1. Lei...
Frances
esaminò con occhio critico la
doppia punta di un capello che teneva fra l’indice ed il
pollice. Leonor si era
sistemata fra le gambe del suo ragazzo, sullo gabellino di metallo
ruvido e
rosa dove il suddetto “Ciccio” – Frances
aveva quasi temuto fosse il vero nome
del ragazzo, dato che lo chiamavano tutti in quel modo – si
era sistemato per
guardare la lezione di danza. Proprio quel giorno in cui Frances era
stata
abbastanza sfrontata da presentarsi a lezione di modern con solo il
body e le
culottes, quando di solito optava per dei leggings neri e coprenti. Ma
quel pomeriggio
faceva davvero troppo caldo. La madre l’aveva pure convinta
ad indossare un
paio di shorts di jeans, quelli sfilacciati sull’orlo, che
Frances progettava
di lasciare a vita nell’armadio; e lei, in un moto di
“ispirazione” vi aveva
abbinato una maglietta che aveva rubato dal cassetto di suo fratello.
Bianca
con sopra la stampa di un teschio che portava dei Ray-Ban giganteschi
con la
bandiera americana sulle lenti. In alto c’era scritto American Way ed era di una o due taglie
più larghe di ciò che la
quindicenne indossava solitamente, cosicché avesse trovato
un pretesto per
infilare il bordo negli shorts e lasciarla vaporosa sul busto,
buttandosi da
una parte i capelli umidi di doccia. Davvero un look troppo aggressivo
per chi
è solita ad indossare leggings neri con abbinato un poncho e
delle Dr Martens.
Se avesse saputo che sarebbe venuto anche Ciccio ad assistere alla
lezione –
nonostante Leonor tentasse di costringerlo a partecipare
– avrebbe avuto la decenza di radersi l’inguine,
come
minimo.
Mentre il discorso delle sue
compagne di danza deviava, come al solito,
sui piani sentimentali ed ormonali, Frances prestò tutta la
propria attenzione
a quella doppia punta che tentava di separare in due con la mano
sinistra,
seduta a gambe incrociate davanti allo specchio che rivestiva
l’intera parete.
Fidanzati stronzi, spacciatori eccitanti, ogni singola parola idiota di
quel
discorso le arrivava – ringraziando iddio –
attutita dai suoi ragionamenti, non
basati interamente su quel capello castano, che alla luce delle lampade
prendeva una sfumatura ramata.
‹‹ Aspettate, io vorrei un po’ sentire
la situazione sentimentale di
Frances! ›› esclamò Leonor sorridendo.
Tra tutte le oche delle sue compagne di
danza, lei era tra quelle che Frances sopportava di più, ma
in quel momento la
odiò.
La ragazza si distrasse dal suo capello, notando gli sguardi
dei
presenti puntarsi su di lei. Abbassò lo sguardo sospirando
sommessamente.
‹‹ Allora, nessun ragazzo?
››
Frances rialzò
il viso poggiandosi con la schiena allo specchio freddo,
lasciandovi un alone opaco. No, nessun ragazzo. Era al suo primo anno
di liceo
e, nonostante fosse quasi la fine dell’anno, non aveva
parlato con praticamente
nessuno escluso il suo compagno delle medie che andava nella sua stessa
classe.
Era riuscita a trascinare la sua migliore amica, che andava
all’Accademia
Artistica, fuori una sera ed a procurarsi una birra in un minimarket
gestito da
dei tunisini, costringendo l’altra a berne un sorso. La sua
vita sociale
dall’esposizione della tesina per l’esame di terza
media a quel momento si era
limitata a ciò, ripetutosi quasi ogni sera.
‹‹
Per ora i miei amori sono quel corso di fotografia a cui sono
riuscita ad iscrivermi con non poca fatica e la voce tremendamente
›› erotica
‹‹ indescrivibile di Brian Molko dei Placebo
mentre canta Protège-Moi. ››
Come
previsto, le sue compagne la guardarono stranite. Probabilmente non
sapevano nemmeno chi fossero i Placebo, nonostante ballassero su un
loro pezzo,
quel pezzo. L’insegnante,
invece,
sorrise complice alla quindicenne, accavallando le gambe magrissime e
diafane. Per
fortuna, la lezione finì poco dopo, non che avessero fatto
molto, dato che di
solito passavano quell’ora e mezza sedute a gambe incrociate
a parlare o
cantare a squarciagola Rolling In The Deep di Adele o One Day di Asaf
Avidan.
