Capitolo 4 - Shakespeare is not in
love
4.
Shakespeare is not in
love
«Ancora
tu?» gli dissi.
«Non credo che io e
Vossignoria abbiamo mai avuto il piacere d'incontrarci» mi
rispose con un sorriso.
Lo guardai storto «Però il
valzer lo sai ballare bene»
Il suo sorriso si allargò.
«Avete un'ottima
memoria per una persona che sta sognando» mi disse,
avvicinandosi.
Era una bella giornata di sole e potevo finalmente vedere l'uomo
mascherato dagli occhi viola in volto.
«Mi dispiace
deludere le vostre aspettative, ma non mi vedrete in volto»
disse con voce falsamente triste.
«Perché
non posso vedervi il volto?»
Aveva ragione, riuscivo a vedere i suoi penetranti occhi viola, ma le
linee del suo volto erano così sfocate che riuscivo a
malapena a
vedere le linee della bocca.
«Perché
se il mio volto lo vedessero tutti quanti... farei... arrabbiare mia
madre...»
Sua... madre?
«Scusa, ma...
quanti... quanti anni hai?» gli chiesi scettica.
Lui fece una grassa risata ma non mi rispose.
«Dato che hai una
così buona memoria...» disse prima che potessi
controbattere «... dovresti anche
ricordare che volevo mostrarti una cosa»
«Sì»
dissi, facendo un passo indietro «ma prima voglio
sapere cosa»
«Se ve lo dicessi
non avrebbe la stessa valenza. Ma forse...»
«"Forse"
cosa?»
«... Forse non
è ancora tempo»
«Tempo... per
cosa?»
L'intensità dei suoi occhi e la profondità della
sua voce mi rapirono completamente.
«Ah... Mia piccola
Eris... Ci sono tante cose a questo mondo che non sai, e tu sei una di
queste»
«... ...
eh?» risposi stranita.
Lui rise.
«Un giorno capirai.
Credimi, Eris. Un giorno ti sarà tutto chiaro»
«Un giorno? Cosa...
Quando...»
«No, Eris»
mi disse lui deciso «No.
Non posso rispondere alle tue domande, quindi non farle. Sei ancora
libera, sii libera e fa ciò che vuoi»
«...
Sono ancora libera? Ma che... » non riuscii a finire,
perché mister occhi viola mi aveva preso e aveva
incominciato a ballare un valzer più veloce
dell'altra
volta.
Mi aveva piantato di nuovo i suoi brillanti ed ipnotici occhi nei miei
e mi aveva fatto talmente frullare il cervello che mi ero dimenticata
tutto.
«A...
Aspetta...» gli dissi con un leggero fiatone, mentre mi
faceva volteggiare «io... come... come
ti chiami?»
Lui sorrise, un sorriso genuino che nasceva dal cuore nonostante la
serietà celata negli occhi.
«Umh...»
disse pensieroso
«vediamo... puoi chiamarmi... puoi chiamarmi... Shin.
Sì,
Shin è un nome che mi piace» disse scherzoso.
«Shin, eh?»
«Non è un
nome comune, ma in Asia lo è»
«A...Asia? Ma
è dall'altra parte del mondo!»
Lui rise della mia
affermazione, continuando a farmi roteare in mezzo al prato verde.
Non me ne ero accorta, ma si era fatto il tramonto.
Era stato tutto così veloce... non me ne ero minimamente
resa conto.
Lui smise di farmi roteare e
mi tenne stretta fra le mani con un sorriso sulle sfocate labbra e lo
sguardo intenso.
«Te lo devo dare»
«Mi devi dare...
cosa?»
«Il quadro. Te lo
devo dare»
«Ah» feci
per avvicinarmi al quadro, ma lui mi bloccò.
«Non ho mai detto
che te lo avrei dato ora...» mi disse con un sorriso
furbetto.
Mi svegliai di soprassalto al tocco di mia madre.
«Ma-Mamma...»
