Michael
aveva diciannove anni, diciassette dei quali passati all'interno di
una casa famiglia.
Andarsene
da quel luogo era stata sia una liberazione che un vero e proprio
salto nel vuoto.
Non
era mai riuscito a trovare una famiglia che si occupasse di lui, che
gli volesse bene realmente per ciò che era.
A
sei anni si era presentata una famiglia, accettando il periodo di
prova per l'adozione. La donna si chiamava Rachel, una donna in
carriera; le sue labbra erano perennemente imbrattate di rossetto
rosso e i boccoli biondi le ricadevano elegantemente sulle spalle.
Quando
era a casa i suoi tacchi a spillo ticchettavano continuamente sul
legno lucido del parquet e Michael adorava osservarla dalla cima
delle scale, si incantava di fronte a quei completi eleganti e
raffinati che ogni giorno le fasciavano il corpo di un colore
diverso.
Al
bambino piaceva così tanto quella mamma, si augurava con
tutto il
cuore di piacerle anche lui.
Le
attenzioni di Rachel non erano molte, Michael però era
convinto che
questo fosse dovuto al doversi abituare alla sua presenza.
Lei
e suo marito avevano preparato una stanza piena di giocattoli,
Michael in un primo momento ne fu attratto ma, poi, iniziò
ad
annoiarsi con tutti quei giocattoli da maschietto.
Un
giorno, allora, decise di entrare nella camera di quelli che erano i
suoi genitori adottivi; si avvicinò alla cassettiera sulla
quale vi
erano i gioielli della donna ed iniziò a provarsi le
collane,
insieme poi alle scarpe con i tacchi e i trucchi. Per lui era
così
naturale, aveva spiato le bambine della casa famiglia giocare con
tutte quelle cose e aveva sempre desiderato fare lo stesso.
Se
per il bambino tutto quello non avesse nulla di strano, agli occhi
della famiglia parve un abominio, uno scandalo. Proprio per questo
Michael si ritrovò nuovamente di fronte al cancello
arrugginito
dell'istituto in cui era cresciuto.
Passò
altro tempo e dopo all'incirca due anni, una nuova coppia decise di
firmare le carte per il solito “periodo di prova”,
prima
dell'adozione.
La
nuova mamma si chiamava Lucy, completamente diversa da Rachel. Era la
semplicità fatta a persona, radicata alla sua casa in
campagna.
Michael
non era affatto schizzinoso, semplicemente, troppo fragile e piccolo
per i lavori che volevano svolgesse. Veniva spesso rimproverato, le
frasi erano “Sembri una ragazzina, ti manca la gonnella per
essere
una perfetta femminuccia."
Nemmeno
con quella famiglia andò bene e il piccolo Michael
continuava ad
interrogarsi sul perché non riuscisse a piacere a nessuno,
perché
venisse continuamente scartato.
Gli
anni passarono e la sua vita continuò all'interno della casa
famiglia, preso di mira dai bulli e rifiutato da ogni famiglia.
Compiuti
i sedici anni, la direttrice inserì Michael nella lista dei
ragazzi
utili al lavoro, in qualche modo doveva farlo guadagnare per
permettergli di uscire dall'istituto.
Restò
all'interno dell'edificio per ancora un altro anno, mentre alternava
le mattinate tra gli aiuti interni ed il lavoro in una libreria della
cittadina dove era cresciuto.
Dopo
essere riuscito a racimolare un piccolo gruzzoletto, prese le proprie
cose e si trasferì in un piccolo monolocale.
Finalmente
si era liberato di tutti quei bulli, tutti quei continui soprusi. Era
giunto il momento di vivere la propria vita senza più
nascondersi e
reprimersi anche verso se stesso; eppure non era così
felice, non
per i primi tempi. La solitudine non era una facile coinquilina.
Nathan
era un ventiquattrenne solare, dal sorriso sempre stampato sulle
labbra. Appassionato di recitazione ed amante dei bambini, il giovane
si ritrovava da diversi anni a lavorare nel più grande
negozio di
giocattoli di Londra, a strappare risate fino alle lacrime con i suoi
scherzi e battute divertenti.
Era
cresciuto in una famiglia numerosa e al femminile, occupandosi delle
proprie sorelle minori insieme alla madre Johanna.
Aveva
avuto un brutto rapporto con l'amore, le delusioni che lo avevano
accompagnato nella vita lo portarono ad allontanarsi da quel
sentimento, sino a credere che non facesse per lui.
Cercava
di tenersi occupato con il lavoro, sfamandosi dei sorrisi e delle
risate innocenti dei bambini che, almeno in parte, riuscivano a
rincuorarlo.
Era
un tardo pomeriggio di venerdì sera, di lì a poco
il grande
magazzino di giocattoli avrebbe chiuso.
Nate
era impegnato a salutare gli ultimi bambini quando dei capelli color
rosa confetto lo distrassero. Seguì l'esile figura di un
ragazzo
scomparire dietro uno scaffale e rimase con lo sguardo fermo sul
punto in cui lo aveva visto fino a pochi secondi prima.
Guardò
l'orologio voltandosi in direzione di uno dei propri colleghi
«Ehi
Mark, vado a controllare se ci sono ancora clienti.» e detto
quello
sparì tra i corridoi dettati dagli scaffali, con le mani
nascoste
nelle tasche.
Mentre
si guardava intorno, trovò il ragazzo dai capelli rosa di
fronte
all'alto scaffale di peluches, immobile.
Inarcò
un sopracciglio e si avvicinò, continuando a fissare quello
strano
colore di capelli. «Mi dispiace, ma tra poco dobbiamo
chiudere.»
mormorò rompendo il silenzio, facendo sobbalzare la figura
esile di
fronte ai suoi occhi.
Michael
portò il proprio sguardo sul viso del ragazzo ed
annuì appena,
mordendosi l'interno della guancia. «Oh..oh sì
certo, capisco. Vado
via subito.» Bisbigliò dando un'ultima occhiata ai
peluches
sistemati ordinatamente sui ripiani, superando a sguardo basso il
ragazzo, lasciando poi Nate fermo sul posto.
Il
ragazzo dai capelli rosa stava tornando a casa a piedi, con uno dei
propri libri da leggere stretto al petto.
La
motivazione per la quale fosse entrato in quel negozio di giocattoli,
lo fece arrossire in mezzo al marciapiede: voleva un peluche da
tenere con sé la notte, per dormire.
