Maternità/Paternità
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
8 -
Makoto e Gen (nelle ultime settimane di gravidanza)
Nota:
devo avvertire. Questa piccola storia contiene spoiler molto grossi e
importanti. Se non volete avere sorprese, sarebbe meglio che la
leggeste solo se avete già letto gli spoiler che ho postato
nel gruppo Facebook 'Lo spoilerone di Elle'.
In quel primo weekend di Giugno il caldo era disceso su Tokyo come la
bocca dell’inferno. Lui e Makoto non avevano fatto in tempo a
installare l’aria
condizionata
nel loro appartamento. A maggio avevano discusso se
risparmiare prendendo un impianto portatile, ma era parso a entrambi
inutile,
considerando che la casa era predisposta per un impianto fisso. Era
uno dei motivi per cui l’avevano scelta.
Quella mattina Gen
aveva proposto a Makoto di comprare subito un condizionatore con un
paio di split, per farlo installare l’indomani. Lei si era
impuntata.
«Non sappiamo per quanto rimarremo a vivere qui.
È
una spesa inutile.»
Lui non aveva capito come lei potesse preoccuparsi del denaro.
«Vuoi morire di caldo proprio in queste ultime
settimane?» Nelle sue condizioni?
«Il meteo non ha
detto se questa afa continuerà. Sai quanto dovremo spendere
dopo? Pannolini, accessori, vestiti…»
Non navigavano nell’oro, ma avevano abbastanza da
permettersi
delle basiche comodità. «Mako… Pensa a
stasera. Stai già facendo fatica a trovare una posizione per
dormire.»
«Grazie di avermelo ricordato!»
Di tanto in tanto lei era intrattabile. «Lo dico per
te.»
«Magari durerà solo un paio di
giorni e intanto noi avremo speso una fortuna. Non posso pensare che
rimanere fresca mi costi centomila yen a notte! Non si può
buttare così il denaro, è... irrispettoso. Non
parliamone più!»
Gen aveva smesso di discutere. In quei giorni sapeva quali
battaglie
affrontare con lei. Quando Makoto era infastidita da qualcosa, non
c’era buon senso che tenesse. Tutto quello che lei voleva era
avere ragione, perché… sì. Non le era
mai piaciuto litigare e e ora che si portava addosso dieci chili di
peso in più, la minima discussione la irritava.
La mattina
dopo si sarebbe arresa all’evidenza e avrebbero comprato il
loro condizionatore, ne era convinto. Forse sarebbe servito per poco
tempo, ma a lui non
importava: Makoto era incinta e non doveva subire l’afa
dell’estate, così come i loro due bambini, sia
dentro la pancia che fuori, appena fossero nati. Dalla
comodità di tutti e tre lui avrebbe a sua volta tratto
giovamento.
Davanti al ventilatore, chiuse gli occhi. Il venticello
generato dalle
pale in movimento era fantastico. Si allontanò e
direzionò il soffio dell’aria verso il letto. A
tre metri di distanza, anche se il ventilatore fosse rimasto acceso
tutta la notte, non avrebbero preso il raffreddore.
Makoto entrò in camera, nuda con
l’eccezione di un
paio di mutandine. Tutto quello che vedeva lei - Gen lo sapeva - era la
protuberanza tesa della pancia. Lui trovava molto più
interessante la maniera incredibile in cui si erano gonfiati i suoi
seni. Ne aveva visti di simili solo in certi video, e non per merito di
madre natura.
Makoto si coprì il petto con l’indumento
che
portava in mano. «Non guardarmi.»
Lei era di cattivo umore. No, era triste. «Cosa
c’è?»
«Non mi sta il
pigiama.»
Gen guardò il pezzo di stoffa bianco tra le sue
braccia.
Makoto lo allargò di fronte al corpo.
«Era il
più fresco che avevo! Non mi entra più!»
«Mi dispiace. Domani ne compriamo uno
nuo-…» Non concluse. Makoto era vicina alle
lacrime.
«Ehi…»
«Non so neanche se mi
stanno gli altri! L’estate è arrivata troppo
presto, fa troppo caldo!»
Non era il quel modo che lui avrebbe voluto avere ragione.
Avvicinandosi, provò a stringerla.
Makoto si scostò. «E mi sto
comportando da strega!»
«Non è ve-»
«Non
mentire!»
