IwaOi
Week, Day 3, prompt:
-- Red Thread of Fate
--“Well,
it seems to me that the best relationships - the ones that last - are
frequently the ones that are rooted in friendship. You know, one day
you look at the person and you see something more than you did the
night before. Like a switch has been flicked somewhere. And the person
who was just a friend is… suddenly the only person you can
ever imagine yourself with.” (Gillian Anderson)
NA: allora non ci sono scuse, ma data la doppia settimana a tema Iwaoi
non potevo non scriverci qualcosa, vi dico che la storia
è divisa in due parti, ho messo l'avvertimento AU solo
perché mi sono ispirata ad Haikyuu Quest, in più
è tutta con pov del caro Iwa-chan tranne una piccola parte.
Questo
è il link dei prompt da cui mi sono ispirata.
Beh vi lascio alla storia ^3^ mi ritrovate in fondo!
Red Thread of Fate
Il
ripetersi incessante di quelle piccole cose, ogni giorno, potrebbe
rendere la vita monotona ai più. C'è chi avrebbe
voluto la vita
sconvolta ogni giorno, la diversità delle emozioni. C'era
invece chi
si accontentava della quotidianità, dei gesti ripetuti quasi
come un
rito.
Svegliarsi
presto la mattina, aspettare Oikawa per andare a scuola insieme,
lasciarsi trascinare dal ritmo lento delle lezioni aspettando con
ansia gli allenamenti pomeridiani, e alla fine tornare a casa.
La
quotidianità dava sicurezza, ti lasciava immaginare che
nulla
sarebbe cambiato, che nulla si sarebbe spezzato o sarebbe sparito.
Ecco perché anche solo una piccola perturbazione in tutto
quello,
una perturbazione che sotto sotto era quasi attesa, faceva paura.
«Iwa-chan
guarda un po' qui!»
Iwaizumi
era concentrato sul suo pranzo quando sentì Oikawa
rivolgersi a lui.
Iniziava
a fare caldo, ormai i pasti li consumavano sempre nella mensa
scolastica dove bene o male la temperatura era sopportabile. La pausa
estiva si avvicinava, gli allenamenti si facevano sempre più
duri,
perché il torneo primaverile sarebbe iniziato di
lì a poco, perché
loro non potevano più perdere.
Portò
la sua attenzione a quello che l'amico gli mostrava e si trattenne
dal tirargli un calcio da sotto il tavolo, solamente limitandosi ad
alzare gli occhi al cielo ignorandolo.
Hajime
continuava a chiedersi perché continuasse a dar corda a
quell'idiota. Con ogni probabilità aveva perso le speranze
con Tooru
quando lui si impuntava, all'età di dieci anni,
perché si
incontrassero le notti d'inverno per guardare le stelle, solo
perché
«Iwa-chan
è stato dimostrato che vivono alieni nella cintura di Orione
e si
vede solo d'inverno»
E
se poteva in qualche modo sorvolare il fatto che passava tutti i mesi
freddi dell'anno con il raffreddore solo per far star zitto l'altro;
sulla sua nuova fissa non riusciva a passar sopra.
Non
che le sue altre fisse fossero scomparse. Si erano solo accumulate
negli anni rendendo Iwaizumi terribilmente "cattivo" nei
confronti di Oikawa, come lui teneva giusto precisare quelle cinque o
sei volte in un'ora.
Al
momento l'amico stringeva tra le mani uno di quei settimanali da
ragazzine pieno di notizie su teen idol o di test sulla
personalità
o sul tuo probabile amore in arrivo. Tooru era interessato proprio a
questi ultimi, convintissimo che capendo questi strani test sarebbe
diventato ancora più bravo con le ragazze.
Ad
Iwaizumi venne di nuovo voglia di tirargli un calcio.
«Allora
Iwa-chan hai visto?»
Oikawa indicò il titolo a grandi caratteri scarlatti
all'inizio
della pagina, Hajime era quasi sicuro che un gruppo di ragazze del
secondo anno, sedute al tavolo dietro di loro, non si stessero
perdendo una parola del loro discorso.
«Quante
volte ti ho detto che non mi interessano 'ste cavolate Culokawa?»
borbottò Iwaizumi tornando a concentrarsi sul suo riso.
Ovviamente
Tooru non lo ascoltò minimamente piazzandogli sotto il naso,
sostituendolo al suo pranzo, quel dannato giornaletto «La
leggenda del filo rosso del destino, la conoscevi?»
chiese «guarda
questo test ti fa capire se hai già incontrato il tuo grande
amore»
Che
stronzate
pensò Hajime, pronto a ripeterlo ad alta voce all'idiota che
aveva
davanti che non voleva, a quanto pareva, fargli finire il pranzo.
«Sei
sempre così rude Iwa-chan»
si lamentò Oikawa dopo che l'amico aveva allontanato il
giornale dal
suo bento «magari
il prossimo mese lo compro anche a te, così imparerai
qualcosa sulle
ragazze, il che non ti farebbe male!»
A
quel punto nulla poté salvare Oikawa dal calcio che gli
arrivò da
sotto il tavolo.
Hajime
non si aspettava che qualcosa "cambiasse".
La
giornata si era protratta come al solito, era arrivato a casa tardi
dopo che Tooru gli aveva chiesto di rimanere un altro po' ad
allenarsi con lui. In realtà l'amico non gli aveva chiesto
nulla, ma
Iwaizumi sapeva che era meglio non perderlo di vista quando l'altro
decideva di allenarsi da solo. O avrebbe finito per sfinirsi in modo
inutile.
Varcata
la soglia di casa, consumata la cena con i suoi genitori Hajime
capì
che non riusciva a rimanere sveglio per guardare un film e si chiuse
nella sua camera deciso ad addormentarsi.
Fu
proprio in quel momento che qualcosa cambiò.
I
colori davanti ai suoi occhi vorticavano veloci, così come
le
immagini confuse.
Si
passava dai colori accesi che illuminavano una stanza con i muri di
pietra decorata con drappi rossi, un caminetto scoppiettante, un
balcone che lasciava intravedere il sole di un tardo pomeriggio
invernale.
Fino
alla tonalità pastello di una tunica che svolazzava in un
prato
primaverile, punteggiato di piccoli fiori, tenuto al fresco dai rami
allungati verso il cielo celeste di un vecchissimo albero.
Finiva
con toni cupi, fuoco spento e fumo, delle rovine, stendardi
inceneriti e deformati, un cielo tinto di viola scuro, le nuvole
cariche di pioggia.
Quei
fotogrammi avevano danzato davanti agli occhi di Iwaizumi per un
tempo interminabile, per poi rallentare, dando un filo conduttore a
quello che stava vedendo.
Prima
di mettere a fuoco un enorme salone con le volte alte, di cui non
riusciva a scorgere la fine sentì delle risate, rumore di
piedi nudi
sbattuti sulla roccia. Due bambini si rincorrevano inciampando nel
lungo tappeto nero che conduceva a quello che sembrava un trono
all'ombra di una vetrata colorata, ma che non era attraversata da
nessuna luce.
«Rallenta
sai che non possiamo correre»
disse uno dei bambini. I loro volti erano sfocati, le loro intere
fattezze; le voci melodiose, sconosciute.
«Il
Principe può fare quello che vuole, così ha detto
la mamma!»
replicò l'altro bambino.
«Fa
quello che vuole anche se poi inciampa e finisce con la faccia per
terra?»
rise l'altro.
