Titolo:
Project Klaus.
Capitoli:
1/?
Personaggi: Blaine
Anderson, Kurt Hummel.
Genere:
Generale, Romantico,.
Raiting:
Arancione (per il futuro)
Avvertimenti: OOC,
Slash, Crossover.
Parole:
2414
Disclaimer: I
personaggi non sono miei, ma di proprietà di R.Murphy e
della FOX, la trama base appartiene alla BCC America.
Note
Iniziali:
Nuovo progetto diverso dal solito, per svagarsi un po. Per chi conosce
già Orphan Black sa già a cosa va incontro, per
chi non lo conosce spero sarà una piacevole sorpresa. Grazie
come sempre a AcidQuinn
che mi ha betato il capitolo. Buona lettura!
I
Blaine Anderson era contento della sua vita. Andava bene a scuola,
viveva in una bella casa grande e la sua famiglia lo amava. A volte
suo fratello lo svegliava ad orari improponibili per provare le sue
battute, ma poteva passarci sopra. Ogni mattina seguiva sempre la
stessa routine. Si alzava e si preparava per la scuola. Usciva dal
bagno solo dopo una doccia e una quantità indecente di gel a
bloccare i ricci ribelli che aveva sulla testa. Salutava sua madre
con un bacio sulla guancia, e usciva per recarsi a scuola.
Il suo armadietto era il terzo sulla sinistra. Aveva un piccolo
difetto di fabbrica, quindi dopo aver inserito la combinazione doveva
sempre dargli un colpetto per sbloccarlo. Quella mattina non fece
eccezione. Mise la combinazione e diede un piccolo pugnetto al
metallo, aprendo poi l anta metallica. Canticchiando fra sé
e sé
prese il libro di Algebra, la sua prima lezione del giorno. Mentre
sistemava maniacalmente gli appunti della lezione precedente,
sentì
un movimento alla sua destra. Blaine aggrottò le
sopracciglia e si
sporse un poco, curioso. L'armadietto accanto al suo era vuoto da un
paio di mesi, da quando il suo proprietario aveva cambiato scuola. La
versione ufficiale della storia raccontava un trasferimento per il
lavoro di genitori. La versione reale comprendeva un pestaggio da
parte di un gruppo di bulli.
Il moretto guardò il suo nuovo vicino di armadietto, intento
a
scuotere il lucchetto. Aveva dei lucenti capelli castani, il ciuffo
sistemato alla perfezione. Blaine non riusciva a vedere il colore dei
suoi occhi, ma rimase incantato dalla bellezza di quel profilo. Non
lo aveva mai visto, si sarebbe di certo ricordato di un ragazzo come
quello.
-Devi dare un colpetto alla porta, se no non si apre.- disse con un
sorriso, voleva fare una bella prima impressione. Il ragazzo di
voltò
e.... oh. Quegli occhi. Blaine si perse un attimo in quell'azzurro
così intenso, così profondo. Okay, forse ci si
perse un paio di
attimi. Si riprese, notando il nuovo arrivato guardarlo confuso, la
testa inclinata leggermente di lato. -C-come scusa?-
-Ehm... dicevo che ho già provato ma forse non ci metto
abbastanza
forza.- mormorò, e Blaine si incantò di nuovo.
Aveva una voce che
angelica era dire poco. Blaine fece un altro sorriso, avvicinandosi
poi all'armadietto dell'altro. Diede un colpo allo sportello,
producendo un tonfo metallico. Scosse un po la maniglia e lo
aprì.
-Ecco fatto.- mormorò sempre sorridendo mentre si faceva da
parte
per permettere all'altro ragazzo di usufruire del suo nuovo
armadietto.
-Oh grazie? Sei stato molto gentile, ehm...- Blaine sorrise ancora,
porgendo all'altro la mano destra.
-Mi chiamo Blaine.- disse. L'altro ragazzo gli strinse subito la
mano, ricambiando il suo sorriso.
-Kurt.- disse semplicemente. Blaine non aveva mai sentito nome
più
bello. Ricambiò la stretta, lasciando poi la mano
dell'altro. Non
voleva di certo sembrare un maniaco, anche se la sensazione della
pelle liscia di Kurt contro la sua non gli era dispiaciuta affatto.
-Che ehm... che lezione hai? Sei nuovo vero? Potrei indicarti la
strada se vuoi.- disse il moretto un po impacciato, sentendosi
arrossire come nei peggiori dei cliché. Kurt aprì
la sua tracolla,
tirando fuori l'orario delle lezioni.