«Ben svegliata,
Eris, è pronto in tavola»
«Tavol-Ah»
dissi, mentre mia madre se ne tornava al piano di sotto e io realizzavo
che la sveglia segnava le otto di sera.
Cena. Borbottio. Fame.
Mi alzai e mi diedi una velocissima sistemata ai capelli e ai vestiti.
Volai in cucina e mi sedetti: un fumante pezzo di pizza stava
emanando un invitante odorino di buono.
Papà e mamma stavano già mangiando e
così incominciai anch'io.
Con la pancia piena si ragionava sempre meglio.
«Allora...» mi chiese mio padre «
com'è andato il secondo primo giorno di scuola?»
«Mhh...
non c'è male. È arrivato uno nuovo e
nient'altro»
«E
com'è? Carino?» chiese mia madre mentre
papà si strangozzava col caffè.
«Beh,
sì. Cioè, sì e no. È nella
norma, solo
che...» papà era definitivamente in coma cerebrale.
«Solo
che...?» disse mia madre spingendomi a continuare.
«Beh,
solo che... ha due occhi da paura. Sembrano dei veri
smeraldi...»
Un
"WOW" si
formò sulle labbra di mia madre, mentre papà
tentava di
riprendersi con un carattere distaccato e composto.
«Eris...»
iniziò lui.
«Frena,
frena, frena! Non ho detto nulla! Siete voi che mi avete chiesto le mie
impressioni su di lui, voi soltanto!»
«Tua
madre» mi corresse papà con una finta tossita.
Mamma lo guardò malissimo.
«Bene allora, caro...»
disse la mamma calcano l'ultima parola
«dato che sono stata io a chiedere, io continuerò
a fare domande»
Papà strabuzzò gli occhi.
«Dunque, Eris, come si chiama?»
«Ah.. Si chiama Thy. Con l'h» dissi, ripetendo le
parole che mi aveva rivolto Thy quella giornata.
L'interrogatorio continuò fino a che mia mamma non ebbe
finito il repertorio di domande da quarto grado.
«E quindi, ti piace?» disse lei prima che chiudessi
la porta della mia stanza.
«Beh, non di rei che "mi piace", lo conosco solo da un
giorno, mamma»
Lei sorrise e mi diede la buona notte.
Entrata in camera, mi buttai sul letto, accesi l'abat-jour sul comodino
e mi misi a guardare il soffitto mentre pensavo, nella speranza di
addormentarmi il più velocemente possibile.
Dopo non so quanto tempo, sentii un leggero bussare.
Cioè, no, ok, non lo sentii veramente, ma
sapevo che qualcuno aveva bussato, e sapevo anche chi.
«Quindi?» sussurrai.
«Posso
entrare?» disse una voce fuori dalla porta.
Ci
pensai un attimo.
«... D'accordo»
La porta non si aprì, e nessun rumore provenne da essa, ma
l'ombra entrò attraversandola.
«Ciao...»
Feci
un cenno verso l'ombra.
«Come
mai così cordiale, oggi?»
«Io
sono sempre cordiale» disse in tono leggermente offeso.
«Dissento,
ma oggi abbiamo fatto qualche passo in avanti» continuai a
sussurrare guardando il soffitto.
Volevo parlare normalmente come una persona normale, ma avevo la
sensazione che i miei mi avrebbero presa per pazza.
Ai loro occhi, agli occhi di tutti per la verità, stavo
parlando da sola.
L'ombra si mise a sedere sull'angolo del letto, contemplando
chissà cosa.
«Perché
fissi il soffitto?»
A quanto pare, contemplava me.
«Perché....
perché... boh. Ho voglia di guardare il soffitto»
Ci
pensò un po' prima di rispondere alla mia risposta
«... Istinti depressivi suicidi?»
Lo guardai male.
«Non
posso contemplare il soffitto?»
«Le
persone normali non contemplano il soffitto» «...
a meno che non siano tentate al suicidio da istinti depressivi
suicidi» si affrettò ad aggiungere.