Il
principe sembro rimanerci male e cominciò a lagnarsi «Non
cadrò! Che cattivo!!»
Una
schiera di cavalieri dalle armature lucenti e dalla pelle scottata
dal sole e dal caldo marciavano in un grande spiazzo. A guardar
meglio erano solo ragazzini, ma erano ordinati, obbedienti, perfetti
soldati.
Il
comandante ordinò loro di fermarsi e di dividersi a gruppi
di due
per duellare.
Dall'alto
di una torre, in una balconata ricolma di piante verdeggianti
nonostante il gran caldo, un altro ragazzo spiava l'allenamento dei
cavalieri. L'unica caratteristica visibile erano due corna ricurve a
decorargli il capo. Sembrava piegato dal peso dei suoi abiti.
Totalmente
concentrato si fece richiamare due volte da una voce che proveniva
dal castello. A malincuore tornò dentro, mentre una leggera
brezza
aveva cominciato a spirare portando con sé il gracchiare
acuto di un
corvo.
«Queste
sarebbero le tue idee geniali?»
era stato un cavaliere a parlare, un ragazzo, lo stesso che anni
prima correva per quella grande sala del trono, addobbata a festa.
«Quando
mai non hanno funzionato?»
domandò in rimando il principe sorridendo divertito.
«Come
quando hai cercato di rubare il cavallo dalle scuderie e dopo che ti
hanno beccato sei stato chiuso nella tua stanza per giorni?»
alzò gli occhi al cielo il cavaliere.
L'altro
rise «Sempre
cattivo con me»
si lamentò «con
le ragazze funziona sempre però»
Il
cavaliere alzò le spalle, probabilmente era da interpretare
come "fa
come ti pare" poi si allontanò dal principe raggiungendo una
zona meno luminosa della sala. Guardò fuori da una delle
ampie
vetrate: la notte era buia e tetra, immobile sotto il cielo stellato.
Fu
un lampo, apparve in quel vetro il riflesso della sala del trono,
prima ricolma di reali danzanti poi cadente, il fuoco che ne lambiva
gli addobbi e il trono.
Sembrò
però che il cavaliere non avesse visto nulla, si
voltò e di fronte
a lui ci fu di nuovo il principe che sconsolato si lamentava di come
la sua tattica avesse fatto colpo sulla ragazza sbagliata. Il
cavaliere rise apertamente di lui e il principe gonfiò le
guance
indignato.
Per
un momento si sentì solo la musica alta e i passi di danza
che
calpestavano il suolo.
«Che
c'è?»
chiese ad un certo punto il cavaliere, probabilmente attirato
dall'altro.
Il
principe sorrise «Vuoi
saperlo un segreto, mio cavaliere?»
Hajime
aprì gli occhi di scatto al suono della sveglia, tirandosi
su così
in fretta che l'intera stanza girò intorno a lui, mentre la
testa
gli pulsava dolorosamente.
Premette
il pulsante su questa che smise di trillare a tutto volume e si
passò
una mano tra i capelli, era sudato.
Guardò
spaesato intorno a sé cercando di fare mente locale: che
dannato
film di fantasia aveva visto la sera prima?
Il
suo respiro si regolò piano - aveva anche il fiatone adesso?
-
finché capì che non aveva visto nessun film la
sera prima.
Era
stato un sogno.
Si
grattò piano il capo, non aveva mai fatto un sogno
così
dettagliato. Sembrava una vera storia raccontata con diversi flash,
forse non ricordava i volti di quei due ragazzi, ma tutto il resto
era impresso a fuoco nella sua mente.
Era
stato un sogno strano, ma capì che non poteva stare a
rimuginarci
troppo, o avrebbe fatto tardi.
Si
alzò dal letto andando a prepararsi, accantonando in un
angolo della
sua mente quel sogno. Hajime si dimenticò di lui.
Ma
per le notti successive il sogno tornò a fargli visita.
Sempre
uguale, come una storia che aveva voglia di essere raccontata.
Sempre
quei due ragazzi, sempre quel castello, quel salone, quel fuoco che
mangiava la pietra che a sprazzi faceva ingresso nella trama, facendo
paura unicamente a lui.
Ben
presto si ritrovò a svegliarsi la mattina con un ansia
strana che
gli stringeva il petto come una morsa, il respiro sempre veloce, le
occhiaie per il mancato riposo.
Dopo
una settimana di quei sogni incessanti era davvero irritabile,
saltava a qualsiasi movimento brusco e tutto ciò si
ripercuoteva su
chi, ogni giorno, nel bene o nel male, riusciva a fargli perdere le
staffe anche solo esistendo.
Ignorare
il fatto che Tooru fosse molto popolare era impossibile, Hajime
durante gli anni non ci aveva mai dato troppo peso, tendeva solo a
dare di matto quando l'idiota preferiva rimanere con il suo fan club
a firmare autografi piuttosto che ascoltare il discorso pre-partita
dell'allenatore. E quella settimana Iwaizumi, data la mancanza di
sonno, era più suscettibile a quel tipo di cose.
Prima
dell'allenamento di quel pomeriggio trovò Oikawa davanti
alla
palestra accerchiato dalle solite ragazze, era del tutto intenzionato
ad ignorarlo, evitando così le solite provocazioni che
l'amico gli
riservava.
«Iwa-chan
aspettami!»
Tooru lo raggiunse abbandonando il suo bagno di folla - il che fu
parecchio strano.
«Siamo
in ritardo, vedi di muoverti»
borbottò lui aumentando il passo.
Oikawa
non rispose, cosa che fece voltare Hajime verso di lui: l'amico lo
guardava corrucciato, riuscì a vedere una stilla di
preoccupazione
incrinare i suoi occhi castani.
«Va
tutto bene Iwa-chan?»
domandò.
Iwaizumi
alzò gli occhi al cielo «Non
è nulla, muoviamoci ora»
disse entrando negli spogliatoi e stroncando qualsiasi altra
obbiezione da parte del capitano.
Non
era che Hajime non avesse voglia di parlarne, ma ammettere che non
chiudeva occhio la notte per colpa di strani sogni che prevedevano
castelli, principi e cavalieri, sarebbe stato parecchio imbarazzante,
e per quello bastava Tooru con le sue strane fisse per gli alieni. Si
voltò a guardarlo, aveva ancora addosso, sotto la divisa,
quella sua
dannata canottiera con un ufo stilizzato al centro del petto. E tutto
contento chiedeva a Kindaichi se avesse visto l'ultimo film
fantascientifico dato in tv la sera prima.
Iwaizumi
non ce la faceva più ad ostentare indifferenza o sembrare
esasperato
da quelle idiozie che tirava fuori l'amico ogni santo giorno.
Si
concentrò invece su quello che gli aveva chiesto poco prima:
essere
amici d'infanzia e conoscersi per tanti anni aiutava molto a
conoscere una persona, a leggere tra le righe quando questa non
voleva parlare. Se Hajime era comunque abbastanza bravo a leggere
Oikawa lui lo era comunque di più, e lo avrebbe esasperato
tornando
verso casa. Hajime si trovava spesso a rimuginare su quella loro
amicizia così radicata, soprattutto quando Tooru lo faceva
arrabbiare troppo, si trovava a pensare come sarebbe stata la sua
vita senza la presenza di quell'idiota del suo migliore amico.
Si
ritrovò a sorridere, e per un attimo quegli strani sogni
evaporarono
dalla sua mente.