-Ho francese alla prima ora.- gli disse, mostrandogli la tabella e il
numero della classe dove doveva recarsi. Blaine si avvicinò,
guardando il foglio. Guardò l'altro, ispirando piano il suo
profumo
che gli arrivava perfettamente alle narici.
-Ho capito dove è.. è accanto la mia classe, ti
accompagno.- riuscì
a dire, chiudendo il suo armadietto. Kurt annuì e gli fece
il
sorriso più bello che il moretto avesse mai visto. Mentre si
incamminavano lungo il corridoio, Blaine Anderson si rese conto di
essere decisamente senza speranza.
***
Blaine
sorrise guardando lo schermo del suo cellulare, fissando il nome di
Kurt e il numero salvato nel suo cellulare. All'ora di pranzo aveva
preso il coraggio a quattro mani e glielo aveva chiesto. Kurt gli
aveva sorriso e gli aveva chiesto il telefono. Uno squillo dopo,
entrambi avevano il numero dell'altro. Blaine aveva passato tutto il
pomeriggio a chiedersi se doveva scrivergli o meno. Era troppo
presto? Disturbava? Si comportava da maniaco? O forse doveva
semplicemente fregarsene e scrivergli. Magari una faccina. E se Kurt
odiava le faccine? Blaine sbuffò ai suoi stessi pensieri e
si mise
il cellulare in tasca. Ci avrebbe pensato una volta tornato a casa.
Era uscito circa un ora prima, il glee era durato più del
previsto.
Aveva perso il precedente pullman che lo avrebbe portato a casa,
quindi si era rassegnato a dover aspettare il successivo. Si mise a
sedere alla fermata, guardandosi intorno. Non girava molta gente a
quell'ora. A catturare l'attenzione di Blaine, però, fu una
figura
dall'altro lato della strada. Portava una felpa nera con il
cappuccio a coprirgli il volto, ma era evidentemente un ragazzo. Si
guardava intorno circospetto, come se si aspettasse di essere
seguito. Blaine si sporse un poco in avanti, incuriosito da quel
comportamento per lui bizzarro.
In lontananza, si sentiva già il bus avvicinarsi a tutta
velocità.
Sia Blaine che il ragazzo si voltarono verso il rumore. Quando Blaine
volse nuovamente lo sguardo sulla figura incappucciata,
sussultò.
Sbatté le palpebre sorpreso e l'altro ragazzo fece lo
stesso. Quello
era lui! Una perfetta copia di sé stesso lo fissava, il
volto rigato
di lacrime e gli occhi ambrati arrossati.
Il ragazzo fece un passo avanti con un sorriso sconfitto sulle
labbra, nell'esatto istante in cui l'autobus stava passando. Blaine
urlò e si portò le mani alla bocca, udendo lo
schianto e le urla
delle poche persone presenti. Aprì piano gli occhi e
desiderò di
non averlo fatto. Il corpo del ragazzo giaceva a qualche metro di
distanza, esanime. L'autista dell'autobus scese dal mezzo e corse
verso il corpo, accertandosi se fosse ancora vivo.
Blaine
si alzò, le gambe che lo reggevano a malapena. Voleva
correre via e
tornare a casa. Si avviò, decidendo che avrebbe fatto la
strada a
piedi pur di allontanarsi da quel posto, quando notò uno
zaino poco
lontano. Si morse il labbro e si avvicinò, doveva essere
caduto a
qualcuno. Magari a lui.
Senza pensarci due volte, Blaine si chinò e raccolse lo
zaino,
allontanandosi a passo veloce. Magari avrebbe trovato li dentro
qualcosa che spiegasse il motivo della loro somiglianza.
Perché i
suoi genitori non gli avevano detto che aveva un fratello gemello?
Non che Cooper non gli bastasse, ma avrebbe davvero voluto sapere di
avere un gemello. Si fermò in un vicolo poco lontano,poteva
sembrare
sospetto che andasse in giro con uno zaino e una tracolla.
Aprì lo
zaino chiedendo mentalmente scusa al suo precedente proprietario.
Sapeva che non era giusto frugarci dentro, ma voleva sapere.
Tirò
fuori un mazzo di chiavi, un portafogli e un cellulare. Mise tutto
nella sua tracolla e lasciò lo zaino vuoto all'angolo della
strada,
avrebbe controllato il contenuto una volta arrivato a casa.
Uscì
dalla stradina e si avviò verso casa, senza notare che
qualcuno lo
stava seguendo.