Sospirai rumorosamente.
«Le
persone normali non
vedono ombre. Anche quelle che non
sono tentate da istinti depressivi suicidi» dissi.
Lui ridacchiò.
Io sorrisi leggermente.
Il
silenzio calò nella stanza per alcuni minuti.
«... Era... Era da un po' che non parlavo con
qualcuno» disse di punt'in bianco.
«Il
mio... la mia... condizione
non me lo permette» aggiunse con un tono triste.
«La
tua... condizione
ti rende solo?» chiesi curiosa.
«No.
Non sono solo. Ma non sono nemmeno circondato da... beh, possiamo
chiamarle... persone»
«Qual'è
il tuo nome?» gli chiesi di getto.
Ci mise lunghi secondi a rispondermi.
«...
Puoi... puoi chiamarmi Ael»
«...Ael?»
«Sì»
«...
Com'è che avete tutti 'sti nomi strani? Cioè, non
che il
mio sia iper popolare e di moda, ma neanche il tuo, quello di Thy e suo
fratello si sentono spesso»
«Thy?»
chiese.
«Il
nuovo arrivato a scuola. Non fingere di non sapere. So che mi - ci - spiavi a
cena»
Avevo la sensazione che avesse fatto un piccolo sorriso.
«Già,
beh, non posso darti torto. Ael, Thy e... Phy, giusto?, non sono
nomi... comuni»
«Già,
anche quello di sua madre non è comune. Però lo
trovo carino. Si chiama Aemera»
«Aemera,
eh?»
Annuii .
«Nome
interessante, non c'è che dire» disse con un
leggero velo d'ilarità.
Il silenzio calò di nuovo nella stanza.
Improvvisamente mi alzai, presi il pigiama e andai in bagno a cambiarmi.
Tornai con i vestiti in mano e i denti lavati.
«Guarda
che anche se ti cambiavi qui, non succedeva nulla, sai?»
disse Ael con un tono mezzo divertito.
Io,
dal canto mio, divenni tutta rossa.
«S-Si chiama decenza!»
«Sappi,
piccola Eris, che molte donne non hanno avuto la tua.. decenza e hanno
osato l'impossibile per eludere il mio sguardo»
«Beh,
io non sono quelle donne»
«...
perché tu non sai chi sono. Loro lo sapevano»
disse, mentre mi infilavo nel letto.
«Loro
lo sapevano molto bene» concluse.
Mi rimboccai le coperte e spensi la luce.
«...
quindi, mi stai dicendo che anche io farò l'impossibile per
eludere il tuo sguardo?»
Lui rise dolcemente.
«Nessuno
può eludere il mio sguardo, Eris. E alla fine, se
dovrò fare il mio compito, lo farò»
«E...
qual'è il tuo compito?»
«Il
mio compito è essere sveglio e vigile. Quindi, significa che
per
quanti giri di parole vorrai farmi fare, io non ti dirò chi
sono»
«Ma
mi hai detto di essere Ael!»
«Quello
è... diciamo il mio soprannome...»
«Quindi,
non saprò mai né il tuo nome, né chi
sei, giusto?»
«Non
ho mai detto questo, Eris. Un giorno...» sembrava quasi
avesse della tristezza nella voce «...un
giorno lo saprai»
Detto questo, Ael sparì, lasciandomi sola per il resto della
nottata.
Quella notte, dormii come una bimba, e Mr. Occhi-di-Ametista non venne
a farmi visita.
Aprii gli occhi alle prime luci dell'alba.
Non avevo abbassato la tapparella e i primi raggi del sole mi colpirono
gli occhi, svegliandomi dolcemente.
Mi stiracchiai.
«Buon
giorno, di buon'ora» disse una voce.
Mi voltai e misi a fuoco l'ombra-ehm, Ael.
«B-Buon
giorno...» dissi frastornata.
Notai che Ael aveva un mio libro in mano.
«Che
leggi?» dissi con voce assonnata.