«Allora
Iwa-chan come mai quelle occhiaie? Sembri davvero stanco»
tornando a casa Tooru fece riemergere l'argomento che Iwaizumi aveva
lasciato da parte, in un angolo della sua mente.
Sospirò
allungando il passo «È
da qualche giorno che dormo poco, non hai bisogno di preoccuparti»
spiegò Hajime evasivo.
«Ma
come? Non puoi far così, quelle occhiaie rovinano ancor di
più la
tua faccia cattiva»
spiegò Oikawa.
«Come
scusa?!»
l'altro si voltò con sguardo omicida prontissimo a colpirlo
in testa
con la sua borsa piena dei libri e dei compiti per il giorno dopo.
Perché non arrivava il giorno in cui Tooru capiva che farlo
irritare
in quel modo gli procurava solo calci in culo? O anche solo di
pensare prima di aprir bocca solo per dargli aria?
L'interessato
gli fece l'occhiolino mimando il simbolo V con la mano «Scherzavo
Iwa-chan dovresti proprio vedere la tua faccia»
rise lui.
Hajime
decise che era meglio non dargli corda, che se c'era qualcosa che
faceva più male a Tooru dell'essere picchiato era l'essere
ignorato.
Soprattutto da lui da cui sembrava, in qualche modo, ricercarne
sempre di attenzione.
«Comunque
dovresti riposare, non puoi stancarti in questo modo»
continuò.
«Di
idiota che si sfianca senza motivo inutilmente ne abbiamo
già uno,
vero?»
replicò Iwaizumi.
«Cattivo~!»
si lagnò Tooru, poi sorrise, non i soliti sorrisetti che
racchiudevano mille sottintesi, né quelli di sfida o quelli
che
adornavano la sua perenne faccia da schiaffi, uno dei sorrisi veri,
di quelli che ad Hajime piacevano - anche se non lo avrebbe mai
ammesso «Ho
bisogno di te Iwa-chan, lo sai che la squadra non si porta avanti da
sola»
iniziò «e
il mio vice capitano e la sua determinazione sono ciò che mi
fanno
dare il meglio in ogni allenamento, proprio perché ci siete
voi ho
promesso alla squadra che vinceremo i nazionali»
Iwaizumi
sentì uno strano malessere bloccargli il respiro nella gola
dopo
quelle parole. Si rimangiò tutti i pensieri di poco prima:
odiava
Tooru, quando faceva quel suo sorriso così vero, quando si
preoccupava per lui, quando lo incoraggiava, quando si faceva uscire
quelle parole schifosamente dolci e non necessarie nei suoi
confronti, quando gli dava tutta quella importanza che lui non era
così sicuro di avere.
I
suoni si confondevano, l'unico che era sicuro di sentire erano le
fiamme che scoppiettavano, non come quelle di un camino in inverno,
queste stavano incenerendo le rocce e la carne.
Poi
vide delle mani che si stringevano disperatamente, un sorriso spento
che pian piano di immobilizzava fino a sparire.
«Cosa
vuoi ancora?»
«Sapevo
che ti avrei trovato qui»
il principe si avvicinò lentamente «vieni
sempre qui quando sei arrabbiato con me»
«Se
già sapevi che ero furioso, potevi evitarti la camminata»
il cavaliere si alzò in piedi, sembrava che la scena si
stesse
svolgendo sul tetto di una piccola torre.
«Tu
non capisci...»
«Non
pensare di rifilarmi queste idiozie»
esplose il cavaliere «io
capisco tutto anche troppo bene, sono al tuo fianco da una vita,
anche adesso che le decisioni importanti spettano a te data la salute
di tuo padre, e nonostante quello che dicevano gli altri non ho mai
voluto crederci. Egoista, legato al potere, incurante del bene del
suo popolo: credi ancora che queste parole possano scivolarmi addosso
come prima?»
Il
principe sembrava sorpreso da quel fiume di parole, poi
sospirò
sconsolato, perché forse quello che era successo trascendeva
il suo
potere? Che non se la fosse davvero andata a cercare?
«Ho
peccato di orgoglio e devo prendere atto delle conseguenze»
mormorò, come mai aveva fatto davanti a qualcuno,
perché ammettere
di aver sbagliato gli riusciva solo davanti al suo cavaliere. Lo
stesso cavaliere che ora lo guardava deluso e arrabbiato.
«La
guerra non è una cosa da poco»
disse gli occhi duri come la sua espressione.
«Credi
che non lo sappia? Non avrei voluto che capitasse, non ho potuto
evitarlo»
«Tsk,
risparmia le scuse, non le devi di certo a me»
replicò il cavaliere dandogli le spalle.
«Invece
sì, sei il primo con cui devo scusarmi»
Il
cavaliere si sentì afferrare una mano e si voltò
solo a metà per
spiare i movimenti del principe, rimasto colpito dal suo gesto.
«Perché
ho deluso proprio te e sai che non avrei mai voluto farlo, che odio
quando sei arrabbiato con me»
il principe gli tirò il polso in modo da poterlo di nuovo
guardare
bene negli occhi «quindi
ti prego, non voltarmi anche tu le spalle, sai che non ce la farei ad
andare avanti se non ci fossi tu ad arrabbiarti ogni volta che
sbaglio, ad istruirmi sempre verso la via più giusta da
prendere,
non abbandonarmi anche tu Iwa-chan»
Iwa-chan...
Hajime
si ritrovò a guardare senza parole Tooru con il suo mantello
lungo e
rosso, in cima a quella torre, mentre i confini di ogni cosa
sembravano delinearsi meglio, mentre la nebbia che aveva visto in
precedenza sembrava dissiparsi senza lasciar traccia.
Tooru
continuava a fissarlo, i suoi occhi scuri che indagavano la sua
espressione sorpresa.
«Spero
che potrai perdonarmi Iwa-chan, non saprei proprio che fare se tu non
lo facessi»
A
quel punto Tooru aveva stretto la presa sul suo polso mentre aveva
poggiato la mano libera sulla sua guancia e lo aveva attirato a
sé.
Sentì le labbra che premevano sulle sue, e rimase immobile,
incapace
di fare qualsiasi cosa. Solo alla fine aveva anch'egli alzato una
mano stringendola tra i capelli dell'altro, approfondendo quel
disperato e confuso bacio.
Hajime
aprì gli occhi di colpo al suono insistente della sveglia,
mentre il
sogno di quella notte gli cadeva addosso come un macigno,
cercò di
regolarizzare il respiro ignorando in tutti i modi il battere furioso
del cuore nel suo petto.
Quello
era troppo.
Non
poteva andare avanti con quei sogni, non poteva davvero credere che
il suo subconscio avesse immaginato una storia così
articolata e
tangibile e mettere alla fine dei veri personaggi ad interpretarne i
ruoli.
Non
lui e Oikawa.
Si
alzò di colpo tanto da farsi venire un capogiro –
di nuovo - e
schizzò verso il bagno aprendo l'acqua gelida della doccia
ed
infilandocisi sotto, con tutta la speranza che quei pensieri
potessero passare, potessero essere congelati e lavati via.
Cosa
diavolo significava tutto quello? Perché continuava a fare
quel
sogno, perché?
Senza
che il suo cervello gli avesse dato l'ordine di farlo di
portò le
dita tremanti alle labbra.