Si
sentiva un bambino nel doversi affidare alla protezione di un pupazzo
ma era l'unico modo per avere qualcuno -qualcosa- da stringere mentre
era prigioniero degli incubi.
Sotto
lo sguardo di quel ragazzo del negozio, però, non ci era
riuscito a
comprarlo.
Dal
canto suo, Nathan aveva ancora in mente quel ragazzino dai capelli
colorati. In un primo momento gli era sembrato un po' strambo ma,
poi, si dovette ricredere alla bellezza immatura di quel viso.
Lasciò
perdere, accantonando quel pensiero apparentemente inutile. Era solo
un cliente del negozio.
Il
giorno seguente, Mich era uscito dalla libreria prima del solito e,
ancora una volta, si era recato nel grande magazzino di giocattoli.
Una
volta all'interno, le risate dei bambini lo incuriosirono e
provò a
seguirle, fermandosi dietro un'enorme cesto di palloni, osservando la
scena.
Una
quindicina di bambini erano seduti tutt'intorno ad un piccolo
teatrino dove il commesso della sera precedente era intento a
destreggiarsi in uno spettacolo di marionette. I piccoli erano
completamente assorti da quella visione e divertiti dalle scene.
Anche
Michael finì per ridacchiare, con le labbra ciliegia
nascoste dalla
mano pallida.
Dopo
una decina di minuti quel piccolo spettacolino finì e Nathan
salutò
i bambini, regalando a tutti sorrisi.
Il
diciannovenne tornò sui propri passi e ancora una volta si
diresse
nel reparto dei peluche. Il giorno prima non si era accorto del vasto
rifornimento, la scelta sarebbe stata difficile.
«Sai,
quella scimmietta lassù è morbida e
carina.» la voce dietro le sue
spalle lo spaventò, facendolo sobbalzare e cadere i libri
che teneva
in mano.
«Oh
Dio scusami, non volevo spaventarti.» Nate si
inginocchiò accanto a
Michael, aiutandolo a raccogliere fogli e libri.
«N-non
fa nulla.»
Gli
occhi di entrambi si incontrarono, difficile dire se fosse l'oceano
delle iridi di Nate ad affondare nel verde di quelle di Michael o
viceversa.
Il
più piccolo finì per arrossire e, con la scusa di
rimettere ordine,
abbassò lo sguardo, alzandosi con i libri nuovamente stretti
al
petto.
«Beh...vuoi
vedere da vicino la scimmietta?» Nathan gliela
indicò sul ripiano,
osservando poi il ragazzo rivolgergli un cenno d'assenso.
Il
commesso si allungò ed afferrò una delle
scimmiette in peluche,
porgendola all'altro. «Tieni.» sorrise.
Inevitabilmente
Michael arrossì ed accettò di guardare il
peluche; in effetti era
davvero morbido e grazioso, avrebbe voluto stringerlo fin da subito
ma non si osò di fronte all'altro.
«Beh..grazie..»
Mormorò con un filo di imbarazzo, abbassando subito lo
sguardo sul
peluche.
Gli
accarezzò piano la testa, sfiorandogli il pelo morbido, con
gli
angoli delle labbra a sollevarsi appena. «Allora, ti
piace?» il
silenzio che si era creato venne rotto dalla voce di Nathan, che fece
risvegliare Mich dai propri pensieri.
Sollevò
il viso dal pupazzo e fece un piccolo cenno d'assenso alla domanda
dell'altro.
«Credo
che la prenderò.» ammise mordendosi l'interno
della guancia -come
suo solito-.
Nathan
gli fece un sorriso e si spostò di lato, facendogli un
leggero e
teatrale inchino per farlo passare. Il ragazzo dai capelli confetto
lo osservò e le guance lattee si colorarono di um leggero
propora.
Inclinò il viso in avanti per evitare che si notasse troppo
e, dopo
aver ringraziato ancora una volta il commesso, lo superò per
andare
a pagare il pupazzo. Il sorriso di Nathan faticò a
spegnersi,
nonostante il giovane si fosse già allontanato da un paio di
minuti.
Sistemò qualche scaffale e si piegò a raccogliere
un peluche che
aveva fatto accidentalmente cadere. Sotto al metallo dell'ultima
mensola, trovò un segnalibro che raccolse e si
rigirò tra le mani.
Era semplice, un pezzo di legno dalla parte superiore composta da una
curata 'M' in corsivo e sotto un gattino con stampato l'indirizzo di
una libreria. Capì che, probabilmente, si trattava dal
segnalibro
del ragazzo di prima, dato che i suoi libri erano rovinosamente
caduti sul pavimento. Sperò di trovarlo ancora nel negozio
ma, dalle
casse, non vi era traccia di quella testa rosa. Provò allora
ad
uscire sulla soglia del negozio, si guardò intorno, senza
successo.
Decise allora di rientrare, facendo scivolate il segnalibro nel
taschino della maglia.
Michael
era finalmente tornato a casa con il suo nuovo peluche. Più
lo
guardava più si convinceva che quello era il pupazzo
perfetto.
Sicuramente gli avrebbe anche trovato un nome poi, non poteva certo
tenere quella graziosa scimmietta senza un nominativo adatto!
Aveva
lasciato i propri libri sul tavolo della piccola cucina, senza
nemmeno accorgersi che all'interno di quelle pagine mancava qualcosa.
Una
volta steso sotto il piumone, strinse al petto il nuovo peluche ed
affondò la punta del naso nel pelo morbido, socchiudendo gli
occhi.
Inevitabilmente il pensiero del commesso gli tornò alla
mente, quel
sorriso così solare e gentile, la sua
disponibilità. Certo, era
ovvio che dovesse essere così, giornalmente aveva a che fare
con
così tanti clienti; ma c'era qualcosa di diverso, di bello.
Con
le guance rosse, Michael scosse la testa e serrò le
palpebre,
addormentandosi con un timido sorriso sulle labbra.
Quel
lunedì mattina il negozio di giocattoli sembrava quasi
desolato. I
bambini erano ancora a scuola e non erano molti quelli che prima di
lavorare passavano di lì.
Nathan
era seduto dietro la cassa e si stava rigirando il segnalibro di
legno tra le mani. Lo osservava continuamente, ascoltando in modo
distratto il collega parlare.