**
Blaine
non dormì quella notte. Ogni volta che chiudeva gli occhi
gli
compariva davanti il viso di quel ragazzo, l'altro sé. Dopo
ore
passate a cercare di addormentarsi, Blaine si alzò e prese
la sua
borsa. Voleva rimandare al giorno dopo l'ispezione degli oggetti
trovati nello zaino, ma a quanto pare era arrivato il momento. Prese
solo il portafogli e il cellulare, delle chiavi si sarebbe occupato
in un secondo momento. Accese il telefono e lo lasciò sul
lenzuolo
e, mentre quello si avviava, prese il portafogli. Lo aprì
piano,
controllando gli scomparti. Trovò venti dollari, una tessera
per la
metropolitana di New York, diversi biglietti da visita, una patente e
una carta di identità. Prese quest'ultima e si
portò una mano alla
bocca. Quella era decisamente la sua
carta d'identità. A parte il nome, cognome e data di
nascita. Lui
non si chiamava Sean Walter e non era nato il dodici febbraio, ma il
cinque. Però entrambi erano nati a Columbus. Blaine
accarezzò la
fotografia con la punta delle dita, nascondendo tutto sotto il
cuscino quando sentì dei passi fuori dalla porta. Si
sdraiò e finse
di dormire, mentre qualcuno apriva la porta della sua stanza.
-Te l'avevo detto che era qui. Mi sarei preoccupato se mio fratello
fosse finito spiaccicato contro un autobus.- sentì Cooper
sussurrare, sicuramente per non svegliarlo. L'altra persona
sospirò,
parlando con la voce altrettanto bassa.
-Mi dispiace averti fatto preoccupare. Non credevo che Sean potesse
arrivare a tanto, e Blain era il più vicino, non prende li
l'autobus? Lo hai scritto nei rapporti.-
-Si ma oggi è tornato a casa a piedi, forse aveva perso
l'ultimo
autobus. Vieni, andiamo di la o finiremo per svegliarlo...- suo
fratello chiuse la porta, continuando a parlare con il suo misterioso
interlocutore. Blaine spalancò gli occhi, facendo un respiro
profondo. Che diavolo voleva dire quella situazione assurda?
Sentì qualcosa vibrare sotto il cuscino e ci
infilò la mano per
prendere il telefono. Che altro doveva succedere quella notte?
Assottigliò gli occhi per la luce dello schermo e lesse a
malapena
il nome sul display. Isaac lo stava chiamando. O meglio, Isaac stava
chiamando Sean. Chi era Isaac? Senza pensarci troppo Blaine rispose,
magari ci avrebbe capito qualcosa.
-Pronto?- rispose in un sussurro, balbettando leggermente sulla P.
dall'altra parte sentì un sospiro di sollievo.
-Oh, grazie a Dio sei vivo. Kyle mi ha chiamato e mi ha detto che eri
finito sotto un autobus e poi non rispondevi... Sean, che diavolo
è
successo?- Blaine balbettò fra sé e
sé, aveva sentito tante volte
la sua voce registrata, mentre cantava, mentre parlava in qualche
video, ma non l'aveva mai sentita mentre qualcun altro gli parlava.
Certo, l'accento era diverso, ma la voce era la sua.
-I..io...- riuscì a dire dopo un po', sentendo un magone
formarglisi
in gola.
-Sean? Che ti prende, stai male?- gli chiese preoccupato il ragazzo
dall'altra parte del telefono. -Vuoi che venga li? Ci metto un attimo
ad arrivare a Lima da qui...-
-No!- disse subito Blaine, senza però urlare.- Non venire...-
-Sean mi stai facendo preoccupare. Che hai?- Blaine prese un respiro
profondo e si impose di calmarsi.
-Nulla... sono solo stanco. Sai la storia dell'autobus...-
-Capisco... ti va di incontrarci domani mattina? Devo raccontarti
delle cose, ma non è sicuro al telefono.- Blaine ci
pensò su. Era
sicuro di volerlo? Si rispose subito di sì, volva sapere.
-Sì. Va bene. Dove?-
-Al solito posto? O tua madre ha capito qualcosa?- Blaine si morse il
labbro.
-Si infatti... ci possiamo vedere davanti il Lima Bean domani mattina
presto? Ho un impegno poi, in mattinata.-
-Voi ragazzi di scuola pubblica siete così noiosi. Comunque
per me
va bene. E non dimenticarti di prendere la cartellina di tua madre,
io ho preso già la mia.-
-S..sì certo... contaci.- Che cartellina?