Improvvisamente
gli tornò alla mente l'unica ragazza che avesse mai baciato,
due
anni prima, appena arrivato al liceo, dopo che questa gli aveva
chiesto di venire a vedere una sua partita di basket, e che per
ringraziarlo gli aveva lasciato un bacio a fior di labbra. La storia
non era andata avanti, non erano neanche mai veramente usciti
insieme, lui non aveva tempo anche per quello e non voleva
invischiarsi troppo nell'ambito amoroso, non si sentiva ancora
pronto.
Arrischiandosi
cercò di ricordare il sogno che pochi minuti prima lo aveva
svegliato: per quale dannatissimo motivo avrebbe dovuto sognare
quello che aveva sognato?! Lui e ... Oikawa?! Gli veniva solo voglia
di prendere a calci il muro della doccia talmente forte da farsi
male.
Perché
doveva tormentarlo anche nei sogni quell'idiota? Non bastava
già che
lo sopportasse tutte le ore di scuola, quelle degli allenamenti, e i
pomeriggi che spesso passavano insieme?
Appoggiò
la fronte al muro, il getto di acqua gelida a colpirgli la schiena.
Doveva assolutamente levarsi dalla testa quel sogno. Ripensò
allo
sguardo che aveva visto sul volto del principe, qualcosa non andava.
Non
poteva però farsi influenzare in quel modo, già
era abbastanza
strano di per sé che avesse sognato di baciare il suo
migliore
amico.
Come
se poi il suo migliore amico avesse bisogno di baciare lui, dato che
aveva avuto un sacco di storie e che aveva intorno così
tante
ragazze da essere a posto per una vita intera.
Chiuse
l'acqua con rabbia, perché improvvisamente quel pensiero lo
fece
incazzare più di ogni altra cosa, e non aveva davvero voglia
di
distruggersi una gamba perché aveva iniziato a prendere
davvero a
calci il muro.
Arrivò
a scuola da solo Iwaizumi, parecchio in ritardo, avendo avvisato
Tooru di andare da solo e non aspettarlo.
Non
sarebbe riuscito a reggere il suo sguardo felice accompagnato dal
solito «Buongiorno
Iwa-chan!»
trillato come se l'aspirazione più grande della sua vita
fosse
continuare a ripetere quel nomignolo all'infinito.
Davanti
al cancello della scuola però trovò il suo
migliore amico, e non
era solo.
Il
suo solito fan club lo accerchiava contento, le ragazze assicuravano
che avrebbero fatto il tifo per lui quel pomeriggio nell'amichevole
che avevano organizzato.
Hajime
le odiò tutte.
Non
gli era mai capitato prima, ma quella mattina sembrò vedere
quella
scena per la prima volta con occhi diversi.
Odiava
le ragazze e più di tutti odiava Oikawa che stava
lì tutto contento
in mezzo a loro. Lo odiò ancor di più quando
notandolo gli sorrise
salutandolo sventolando il braccio - e forse odiò anche se
stesso
quando, senza degnarlo di uno sguardo, entrò dentro la
scuola
chiudendosi forte la porta alle spalle.
«Cos'è
successo oggi Iwaizumi-kun?»
chiese l'allenatore a fine partita, prendendo Hajime da parte.
Il
ragazzo aveva ancora il fiatone, passandosi una mano sulla fronte che
gli pulsava terribilmente, sospirò «Mi
dispiace coach, è stata una settimana difficile e...»
iniziò.
«Ti
vedo pallido e stanco da un po'»
ammise l'allenatore «forse
dovresti passare in infermeria»
Hajime
assicurò che stava bene e non c'era bisogno di preoccuparsi,
poi si
scusò nuovamente per la partita sottotono disputata infine
uscì
dalla palestra, bisognoso di aria fresca.
Quella
giornata stava diventando peggiore ogni ora che passava, la brutta
partita disputata ne era la prova. Sospirò arrabbiato, se
solo fosse
riuscito a pensare qualcosa che non fosse l'assurdo sogno della sera
prima.
Ringhiò
frustrato, voleva solo andarsene a casa, non poteva aspettare Tooru.
«Mmh
Iwaizumi-san?»
Hajime
si voltò, davanti a lui c'era una ragazza bassina, con una
coda
morbida e degli occhiali scuri, non gli sembrava di averla vista
nelle classi del suo anno, forse era ancora al secondo.
«Si?»
chiese lui.
La
ragazza si presentò sorridendo, non aveva un nome
già sentito,
quindi era di sicuro più piccola.
«Mi
spiace uscirmene in questo modo dal nulla, ma sono venuta a vedere
diverse vostre partite e mi chiedevo...»
iniziò a parlare tirando fuori dalla tasca un bigliettino
con
scarabocchiato a penna blu un numero di telefono. Hajime a quel punto
capì e decise di anticiparla «Se
vuoi dare quel biglietto a quell'idiota di Oikawa puoi farlo senza
paura, è sempre molto felice di ricevere inviti di questo
tipo, non
essere timida, apprezzerà molto puoi star sicura»
non riuscì a capire per quale miracolo quelle parole non gli
uscirono più dure o arrabbiate, perché in quel
momento avrebbe
davvero voluto urlare.
La
ragazza lo guardò confusa, poi sorrise «Non
intendevo dare il mio numero da Oikawa-san, ma a te»
spiegò nascondendo un velo di imbarazzo che le aveva
imporporato il
viso.
Hajime
spalancò la bocca. Quello non era mai successo, di solito lo
fermavano solo per chiedere se poteva consegnare qualsiasi tipo di
cosa a Tooru. Nessuno aveva mai fermato davvero lui. Si
sentì un
completo stupido per la figura che si era appena fatto.
«Ecco...
io... Mi spiace»
disse «di
solito queste cose non succedono»
ammise piano, la rabbia quasi del tutto scivolata via.
Afferrò
il bigliettino che la ragazza gli porgeva ringraziandola. Sperando
che lei non notasse l'imbarazzo in cui lui si trovava, era quasi
sicuro di avere le orecchie fin troppo rosse.
Lei
sorrise «Se
hai voglia domani a pranzo possiamo mangiare insieme»
osò.
Hajime
si ritrovò ad annuire e a salutarla ritrovandosi
inaspettatamente a
sorridere. Forse non tutta quella giornata era da buttare via.
§
§ § §
§
Tooru
aveva sempre avuto la presunzione di credere che potesse controllare
la sua vita. Se non nella sua interezza - perché alla fine
nonostante quanto si impegnasse la Shiratorizawa non l'aveva mai
sconfitta - alcune cose pensava di poterle controllare. Non nel senso
che avrebbe costretto le persone a far quello che voleva lui, ma
sapeva o sperava di aver la forza di mantenere vicine le persone per
lui importanti.
Si
alzò un'altra palla preparando il salto, all'apice di questo
colpì
il pallone che acquistò velocità fino ad andarsi
a schiantare
sull'angolo sinistro del campo avversario, quasi sulla linea di fondo
campo, mancando di qualche centimetro una bottiglietta che usava come
bersaglio.
Imprecò
dentro di sé per il centro mancato andando a prendere un
altro
pallone, mentre nella sua mente vorticavano veloci gli avvenimenti
del giorno precedente.
Rivedeva
l'occhiata di fuoco che Iwa-chan gli aveva lanciato davanti alla
scuola, la sua partita sottotono, il suo sguardo arrabbiato e perso
nel vuoto, il suo volto disteso e sereno, forse solo un po' sorpreso,
mentre parlava con quella ragazza.
Strinse
con forza il pallone sentendosi improvvisamente inutile, come quando
Tobio-chan era diventato un alzatore migliore di lui, come quando il
suo ginocchio aveva ceduto la prima volta, come dopo le innumerevoli
partite perse contro i migliori della prefettura.