«Vado
a comprarmi un libro» affermò dopo poco, alzandosi
dallo sgabello
sul quale era appollaiato.
Jason
strabuzzò gli occhi e scoppiò a ridere,
trattenendosi la pancia.
«Oh Nate, questa è buona! Da quando ti conosco non
ti ho mai visto
prendere in mano un libro, è tanto se sfogli i cataloghi dei
nuovi
giocattoli»
Il
castano sbuffò, incrociando le braccia al petto dopo aver
nascosto
il segnalibro nuovamente nella tasca. «Beh invece mi piace
leggere!
Ne approfitto ora che non c'è nessuno, d'accordo? Torno tra
poco»
lo liquidò velocemente con un cenno della mano, uscendo poi
dal
negozio.
Una
volta sul marciapiede, Nate prese a camminare guardandosi intorno,
afferrando il segnalibro per controllare l'indirizzo della
libreria.
Chiese
informazioni ad un passante scoprendo che distava solamente qualche
isolato.
A
pensarci, non sapeva nemmeno ciò che stesse facendo. Cosa
credeva di
ottenere? Chissà quanti segnalibri del genere avevano
già venduto.
Il
ragazzo dai capelli confetto era entrato per due volte nel negozio di
giocattoli, sempre con dei libri al seguito; magari era un cliente
affezionato, pensò Nate.
Con
le mani nascoste nelle tasche, continuò a percorrere il
marciapiede,
canticchiando sovrappensiero fino a che non trovò la famosa
libreria.
Dopo
una veloce occhiata all'interno si decise ad entrare, facendo
tintinnare le campanelle poste sulla porta. Il profumo di libri e
legno gli invase subito le narici, si guardò intorno per poi
soffermarsi sui primi scaffali, iniziando ad osservare i libri
sistemati ordinatamente su di essi.
Ne
afferrò uno dalla categoria fantasy ed iniziò a
sfogliarlo,
iniziando a leggere qualche frase dalle prime pagine.
«Buongiorno,
posso esserle d'aiuto?» La voce provenne da dietro una tenda
di
perline, dalla quale comparve una famigliare testa rosa.
Michael
sollevò lo sguardo e si pietrificò dietro il
bancone, con ancora
tra le dita i fili di perle colorati. Aveva riconosciuto subito il
commesso del negozio di giocattoli e, vederlo lì nella
libreria dove
lavorava, lo aveva davvero sorpreso.
Nathan
sollevò lo sguardo dal libro e piegò velocemente
le labbra in un
sorriso. «Ehi ciao, lavori qui?» domandò
avvicinandosi al bancone,
appoggiandosi con i gomiti.
Il
minore sgranò per un attimo gli occhi e si morse il labbro
inferiore, annuendo appena. «B-beh..sì»
Il
maggiore dai capelli castani e lisci sorrise, tenendo lo sguardo
celeste negli occhi verdi dell'altro «Io sono
Nathan».
Involontariamente
il più piccolo arrossì ed accennò un
mezzo sorriso, ritrovandosi a
dover abbassare lo sguardo, restato già troppo calamitato a
quello
del commesso. «M-Michael» bisbigliò
titubante, sfiorando con le
dita il legno del bancone. Si schiarì poi la voce,
mordendosi
l'interno della guancia «Cercavi un libro?»
Nathan
sorrise e del tutto tranquillo scosse la testa «A dire il
vero,
cercavo te».
Il
ragazzo dai capelli rosa spalancò gli occhi e
sollevò lo sguardo
verso il viso dell'altro, trattenendo il respiro «Come..?
Me?»
L'altro
annuì, senza perdere quel sorriso che faceva spuntare delle
piccole
rughette attorno agli occhi chiari. «Quando sei venuto al
negozio di
giocattoli e per sbaglio ti ho fatto cadere i libri, ti è
caduto
anche questo» confessò Nate, recuperando dalla
tasca il segnalibro
in legno. «A dire il vero, ho letto l'indirizzo e credevo di
poter
chiedere al proprietario se ti conosceva ma, a quanto pare, non
servirà» continuò rigirandosi il
segnalibro tra le dita, prima di
porgerglielo.
Michael
restò sorpreso dal breve racconto del commesso, era stato
così
premuroso a preoccuparsi di riportargli il segnalibro. «E'
stato un
gesto molto gentile da parte tua...non dovevi disturbarti
tanto» lo
ringraziò subito dopo, afferrando il legno decorato, facendo
sfiorare le loro dita per una frazione di secondo, senza rendersene
conto.
Nate
sfoggiò un solare sorriso e continuò ad osservare
l'altro, quasi
fosse la cosa più naturale del mondo. «A che ora
finisci di
lavorare?» gli domandò poi, appoggiandosi con il
mento sui pugni
chiusi delle mani.
«Chiudiamo
alle sei.» rispose con titubanza, continuando a mordicchiarsi
l'interno del labbro.
«Ti
passo a prendere allora.»
Michael
sgranò gli occhi per l'ennesima volta e schiuse le labbra,
senza
riuscire a dire qualcosa. Si schiarì appena la voce,
guardando il
ragazzo negli occhi. «Che..cosa?»
Le
labbra di Nathan si arricciarono appena e continuò a tenere
i gomiti
puntellati sul bancone, osservando il ragazzo. «Stasera
usciamo
insieme, ti passo prendere alle sei.» ripeté con
sicurezza, senza
perdere la piega morbida delle labbra.
«M-ma
io non...» una strana paura si impadronì del
minore, che s'irrigidì
sul posto, stringendo appena il segnalibro nella mano piccola e
pallida.
Il
commesso parve avvertire la reazione dell'altro ed appoggiò
la
propria mano su quella del minore, guardandolo negli occhi.
«Ehi,
fidati. Non voglio farti del male, solo uscire con te.» e
forse fu
proprio quel sorriso rassicurante a far annuire Michael, con le
guance completamente rosse per l'imbarazzo.
Michael
salutò cordialmente una signora con il suo nipotino, dopo
averle
consegnato la busta con dentro i libri acquistati e sollevò
lo
sguardo sull'orologio, trattenendo per un momento il respiro.
Le
lancette dell'orologio segnavano già le sei meno venti.
Deglutì,
torturandosi il labbro inferiore pensieroso; la mattina aveva
accettato quell'invito di Nate, ritrovandosi con il cuore in gola e
l'ansia a divorarlo.
