“Semir
scese dall’auto che si era appena fermata davanti alla
villetta in cui vivevano
i genitori di Andrea senza aggiungere altro, sbattendo la portiera in
faccia al
collega e dirigendosi a passo spedito verso il portone.
Da lì, con i suoceri e le bambine, si sarebbe diretto a
piedi verso la chiesa,
che si trovava a pochi passi di distanza.
Ben sospirò appoggiandosi allo schienale prima di rimettere
in moto per cercare
parcheggio: l’amico avrebbe avuto tanto bisogno
d’aiuto e lui avrebbe fatto
tutto il possibile per stargli accanto, in un modo o
nell’altro.”.
«Aida,
cucciolo, che
cosa ci fai qua?» domandò Semir avvicinandosi alla
porta esterna della villetta
e notando la figlia più grande seduta fuori su un gradino,
con l’aria
imbronciata e le braccia conserte.
La bambina gli lanciò un’occhiata fulminante e non
accennò ad alzarsi.
L’uomo allora si inginocchiò accanto a lei e le
accarezzò delicatamente i
capelli: era quello ciò che più temeva,
ciò che aveva temuto a partire
dall’esatto istante in cui il medico gli aveva comunicato, in
quell’ospedale,
che sua moglie non ce l’aveva fatta: le bambine. Le loro
reazioni, i loro
pensieri, le spiegazioni che lui avrebbe dovuto fornire. E poi, la loro
vita
senza di lei.
«Allora? Perché sei qua fuori da sola?».
«Perché lì dentro non ci voglio
stare.».
Semir sospirò, guardandola negli occhi «Che cosa
è successo?».
La bambina si voltò dall’altra parte senza
rispondere e il poliziotto non poté
fare a meno di constatare quanto gli assomigliasse. L’aveva
sempre detto anche
Andrea, Aida era la copia del papà e Beth* era
più simile alla mamma.
«Ehi... dai, parlami, cosa è successo?».
«I nonni sono dei bugiardi!» esplose la bambina
senza riuscire a trattenere le
lacrime «Loro sono dei bugiardi e Beth non capisce niente!
Non vogliono dirmi
cosa è successo davvero alla mamma e nemmeno tu me lo vuoi
dire, sei come
loro!».
Semir abbassò lo sguardo.
Avrebbe voluto scappare, evitare quegli occhi innocenti che lo
accusavano, ma
non poteva.
«Aida, tua sorella è piccola e non può
capire alcune cose, lo sai anche tu... e
poi...».
«Ma io non sono piccola, io capisco! E tu non parli nemmeno
con me!» gridò
ancora la bambina con la voce a tratti rotta dal pianto.
L’ispettore sospirò leggermente: aveva ragione.
Aida aveva perfettamente
ragione. Perché ormai, undici anni da compiere, non era
più nell’età in cui le
si potessero spiegare le situazioni in modo banale. Non si accontentava
più del
racconto dell’“uomo cattivo” o della
“bua che poi guarisce”. Aida capiva
perfettamente che cosa accadeva intorno a lei, e aveva diritto a
chiedere
spiegazioni, soprattutto se queste riguardavano la morte di sua madre
che, lei,
a differenza di sua sorella, aveva compreso perfettamente.
«Cucciolo...» fece Semir asciugandole le lacrime
con il dorso di una mano «Ti
ho già spiegato cosa è successo, è
andata male un’operazione di polizia...».
«Ma tu lavori in polizia, non lei! Non sarebbe dovuta morire
la mamma!» lo
interruppe la ragazzina divincolandosi da lui e alzandosi per
allontanarsi.
Quelle parole per il padre furono un colpo al cuore.
Aprì la bocca per replicare ma in fondo alla via, che veniva
verso di loro con
le chiavi della macchina in mano, vide Ben, e lasciò perdere.
Il ragazzo salutò la bambina da lontano e sul volto di Aida,
magicamente, tornò
il sorriso.
Cominciò a correre per raggiungerlo e non appena fu vicino a
lui gli saltò in
braccio «Zio Ben!».
«Principessa!» esclamò il poliziotto
stringendola forte «Come sei bella! Ma
cosa sono quegli occhi lucidi? Eh?».
«È colpa di papà.»
affermò lei, seria, mentre il sorriso nuovamente si spegneva
sulle sue labbra.
Ben la guardò con un debole sorriso, poi portò lo
sguardo su Semir che, di
spalle, gli occhi bassi, si accingeva ad entrare nella villetta, forse
fingendo
di non aver sentito.
«L'eterno
riposo dona o Signore a questa nostra sorella e tutti i morti in
Cristo, per la
misericordia di Dio, riposino in pace.».
Un coro uniforme di “Amen” si alzò
prontamente all’interno della chiesa.
Semir si guardò intorno: era pieno di gente, sembrava che
tutta Colonia fosse
venuta per partecipare. Accanto a lui i genitori di Andrea e le
bambine, dietro
Ben, Clara, Max, la Kruger, Susanne e tutti i colleghi
dell’Autostradale. Erano
venuti addirittura il compagno della Kruger*, il padre di Ben, Alex
Bronte* e
davvero anche il capo della polizia.