L'inutile
Oikawa Tooru, con quella sua personalità schifosa, incapace
di
essere il numero uno, di vincere, di non perdere il suo migliore
amico. L'unica persona che avrebbe voluto avere al suo fianco sempre.
Tooru sapeva bene quanto quello fosse egoista, non poteva pretendere
che Iwa-chan sarebbe stato per sempre con lui, lo aveva sempre
sopportato quando erano bambini, quando la notte andavano a guardare
le stelle e catturare lucciole, quando tutto era più
semplice. Il
giorno prima si era reso conto che c'era qualcosa contro cui non
avrebbe mai potuto vincere. Anche se Iwa-chan diceva di odiarlo, se
si arrabbiava con lui, se lo colpiva ogni volta che lui diceva
qualcosa di stupido, era sicuro che gli volesse bene, che quel loro
legame, quel loro dipendere l'uno dall'altro non sarebbe mai
cambiato.
Però
ora capiva che contro una ragazza non avrebbe mai vinto.
Avrebbe
perso anche Iwa-chan.
Alzò
di nuovo la palla e di nuovo mancò la bottiglietta, non si
arrese,
nonostante fosse lì da solo ad allenarsi da diverse ore
ormai,
qualcosa gli diceva che solo quello gli era rimasto.
Dato
che ormai Iwa-chan lo evitava e non gli parlava più - il
perché non
lo sapeva - sapeva che mancavano diverse ore di allenamento prima che
sarebbe di nuovo stato in grado di trovarsi con lui e parlargli a
viso aperto.
§
§ § §
§
Iwaizumi
stava tentando invano di studiare quel pomeriggio. La pausa estiva
era iniziata da tre giorni, per quelli del terzo anno, caricati di
una quantità di compiti elevatissima, più che
qualche settimana di
vacanza sarebbe stato come se la scuola non si fosse mai conclusa. In
più c'erano gli allenamenti della squadra di pallavolo,
Hajime
quella mattina si era impegnato al massimo, ancora conscio di dover
riscattarsi con tutta la squadra per la deludente prestazione di
alcuni giorni prima.
Si
dondolò distrattamente sulla sedia passandosi una mano tra i
capelli, fissando i numeri di quella difficile funzione matematica
senza davvero metterci l'impegno necessario.
Gli
eventi in quei pochi giorni gli si erano riversati addosso senza che
avesse la forza di opporsi - forse senza che avesse il coraggio di
affrontarli. Ripensò a quei sogni a quanto tutto fosse
cambiato dopo
il loro arrivo inaspettato e non richiesto nelle notti insonni del
ragazzo. A quando non avrebbe mai messo in dubbio il modo in cui
guardava Tooru.
Quella
mattina Oikawa all'allenamento non gli si era avvicinato, sembrava
solo parecchio stanco. Non un'occhiata, non una provocazione che gli
erano così comuni.
Iwaizumi
non poteva certo biasimarlo, era stato lui ad iniziare tutto quello,
ignorandolo.
Aveva
segretamente ed egoisticamente sperato che Tooru passasse sopra alla
cosa, che si presentasse davanti casa sua sorridente assicurandogli
che quel giorno potevano andare ad allenarsi insieme, perché
voleva
vedere se riusciva a schiacciare le sue nuove alzate. Invece non lo
aveva fatto, Hajime aveva capito che questa volta sarebbe dovuto
andare a parlargli di persona. Doveva sistemare le cose, doveva
dirgli la verità.
Si
sbilanciò troppo e quasi cadde dalla sedia.
Sentì
il suo volto scaldarsi pericolosamente, perché quella, che
era
l'unica spiegazione logica, gli sembrava la cosa più
terribile che
gli sarebbe mai potuta capitare.
Perché
Tooru?
Sospirò
alzando il viso e fissando il soffitto dove la ventola girava pigra
senza rinfrescare abbastanza la camera di Hajime. Si ritrovò
a
pensare all'ultimo giorno di lezioni in cui aveva mangiato e poi si
era fatto convincere a fare un giro nel pomeriggio dalla ragazza che
alla fine della partita lo aveva fermato. Ripensò al suo
sorriso
sincero e un po' imbarazzato, alla sua mano piccola che si allacciava
alla sua, a quel bacio appena accennato che aveva trovato solo
sbagliato. Perché un'azione simile gli era riaffiorata alla
mente
sentendo quelle labbra posarsi sulle sue - inutile negarlo, ci aveva
provato incessantemente da giorni.
Si
era scusato alla fine, dicendo che non era pronto per quel genere di
cose, mentendo.
Senza
pensare tornò a guardare il foglio immacolato, per poi
spostarlo di
lato e poggiare la testa sulla scrivania, se guardava fuori dalla
finestra al fondo della strada riusciva ad intravedere la casa di
Tooru.
Sbuffò
mentre alla mente gli tornavano i sogni di quelle due notti e dentro
di sé sentiva solo la voglia di morire e di sotterrarsi per
la
vergogna.
Aveva
visto di nuovo il castello vuoto in fiamme, poi un temporale scuro
che si era abbattuto sul regno mentre il principe e il cavaliere si
allenavano con la spada in un grande salone interno, li aveva
conosciuti meglio entrambi. Aveva rivissuto quei baci lievi che il
principe riservava al cavaliere riuscendo solo a farlo imbarazzare e
infuriare come non mai, era stato a cavallo a cacciare un grande
cinghiale insieme ad altri cavalieri.
Era
andato a dormire stanco nella sua stanza di pietra e aveva sentito
dei passi lievi calcarne i pavimenti centenari mentre il principe si
intrufolava nel letto del cavaliere, perché dato che da
piccoli
dormivano insieme non capiva - scioccamente, la malizia dipinta nello
sguardo illuminato dalle braci del caminetto - perché non
potessero
rifarlo da grandi. Poi il principe, incurante delle lamentele del
cavaliere, che giustamente era stravolto e voleva solo dormire,
avrebbe iniziato a parlare e parlare. Fino a farli finire
imprigionati in un lungo bacio.
Ricordava
alla fine solo di aver sentito il principe che saliva a cavalcioni su
di lui ridendo divertito, tornando ad impegnarsi in quel bacio, e le
sue mani che lente risalivano il suo petto sotto la maglia da notte.
A
quel punto Iwaizumi si era svegliato di colpo, ringraziando
mentalmente gli dei perché gli avessero evitato qualsiasi
cosa
sarebbe successa in quel sogno se non si fosse ridestato. Tooru che
lo guardava divertito comodamente sdraiato su di lui, era un'immagine
che lo tormentava ormai dalla mattina prima.
Grugnì
infastidito cercando in tutti i modi di levarsi dalla testa tutto
quello, aveva solo voglia di morire d'imbarazzo ripensandoci.
Iniziò
a mordicchiare l'estremità di una matita chiedendosi dove
fosse
finita la sua dannata quotidianità.
Se
quei sogni non fossero cominciati a quest'ora lì con lui ci
sarebbe
Tooru a fare i compiti, magari lo avrebbe anche aiutato dato che era
bravo in matematica, poi avrebbe iniziato a blaterare le sue solite
idiozie e a quel punto Hajime lo avrebbe minacciato di rimettersi a
studiare se non voleva essere preso a calci. Di solito il tutto si
concludeva con Oikawa che riusciva a tornare buono solo se Iwaizumi
gli fosse andato a comprare un ghiacciolo dal negozio dall'altro lato
della strada, ghiacciolo che poi avrebbe diviso con lui,
aggiungendoci un sorriso e un «Grazie
mille Iwa-chan~!»
esclamato con tutta la gioia del mondo.