Era
il suo primo appuntamento, quello. Non era mai stato invitato ad
uscire da nessuno.
Si
torturò le mani sovrappensiero, tenendo gli occhi incollati
sulle
lancette. Il tempo scorreva e pareva farlo fin troppo velocemente.
Non
era più sicuro di voler uscire con qualcuno, con Nate.
Si
passò una mano tra i capelli e storcé le labbra
conscio di essere
spettinato.
Tornò
sul retro della libreria e si fermò di fronte al piccolo
specchio
che era nascosto tra i libri, soffermandosi ad osservare il proprio
viso pallido, con ciocche color confetto a spuntare qua e la.
Un
ciuffo ribelle proprio non voleva sistemarsi e Mich si
ritrovò chino
sulla propria borsa, alla ricerca di una forcina.
Il
tintinnio delle campanelle sulla porta fece raggelare il ragazzo che,
accorgendosi dell'ora sul display del cellulare, capì si
trattasse
di Nathan.
Sentiva
il cuore battergli all'impazzata nel petto per via dell'agitazione.
Afferrò la piccola borsa a tracolla e uscì dal
retro del negozio,
mordendosi il labbro inferiore.
«Ciao.»
La
voce di Nate lo accolse subito, non appena si liberò dalla
tendina
di perline.
Involontariamente
Michael si ritrovò ad arrossire, mordendosi l'interno della
guancia
conscio che, il ragazzo, era lì solo per lui.
«Ciao»
rispose sollevando finalmente lo sguardo, incontrando il solare
sorriso di Nate.
«Allora,
sei pronto?» Il viso del maggiore si inclinò verso
destra, intanto
che teneva le mani nascoste nelle tasche della felpa.
Michael
annuì e aggirò il bancone, sistemandosi la
tracolla. Afferrò poi
le chiavi del negozio che il padrone gli aveva lasciato per via di un
periodo di malattia e fece cenno all'altro di seguirlo, così
da
chiudere l'esercizio.
Una
volta lasciata la libreria, Michael prese a camminare a fianco
dell'altro ragazzo, cercando di nascondere il disagio che stava
avvertendo. Nathan però parve accorgersi di ciò e
affiancandolo
posò gli occhi sul suo viso, con il suo solito sorriso.
«Allora,
quanti anni hai?» ruppe il silenzio che era andato a crearsi.
Il
ragazzo dai capelli color confetto sollevò lo sguardo dal
marciapiede ed incontrò le iridi chiare dell'altro,
mordendosi
continuamente l'intero della guancia.
«Ne
ho diciannove» rispose poi, annuendo al commento di Nate che
mormorava sembrasse più piccolo.
«Io
ne ho ventiquattro» aggiunse il maggiore, prendendo
distrattamente
il polso del ragazzo per farlo attraversare.
Quel
gesto fece inevitabilmente arrossire Michael che per tutto il tempo
tenne gli occhi sul proprio polso avvolto dalle dita lunghe e sottili
dell'altro.
«Vieni,
siamo quasi arrivati» gli sorrise Nathan, facendo
così spuntare
delle piccole rughette ai lati degli occhi.
«Dove
andiamo?» nonostante quel commesso fosse davvero gentile con
lui,
Michael non riusciva a fidarsi del tutto di qualcuno, con quel che
aveva subito nell'istituto in cui era cresciuto.
Nathan
si voltò verso di lui con un sorriso, alzando appena le
spalle «Al
cinema».
Michael
per un secondo trattenne il respiro alla risposta del ragazzo, non
era mai stato al cinema con qualcuno.
Il
sorriso di Nathan era così solare e contagioso, il
più piccolo
faceva davvero fatica a non incantarsi tutte le volte.
Arrivati
di fronte al cinema, Nate tirò fuori dalla tasca i due
biglietti che
aveva già acquistato e si voltò verso l'altro,
notanto il disagio
sul suo viso nello stare in mezzo alla folla.
«Vieni,
ci sono io» lo rassicurò con un sorriso,
prendendolo nuovamente per
mano, guidandolo verso la sala.
«G-grazie»
bisbigliò mordendosi il labbro inferiore, lasciando che le
loro dita
si intrecciassero.
Nathan
si guardò intorno e, a passo deciso, portò con
sé il minore verso
le poltrone sulla destra.
«Qui
è perfetto, scelgo sempre questi posti»
commentò con un sorriso,
facendo sedere Michael accanto a sé.
«Che
film proiettano?» domandò curioso quello dai
capelli confetto,
mentre la sala iniziava a riempirsi. «Oh è
l'ultimo horror che è
stato prodotto, dev'essere pazzesco!» Nate era visivamente
preso
dall'enfasi, mentre rispondeva.
Le
luci della sala si abbassarono e questo evitò al commesso di
accorgersi come il viso di Michael finì per impallidire di
colpo;
gli horror non erano tra i suoi film preferiti.
Se
si osservavano i due, si poteva notare quanto Nathan fosse
completamente assorto dal film, intanto che Mich si torturava le
labbra per l'ansia.
Un
urlo squarciò l'aria all'improvviso e il minore
saltò sulla
poltrona, stringendosi inconsciamente al fianco dell'altro ragazzo,
nascondendo il viso contro il suo petto.
Nate
abbassò lo sguardo sul ragazzo e gentilmente gli avvolse
l'esile
corpo con un braccio, accarezzandogli la schiena. «Scusami,
non ti
ho nemmeno chiesto se ti piacevano gli horror» gli
sussurrò
dispiaciuto all'orecchio, facendo vagare la mano lungo la sua schiena
coperta dal maglioncino.
Michael
scosse appena la testa, mordendosi le labbra con le guance rosse
«N-non ti preoccupare» fece per spostarsi ma la
presa di Nathan lo
tenne fermo, appoggiato al suo petto.
«Resta
così, non mi dispiace» il tono del più
grande era rassicurante e,
inevitabilmente, Michael finì di nuovo per arrossire.
Aspirò
piano il profumo del ragazzo, accoccolato al suo petto come mai gli
era capitato prima. La sua pelle sapeva di vaniglia e stare stretto a
lui era così rassicurante e piacevole.
Con
un occhio sbirciò le scene del film e quasi non gli faceva
più
paura, ad avere Nate accanto.