«Qualcosa,
eeeh... » disse, controllando il dorso della copertina «...
l'Amleto di Shakespeare»
«To be or not to be... this is
the question...» dissi a memoria.
«Se
sia più nobile soffrire nella mente le fionde e le frecce di
un'oltraggiosa fortuna o prendere azione contro il mare di problemi e
opponendosi, porre loro fine?» disse lui,
lasciandomi a bocca aperta.
«La
sapevi già?»
«L'ho
letto molte volte» disse con voce divertita.
Guardai
la sveglia, i puntini lampeggianti dividevano due numeri: 5 e 10.
Buttai la testa sul cuscino.
Ok, e ora che facevo?
«Ti
va di... fare una passeggiata?» mi chiese Ael continuando a
leggere.
«Una...
passeggiata?» dissi scettica.
«Sì.
La temperatura e mite e poi camminare fa bene» avrei giurato
che mi avesse sorriso.
Ci pensai su per un qualche minuto.
«Guarda
che tenersi in forma fa bene alla salute»
«Non
so perché, ma ho la strana sensazione che dette da te,
quelle parole non suonino poi così
giuste...» lui rise.
«...D'accordo»
dissi infine.
Mi alzai e andai in bagno a cambiarmi e darmi una lavata.
Dopo dieci minuti ero in cucina a scrivere una biglietto per mamma e
papà.
«Che
fai?» mi chiese Ael curioso.
«Scrivo
un biglietto a mamma e papà perché non si
preoccupino»
«Ah»
fece lui.
Finii in pochi secondi, e all'incirca quindici minuti dopo essermi
alzata, ero fuori dalla porta a fare una passeggiata.
«Da
che parte vuoi andare?» mi chiese Ael.
«Umh...
di qua» gli dissi, andando nella direzione opposta a quella
che mi conduceva a scuola.
«Cosa
prevede la tua giornata, oggi?» chiese Ael dopo pochi minuti
di camminata.
«Noia
mortale» dissi, mentre lui ridacchiava.
«Oh,
dai, non sarà così male... e poi hai Thy,
no?»
Lo fulminai «Ma
cos'è che avete tutti? Solo perché ho parlato di
un nuovo ragazzo, ora, sembra che dobbiamo metterci insieme da un
momento all'altro!» dissi camminando più
velocemente e
quindi trovandomi davanti a lui-
«Perché,
non è così?»
Mi voltai, pronta per una sfuriata sul tema, ma quando lo guardai tutta
la mia rabbia momentanea passò.
Era serio.
Pensavo mi avesse fatto quella domanda per scherzo, per prendermi in
giro, e invece no.
Era maledettamente
serio.
Rimasi a bocca aperta.
«Fo-Forza.
torniamo... torniamo indietro...» dissi dopo qualche secondo.
«Che
c'è?» chiese lui curioso.
«Nu-Nulla...
nulla...»
Ogni tanto mi dimenticavo che parlavo con un'ombra.
Non era il massimo della socializzazione, ma se ti dimenticavi, ti
sembrava di parlare con una persona comune di tutti giorni.
"Scuola, Eris, scuola.
Devi andare a scuola" mi continuai a
ripetere come un mantra lungo la via del ritorno.
Ael non parlò più, forse perché senza
domande, o forse perché "offeso" dalla mia non risposta.
"Pensa alla scuola"
Arrivai
a casa leggermente sudata, così andai in bagno a farmi una
doccia e quando scesi trovai mamma e papà che facevano
già colazione.
«Com'era
il tempo?» chiese lui.
«Si
sta bene, fuori. Non c'è moltissimo caldo e tira un leggero
venticello» risposi, addentando una brioche.
«Ottimo»
disse mamma.
Finii di fare colazione e poi mi preparai ad andare a scuola.
Lungo la mia camminata dei dieci minuti, Ael mi faceva compagnia, senza
però dire una sola parola.
Sparì poco prima che entrassi dai cancelli.
