E’ tutta la vita che li sente parlare di lui.
Non che abbia mai cercato di passare inosservato, in
realtà. Il potere si ottiene con la fama quanto con
l’astuzia e le buone conoscenze, è una cosa che ha sempre
saputo – è una cosa che Hughes gli ha sempre ripetuto. Da
quando per la prima volta ha deciso di non avere
nessun’autorità sulla sua testa, pronta a piegargli il
capo a forza e ad aggiungere nodi su nodi al suo collare, Roy Mustang,
l’Alchimista di Fuoco, indossa i panni dell’uomo
carismatico, quello di cui tutti parlano costantemente, che sia con
ammirazione, invidia, raramente gratitudine, più spesso rancore.
L’importante è sempre stato che di lui, in un modo o
nell’altro, nessuno potesse mai dimenticarsi.
Non può quindi dirsi sorpreso di avere i
riflettori puntati addosso anche ora, con le mani piene di cenere
grigiastra dove prima danzavano lingue di fuoco scarlatte.
Gli è capitato tante volte di sentirli, nel suo
lungo periodo di convalescenza, mentre stanco si aggirava tra la folla,
più che mai lontano dall’immagine dell’eroe
invincibile e senza remore con quella benda scura sull’occhio e
quel bastone tra le mani. Li ha sentiti nonostante gli strenui
tentativi del Tenente Hawkeye di tenergli le orecchie occupate e la
mente distratta. Ha deciso di ascoltarli volontariamente, segretamente
divertito, nascondendo un sorriso ironico sotto il bavero della sua
giacca.
Forse parlano di lui anche adesso che è ormai
lontano dalla capitale, confinato nella sua abitazione sperduta al
Nord. Forse ancora bisbigliano, si meravigliano, si guardano con occhi
sgranati e increduli, si scambiano opinioni e pettegolezzi, con la
sicurezza di chi crede di conoscere l’oggetto dei pettegolezzi
come le proprie tasche; Roy non sa dirlo. Ma qualche volta gli pare
ancora di sentire quei mormorii tra i suoni crepitanti del suo
caminetto ardente, acceso da un fiammifero, mentre fuori infuria una
tempesta.
Se ne sono dette tante, sulla sua nuova condizione di
Generale di Brigata degradato. Così tante che quasi quasi Roy se
ne meraviglia.
C’è chi crede che la sua sia stata una
punizione, perché un attentato al precedente, e ultimo,
Comandante Supremo non può certo essere ignorato dalle
autorità: secondo questa versione, lui sarebbe stato costretto a
fuggire, per evitare un’incarcerazione, o addirittura una pena di
morte, secondo i più drastici.
C’è chi crede che sia stato lui stesso a
volersene andare e rinunciare ai suoi gradi, dopo aver assistito allo
smantellamento del vecchio ordinamento militare: Roy Mustang non
è forse fin troppo arrivista per ingoiare il boccone amaro e
abbandonare per sempre l’idea di ricoprire la prestigiosa
posizione di Comandante Supremo? Potrebbe essere stata una sorta di
protesta, il suo allontanamento.
C’è chi, nemmeno troppo velatamente poi, esulta per la sua fuga
da Central City, neanche si sia trattato di una vittoria del bene sul
male: un uomo senza scrupoli interessato solo al potere può
soltanto far paura, è naturale. Non può ispirare fiducia,
non può ottenere consensi. Nessuno riesce a credere che un
individuo tanto viscido possa avere qualche altro fine, che non sia il
proprio tornaconto personale: nessuno può sperare che si allei
con la gente del popolo.
C’è chi, ancora, insinua complotti ai danni
di Mustang da parte dei suoi stessi sottoposti, colpevoli di aver fatto
svolgere il lavoro sporco al suo superiore per poi usarlo come capro
espiatorio, sbarazzandosi di lui quale vero sovversivo e ottenendo
così posizioni prestigiose a sue spese – questa è
la diceria che più lo diverte, potrebbe essere la sua preferita.
Sono in minoranza, ma ci sono persino quelli che si
dicono delusi da quest’improvvisa fine dei giochi. Come se il
Generale Mustang, l’Eroe di Ishbar, avesse disatteso le alte
aspettative nutrite nei suoi confronti, visti i suoi meriti militari e
la sua fine mente da stratega. E’ altamente probabile che la gran
parte di questa minoranza sia di sesso femminile.
In tutta Central City sembra essere iniziata una caccia
alla Verità, quella autentica, quella che spiega tutto e che non
ha bisogno di essere ulteriormente approfondita.
Roy non ha mai detto nulla, non ha mai smentito
né affermato nulla. Ha anzi impedito ai suoi ormai ex sottoposti
di cercare di giustificarlo, difenderlo, indignarsi al suo posto, con
l’ultimo brandello di autorità che si è lasciato
alle spalle insieme alle stelle cucite sulla sua divisa.
In realtà crede che non ci sia nulla da dire.
In quel coro di opinionisti e scandalizzati, Roy trova
buffo pensare che tutti loro sembrano saperne di lui e delle sue scelte
molto meglio di quanto faccia Roy stesso.
Non crede che esista una Verità, una che spieghi
il suo silenzioso fare le valigie e partire, una che spieghi
perché non ha saputo dare alcuna rassicurazione ai suoi uomini
su quando si sarebbero incontrati di nuovo, una che spieghi
perché anche solo il gesto di schioccare le dita ora lo ripugni.