-Bene, a domani Sean.-
-Sì.. ciao.- rispose Blaine, attaccando e nascondendo di
nuovo il
cellulare sotto il cuscino. Era più confuso di prima dopo
quella
telefonata. In che cosa era andato a mettersi in mezzo? Si era
rovinato con le sue stesse mani, ma la curiosità aveva preso
il
sopravvento. Voleva capire, chi erano tutte quelle persone? E chi era
lui? Blaine cominciava a chiederselo.
**
Quella mattina il cielo annunciava pioggia. Lima era coperta di
nuvoloni scuri e Blaine pensò che si abbinassero
perfettamente con
il suo umore nero. Era arrivato da poco al luogo dell'appuntamento e
si era coperto con il cappuccio della giacca che indossava. Aveva
scordato l'ombrello e se i suoi capelli si fossero bagnati avrebbe
sicuramente improvvisato un'imitazione perfetta di Borat.
Aveva appena deciso di andarsene, forse era stato tutto un sogno,
quando una macchina verde entrò nel parcheggio semi vuoto
della
caffetteria. Il motore si spense e un ragazzo uscì dalla
vettura.
Indossava un cappello e degli occhiali da sole, ma anche con
quell'accenno di barba, Blaine si riconobbe all'istante. Il cuore
cominciò a martellargli nel petto, non era stato tutto un
sogno. Il
ragazzo davanti a sé, Isaac, era reale. Come era reale lo
sguardo
confuso che gli stava rivolgendo.
-Ma come cavolo ti sei conciato?- gli chiese, fermandosi davanti a
lui. -E che hai fatto ai capelli, ci hai messo la super colla?-
-I...io...- balbettò Blaine alzandosi in piedi.
-Sean ma che...-
-Io non sono Sean.- sussurrò Blaine, fissando l'altro
ragazzo negli
occhi.
In men che non si dica, Blaine si ritrovò all'interno del
locale con
un cappuccino medio in mano. Si erano seduti ad un tavolo in
disparte, e Isaac stava esaminando con cura la sua carta
d'identità.
-
-Blaine Anderson...- sussurrò quello, stropicciandosi un
occhio. Si
era tolto gli occhiali da sole, sostituendoli con un paio di occhiali
da vista. Anche Blaine avrebbe dovuto portarli, ma preferiva le lenti
a contatto.
-Sei nato a Columbus.- continuò Isaac, sistemandosi la
montatura sul
naso. -Anche io. Beh, come anche Kyle e Sean... tu il cinque
febbraio, io il ventisei gennaio.- disse ancora, bevendo un sorso del
suo caffè. -Hai altri fratelli?- Blaine annuì,
non aveva spiccicato
parola da quando si erano seduti. Aveva paura di dire qualcosa di
sbagliato, paura di sapere. -Sapevi di essere stato concepito in
vitro?-
-Io non sono stato concepito in vitro!- disse Blaine con voce roca,
sentendo la gola secca. Bevve un sorso della sua bevanda, era
diventata ormai fredda. Isaac lo guardò serio,
restituendogli i
documenti.
-Tu non sai niente.- affermò, accavallando le gambe sotto il
tavolo.
Blaine prese un altro sorso, tanto per tenere occupata la bocca e non
rispondere. Gli sembrava così strano parlare con
sé stesso. -Sean
aveva capito tutto...- continuò Isaac, senza distogliere lo
sguardo
da lui. -aveva scoperto che sua madre lo aveva concepito in vitro, e
anche per noi è stato lo stesso... mia madre è
bionda sai? E anche
mio padre. Ho sempre pensato di essere frutto di una gravidanza
indesiderata.- ridacchiò fra sé e sé.
-Mi sono sentito meglio
quando Sean mi ha detto cosa aveva scoperto. Ma per capire meglio ho
bisogno di quella cartellina, se tu hai il suo telefono devi avere
per forza anche quella.- Blaine scosse la testa.
-Non c'era nessuna cartellina. Solo il cellulare, il portafogli e un
mazzo di chiavi.-
-Ci serviranno per prendere la cartellina. Sicuramente si trova a
casa sua.-
-Ci? Chi ha detto che ti aiuterò?- Blaine si alzò
e mise di nuovo
la borsa a tracolla. -Io non voglio averci niente a che fare con
tutto questo. Sto bene così, grazie.- disse e si
allontanò, aprendo
la porta della caffetteria.
-Glielo devi!- esclamò l'altro, raggiungendolo.
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