedeva molti più poteri delle altre, ma poteva trasferire
il suo spirito in altri corpi, perfino varcare le soglie del mondo
degli spiriti, suo padre pensava perfino che fosse in grado di
riportare in vita i morti, ma quelle erano solo voci, non c'erano
vere e proprie prove a riguardo.
«Perché
sei tornato, anzi, perché te n'eri andato?»
«Storia
lunga, Ellen.»
«Se
sei qui per recuperare il rapporto, ti do un consiglio» disse
Ellen, alzandosi dallo sgabello. «Vattene finché sei in
tempo!»
Minaccia
o avvertimento?
«E
se ti dicessi che so tutto sulle streghe Douglas?»
Ellen
si bloccò all'istante, guardando Connor posare lentamente il
bicchiere sul bancone. «Non so di cosa tu stia parlando.»
«So
che siete streghe, tutte quante. So che avete un segreto legato ad
una strana pietra nel frutteto.»
«Abbassa
la voce.» Ellen si guardò attorno, cercando di decidere
il da farsi, ma la realtà era che Connor l'aveva sorpresa.
Doveva agire, ma come? «Chi sei?»
«Il
mio nome non è Connor Reynolds e non sono nato a Boston.»
«Vuoi
dirmi il tuo vero nome, oppure preferisci che ti faccia seriamente
del male?»
«Connor
Wolf, di Salem.»
La
famiglia Wolf di Salem, la più temuta famiglia di cacciatori
di streghe del Massachusetts, erano i diretti discendenti di Cotton
Mather, uno degli inquisitori di Salem che per poco non prese le sue
antenate. Perché diavolo gli stava dicendo tutto questo?
Ellen
si sentì gelare il sangue; per la prima volta nella sua vita
si trovava di fronte ad un cacciatore di streghe. «Chi è
tuo padre?»
«Jeffrey
Solomon Wolf.»
Il
cacciatore per eccellenza. Il flagello delle streghe. Jeffrey Solomon
Wolf era un uomo senza pietà e senza coscienza; aveva ucciso
centinaia di streghe senza lasciare tracce, si diceva ne
collezionasse gli occhi per puro vanto. Se il figlio sapeva di loro,
allora voleva dire che erano finite.
«Prima
che tu scappi, voglio solo dirti che non sono qui per uccidervi.»
«No?
Sei qui per il the delle cinque?»
«Sono
qui per aiutarvi. Mio padre manderà altri cacciatori ad
uccidervi. Dovevo farlo io cinque anni fa, ma non ce l'ho fatta.»
***
Lo
chiamavano “Scrigno dei ricordi”. Era una semplice
scatola di legno finemente lavorata, con incisioni runiche ed il
marchio delle antenate sul coperchio. Era stata intagliata in un
pezzo di frassino e resa impossibile da aprire tramite la magia.
Lauren
ne teneva in mano uno. Era stata sua madre a crearla per lei quando,
anni prima, aveva capito che il suo cuore stava iniziando ad amare
Marcus. L'aveva supplicata di aiutarla, non poteva permettere che il
marito morisse, non voleva soffrire, non voleva che la maledizione
portasse alla morte un uomo innocente.
Così
Siusan aveva creato quello scrigno, relegando al suo interno tutti i
ricordi belli, tutte le emozioni ed i sentimenti di Lauren per
Marcus. Aveva funzionato.
Il
giorno dopo era stata la stessa Siusan ad allontanare l'uomo ed
imporgli il divorzio. Era stata dura? Non lo ricordava, perché
ogni sentimento provato per lui era chiuso in quella scatola magica.
Almeno
era salvo.
Lauren
aveva sacrificato l'amore per suo marito pur di saperlo vivo. L'aveva
fatto cacciare, allontanato, facendogli credere che per lei era stato
solo un mezzo per generare una nuova stirpe di streghe, ma non era
così.
Seduta
sulle sponde del fiume Mystic guardava la superficie dello scrigno.
Era stata così speranzosa il giorno delle sue nozze, aveva
scelto di rischiare, sicura di poter trovare un modo per aggirare la
maledizione, ma niente, nemmeno il sacro grimorio, il ricettario che
le sue antenate avevano scritto nel corso dei secoli, era servito a
qualcosa. Se lei si fosse lasciata andare all'amore, suo marito
sarebbe morto prematuramente.