Il
più grande non aveva smesso un attimo di sfiorargli la
schiena,
iniziando lentamente a fargli i grattini. Le labbra erano piegate in
un dolce e morbido sorriso e gli occhi si distoglievano dal film per
osservare il ragazzo stretto a sé. Lo vedeva così
piccolo e
fragile, non somigliava agli altri ragazzi della sua età,
più
estroversi e per nulla timidi. Ma la cosa non gli interessava, per
nulla. Michael aveva qualcosa che lo attirava.
Una
volta finito il film le luci tornarono ad illuminare la sala e le
persone iniziarono ad abbandonarla.
I
capelli color confetto solleticavano il collo di Nate che prese a
sfiorarli piano, sorridendo alla morbidezza delle ciocche.
Michael
si sollevò dal petto del ragazzo e i loro occhi si
incontrarono,
facendolo arrossire ancora. Era sicuro che non aveva mai avuto le
guance rosse così spesso come in quelle ore.
«Ti
va di andare a mangiare qualcosa? Un amico ha il locale qui
all'angolo.»
Michael
annuì appena, mordendosi l'interno della guancia e lo
seguì fuori
dal cinema, camminando lungo il marciapiede.
«Prossima
volta vedremo un film meno pauroso, ti va?»
«Sì..gli
horror non mi ispirano così tanto» ammise Michael,
mordendosi il
labbro inferiore. Il maggiore stava già pensando ad una
prossima
uscita.
«I
cartoni animati sono sempre la scelta migliore.»
ridacchiò Nathan.
L'altro
sorrise ed annuì, stringendosi nelle spalle.
«Sì, quelli mi
piacciono tanto.»
«Io
credo di conoscerli quasi a memoria...con quattro sorelle in
televisione si guardavano solo quelli» commentò
ridacchiando.
«Oh,
siete così tanti?» Michael rimase stupito, intanto
che si
avvicinavano al locale.
Nathan
annuì e apri la porta con un teatrale inchino per farlo
passare per
primo.
Il
più piccolo sorrise timidamente ed entrò nella
grande sala piena di
tavolini e divanetti, con un largo e lungo bancone sulla sinistra.
«Ehi
Nate, hai addescato un bel bocconcino, eh? Ti dai sempre da
fare.»
A
quelle parole Michael si irrigidì e si bloccò sul
posto, mordendosi
l'interno della guancia.
Nathan
fulminò l'amico dietro il bancone con un'occhiataccia e gli
amici
seduti sugli sgabelli si zittirono. Fece aderire il petto alla
schiena del minore e gli prese la mano, avvicinando le labbra al suo
orecchio. «Non li ascoltare, amano fare gli idioti.»
Michael
annuì appena, facendosi piccolo contro il suo petto, mentre
teneva
stretta la sua mano.
Tenne
lo sguardo basso e, dolcilmente, lo seguì fino a un tavolo
più
appartato.
«Scusali,
sul serio. Si divertono sempre così.»
«No,
non fa nulla...tranquillo.» abbozzò un sorriso,
mordendosi appena
il labbro.
«Ti
vanno cheeseburger e patatine?»
«Oh
sì, volentieri.»
Nate
sorrise e alzò lo sguardo sull'amico dietro il bancone,
mostrandogli
indice e medio per richiedere due porzioni del solito piatto che
prendeva.
«Allora,
tu vivi solo?»
Michael
annuì, senza alzare lo sguardo sul ragazzo che
portò loro i piatti
ordinati «Da due anni» aggiunse. «Cavolo,
i tuoi ti hanno permesso
di andare a vivere da solo già a diciassette
anni?» domandò Nate,
poco prima di avvicinarsi alle labbra un paio di patatine.
Michael
si schiarì la voce e scosse la testa, osservando il proprio
panino
nel piatto «Oh beh...non è proprio andata
così. Sono orfano e
appena ho potuto lasciare l'istituto in cui sono cresciuto, con un
po' di soldi, sono andato a vivere da solo.»
Nate
rimase a bocca schiusa, paralizzato da quelle parole. «Oh
Mich,
scusami...mi dispiace di essere stato troppo invadente io n-»
il
minore scosse la testa «Tranquillo, non potevi
saperlo» lo
interruppe, sollevando lo sguardo per far incontrare i loro occhi.
«Non..non
hai mai avuto una famiglia adottiva?» Domandò
Nathan, guardandolo
in viso. Non voleva essere troppo invadente con il ragazzo ma, gli
sarebbe piaciuto conoscerlo.
Michael
si portò una delle patatine fritte alle labbra e
annuì, spostando
lo sguardo sulla strada fuori dal locale. «Beh, in
realtà ne ho
avute due» iniziò a raccontare, fissando le poche
macchine passare
«ma in entrambe non sono durato nemmeno una
settimana.»
«Non
ti trovavi bene?» azzardò il maggiore.
Il
ragazzo scosse la testa, riportando poi l'attenzione del proprio
sguardo al ragazzo. «A dire il vero, io non piacevo a loro.
Sai, non
ero il figlio perfetto. Loro..loro cercavano un vero bambino ed io
ero solo uno stupido che adorava le cose da femmina» ammise
abbassando lo sguardo, sospirando appena.
Nathan
si morse il labbro inferiore ed allungò una mano verso
quella
dell'altro, stringendogliela dolcemente.
«Invece
sei un ragazzo adorabile...stupendo» si fece scappare con un
po'
troppa sincerità, mentre Michael finì per
arrossire.
I
due continuarono poi a mangiare tranquilli e l'atmosfera si fece meno
pesante, chiacchierando di libri, musica e passioni.
«Ehi
Mich se non sei troppo stanco...ti va di fare ancora un giro con
me?»
Avevano
da poco lasciato il locale e il più piccolo si
guardò intorno, un
po' incerto.
«Tranquillo,
ci sono io» sussurrò il più grande,
prendendogli la mano.
Michael
arrossì ma, a quel contatto, si sentì
più sicuro, accettando
l'idea della passeggiata lungo il viale pieno di negozi. Nathan gli
teneva la mano e quel gesto per lui era così gentile e
nuovo. Non
aveva paura, lui non gli avrebbe fatto del male.
Camminarono
fianco a fianco fino a raggiungere il parco della città,
ritrovandosi a passeggiare lungo il sentiero, con il leggero vento
autunnale a scompigliare i loro capelli.