Se glielo domandassero, è sicuro che non riuscirebbe a
rispondere niente di soddisfacente.
Potrebbe solo mettersi a parlare dell’unica
Verità che al momento conosce, l’unica di cui davvero gli
importi, che forse non ha alcuna attinenza con il suo allontanamento o
che forse invece è la cosa più attinente che esista; e
chi lo sa di quale delle due si tratti, può solo crederci. Con
la stessa sicurezza con la quale si crede che il sole sorge al mattino
ogni giorno, senza spiegarselo, senza cercare di motivare il fenomeno.
La Verità di Roy Mustang, ex Generale, Alchimista
di Fuoco ridotto in carboni bruciati, è che non è mai
stato tanto simile a Edward Elric quanto in questo momento.
E’ appena un pensiero, più simile alla
sensazione sottopelle, che gli fa compagnia un po’ di più
ogni giorno da quando il Tenente gli ha raccontato di come
l’Alchimista d’Acciaio sia sparito in un teatro sepolto
sotto la capitale all'interno di una città disabitata da secoli,
e di come Alphonse, appena decenne, sia stato trovato in carne e ossa
nei pressi di Resembool; da quando Roy ha passato ore ed ore in
biblioteca, nello strenuo tentativo di capire cosa possa essere
successo in quel luogo lontano dagli occhi di tutti; da quando si
è convinto - e ancora lo è, lo sarà sempre- che da
qualche parte, al di là del Portale, Edward sia ancora vivo. Non
ha bisogno di farsi domande, ma qualche volta la sensazione sottopelle
si fa vivida, incandescente nel suo petto, e ruggisce così forte
da superare persino l’ululare del vento fuori dalla porta della
sua casetta in mezzo alle montagne. Riesce a rifletterci su
razionalmente solo allora, e ogni volta che trova una nuova analogia
tra le loro attuali condizioni quella sensazione si fa più
forte, si fa più stabile. Si fa più impossibile da
ignorare.
Hanno entrambi rinunciato a tutto, nell’interesse
di qualcun altro a loro caro. E forse hanno entrambi peccato di
egoismo, perché nel fare ciò non hanno messo in conto
quanto potesse essere doloroso, per quelli lasciati indietro.
Per salvare Alphonse, Edward è sparito da questo mondo: ora
Alphonse, la ragazza Rockbell, sua nonna, e tutti quelli che lo hanno
conosciuto e amato, sperimentano il dolore di non averlo più
accanto. Per vendicare Hughes, e tutti quegli uomini come lui morti
ingiustamente a causa di King Bradley e degli Homunculus, il Generale
Mustang è sparito dalla scena politica e militare: tutti gli
uomini che lui avrebbe potuto proteggere con il potere assoluto di
Comandante Supremo tra le mani probabilmente saranno ora fuori dalla
sua portata, non importa quanti sforzi farà. E i suoi uomini, i
suoi sottoposti fedeli, soffrono di una decisione imposta loro senza
poter protestare in alcun modo. Roy le ha viste, le lacrime negli occhi
del Tenente Hawkeye. Roy è andato via lo stesso.
Entrambi non usano più l’alchimia. Edward non può,
è altamente probabile che al di là del Portale
l’alchimia non esista - altrimenti non si spiega perché
sia ancora bloccato lì. Roy non vuole, e forse non ne è nemmeno più in grado.
Entrambi sono in esilio. Non ha importanza che le
barriere siano fisiche, o puramente mentali: Roy, come Edward, non
può tornare a casa. Nessuno dei due ce l’ha più,
una casa.
Entrambi non possono che aspettare, attenti a qualunque
segnale li aiuti a trovare il sentiero smarrito, e ciò che hanno
lasciato lungo quel sentiero. Edward non potrebbe mai rassegnarsi ad
una vita senza Alphonse, Roy lo sa. Edward non potrà che
guardarsi indietro, e provare dolore, quel tipo di dolore che
dall’esterno si chiama nostalgia, e dall’interno è
semplicemente una serie di spilli nel petto. Quanto a Roy, nel
guardarsi indietro lui sente gli spilli, non si sente nostalgico.
E forse, anche Edward, come Roy, prova
quell’insopportabile senso di vuoto sotto ai piedi, quello
smarrimento, quella perdita di qualunque bussola di riferimento,
entrambi sperduti in una dimensione nuova, sconosciuta, spaventosa,
dove non si ha più nessun ruolo e nessun’identità,
e ogni cosa non è che sabbia fine e impalpabile che scivola via
dalle dita.
Probabilmente un qualsiasi individuo curioso, in mezzo a
quella folla, si rivelerebbe incapire di seguire quei ragionamenti, e gli
risponderebbe che è matto da legare, che quello che dice non ha
alcun senso. Roy non potrebbe biasimarlo: si parla di nulla, dopotutto,
di sogni e sensazioni, di legami inconsistenti e senza nome. Niente a
che vedere con quelle belle teorie elaborate che sempre più
gente mette in piedi, non è nemmeno una storia interessante.
Potrebbe anche apparire un po’ melodrammatica, a pensarci bene.
Ma non importa che quel curioso capisca, in fondo nemmeno gli uomini di
Roy capiscono fino in fondo. Solo lui lo sa.
Tutto torna.
Tutto, tranne Edward.