Dire la cosa giusta stava diventando un percorso a ostacoli.
«Sarei infastidito anche io se avessi tanto peso addosso
da…» Si rese conto del suo errore.
Makoto abbassò lo sguardo sul proprio stomaco,
abbattuta.
«È enorme. E mancano ancora tante settimane. Non
possono uscire prima.»
Gen la prese per un braccio. Delicatamente, la
portò davanti
all’aria generata dal ventilatore. «Così
si sta meglio, no? Andiamo, si risolve tutto.»
Lei
cominciò a perdere energia. «Mi
ammalerò.»
«No, mi alzerò a
spegnerlo dopo che ti sarai addormentata. Il meteo dice che tra poco
arriva un po’ di aria fresca.» Era una
speranza.
Makoto teneva la testa china. Si accarezzò lo
stomaco. «Mi dispiace, non ce l’ho con voi. Vi
voglio bene.»
La singola lacrima che le bagnò la guancia gli
causò dolore al petto.
«Cosa c’è che non va?»
«… tutto.» Lei ce
l’aveva con
se stessa. «Non sappiamo se rimarremo a vivere qui. Non
voglio spendere tanto in vestiti che poi non userò
più. Vorrei avere il tempo di cucirmi qualcosa,
ma…»
Certo, lei aveva ancora troppi impegni. Era
restìa a metterli da parte, ma quello era un discorso da
rimandare al
giorno seguente: era troppo complicato.
«Sediamoci.»
Makoto non protestò. Si
sistemarono sul bordo del letto.
«Dobbiamo risolvere una cosa alla volta. Per i
vestiti… Comprali. Non stai spendendo solo per degli abiti,
ma
per stare bene e rilassarti. Lo stai facendo per te stessa e per loro,
quindi è una cosa importante.»
Con le labbra unite,
strette per l’infelicità, Makoto
considerò il suo ragionamento.
«Per la casa… mi dispiace, è
anche
colpa mia. Domani ci mettiamo davanti al tavolo e prendiamo una
decisione insieme. Non importa se non sarà perfetta o se
spenderemo di più.»
«Magari dovremo solo
restare qui.»
«Ne parliamo domani. Oggi pensiamo al
problema immediato: il pigiama. Vuoi che ti presti una delle mie
magliette?»
Makoto sospirò. «Speriamo
che mi stia.»
«Certo, ne ho alcune
larghe.»
Lei fece una smorfia.
«Non lo intendevo in quel modo.»
Andò a toccarle la pancia e detestò il modo in
cui lei si
irrigidì.
Perché Makoto era diventata tanto suscettibile su
quel
punto? In precedenza non le era importato. «Se i bambini sono
grandi, vuol dire che sono sani e forti, no?»
«Lo so. Anche io voglio che crescano bene.»
Lei si
stava ancora coprendo. «Sei cambiata, ma non in
peggio.»
«La pancia non è il vero
problema, è tutto il mio torso che… Con queste
mammelle sembro una mucca!»
Lui cercò di non ridere. «Ma
no.»
«Sono sgraziata e
brutta!»
«Non è vero.»
«Ho letto in una rivista che poi il seno
non torna più come prima. Più si allatta e peggio
è. E io dovrò farlo per due!»
Ora stava esagerando. «Makoto… tu non sei
una
donna normale.»
A quello lei non rispose.
«Hai il tuo potere che ti guarisce e fa tante cose
sul tuo
corpo. Comunque, anche se non rimettesse a posto le cose… Io
non ti trovo brutta. Anzi, da una settimana a questa parte sei cambiata
in un modo che trovo molto interessante.»
Lei se la prese per
il suo tono allusivo. «Non ho un seno solo per te.»
Certo, no.
Makoto si abbatté di nuovo. «Comunque,
non
saranno
belle da sgonfie. Tutta questa carne ballonzolerà!»
«Non importa.»
Lei non lo ascoltò,
appoggiò la testa sul suo petto. Iniziò a
singhiozzare.
Gen si sentì incompetente. «Torneranno
come prima,
vedrai.» Era quello che lei voleva sentirsi dire, inoltre...
«Avrai
un aspetto fantastico in ogni momento.» Lo pensava davvero e
la
circondò con le braccia.
Lei pianse ancora un po’,
poi si scostò piano. Tirò su col naso.
«Devo smetterla. Per
loro.»