Sospirando, mi avviai con calma all'interno, ripensando al mio discorso
con Ael e come, più o meno, potergli chiedere una sorta di
'scusa', quando il mio muso sbatté contro la schiena di
qualcuno.
Mi ero fatta male il naso, ma non avevo motivo di lagnarmi, la colpa
era mia.
«Eris!»
disse una voce che tentava di nascondere la felicità con la
preoccupazione
«stai bene?»
«Ma
guarda chi si vede! Il topo nero di biblioteca!» disse una
voce
femminili incominciando a ridere, accompagnata da un coro.
Mi
voltai
verso la ragazza che aveva parlato, sapendo perfettamente che era
Sherley «Non leggerò Platone, certo, ma almeno so
mettere
insieme una frase che comprenda una svariata quantità di
parole
oltre a "me", "io" e "me medesima" accompagnate da "centro
dell'attenzione"»
Colpito e affondato: Sherley me l'avrebbe fatta pagare, certo, ma per
ora era in ritirata.
Era sempre una gioia ricevere il buongiorno da Sherley.
«Sei
appena diventata la mia eroina numero uno. E non sei nemmeno un
fumetto...» mi disse una voce, sussurrando, all'orecchio.
Feci un balzo tale che, secondo me, anche i canguri mi avrebbero
invidiato.
«Ma
cos-THY!!!!!!» urlai, mentre lui si divideva in quaranta
dalle risate.
«Cos'hai
da ridere, eh?!» gli dissi, scherzosamente arrabbiata.
«Fa
ancora male il naso?» mi chiese lui, guardandomi negli occhi.
Sembrava di essere in trance, tutto quello che c'era erano solo io e i
suoi occhi.
«Eris?»
«Ah?
Ah, sì. Sì. No, cioè, sì,
mi fa ancora male il naso ma sta passando»
«Eris,
ti senti bene?» mi chiese lui con uno sguardo preoccupato.
"Ora voglio sapere chi,
CHI!, si
sentirebbe bene se le guardassi con quegli occhi! Non puoi chiedermi se
sto bene! È umanamente impossibile stare bene quand-"
«Eris?»
disse, ancora più preoccupato.
"'Fanculo"
«Sì,
sì, sto bene»
Thy, molto più rasserenato, mi sorrise.
«Buongiorno.
Mi ero dimenticato di dirtelo»
«'Giorno»
«E...
grazie. Di nuovo» disse, guardando fisso il pavimento.
«E...
per cosa?»
«Per
avermi salvato una seconda volta da Shi... Sha... com'è che
si chiama?»
«Sherley»
gli dissi, senza riuscire a trattenere una risata.
«Ecco,
quella lì» mi disse lui, unendosi alla mia risata.
Chiacchierammo per un po', lungo il corridoio e poi andammo a lezione.
Solo che, non sapevo il perché, ma avevo la strana
sensazione che qualcosa non era giusto.
Avevo la strana - e alquanto sgradevole - sensazione che qualcosa
sarebbe successo.
"Non è nulla"
dissi a me stessa
"Non è nulla..."
Non ci credevo per nulla, ma la gomitata di Mary nel
fianco, mi fece tornare in me.
«Psst!!»
mi disse lei.
«Che
c'è?!» le sussurrai ancora china, mentre prendevo
l'occorrente per iniziare la lezione.
«Tirati
su! Tirati su ora!»
Mi raddrizzai, pronta per lanciarle velenose occhiate, quando la mia
attenzione fu rubata da un ragazzo che stava sorridendo.
Il professore non era ancora entrato, ma tutti gli occhi erano su di
lui.
«Cos'è,
la rivincita dei novellini?» dissi a Mary, mezza amara e
mezza scherzosa.
Lei rise, e in quel momento, il professore entrò.
«Bene
ragazzi. Vedo che le presentazioni sono inutili, ma è buona
cosa
farle. Prego» disse, mentre faceva un gesto con la mano per
invitare il nuovo ragazzo ad avvicinarsi alla cattedra e presentarsi.