Ora
la sua stanza vuota e quello, quasi non poteva credere di averlo
pensato, gli sembrava solo infinitamente triste.
Le
scuderie di notte erano relativamente silenziose: non tutti i cavalli
dormivano tranquilli, mentre gli schiamazzi dalla città di
sottofondo erano comunque udibili. Le strade lì non erano
vuote
neanche a notte fonda, neanche con l'avvicinarsi della guerra.
Il
cavaliere si avventurò tra le varie stalle dei cavalli, fino
ad
arrivare a quella dove il suo ancora non dormiva. Lo sellò
in
silenzio, la mente e i pensieri che vorticavano veloci nella sua
testa, si rincorrevano senza sosta.
Alla
fine guidò il cavallo fino alla strada che costeggiava da
dietro il
castello e che portava alla porta est della città, di
lì sapeva
sarebbe riuscito ad allontanarsi senza dare troppo nell'occhio.
Stava
per montare a cavallo quando un rumore di passi leggeri lo distrasse.
«Iwa-chan...»
Sì
voltò trovandosi davanti il principe, anche se forse era
meglio
iniziare a pensare di chiamarlo re. Era vestito di abiti semplici,
una casacca scura e delle braghe color mattone, i capelli erano
disordinati, le corna sul capo sempre lucenti.
Il
cavaliere capì che ciò che stava per fare
richiedeva l'obbligo che
non incontrasse gli occhi dell'altro, che la rabbia e la delusione di
pochi giorni prima tornasse a galla.
«Cosa
vuole, sua eccellenza?»
chiese con un sussurro impaziente.
Il
re fece qualche passo nella sua direzione «Ti
prego Iwa-chan non fare così... Non puoi...»
«Cos'altro
hai da chiedermi Tooru?»
sbottò il cavaliere «non
ti è bastato mai tutto ciò che ti ho dato, lo so
bene, il potere
che tanto cercavi! Mi dispiace io non ci sto più, tutto
questo deve
finire e se non sarai tu a porla questa fine io qui non posso
rimanere»
Il
re fece un altro passo avanti, il cavaliere si arrischiò a
guardare
i suoi occhi, vi trovò pentimento, ma nonostante tutto
quello
sguardo era cambiato, quello non era più il suo re. Il re
per cui
Iwaizumi avrebbe dato la sua vita, il re al quale aveva giurato di
rimanere sempre affianco. Quello che aveva davanti non era che una
mera immagine distorta di quello che Tooru era stato, un burattino
adesso, trascinato in un gioco più grande di lui che lo
aveva
indissolubilmente cambiato.
«Iwa-chan
non andare, lo sai che ho la forza di trovare la giusta via solo se
ci sei tu con me, ho bisogno di te... Ti prego, ti prego»
Il
re non lo aveva mai pregato in quel modo, se questa sua distorta
versione orgogliosa lo stava facendo, il cavaliere capì che
poteva
stare ancora un attimo a sentire le sue parole.
«Sono
ancora io e sai che ciò che ho fatto andava fatto, questa
guerra era
impossibile da evitare...»
«Era
impossibile evitare anche di allearti contro il regno che tuo padre
ha sempre cercato di sconfiggere?»
domandò in rimando Iwaizumi.
«Tu
non capisci»
«Non
capisco molte cose secondo te, avresti dovuto solamente spiegarmele»
«Iwa-chan,
Iwa-chan...»
Il
cavaliere capì che era il momento di andare,
montò a cavallo, se
rimaneva lì era sicuro di non poter reggere tutto quello,
sentiva
come se l'intero cielo gli stesse franando sulla testa.
Il
re, prima che il cavaliere potesse far partire il cavallo, si
aggrappò alla sua mano sinistra «Ti
ricordi la leggenda che mia mamma ci raccontava da bambini Iwa-chan
quella del filo rosso del destino»
iniziò Tooru con sguardo basso «so
che quella storia è vera, io lo posso vedere»
gli sfiorò il mignolo della mano «ed
è legato qui, fino a me. Questo filo c'è e deve
voler dire
qualcosa, deve farti capire cosa sei per me. Credimi Iwa-chan lo sai
anche tu che i demoni hanno potere di vedere ciò che il
destino
nasconde dietro il suo velo»
Il
cavaliere ora lo stava fissando senza parole, senza sapere cosa dire,
senza riuscire a fare nulla che non fosse guardare la sua mano alla
ricerca di un segno di qualcosa che lui non sarebbe riuscito a
vedere.
«Quindi
non puoi abbandonarmi, non potrei farcela senza di te»
sussurrò alla fine.
Il
cavaliere capì che quello era l'ultimo momento per fare
ciò che
doveva, perché quella notte gli stava scivolando via dalle
mani,
proprio come tutta la volontà che appena un'ora prima
l'aveva fatta
allontanare dalle sue stanze, arrabbiato, deluso, con l'unica voglia
di andarsene il più lontano da lì, sperando che
quello avrebbe
fatto aprire gli occhi al suo re.
Strinse
le redini con la mano destra, con la sinistra strinse ancora una
volta le dita di Tooru, sussurrò un «Mi
dispiace»
e poi calciò il fianco del cavallo perché
partisse al galoppo.
Si
girò solo una volta, riusciva ancora a scorgere le corna
lucenti del
re, la sua mano ancora alzata a mezz'aria ed era del tutto sicuro di
aver visto un lungo e sottile riflesso rosso stendersi e allungarsi
tra di loro. Ma lui non poteva fermarsi.
Oscurità
improvvisa di nuovo, rombi lontani.
Ancora
il castello distrutto, mangiato dalle fiamme, i drappeggi e le
bandiere incenerite. Corpi senza vita tutt'attorno.
Di
nuovo quelle mani intrecciate, di nuovo quel sorriso spento che si
immobilizzava, questa volta a decorarne la scena c'era come
protagonista un sottile filo rosso.
Iwaizumi
aprì gli occhi. Si era appisolato sulla scrivania, il sole
ormai era
tramontato.
Appena
tirò su la testa una strana ansia gli attanagliò
lo stomaco e senza
pensarci due volte si fissò le mani: non poteva credere che
quei
sogni l'avessero portato di nuovo a pensare all'idiozia di Tooru e
dei suoi giornaletti da due soldi.
Si
alzò in piedi traballando, improvvisamente invaso da un
unico
bisogno: andare a vedere che Oikawa stesse bene, mettere a tacere
l'ansia, la paura, quel filo di eccitazione nello scoprire dove quei
sogni l'avevano condotto.
Se
quel finale della storia prevedeva davvero tutta quella distruzione,
doveva far in modo di riparare tutto nella vita reale.
Si
precipitò fuori di casa di corsa.
Dovette
ritornare fino a scuola, a casa di Tooru regnava il silenzio e lui
era quasi sicuro che avrebbe trovato l'altro ad allenarsi nonostante
fosse ora di cena. Arrivato alle porte della palestra ne rimase
appena al di fuori, osservando attento.
Tooru
provava il servizio: dall'altro lato del campo una bottiglietta era
messa in un punto strategico per essere usata come bersaglio.
Mancò
la bottiglietta di poco ed arrabbiato e stravolto di
avvicinò ad un
altro pallone. Questa volta il servizio finì lungo, fuori
dalla
linea del campo.