Il
minore continuava a camminare con il naso all'insù e per
poco non
finì a terra, inciampando in un ramo. Nathan
però, prontamente, si
allungò ad afferrarlo, stringendolo al petto per evitargli
la
caduta.
«Ehi,
è tutto okay piccolo?» domandò
premurosamente, accarezzandogli le
braccia.
Le
guance di Mich si fecero rosse, nascoste però dalla poca
luce e si
limitò ad annuire, ancora stretto al petto del ragazzo.
«S-sì..scusami.»
«Dove
guardavi?» sorrise il maggiore, lasciandogli una leggera
carezza
sulla sua guancia calda.
Timidamente
Mich abbassò lo sguardo, mordendosi l'interno della guancia
«Contavo
le stelle» si ritrovò ad ammettere, con le guance
ancora più rosse
del solito.
Nathan
sorrise intenerito a quella rivelazione e gli prese la mano per
portarlo con sè vicino al piccolo laghetto artificiale.
«Le
contiamo insieme, ti va?»
Michael
rimase sorpreso da quelle parole e seduto accanto a lui sulla riva
del lago, schiuse le labbra stupito.
«Dici
davvero?»
Il
maggiore tra i due annuì, tenendogli la mano, mentre
sollevava lo
sguardo all'insù, verso il cielo puntinato di stelle.
«Non
mi sono mai messo a contare le stelle.»
«E'
rilassante» si strinse nelle spalle Mich, osservando anche
lui quei
brillanti luminosi sopra le loro teste.
Entrambi
rimasero con i nasi all'insù, osservando silenziosamente il
manto
stellato che la sera gli stava donando. Michael non si era mai
sentito così bene con qualcuno, non aveva mai nemmeno
passato una
serata del genere.
Nathan
portò il proprio braccio attorno alle sue spalle,
stringendolo a sè
mentre il minore posava la testa contro la sua spalla.
Il
silenzio non creava nulla di imbarazzante, anzi. Dava all'atmosfera
un leve tocco romantico e dolce.
«Piccolo,
hai sonno?» chiese poi Nate ad un tratto, abbassando lo
sguardo sul
viso dell'altro, osservando le palpebre calare sugli occhi sempre
più
assonnati.
Michael
annuì, con un leggero sbadigliò che
coprì con la propria mano
pallida. «Un po'» dovette ammettere.
«Vieni,
ti accompagno a casa» Nate si alzò per primo,
porgendogli la mano,
facendo poi passare lo stesso braccio attorno ai suoi fianchi, per
camminare con lui stretto a sè.
Una
volta usciti dal parco continuarono a camminare lungo il viale,
intanto che Michael spiegava all'altro dove si trovasse il proprio
monolocale.
Un
tuono ruppe il silenzio dei loro passi e Michael rabbrividì
all'istante, facendosi istintivamente più vicino all'altro
ragazzo.
«Speriamo
di non prendere la pioggia» commentò il
più grande, alzando gli
occhi sul cielo che iniziava ad annuvolarsi ed incupirsi ancora di
più.
«G-già»
strinse gli occhi l'altro, facendosi piccolo ad un nuovo tuono che
squarciò l'aria, seguito da un lampo.
«Hai
paura dei temporali?»
Michael
si schiarì la gola, d'un tratto secca; non voleva apparire
un
bambino davanti ai suoi occhi.
«Cosa?
Oh no, no.» mentì, scuotendo appena la testa,
stringendo le
palpebre ad un nuovo tuono che, questa volta, portò con
sè piccole
e scostanti gocce di pioggia.
Nathan
si bloccò sul posto e gli sollevò il viso,
così da poterlo
guardare negli occhi «Non devi vergognarti di nulla con
me» lo
rassicurò, sorridendogli dolcemente. Ancora una volta, quei
gesti
così dolci e premurosi fecero arrossire il minore.
«Meglio
che ci sbrighiamo o ci bagneremo tutti» aggiunse Nate, con le
gocce
di pioggia a farsi più fitte.
Fortunatamente
non distavano ancora molto dal monolocale ma, quasi a farlo apposta,
il temporale s'infittì, rendendo zuppi i vestiti di entrambi.
Il
più piccolo estrasse velocemente le chiavi di casa dalla
borsa e,
non appena la porta fu aperta, entrambi si fiondarono dentro.
Michael
si appoggiò alla porta d'ingresso, riprendendo fiato dalla
corsa che
avevano fatto sotto la pioggia.
«Non
ho più l'età per queste cose»
commentò ridacchiando Nate, piegato
in avanti con i palmi delle mani sulle ginocchia, prendendo lunghi
respiri.
«Esagerato»
rise l'altro, prendendogli poi la mano per portarlo in bagno,
porgendogli poi degli asciugamani, così che potesse
asciugarsi.
«Mi
dispiace di averti fatto bagnare» mormorò il
padrone di casa,
mordendosi il labbro inferiore, mentre frugava nell'armadio alla
ricerca di qualche vestito adatto al maggiore.
«Ehi,
non è stata colpa tua. E poi, ti sei bagnato anche
tu.»
«Questi
dovrebbero andare, preparo un tea mentre ti fai una doccia calda, va
bene?»
Nathan
sorrise ed annuì, accettando quei vestiti e lasciandogli un
bacio
sulla guancia «Grazie» sussurrò prima di
sparire nuovamente in
bagno.
Michael
si portò una mano sulla guancia, sfiorando la stessa pelle
che poco
prima aveva avvertito le labbra del ragazzo posarsi con un tocco
morbido e dolce.
Si
riscosse non appena avvertì la voce di Nate provenire
ovattata dal
bagno, ascoltandolo canticchiare con il suono dell'acqua corrente.
Prima
di dirigersi in cucina, anche lui si liberò dei vestiti
umidi,
mettendoli ad asciugare accaccanto a quelli del maggiore.
Indossò
poi una comoda tuta grigia per scaldarsi, tamponandosi i capelli che
sistemò con un semplice e sottile cerchietto nero.
«Mhm,
che buon profumo.» Nate si avvicinò alle spalle di
Michael,
appoggiandosi così con il mento ad una di esse, osservandolo
riempire due tazze colorate.
«Tea
alla vaniglia. Spero ti piaccia.»
«Adoro
la vaniglia» ammise il maggiore, seguendolo sul divano,
afferrando
poi la tazza fumante tra le mani.