Non
era stato facile prendere quella decisione, ma alla fine aveva
scordato tutto. L'amore, la felicità, i bei momenti, a stento
ricordava cosa aveva provato per lui, c'erano solo i sentimenti per
le sue figlie, nient'altro.
Lo
Scrigno dei Ricordi. Sua madre ne aveva uno identico. L'aveva creato
il giorno dopo la morte di Peter, suo marito, il padre delle sue due
figlie. A differenza dello scrigno di Lauren, quello di Siusan
serviva per contenere il dolore e l'amore. Perdere il marito era
stato devastante per lei, un vero e proprio colpo al cuore. Lo
Scrigno l'aveva aiutata a dimenticare tutto. In quella scatola di
legno aveva relegato ogni singolo ricordo, ogni sentimento, ogni
minima traccia di Peter e, questo, l'aveva resa la donna fredda e
spietata che tutti conoscevano.
Non
era sempre stata così, c'era stato un tempo in cui Siusan
aveva amato talmente tanto da soffrirne, ed era stata una donna
affettuosa, amorevole, soprattutto con Lauren ed Ellen. Ma la morte
di Peter le aveva portato via quella voglia di vivere e, per
superarlo, aveva scelto di chiudere tutto nello Scrigno.
La
maledizione non perdonava e loro dovevano imparare a conviverci.
«Cosa
succederebbe se tu l'aprissi?»
Lauren
si voltò, scostando una ciocca di capelli biondi dalla fronte
per vedere meglio sua sorella Ellen avanzare verso di lei.
«Marcus
morirebbe, perché io tornerei ad amarlo.»
«Beh,
non saresti l'unica vedova di questa famiglia» disse Ellen con
amarezza, sedendosi accanto alla sorella.
«Sai
che puoi chiedere a nostra madre di creare uno scrigno anche per te.»
«No,
io voglio ricordare Thomas, voglio ricordare tutto l'amore che ho
provato per lui e tutta la felicità che mi ha donato.»
Ellen aveva perso l'amore della sua vita, ma aveva scelto di soffrire
e ricordare. «Abbiamo un problema.»
«Cacciatori?»
«Peggio»
disse Ellen. «Jeffrey Solomon Wolf.»
Lauren
non aveva l'aria stupita, del resto leggeva il pensiero, aveva già
compreso cosa passava per la testa della sorella. «E Connor?
Credi che lascerà Stone River's?»
«No,
a quanto pare ama la nostra Avalon e non se ne andrà senza
prima averle parlato e combattuto per lei.» Ellen alzò
gli occhi al cielo. «Uomini!»
***
«Credi
sul serio che possa tornare?» Phoebe osservava la lezione di
danza, disegnando le figure delle ballerine alla sbarra. Avalon la
lasciava assistere alle lezioni che teneva per le ragazzine e
sfruttava l'occasione per ritrarre le adolescenti nelle loro pose
tirate, un ottimo esercizio.
Avalon
fece spallucce, tenendo sotto controllo i movimenti delle sue
allieve, lasciandosi trasportare dalla musica di Tchaikovsky. «Non
lo so, ma quella crepa è preoccupante e l'albero sta'
appassendo.»
«Per
non parlare delle mie visioni, sono sempre più forti ed oggi
ne ho avuta una ad occhi aperti!»
Phoebe
somigliava molto alla madre, stessi occhi verdi e capelli biondi,
pelle diafana e delicata, ma c'era qualcosa in lei, nel suo sguardo,
che ricordava ad Avalon il padre. «Quando parli così
sembri papà!»
«Peccato
che non ho idea di come sia o dove sia.»
«Meglio
sapere che è vivo, piuttosto di saperlo morto, non credi?»
Phoebe
sbuffò, riponendo i fogli e il carboncino, alzando lo sguardo
sulla sorella. Era pronta a ribattere, ma quando vide gli occhi di
Avalon si fermò. Era dolore quello che vi leggeva, rabbia e
disperazione. Non si stava riferendo solo al padre, ma anche a
Connor. «E se ci fosse un modo?»
«Un
modo per impedire a Willow di tornare?»
«No,
un modo per spezzare la maledizione. Il grimorio delle antenate
contiene talmente tanti incantesimi, alcuni in una lingua
sconosciuta, magari c'è anche la soluzione.» Phoebe si
alzò, prendendo il braccio della sorella. «Potremmo
porre fine a questa sofferenza, a queste morti.»