Iwaizumi
a quel punto entrò nella palestra. Tooru lo notò
subito lasciando
trasparire sorpresa dallo sguardo, non sembrava però
intenzionato a
lasciar perdere quello che stava facendo, iniziò a
palleggiarsi il
pallone per terra pronto ad alzarselo.
«Dovresti
riposare un po' Culokawa, sei evidentemente stravolto»
disse Hajime facendosi avanti nella palestra.
Tooru
non distolse lo sguardo dalla palla, troppo impegnato ad ignorarlo o
a concentrarsi «Non
c'è bisogno che ti preoccupi per me Iwa-chan»
rispose neutro. Alzò la palla andando a colpirla, questa
volta non
superò la rete andando ad infrangersi contro la banda bianca
superiore.
Oikawa
si lasciò cadere su un ginocchio, quello sano grazie al
cielo,
ringhiando frustrato «Dannazione!»
era stravolto, il sudore imperlava la sua fronte, il respiro si
accavallava, senza riuscire a dargli abbastanza ossigeno, lo vide
strizzare gli occhi.
Iwaizumi
gli fu di fronte abbassandosi davanti a lui, con l'asciugamano che
aveva preso dalla borsa di Tooru glielo poggiò sui capelli,
tamponandogli la fronte «Ringrazia
che sei già a terra o ti ci avrei sbattuto io a suon di
pugni,
quanto sei idiota Oikawa? Da quanto non ti fermi?»
Tooru,
rimasto colpito dal primo gesto dell'amico, riprese comunque la sua
espressione stizzita in un lampo «Che
importa a te?»
replicò scontroso.
«Mi
importa perché sono sempre io quello che deve venirti a
salvare il
culo, anche se questo vuol dire prendertelo a calci»
sbottò infastidito Hajime, poi però si
ricordò che doveva evitare
di perdere la calma, doveva parlare con lui, doveva fare anche in
modo di riportarlo a casa o era sicuro che sarebbe collassato del
tutto sul pavimento da un momento all'altro.
«Alzati
andiamo, ti accompagno a casa»
questa volta Tooru non replicò, si lasciò guidare
fino a casa,
lasciò che fosse Iwaizumi a portare la sua borsa, a chiudere
la
palestra dopo aver rimesso a posto i palloni, persino ad aiutarlo a
reggersi in piedi durante il cammino, quando inciampò su un
gradino.
Hajime non aveva mai visto l'amico in quello stato, neanche dopo aver
perso contro la Shiratorizawa l'ultima partita di qualche mese prima,
neanche quando la sua tartaruga quando avevano nove anni era morta.
Tooru
aprì bocca solo quando arrivarono a casa, dicendogli solo
che i suoi
erano andati a trovare sua sorella nel week end e che si sarebbero
fermati da lei per altri due giorni, quindi era rimasto a casa da
solo.
Hajime
scaldò quello che trovò nel frigo, che la mamma
di Tooru aveva
lasciato lui, e che il ragazzo sembrava non aver ancora finito, cosa
che provocò un'altra esplosione di rabbia verso Oikawa che
come
unica cosa si premunì di rimanere in silenzio.
Alla
fine lo spinse dentro il bagno intimandogli di farsi un bagno e che
se provava anche minimamente ad addormentarsi dentro l'acqua della
vasca sarebbe entrato dentro lui a salvarlo solo per poi ucciderlo
con le sue mani.
Quando
uscì dal bagno Hajime spinse Tooru fino nella sua camera,
ordinandogli di dormire un po' che era davvero quello che gli
serviva.
In
piedi al centro dalla sua camera però Tooru si
voltò verso di lui,
Iwaizumi si trovò a ripensare a tutte le volte che quella
storia si
ripeteva, a lui che scavando oltre il muro che a volte l'amico si
costruiva attorno, riusciva a trascinarlo verso la luce, senza
dimenticarsi qualche insulto per strada. Era comunque del tutto
sicuro che Tooru sapesse che quelle parole sgradevoli che gli
riservava in quei momenti erano solo utili per spronarlo, per
ordinargli di reagire, di essere la persona forte che alla fine lui
era – il resto degli insulti Oikawa se li meritava tutti, in
un
modo o nell'altro.
«Perché
sei venuto a cercarmi oggi?»
domandò piano Tooru.
Iwaizumi
alzò un braccio per grattarsi la nuca, un po' di imbarazzo
gli si
era dipinto sul volto «Avevo
bisogno di parlarti e...»
«So
già tutto Iwa-chan, ho visto»
fece increspare le sue labbra dal sorriso più falso di cui
era
capace «ora
che hai quella ragazza il tempo per me si annulla vero? Non importa
davvero, spero che potrai farla felce e noi comunque potremmo passare
un po' di tempo insieme agli allenamenti. Ma dimmi, lei come si
chiama?»
Quel
fiume di parole, così sbagliate, colpì Hajime con
forza. Aspetta,
cosa?
si trovò a pensare confuso.
«Allora
il suo nome non me lo vuoi dire?»
continuò lui facendo un risolino, che sembrava qualcosa a
metà tra
un sospiro e un singhiozzo «guarda
che non ho intenzione di provarci con lei, è la tua ragazza
adesso e
sono davvero felice per te Iwa-chan te lo meritavi... ora io vado a
dormire, non importa del resto, domani pomeriggio abbiamo
l'allenamento, risponderai ai miei dubbi allora»
a quel puntò si voltò del tutto intenzionato a
raggiungere il suo
letto.
«Non
c'è nessuna ragazza, razza di idiota»
sbottò Hajime a quel punto fissando la schiena di Oikawa
pervasa da
un brivido «ho
pranzato con lei e abbiamo fatto un giro nel pomeriggio, tutto qui...
e poi cosa diavolo significa tutto questo? Pensi che se mai avessi
una ragazza potrei smettere di prenderti a calci tutto il giorno o
che in qualche modo tu la smetterai di essere così
noiosamente te
stesso nei miei confronti?»
Tooru
non ripose subito «Devi
andare Iwa-chan ho bisogno di dormire»
«Non
hai sentito quello che ti ho detto?»
«Hajime
ti prego, vai»
Iwa-chan
non andare...
No,
non se ne poteva andare, aveva ancora una cosa da dire.
«Devi
lasciarmi parlare un attimo Tooru»
rispose a quel punto.
Oikawa
si voltò di nuovo appena verso di lui – forse
essersi sentito
chiamar per nome doveva averlo indotto a pensare che quel discorso
era serio.
«Ti
ricordi il tuo dannato giornaletto di due settimane fa, dove c'era
quella storia del filo rosso del destino? Beh continuo a credere che
sia una stronzata colossale e credimi, in questi giorno l'ho odiato,
ho cominciato a fare dei sogni strani, ho cominciato a non dormire ed
ad arrabbiarmi sempre di più»
Hajime
sospirò, ormai non si poteva tirare indietro,
sentì una strana
ansia bloccargli in gola le parole, aveva paura adesso? Dopo i giorni
d'inferno che aveva passato? Da perdere non aveva proprio nulla,
Tooru gliene aveva appena data la conferma.
«Questi
sogni erano come una storia, parlavano di un castello, di un principe
e di un cavaliere. In due settimane ho visto tutta la loro storia e
ho capito alla fine come quel filo rosso li unisse anche se si erano
allontanati. Per loro non sembra essere finita così bene
ecco perché
devo mettere a posto le cose con te. Andiamo, tutti si sono accorti
che qualcosa non va, Matsukawa e Hanamaki ieri mi chiedevano se
finalmente mi fossi stancato delle tue stronzate tanto da non
parlarti più»
Hajime prese un respiro, accertandosi di avere ancora su di
sé tutta
l'attenzione di Tooru.