Sospirò leggermente sperando che la funzione terminasse in
fretta. La
considerava una cosa assolutamente inutile, come lo era stata per tutti
i
colleghi che aveva perso negli anni passati. Di sicuro non avrebbe
riportato
indietro Andrea...
Non voleva nemmeno pensarci. Ancora non riusciva a credere che lei non
ci fosse
più.
Non l’avrebbe più trovata a casa la sera, non
avrebbe più visto il suo sorriso,
non sarebbe stato mai più costretto a dormire sul divano
dopo un furioso
litigio, sperando nel perdono del giorno successivo. Tutto
ciò non sarebbe mai
più accaduto perché Andrea non c’era
più... non c’era più e non ci sarebbe
mai
più stata, doveva capirlo, ma faceva troppo male rendersene
conto.
Al termine della messa uscì dalla chiesa e ricevette le
condoglianze di una
marea di persone, tra cui quelle di gente mai vista prima.
Quando finalmente fu solo, sospirò profondamente appoggiando
la schiena ad un
muretto e chiudendo
gli occhi per un
istante. E rivide Andrea, la rivide sorridente nel suo abito da sposa,
e
sorrise.
Quando aprì gli occhi si accorse di aver involontariamente
sfilato la vera dal
dito ed ora rimaneva immobile ad osservarla.
Ma non aveva più la luce di un tempo.
Ormai era tutto finito.
Carl
Schwarzer rise beffardo godendosi la scena dall’alto del
palazzo di fronte alla
chiesa.
Tutta quella gente che usciva, che diceva due parole a
quell’ispettore e poi si
allontanava con il viso segnato dalle lacrime... era soddisfacente
poter
contemplare così bene il risultato del proprio lavoro.
Era atterrato in Germania la mattina stessa, giusto in tempo per
godersi questo
spettacolo, riuscendo facilmente ad eludere i controlli
dell’aeroporto tedesco
e di quello turco da cui era partito.
Volendo sarebbe anche potuto ripartire in giornata ma non
l’avrebbe fatto.
Doveva prima sistemare i conti con suo figlio, con quell’uomo
che, pur essendo
sangue del suo sangue, lo aveva tradito, era diventato uno sbirro.
Sarebbe arrivato alla resa dei conti con lui e lo avrebbe fatto con
l’aiuto di
Kallman che, come sempre, lo aveva seguito.
Ben
si
passò una mano tra i capelli spettinati e poi si
stropicciò gli occhi ancora
umidi.
Stava aspettando Semir appoggiato al cofano della propria auto ormai da
quasi
dieci minuti: il collega si era fermato a parlare con il parroco sulla
soglia della
chiesa e sembrava che ne avrebbe avuto per un po’, mentre i
genitori di Andrea
e le bambine si erano già avviate verso casa.
D’altra parte il sacerdote lo
conosceva bene, era lo stesso che lo aveva sposato e che aveva
battezzato Aida
e poi Beth, era naturale che volesse sapere cosa fosse realmente
successo.
Già, Beth e Aida, a Ben si stringeva il cuore a pensare a
loro. Sarebbe stata
dura senza Andrea, soprattutto all’inizio e non era giusto
che un uomo avesse
privato loro così presto della madre.
Aida sembrava già essere partita all’attacco e
forse Semir davvero non sarebbe
stato in grado di gestire la situazione da solo, avrebbe avuto bisogno
di un
aiuto enorme.
I genitori di Andrea erano distrutti tanto quanto lui: perdere una
figlia,
soprattutto in quel modo, era del tutto innaturale e troppo difficile
da
accettare.
Il pensiero dell’ispettore volò quindi verso la
sua piccola Bianca. Era
diventato papà da quindici giorni e con tutto ciò
che era successo non aveva
avuto nemmeno il tempo di accorgersene.
Temeva di non dedicare alla piccola abbastanza tempo ma in quei giorni
era
essenziale che lui stesse vicino anche all’amico.
Si era comunque innamorato subito di quel minuscolo esserino che era
sua figlia
e non vedeva l’ora che la bambina uscisse
dall’incubatrice per passare intere
giornate accanto a lei.
Eccoci
al
secondo capitolo, grazie a per le recensioni e grazie a tutti coloro
che hanno
letto e che stanno seguendo la storia!Scusate l’assenza, ma
sono stata in
vacanza in un posto in cui internet era praticamente inesistente.
Tornando alla storia, Schwarzer è in Germania, il che
potrebbe comportare
problemi...
Un bacione e a presto!
Sophie :D
Quasi
dimenticavo, piccole annotazioni per chi non avesse letto la storia
precedente:
*Beth: in
questa mia serie il nome della sorellina di Aida è sempre
stato Beth e non
Lily, non chiedetemi perché!
**Compagno
della Kruger: eh sì, c’è anche lui,
creato nella storia precedente,
si chiama Gerard ed è riuscito a rubare il cuore del nostro
commissario!
***Alex
Bronte: personaggio inventato da me, è il commissario
dell’LKA, con cui
Ben e Semir non hanno mai avuto un buon rapporto se non nel corso del
loro
ultimo caso. È presente in parecchie altre storie della
serie.
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