Lui si avvicinò e cominciò a parlare.
«B-Buongiorno
a tutti» disse, facendo una piccola pausa.
Immaginavo non fosse divertente avere una quindicina d'occhi puntati su
di te.
«Sono
Phy Soahc, il fratello gemello di Thy. Piacere di fare la vostra
conoscenza»
Mentre una mangiata di gridolini femminili, sguardi d'approvazione
maschili e altro giravano per la classe, io rimasi completamente
paralizzata.
Com'era possibile che quei
due fossero gemelli?!
Se li si metteva a confronto, le linee del volto, del naso e delle
labbra erano identiche, ma presi da soli parevano tutto
fuorché
gemelli!
Ripensai a Thy.
Altezza media, moro, capelli corti, occhi verdi smeraldo.
Guardai Phy.
Alto, biondo, capelli leggermente lunghi legati con una coda, occhi blu
come l'acqua.
Ora, dove diamine erano fratelli?!
Abbassai
gli occhi sul banco, tentando di far ragionare il mio povero cervello
che mi mandava chiari segnali di vacanza.
La lezione iniziò ed io mi ci buttai così a
capofitto che mi dimenticai di tutto per almeno tre quarti d'ora.
Il professore ci diede dieci minuti di pausa e io rilassai tutti i
neuroni.
«...
immagino tu sia Eris, giusto?» mi chiese una voce tranquilla
e rilassante.
Alzai la testa dal banco, il momento di rilasso assoluto, e mi trovai
due occhi azzurri che mi fissavano allegramente.
Un senso di calma, guardando quegli occhi chiari e profondi, mi pervase
come mai.
«Cos-Cosa?»
chiesi frastornata e sorpresa.
«Sei
Eris, giusto?» aveva un sorriso gentile, che lo rendeva la
persona più pacifica dell'universo.
«S-Sì,
sono io» il suo sorriso si aprì «Serve
qualcosa?» gli risposi gentile.
«No,
in realtà no. Solo... volevo vedere chi eri. Mio fratello
Thy mi ha parlato di te»
«Oh...»
la gomitata di Mary nel fianco non la sentii nemmeno.
«Ne...
ne.. dovrei essere... lusingata... cioè, non fraintendermi,
è bello -immagino- quello che mi hai appena detto,
però...»
Lui rise dolcemente «No
preoccuparti, ho capito cosa volevi dire»
Ecco. Se con Thy avevo scampato una colossale figura di merda, con Phy
avevo fatto 200 su 100.
Dannato karma.
«Sai
per caso in quale classe è mio fratello?»
«Aula
4B»
«Ottimo.
Grazie mille, Eris»
«Di...
Di nulla...» dissi, mentre Phy chiedeva al professore di
andare in bagno.
Guardai Mary negli occhi.
«NON
dire nulla. Se dici qualcosa ti strozzo!»
Lei trattenne maldestramente una risata e io tornai ad appoggiare la
testa contro il banco.
Eco cos'era quella strana sensazione.
"Ma per Zeus, ma
perché nessuno me lo ha detto prima?!"
/*Angolo
Autore*/
Se
cercate chi ha scritto la traduzione del continuo della famosa frase di
Amleto, datevi pace che non lo trovate: se vi piace mio è il
merito, se non vi piace mio è il merito lo stesso.
L'ho tradotto diretto dall'inglese, quindi anche quella traduzione è © Kurokage.
Se poi qualcuno lo ha tradotto identico (che non è poi
così difficile), lo faccia sapere e modificherò con
crediti vari se necessario.
Tornando alla storia... beh, è arrivato Phy, come butta gente?
Almeno d'aspetto, di "gemelli" hanno ben poco dato che sono uno l'opposto dell'altro.
Ora che siamo a...cinque mosche ronzanti intorno a Eris, come si metterà la faccenda?
Bah! Chi vivrà, vedrà!
- Kurokage
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