«Mi
hanno spaventato quei sogni, tutto qui»
ammise alla fine «mi
hanno fatto capire delle cose... cose che con ogni
probabilità avevo
sepolto così bene da dimenticarmene. Comunque quella ragazza
non
c'entra nulla con tutto questo, anche se tu sembra ne sia parecchio
geloso»
A
quel punto Oikawa si voltò del tutto verso di lui «Non
sono geloso di lei!»
negò fermamente, mentendo ancora.
«Perché
quella scenata di poco fa allora?»
domandò l'altro in rimando.
«Iwa-chan
hai bisogno che io sia geloso di te?»
domandò mimando uno dei suoi soliti sorrisetti che
attiravano solo
schiaffi.
Hajime
lo fulminò per poi riprendere a parlare «Sai
mi è venuta in mente solo un'altra occasione in cui ti ho
trovato
così sfatto da allenarti fino a distruggerti, senza contare
la
storia con Kageyama, ed è stato quando al primo anno sono
uscito
con...»
«Me
lo ricordo, ma non c'entra nulla»
ritornò sulla difensiva Tooru sfuggendo sempre al suo
sguardo.
«Credo
che tu mi stia mentendo Tooru, da parecchio tempo»
disse Iwaizumi «tu
poi, che trovi la cosa più divertente del mondo anche
informarmi del
colore delle tue mutande, mi tieni un segreto. Potrei capirlo sai, se
non fosse che mi riguarda in prima persona»
a quel punto vide Oikawa tremare, voltarsi e dargli le spalle «E
adesso, mi vuoi ancora tenere all'oscuro, anche se ho capito»
«Se
hai capito non c'è bisogno di dirsi altro»
«No
invece, voglio sentirtelo dire Tooru»
«Non
posso dirtelo Iwa-chan, non posso...»
Hajime
a quel punto lo prese per le spalle costringendolo a girarsi, ad
affrontarlo «Tu
devi farlo, ora»
gli ordinò.
Lo
vide a quel punto assottigliare gli occhi, cercando di nascondere
quel velo di tristezza, cercando di mascherarlo da rabbia «Cosa
vuoi sentirti dire Hajime?»
sbottò «che
quando tutti i bambini mi prendevano in giro tu eri l'unico che
veniva sempre a salvarmi, che pensavo fossi il mio cavaliere che mi
avrebbe sempre protetto? Ti sei mai chiesto cos'è il Grande
Oikawa-san senza di te? Nulla, sarei nulla. So di essere il secondo
capitano più forte della prefettura, il secondo alzatore
migliore e
col tempo ho capito che sarei stato la seconda tua persona preferita,
perché una di quelle ragazze sarebbe stata prima di me, tu
l'avresti
fatta felice e l'avresti sposata. Io non ci sono in tutto questo. Che
senso avrebbe dirti il segreto che tanto vuoi sapere, tanto lo sai
già, ne ero sicuro, che senso avrebbe raccontarti come a
tredici
anni mi sono innamorato di te»
la sua voce si affievolì sul finale, gli occhi bassi, a
quanto pare
stava trovando tutta la forza dentro di sé per non piangere.
Cercò
anche di divincolarsi dalla stretta di Hajime, facendo solo in modo
che questa fosse più ferrea.
«Ci
voleva tanto Culokawa?»
chiese alla fine Iwaizumi, non riuscendo a trattenere un sorriso «lo
sai vero che se tu non avessi tirato fuori quel giornaletto inutile e
io non avessi cominciato a sognare di quel castello, di quel principe
e di quel cavaliere, di come li abbia visti crescere fino ad
ammettere cosa provavano l'uno per l'altro, non sarei mai riuscito
quella mattina a svegliarmi in preda al panico dopo aver scoperto che
avevo sognato tutto il tempo noi due. E non avrei mai capito come
odio tutto il tuo fastidioso fan club che non fa che ronzarti
attorno, non avrei capito che razza di idiota sono io ad essere
geloso di tutte quelle ragazze o di quanto sia stato stupido ad
averti sempre e solo guardato come mio migliore amico e l'unica cosa
che mi ha fatto aprire gli occhi sono stati dannatissimi sogni
sconclusionati»
Tooru
lo aveva guardato tutto il tempo con lo stupore negli occhi che
aumentava, se prima aveva cercato di divincolarsi ed allontanarsi da
lui ora era immobile. Ed era anche sull'orlo delle lacrime,
riuscì a
pensare Hajime, prima di vedere che effettivamente l'altro stava
piangendo.
A
quel punto gli pizzicò il naso tra le dita «Cosa
stai piangendo a fare adesso, idiota?»
chiese senza riuscire a trattenere un sorriso.
«Iwa-chaaaan
lo sai che i bei discorsi mi emozionano sempre»
si lagnò «e
poi tutte queste belle parole nei miei confronti, devo piangere per
forza, non succederà più»
Iwaizumi
gli strinse in naso più forse borbottandogli contro
qualcosa, poi
spostò la mano sulla sua guancia «Smettila
di piangere, volevo baciarti, ma se fai così»
«Iwa-chan
non ci sai proprio fare, i baci non si chiedono si danno e basta...»
Hajime
capì che quello era un buon momento per tappargli la bocca,
o lo
avrebbe dovuto prendere a calci; appoggiando le sue labbra su quelle
di Tooru si stupì scoprendo che nel suo sogno aveva
già previsto le
sensazioni che quel gesto comportava. Sentì l'altro
sorridere contro
le sue labbra, anche se le lacrime non si erano fermate. Quando Tooru
si allontanò piano da lui Hajime lanciò uno
sguardo alle loro mani
intrecciate, scorgendo – poteva giurarlo – un
flebile riflesso
rosso tra loro.
Si
ritrovò a sorridere e subito dopo a pestare un piede di
Tooru che si
era lamentato della sua poca grazie nel baciarlo.
-
Angolino -
Rieccomi qui in fondo, qualche sopravvissuto? Lo so questa
os è venuta fuori eterna, me ne sono resa conto al momento
di rileggerla (tra l'altro chiedo scusa per eventuali errori di
battitura, alcuni mi sfuggono sempre D:), l'ho davvero scritta di
getto, senza riuscire a fermarmi.
Dovevo in qualche modo scrivere qualcosa di così Iwaoi da
farmi male, ci sono riuscita, so che c'è un briciolo di
angst, so che c'è anche un riferimento per nulla velato ad
un sacco di headcanon che la gente ha su Haikyuu Quest quando di parla
di questa coppia. Chiedo scusa se non sono riuscita a renderla al
meglio, ci ho messo tutto l'impegno possibile >.<
Quindi dopo questo fiume di parole, di Tooru picchiato un sacco, di
Iwa-chan che si sveglia di soprassalto, chiedo a voi gente, che ve ne
pare?
L'unico pallino che mi resta è quello della
caratterizzazione dei personaggi, spero siano riusciti al meglio!
Detto questo vedo di non dilungarmi anche qui sennò
cominciate ad uccidermi se
non avete già pensato di farlo dall'inizio della
storia
Tornerò con qualche altra os su questo fandom,
perché non ne posso fare a meno, mi spiace
ç.ç
Alla prossima!
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