Non era necessario essere forte. «Non sono ancora
qui. Non ti
sentono.»
«Per fortuna.» Makoto
rilasciò un lungo sospiro, ma dal suo volto era sparita la
malinconia. «Io… forse
avevo bisogno di piangere. Mi sento meglio.»
… era
quella la soluzione? «Allora puoi piangere tute le volte che
vuoi.»
La fece sorridere, una vittoria che lo fece sentire un gigante.
Sentì la mano di lei sulla guancia, poi sui capelli.
«Vai a prendermi una tua maglietta. La
provo.»
Sdraiata su un fianco, sul cuscino per il corpo che aveva
preso, Makoto
provò a rasserenarsi. Era più facile con la
brezza del ventilatore sulle gambe, una maglietta di cotone intrisa
dell’odore di Gen e la sensazione quotidiana, a
quell’ora, dei loro piccoli che si muovevano nella pancia.
Fece una smorfia. Uno dei bambini stava premendo contro un suo
rene. Si
massaggiò la parte bassa della schiena, tenendo la mano dove
l’altro suo piccolo stava calciando. Sentiva il suo
piede. Voleva prenderlo in mano e stringerlo forte, portandolo alle
labbra per baciarlo. Se solo li avesse avuti tra le braccia,
forse sarebbe stata
più tranquilla.
Era nervosa e preoccupata per tante cose.
L’idea di non avere ancora scelto la casa in cui i loro figli
sarebbero
cresciuti, le difficoltà che aveva nel gestire il suo
tempo…
Come Sailor Jupiter aveva tanti doveri ora, verso tante
persone. Aveva
diritto di prendersi del tempo per sé, ma si sentiva in
colpa a preoccuparsi solo della sua piccola vita, mentre al mondo tante
persone soffrivano e attendevano solo il suo aiuto. Inoltre,
anche se non avesse avuto tutte quelle
responsabilità, forse avrebbe sentito lo stesso che le cose
non erano completamente a posto.
Sarebbe stata una buona madre? Sapeva
cucinare, era affettuosa, di solito calma, ma… Due bambini.
Sarebbe stato difficile crescerne uno, ma due?
Non voleva prendere qualcuno che la aiutasse, era compito suo
fare la
madre. Lo aveva desiderato così tanto. Voleva essere
lì per ogni sorriso, per ogni pianto, per ogni minimo
malessere.
Come poteva qualcun altro sapere di cosa avessero bisogno i
suoi bambini? Era
lei che
li sentiva muoversi dentro di sé, era lei che già
conosceva il loro carattere. Con il pianto avrebbero cercato la loro
mamma, non una persona estranea.
Sotto la mano sentì la forma di una testolina,
mentre uno
dei piccoli - impossibilmente - trovava ancora lo spazio per girarsi.
Si riempì di un amore così assoluto da
farle
spavento e si abbracciò lo stomaco, rannicchiandosi anche se
era
fastidioso.
Si lasciò accarezzare dall’aria fresca,
chiuse gli
occhi. Mentre massaggiava i suoi figli da sopra la pancia, si
beò di
essere ancora un tutt’uno con loro. Nel silenzio,
provò a percepire il loro battito.
Uscendo dal bagno, Gen non tornò in camera.
Afferrò il cordless e prese la strada del balcone. Una
volta fuori, chiuse la porta dietro di sé e
verificò che il telefono avesse segnale.
Compose il numero
di casa Kumada-Hino.
«Pronto?»
Bene, aveva beccato proprio Hino.
«Ciao, sono Gen.»
«Ah. Ciao.»
Sì, una comunicazione tra loro due era insolita.
«Ti chiamo per Makoto.»
«Sta bene? I
gemelli sono a posto?»
«Sì. Non è un problema di
salute.»
«Okay» si
tranquillizzò lei. Si incuriosì. «Cosa,
allora?»
«Mi chiedevo se avevi un pigiama estivo che ti
avanzava. Di
quando eri incinta, ma solo se è di buona
qualità.»
«Che?»
Gen
alzò gli occhi al cielo notturno. A cosa si era ridotto?
«Makoto oggi ha scoperto che il suo pigiama preferito non le
sta più. Le ho prestato una mia maglietta, ma con quella
suderà con tutto questo caldo.»
«Ma
certo, poverina! Possibile che tu non abbia ancora installato
l’aria
condizionata?»