Sistemati
l'uno vicino all'altro sul divano color panna a sorseggiare tea,
Nathan e Michael passarono il tempo a chiacchierare. Il minore si
sentiva così bene che nemmeno faceva caso ai continui tuoni.
«Credo
sia meglio che vada» commentò il più
grande guardando l'ora.
«M-ma
fuori sta ancora tuonando e il temporale non si è calmato.
Non posso
farti andare a casa così!»
Nathan
non ebbe tempo a ribattere che «Puoi dormire qui, se
vuoi» propose
il più piccolo, mordendosi il labbro inferiore.
«Sei
sicuro?»
Michael
annuì, stringendosi nelle spalle «Non mi darebbe
nessun fastidio.»
Un
sorriso leggero si fece strada sul viso del maggiore che
accettò
quella proposta, ringraziando mentalmente per non dover affontare
quel temporale a tarda notte.
Insieme
prepararono il divano letto, scambiandosi occhiate di sfuggita. Dopo
avergli lasciato un comodo cuscino ed una coperta, Michael mosse
timidamente i piedi sul pavimento, mordendosi l'interno della
guancia.
«Beh..buonanotte»
mormorò guardandolo, abbassando poi subito lo sguardo.
Nathan
era intenerito da quella timidezza e si inginocchiò sul
divano,
allungandosi a baciargli la guancia che subito divenne rossa.
«Buonanotte» sorrise dolcemente, guardandolo
entrare in camera.
Non
ci volle molto per il maggiore di addormentarsi, nonostante i
continui tuoni che rompevano il silenzio della piccola casetta. Lo
stesso non si poteva dire per Michael che, rannicchiato sotto la
coperta, tremava come una foglia. Al petto stringeva la sua
scimmietta di peluche e si dondolava appena avanti e indietro,
provando a calmarsi.
Il
vento forte e quei continui tuoni accompagnati dai lampi lo
spaventavano tremendamente. Provò ad addormentarsi ma
nemmeno nel
sonno riuscì a trovare tranquillità.
Dei
lamenti soffocati svegliarono Nathan che, tutto assonnato, si
guardò
intorno, restando in silenzio per cercare di capire da dove
provenissero. Avvertì poi dei singhiozzi e si
voltò verso la camera
del più piccolo, alzandosi di scatto senza pensarci due
volte,
preoccupato.
Avvicinandsi
al letto di Michael lo trovò completamente nascosto dalle
coperte,
con la testa sicuramente sotto il cuscino dato il rigonfiamento di
quest'ultimo.
Lo
vide stringersi di più su se stesso ad un tuono e si morse
il
labbro, decidendo di stendersi accanto al ragazzo che, in risposta,
sussultò.
«Sono
io piccolo, sta tranquillo. Non voglio farti nulla.» lo
rassicurò
con tono gentile, nonostante il tono fosse arrochito dal sonno.
Michael
sollevò la testa dal proprio nascondiglio e puntò
i proprio occhi
liquidi in quelli dell'altro, tirando su con il naso.
Il
maggiore lo avvolse con le braccia, lasciandolo così
nascondere
contro il proprio petto. «E' tutto a posto piccolo, ci sono
io con
te.»
La
voce di Nate era così rassicurante e premurosa,
così come le sue
braccia. Michael si sentiva un bambino e si vergognava di mostrarsi
così debole ai suoi occhi.
«Fidati
di me» aggiunse poi il maggiore, continuando a coccolare
l'altro
ragazzo, tenendolo rannicchiato al petto affettuosamente. Quel
contatto gli riportò alla mente le volte che aveva fatto lo
stesso
con le proprie sorelle.
«Grazie»
riuscì a sussurrare piano, stretto al petto del
più grande, con
ancora il peluche incollato al proprio.
«Dormi
piccolo, ci sono io a proteggerti» e quelle parole fecero
perdere un
battito al cuore di Michael che, rasserenato dalla presenza
dell'altro, riuscì finalmente ad addormentarsi,
dimenticandosi del
temporale.
Nathan
aprì gli occhi solleticato da una massa morbida e profumata
proprio
sotto al naso. Abbassò lo sguardo e si morse il labbro
intenerito,
trovando il più piccolo rannicchiato contro il petto, con
ancora il
peluche abbracciato.
Per
fortuna il temporale sembrava essere scemato del tutto, lasciandosi
solo qualche nuvola al seguito.
Dolcemente
scostò i capelli confetto dalla fronte dell'altro e
tornò a
stringerlo, concedendosi ancora qualche minuto di sonno in quella
tranquillità.
Nemmeno
un paio d'ore dopo fu il turno di Michael di aprire gli occhi e si
ritrovò a trattenere il fiato mentre si trovava circondato
dalle
braccia dell'altro. Rammentò cosa fosse successo durante la
notte ed
arrossì imbarazzato, sollevando piano lo sguardo sul viso di
Nate
addormentato.
Silenziosamente
studiò i suoi tratti, portando timidamente una mano sulla
sua
guancia, sfiorandola con le dita.
Provò
a muoversi ma, quel gesto, non fece che aumentare la presa del
maggiore attorno al suo corpicino. Michael non si era mai sentito
così protetto prima di allora.
Come
gesto di riconoscenza aveva pensato di preparare la colazione,
portandola a letto al più grande.
Nuovamente
provò a muoversi e Nathan mugolò nel sonno,
accarezzando la schiena
al più piccolo.
«Dove
vai?» domandò con il tono impastato dal sonno,
tenendo gli occhi
chiusi.
Le
labbra di Michael si allongarono il un dolce sorriso ed
appoggiò una
mano sul suo petto, delicatamente «A preparare la colazione,
aspetta
qui, ci metto poco» .
In
risposta ricevette un mugolio e il corpo del più grande
stringersi
al proprio «Dopo torna» sussurrò piano
Nathan, appoggiando alla
cieca la fronte contro quella del ragazzo.
«Faccio
veloce» annuì Michael, arrossendo ancora una volta
prima di
sgusciare lentamente fuori dal letto, attraversato da un leggero
brivido freddo per via della mancanza del corpo caldo dell'altro.
A
piedi scalzi entrò nella piccola cucina, tirando fuori due
tazze ed
appoggiandole in un piccolo vassoio, insieme a dei biscotti.
Riempì
il bollitore con dell'acqua e lasciò poi due bustine di tea
in
infusione, sbirciando di tanto in tanto il ragazzo steso sul proprio
letto. Era una situazione così strana, eppure bella allo
stesso
tempo.
