Doveva
smetterla con la sua stupida fissazione. Doveva fermarsi, chiuderla
lì, eliminare ogni pensiero che la riguardasse. Ogni
pensiero impuro.
Perché non poteva essere come tutti gli altri?
Perché non riusciva ad essere un bravo templare?
Non bisogna fraternizzare con i maghi, Cullen lo sapeva. I maghi sono
pericolosi, sono figli ripudiati dal Creatore più di ogni
altro essere. Vanno tenuti sotto stretto controllo, potrebbero
trasformarsi in abominio in ogni momento. Potrebbero far saltare un
edificio, dare fuoco a qualcuno, uccidere in un secondo. Ai maghi basta
uno schiocco di dita per fare una strage.
Cullen sapeva tutto ciò, voleva crederlo, ma non riusciva a
smettere di pensare a lei.
Lei, che quella stessa mattina gli aveva sorriso, e aveva il sorriso
più perfetto che Cullen avesse mai visto. Lei che amava
studiare, lei che sembrava sempre così tranquilla, lei che
ogni settimana andava dai templari all’ingresso per chiedere
di uscire, nonostante conoscesse già la risposta. Si era
sottilmente infilata nei pensieri di Cullen e non se n’era
più andata. Lei, che era nata con la magia nel sangue.
Che fosse un incantesimo? No, non doveva pensarlo, non era possibile,
lei non l’avrebbe mai fatto. O forse sì. Dopotutto
era una maga, e con i maghi non esistono certezze.
Forse era il volere del Creatore. Egli lo stava mettendo alla prova,
voleva testare la sua fede, la sua forza, la sua
determinazione… beh, in quel caso Cullen stava miseramente
fallendo. Ma poteva essere forte, doveva esserlo. Una maga qualunque
non avrebbe corrotto la sua integrità morale, di uomo e di
templare. Peccato che lei non fosse una maga qualunque.
No, no, no! Lei era esattamente come tutti gli altri, doveva
convincersene. Poteva cedere alle lusinghe della magia proibita, e in
quel caso Cullen doveva essere lucido. Freddo. Distaccato.
Non si sarebbe piegato, non si sarebbe fatto corrompere, non sarebbe
bastato un bel faccino a distrarlo dai suoi doveri. Non avrebbe ceduto
al peccato, alla lussuria, al richiamo della carne,
all’estasi dei sensi. Avrebbe trovato la sua estasi
nell’abbraccio di Andraste. Avrebbe pregato di
più, più a lungo, più intensamente.
Cullen avrebbe smesso di pensare a lei, ai bei lineamenti del suo viso,
alla sua risata cristallina, al modo in cui le vesti evidenziavano il
suo corpo… Non avrebbe più pensato alle sue
labbra, al suo sorriso… quel sorriso contagioso, che
alleviava e appesantiva l’animo del templare, che lo
tormentava e lo faceva sentire sporco, peccaminoso, ma che era anche la
parte migliore delle sue giornate.
Ecco, però, che a breve distanza dal templare passa proprio
lei, e per un breve istante ogni dubbio sembra dissiparsi, ogni
incertezza sembra risolversi, e rimane solo un sospiro innamorato.
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