Gen strinse i denti. «Stiamo
discutendo se metterla. Domani riuscirò a convincere
Makoto.»
«È lei che non la
vuole?»
«Non vuole spendere soldi.»
«La solita.
Non si può pensare a risparmiare su queste cose!»
Gen non poteva essere più d’accordo.
«Il
problema è solo per stanotte. Domani cercheremo qualcosa di
nuovo.»
«Non tu. Domani mi libero e la porto fuori
con le altre. Qui stanno tutte impazzendo tra il caldo, quelle pance
e… tutto il resto. Abbiamo bisogno di comportarci da persone
normali. Lo shopping ci aiuterà.»
In effetti, tra donne si sarebbero intese meglio. E Makoto
aveva bisogno
delle sue amiche, non solo come compagne nel loro nuovo destino di
responsabilità verso il pianeta. «Glielo dico
io?»
«No, le farò una sorpresa
domattina. Comunque non dovrà comprare un pigiama: ne ho uno
perfetto per lei.»
«Io intendevo un
prestito…»
«Non vedo a cosa debba
servirmi un pigiama extra-large che non metterò mai
più. Sei fortunato, sai? È un regalo di Yuichiro,
ma lui lo ha preso della taglia sbagliata. A sei mesi ci cadevo dentro,
poi è finita l’estate e non ne ho avuto
più bisogno. È praticamente
nuovo.»
«Se è un regalo, Yuichiro non
vorrà che tu lo dia via.»
«Mi ha fatto mille regali in quei mesi e stavo
già
cercando qualcuno a cui dare questo pigiama. Non era facile
scegliere chi favorire tra tutte le ragazze. Mi hai risolto un
problema.»
Era felice di esserle stato d’aiuto, ma…
«È di cotone leggero e
fine?»
Udì la risata di Hino. «Sentirti
parlare così mi fa morire dal ridere. Sì,
è perfetto per questo caldo. Ora lo senti anche
tu.»
Lei chiuse la chiamata e Gen si scostò di lato sul
balcone.
Doveva farle spazio.
Rei Hino non si fece attendere: col teletrasporto
apparì, in
pieno costume Sailor, a un metro da lui.
«È così che giri per
casa?»
«A quest’ora ero in pigiama anche
io, non mi sembrava la mise adatta per questo incontro.»
Gli mise in mano un indumento di stoffa bianca.
Gen non
poté credere alla sua fortuna: il tessuto era uguale a
quello dell’adorato pigiama di Makoto, di cui lei decantava
le lodi da anni. «Grazie.»
«Continui a sorprendermi, sai? Ti sei proprio
ammansito.»
«Makoto era triste. Volevo fare
qualcosa per lei.»
Hino si incupì. «Stalle vicino,
sarà
nervosa in queste settimane. Poi cambierà tutto. Non
sarà facile, soprattutto per voi che ne avrete
due.»
Sì, il mondo intero continuava a
ricordarglielo, ma lui era ottimista.
Hino sorrise furba. «Ci
scambieremo favori di babysitteraggio col tempo, così avrete
modo di respirare.»
«Grazie» ripeté lui.
«Non vedo l’ora di
vederti con le occhiaie, prostrato da due neonati
urlanti.»
Lei era sadica.
«Resisterò.»
«Certo. Se vedo Makoto più stanca di te,
ti farò
camminare sui carboni ardenti.»
Gen strinse gli occhi. «Carboni ardenti
veri?»
«Ne sarei capace. Il potere non mi
manca.»
Stava lì il punto. «Ormai
neanche a me. Un giorno…»
«Chissà tra quanto. Per allora
sarò
molto contenta di raccogliere la tua sfida. Marte non teme
rivali.»
«Neanche Ganimede.»
«Sei giusto più piccolo di un milione di
chilometri rispetto a me. Ci vede, Gen.»
Hino
sparì, togliendogli il gusto dell’ultimo parola.
Makoto sentì rientrare Gen nella stanza. Lui aveva
fatto una
doccia molto lunga: sicuramente moriva di caldo.
«Ho una sorpresa per te.»
Prima che fosse riuscita a voltarsi, sentì le mani
di lui
sui fianchi, che le sollevavano la maglietta. Quella sera lei
non aveva energie per fare sesso, ma
forse l'avrebbe fatta stare bene sentirsi amata.
Gen la stava tirando a sedere, spogliandola con delicatezza,
come fosse
fragile o malata.