Tornò
poi a prestare attenzione al tea sul fuoco e versò la tisana
profumata nelle due tazze, sistemandole sul vassoio dopo aver
zuccherato entrambe.
Senza
far cadere nulla tornò nella propria camera, sedendosi sul
letto ed
appoggiando il vassoio sulle lenzuola, voltandosi verso Nathan che
ancora dormiva, con un'espressione serena e tranquilla.
«Nate»
sussurrò piano, accarezzandogli un braccio, ricevendo un
semplice
mugolo assonnao in risposa.
Un
sorriso gli allungò le labbra e timidamente si
avvicinò al suo
viso, baciandolo sulla guancia «Natty c'è la
colazione»
Il
maggiore sollevò piano le palpebre e puntò lo
sguardo sul viso
estremamente vicino di Michael che inevitabilmente arrossì.
«Che
bel buongiorno» bisbigliò rocamente,
stiracchiandosi prima di
mettersi seduto sul letto, guardando le due tazze fumanti con i
biscotti vicini.
«Sei
stato dolcissimo» commentò Nate, passandosi una
mano tra i capelli,
piegandosi poi a baciare la guancia del minore.
Insieme
fecero colazione, intingendo i biscotti nel tea, l'uno accanto
all'altro, perdendosi intanto nelle chiacchiere.
Mich
si alzò dal letto, sistemandosi sui fianchi la maglia grigia
della
tuta «Beh..io vado a fare una doccia»
mormorò all'altro ragazzo,
prendendo poi un cambio di vestiti e dirigendosi in bagno.
«Ti
aspetto» gli sorrise Nathan, ancora intrecciato tra le
lenzuola,
sbadigliando appena. Finì per socchiudere gli occhi,
piegando gl
angoli delle labbra in un morbido sorriso al profumo del ragazzo sul
cuscino.
Michael
sotto la doccia stava canticchiando sottovoce, passandosi la spugna
intrisa di bagnoschiuma al lampone sul corpo. Mentre si sciacquava,
poi, afferrò il flacone dello shampoo e versò
un'abbondante dose al
profumo di frutti di bosco nella mano, iniziando poi a frizionare le
dita tra i capelli rosa confetto, chiudendo gli occhi.
Strinse
le palpebre, cercando di inclinare la testa più indietro
possibile,
con la solita paura che lo shampoo gli finisse negli occhi.
Una
spuma colorata di rosa sostituì i capelli del ragazzo che,
provando
a stare il più attento possibile, si sistemò
sotto il getto
dell'acqua per sciacquarsi.
Credendo
di aver eliminato ogni residuo di sapone tornò con la testa
dritta
ed aprì gli occhi, pentendosene dopo pochi secondi.
Gli
occhi presero a bruciare e lacrimare e Michael dovette serrare con
forza le palpebre, piagnucolando.
Alla
cieca cerco il rubinetto dell'acqua ma non fece altro che far cadere
il flacone del bagnoschiuma dalla piccola mensola, proprio sul suo
piede.
Un
urletto ben poco virile gli abbandonò le labbra mentre
cercava di
aprire gli occhi che non facevano che bruciargli.
Nathan
si stava rilassando sul letto ma, avvertendo l'altro lamentarsi, si
alzò di scatto dal letto, entrando senza pensarci troppo nel
bagno,
per vedere cosa stesse accadendo.
Il
tempo di voltarsi verso la doccia che il corpicino esile di Michael
gli cadde tra le braccia, con il minore a piagnucolare con le mani
sugli occhi.
«Ehi piccolo è tutto okay, sta
tranquillo» cercò
di rassicurarlo il maggiore, stringendolo tra le braccia.
Michael
tremò appena e subito l'altro gli circondò il
corpo con
l'asciugamano lì vicino, coprendolo.
«Che
succede Mich?»
Il
minore si morse il labbro e cercò di aprire gli occhi,
richiudendoli
subito dopo al bruciore.
«L-lo
shampoo...mi è finito negli occhi» ammise
imbarazzato, stringendosi
al petto del più grande che, con un sorriso intenerito, lo
avvicinò
al lavandino e, dopo aver aperto l'acqua fredda, iniziò a
sciacquare
con attenzione gli occhi del ragazzo, tamponandoli appena con un
altro asciugamano.
«Apri
gli occhi Michael» gli chiese dolcemente accarezzandogli le
guance,
ricevendo in risposta uno scossone della testa.
Nathan
sorrise e gli passò una mano tra i capelli umidi,
scostandoglieli
dalla fronte «Sta tranquillo piccolo, fammi controllare gli
occhi.»
«No...»
bisbigliò timidamente il ragazzo, mordendosi il labbro
inferiore,
continuando a stringere le proprie palpebre.
Il
maggiore osservò le labbra dell'altro e schiuse appena le
proprie,
quasi con titubanza. Senza pensarci, poi, fece aderire la propria
bocca alla sua, in un timido e morbido bacio, tenendogli il viso tra
le mani, socchiudendo gli occhi.
Michael
si irrigidì in un primo momento ma a quel tocco gentile e
per nulla
indelicato si sciolse, lasciando le che loro bocche aderissero senza
alcuno ostacolo.
Passarono
secondi che parvero infiniti e, con un leggero schiocco, Nathan
separò lo loro bocche sorridendo.
«Ora
mi fai vedere i tuoi meravigliosi occhietti, piccolo?»
Il
ragazzo dai capelli rosa confetto sollevò le palpebre e fece
scontrare i loro sguardi, con il proprio ancora un po' arrossato dal
sapone.
Nathan
sorrise, accarezzandogli la guancia, incantato da quel viso
così
dolce «Sei bellissimo» sussurrò piano,
sfiorandogli la pelle
morbida con il pollice, per poi far incontrare nuovamente le loro
labbra.
#Spazio autrice
So che è molto che non pubblico e sono tornata con dei nuovi
personaggi.
Michael è ovviamente ispirato a Michael Clifford mente
Nathan è ispirato a Louis Tomlinson.
Perché questa scelta? Bella domanda.
Diciamo che tutto è nato dal fake ed io ho semplicemente
voluto dedicare questa piccola storia.
Spero vi sia piaciuta e che abbiate voglia di lasciarmi qualche
commento.
Un bacio,
Chiara.
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