«Credi
che nonna Siusan non ci abbia già provato?» Avalon si
liberò della presa di Phoebe, cercando di tenere un tono
basso. «Abbiamo scandagliato il libro, carattere per carattere,
ma nessuna delle nostre antenate ha mai trovato un incantesimo o un
modo per aggirare la maledizione. Siamo condannate alla sofferenza
eterna, ad innamorarci per poi vedere morire gli uomini da noi
amati.»
La
musica finì e Avalon dovette tornare alla realtà,
fingendo che nulla stesse accadendo, che il dolore che provava era
solo un pallido miraggio. Batté le mani, annunciando la fine
della lezione. Attese che le sue allieve uscissero, cominciando a
racimolare la sua roba. «Fattene una ragione Phoebe, e prima
che tu te ne accorga riuscirai a chiudere il tuo cuore all'amore»
disse, prendendo le sue cose e lasciando l'aula.
«E
diventare una senza cuore come le donne della nostra famiglia?»
urlò Phoebe, ma ormai Avalon era già uscita.
C'era
stato un tempo in cui sua sorella aveva amato, il suo sorriso era
stato diverso, più solare e contagioso; ora, dietro quegli
occhi, nascondeva il dolore di essere sola. Connor se n'era andato e,
per fortuna, l'aveva fatto di sua spontanea volontà, senza che
fosse Avalon a cacciarlo. Non le aveva dato il tempo d'innamorarsi di
lui, ma le aveva spezzato il cuore. Forse un bene, dato che il
sentimento di affetto era stato eclissato dalla rabbia e
dall'abbandono. Aveva concentrato tutte le sue energie e le sue
attenzioni verso Cassie, dimenticandosi di Connor e della felicità
provata con lui. Non aveva rinchiuso il suo ricordo come sua madre
aveva fatto con quello di Marcus, ma aveva semplicemente tramutato
qualsiasi sentimento positivo verso l'amato in un sentimento negativo
e corrosivo, corroborando tutte le altre emozioni per offuscare
qualsiasi minima fiaccola di amore. Il tutto per mantenere in vita un
uomo che l'aveva lasciata da sola con una figlia da crescere.
Ci
doveva essere un modo per impedire tutto questo, per dare alle donne
della sua famiglia quella felicità che meritavano. Amare per
poi soffrire, era la maledizione della Douglas, la loro croce e,
presto, sarebbe stata anche la sua. No, lei non voleva soffrire come
sua zia Ellen, non voleva rinchiudere i suoi sentimenti in una
scatoletta di legno come sua madre e sua nonna, diventando fredda e
priva di sentimenti positivi. Lei voleva amare, voleva sentirsi le
farfalle nello stomaco, sposarsi, avere dei figli ed invecchiare con
l'uomo della sua vita, ma sapeva che era tutto impossibile.
Senza
rendersene conto giunse a casa, addentrandosi nel frutteto. Era di
fronte alla pietra e la crepa sembrava più grande rispetto a
quella mattina.
«É
tutta colpa tua» disse, guardando attentamente quel monolito
maledetto, la tomba che ospitava l'anima di colei che continuava a
causare così tanto dolore alla sua famiglia anche dopo secoli
dalla sua morte. «Mi hai sentita? Io ti odio!» urlò,
avvertendo la rabbia montarle in corpo. «Hai rovinato le nostre
vite!»
Afferrò
un sasso a terra, alzando il braccio sopra la sua testa, era pronta a
tirarlo, ma qualcuno le prese il polso, impedendole di lanciare la
roccia e distruggere la tomba. Vide i simboli incisi sul tronco del
melo illuminarsi, mentre si voltava per guardare in faccia colui che
l'aveva fermata. «Connor!»
Angolo
autrice
Eccomi
di ritorno, scusate l'attesa.
In
questo capitolo scopriamo qualcosa di più, conosciamo meglio
il personaggio di Phoebe e Lauren, abbiamo un quadro della situazione
di famiglia e apprendiamo altre informazioni su Connor e chi è
in realtà. Ma la domanda vera è: perché i
simboli sull'albero si stanno illuminando?
Altre
domande le cui risposte arriveranno col tempo!
Vi
lascio a questo capitolo che, spero, sia stato di vostro gradimento!
|