Non era così che lui iniziava un approccio.
«Dormire nuda non è una buona
soluzione, sai?» Si coprì il seno, cercando di
sorreggerlo per intero con le mani.
Gen scuoteva la testa. «Alza le braccia, metti
questo.»
Ritrosa, Makoto sollevò le mani in aria. Gen non
abbassò neppure per un istante gli occhi sul suo corpo, si
limitò a far scivolare su di lei un indumento leggero.
Quando lo ebbe indosso, Makoto si osservò,
incredula. Un pigiama. Era... delizioso, perfetto.
«Dove lo hai preso?»
«L’ho
chiesto a Hino. Ha detto che è un regalo.»
Oh. Rei era stata gentilissima, ma lui…
Gen era felice
come un
ragazzino. Spense la luce sul soffitto. «Visto? Con questo
pigiama e col ventilatore… quasi non sembra che faccia
caldo, vero?»
Makoto si commosse così tanto che
non riuscì a piangere. Gen era il suo eroe.
Sentì un nuovo calcio al ventre e le
uscì una
piccola smorfia.
Gen guardò il suo stomaco. «Sono di nuovo
agitati?»
«È l’ora.»
Mentre camminava i bambini si sentivano cullati, ma appena si sdraiava
un
momento… La sera era il loro momento di gioco.
Gen afferrò il cuscino lungo da dietro le sue
spalle e lo
sistemò tra loro. «Sdraiati qui.»
Per quanto era stanca, Makoto obbedì senza
protestare.
«Il pigiama è un regalo
meraviglioso.»
«Te lo meritavi. Ora vediamo se
riesco a fare qualcosa anche per...» Lui aveva posato una
mano sul
suo stomaco e si interruppe sentendo un colpo contro il palmo.
«Ah, eccolo. Chi è dei
due?»
«Indovina.»
Sorridendo, Gen si sdraiò su un fianco, mettendosi
col volto
all’altezza del suo petto. «Meglio che non lo
sappia, così non saprò chi punire per farti tanto
male. Vostra madre ha bisogno di dormire, sapete?»
Nella sua
pancia non vi furono più movimenti.
«Li hai zittiti.»
«È il giusto tono di voce. Ci vuole
disciplina.»
In risposta il pigiama fluttuò su un punto teso
della sua
pancia.
«Ah, un ribelle. Lì dentro si
annoiano.»
Makoto sorrise e abbassò le palpebre
sugli occhi.
«Quando uscirete» continuò Gen,
«vi porterò in giro tutto il giorno,
così la sera sarete stanchi. È bello anche
dormire, sapete? Lì lo fate a volontà, lo so.
Magari, appena sarete fuori, continuate così per un
po’. Dovrete avere pazienza. Tra voi due vi capite con un
tocco, con noi sarà un po’ più
difficile…»
Makoto passò una mano tra i suoi capelli,
immergendo
le dita
in lui e nella sua voce. Si lasciò cullare nel sonno.
Nel silenzio della loro camera, Gen combatté per
tenere gli
occhi aperti.
Doveva spegnere il ventilatore.
Mosse la testa nella mano di Makoto, abbracciando
piano la sua
pancia.
C’era un buon odore, di lei e di
qualcos’altro che
doveva ancora arrivare, ma che era già presente tra loro.
Udì il ticchettio lontano delle lancette
dell’orologio. Makoto respirava piano, addormentata.
Contro la mano sentì un movimento. Non un calcio,
ma una
passata leggera di piede, l’orma così piccola da
stare tre volte nella sua mano.
… era felice di essere vivo. Era felice
che lo fossero tutti.
Dormì.
FINE
NdA: Non preoccupatevi, dopo un po' Gen si è
svegliato e ha spento il ventilatore :P
Una cosina sola: non ho ancora deciso il sesso di questi
bambini. Due maschi, un maschio e una femmina... Può essere
tuto. Non ho nemmeno escluso che siano due femmine, anche se mi sembra
sempre più improbabile. Nel caso, tornerei a correggere al
femminile quanto scritto qui :D
Per il resto... be', ho inserito tante piccole chicche in
questa storia, vorrei sapere da voi se sono state colte :)
Elle
P.S. Per chi non lo conosce, ecco il gruppo facebook dedicato alle mie
storie: Sailor
Moon, Verso l'alba e oltre...