Frances raccolse la bottiglia d’acqua e si rivestì
in fretta, lasciandosi il
body sotto ed aspettando di essere uscita dalla palestra per infilarsi
le
All-Stars turchesi. Si guardò nello specchio del corridoio,
dove vi era
appiccicata con lo scotch una foto di Roberto Bolle in tutto il suo
splendore
da statua greca, constatando che, sì, sembrava una
sgualdrina idiota vestita in
quel modo. Uscì di corsa dalla scuola di danza, salutando
fugacemente la Angy,
dietro la sua scrivania da preside, e la Lilli, dietro la sua scrivania
da
segretaria. Frances s’infilò un auricolare
nell’orecchio – l’altro era rotto
–
ricominciando ad ascoltare quelle canzoni che né le sue
compagne di scuola né
di danza avrebbero capito o apprezzato, il che un po’ la
isolava dal mondo.
Sospirò, era l’imbrunire e la skyline agitata di
New York si stagliava netta e
scura e spaventosa su un cielo che sfumava dall’ocra al
bronzo, macchiato di
nuvole di un giallo smorto. Frances tirò fuori la reflex
dalla Musto di danza,
forse non le prestava abbastanza cure ed attenzioni, ma la voleva
tenere sempre
con sé. Attraversò la strada trafficata correndo,
cercando di non farsi
investire, e scattò. Osservò la foto sul rullino,
e la rifece. Voleva
immortalare quella crudezza, quel cielo acido e quelle sagome enormi e
nere,
che riflettevano i baluginii del sole morente.
Frances abitava a Manhattan in un viale di villette a
schiera in stile
georgiano che si affacciava su una piccola area verde privata sulla
sponda di
un oleoso Hudson River, a sei isolati dalla scuola di danza, che si
trovava non
molto lontana da Central Park. Si appoggiò al casotto
deserto della fermata deserta
del bus, facendo scorrere le foto sullo schermo della reflex. Per lo
più erano
paesaggi urbani, vecchi pub fatiscenti dalle insegne al neon e
marciapiedi
ingombri di solo pochi fogli di giornali sfusi e mossi dal vento. In
una foto
un bambino stringeva le mani attorno al cancello del parco giochi, il
suoi
occhi verdissimi era l’unico particolare che Frances aveva
deciso di lasciare
colorato nella foto in bianco e nero.
L’autobus arrivò con mezz’ora di ritardo
e la scaricò poco distante dal
vecchio gasometro – protagonista insolito di molte sue
fotografie. Mentre la
ragazza camminava a sguardo basso, notò qualcosa che
solitamente non c’era.
Alzò un cipiglio perplesso sulla struttura cilindrica e
sussultò sommessamente,
dalle finestrelle della sala di controllo provenivano baluginii
violacei che
proiettavano ombre oblunghe e deformi sul cemento del marciapiede.
Strano,
pensò, di solito non ci andava nessuno, sapeva che il
gasometro veniva
controllato a distanza con l’utilizzo di alcuni software. Si
avvicinò titubante
e si arrampicò su un cassonetto per la raccolta della carta
nel tentativo di
vedere attraverso le finestre annerite dalla polvere...
Angolo dell’Autrice
Buonsalve a tutti
coloro che sono
arrivati a leggere fin qui! Sì, lo so, me ne rendo conto, ne
sono consapevole Severus.
Non accade molto in questo capitolo, ma era principalmente per
introdurre il
personaggio. Quindi, spero che vi piaccia la mia Frances [esatto, si
chiama
come la figlia di Kurt Cobain J]. Premetto che era
un sacco che volevo scrivere una fic
sulle mie amate TMNT, nonostante io continui a preferire assolutamente
la
mitica serie del 2003, e alla fine eccoci qui!
Intanto, non potevo
non mettere un
riferimento ai Placebo <3, vi lascio il link della canzone qui: https://www.youtube.com/watch?v=g0b3ctpZcFM.
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