Capitolo 7 - Fiducia. È solo questione di Fiducia
7.
Fiducia. È solo questione di Fiducia
«Lasciala» disse una voce alle mie spalle,
abbastanza arrabbiata dovrei aggiungere.
Thy si voltò curioso - io con lui - e vedemmo lo sguardo
freddo ed insensibile di Matt che si avvicinava.
"Gli farei soffrire le
pene dell'inferno per farlo stare lontano da te"
Oh. No.
Giove divino!
«Ok, calmiamoci tutti...»
«Io sono
calmo» mi rispose Matt, decisamente poco convincente.
Lo sguardo di Thy si fece più serio.
«Tu non sei suo padre. Né un suo parente.
Né il suo ragazzo» disse lui con una fredda calma.
Ma in quella calma, il mio sesto senso aveva notato qualcosa, come una
tacita affermazione che nasceva da anni di sapienza.
«Lasciala andare, ho detto» ripetè Matt
leggermente più minaccioso.
«Ragazzi, per
favore, basta...!» tentai di dire, ma nessuno dei due mi
ascoltò.
«È una
questione d'onore, ora?» disse Thy serio, ma i suoi occhi
celavano un sorriso divertito.
Matt, istigato e colpito nell'orgoglio, non tardò a
rispondere: «È sempre
stata una questione d'onore»
Mi voltai nell'esatto istante
in cui la voce parlò.
"Le questioni d'onore mi
sono sempre piaciute. Sono sempre state il mio passatempo preferito..."
Là.
Dietro una colonna.
La vidi.
Un'ombra nera si nascondeva
dietro la colonna, osservando silenziosa ciò che stava
succedendo fra noi tre.
Un terrore che mai avevo provato s'impossessò di me, ma il
mio
istinto mi disse di rimanere dov'ero, che non mi sarebbe successo nulla.
Sentii l'ombra voltare il suo sguardo su di me e sorridermi.
Rabbia, odio e cattiveria erano le tre sensazioni principali - e le
più forti - che emanava l'aura di quell'ombra; ma il mio
istinto, ancora una volta, mi disse di rimanere tranquilla.
"Dovresti essere onorata
che due
uomini siano lottando per te. Sai... in un certo qualmodo ti invidio.
Io avevo già ciò che desideravo, ma nessuno ha
mai
lottato per me. Anzi..." disse - più chiara -
la melodiosa voce femminile.
"Buona fortuna, Eris. Ci
reincontreremo quando avrai bisogno di me. Perchè tu avrai bisogno di me..."
E sparì.
Nel nulla.
L'ondata di terroe che mi aveva preso, se ne andò con lei, e
solo allora mi resi conto che Thy era piegato, poggiando le mani sulle
gambe e Matt era a terra che si tastava la guancia.
«Oh... Divini... DEI!» sbraitai infuriata, mentre
gli
addetti del museo si avvicinavano per separare quei due idioti.
«Signorina,
la prego di calmarsi. C'entra anche lei in tutto questo?» mi
chiese cordiale un'assistente che mi si era avvicinata.
Vidi la nuvola di rabbia nera che circondava il professore man mano che
si avvicinava.
«WILLIAMS!»
sbraitò, tentando di mantere il controlo «Se c'entri in mezzo
a questo casino, giuro che ti faccio sospendere!»
«Come
stavo per rispondere alla signorina, è possibile che la
causa
sia io, ma io personalmente non c'entro nulla con la
faccenda»
dissi calma, puntando poi il dito verso il busto che avevo ammirato
poco prima «io
stavo guardando quello, tentanto di ricordarmi chi potesse essere,
vista la mancanza della targhetta esplicativa»
Mezza bugia, mezza verità.
Non mi sarei fatta sospendere per due idioti come loro.
Nel mentre, Matt e Thy erano stati separati e si stavano subendo una
bella lavata di capo.
«Che ha combinato
mio fratello, ora?» mi chiese una voce, improvvisamente
arrivata dal nulla.
Mi voltai e vidi Phy.
«Credo
abbia provocato un già irritato Matt e che quest'ultimo gli
abbia tirato un pungo. Thy ha ringraziato con gli interessi, da quanto
riesco a capire»
Phy sbuffò.
«Tipico di mio
fratello. Lui è "onnipotente",
fa qualunque cosa voglia perchè può
farlo...» abbassò la voce fino ad un sussurro
impercettibile «... ma è
come tuti gli altri, qui, ora...»
Corse dal fratello ed io mi voltai.
A differenza di quanto predetto, la visita al museo era praticamente
già finita, e non avevamo rovinato il divertimento a nessuno.
Il professore e l'assistente, si erano avvicinati ai due incriminati e
gli stavano dando una quarta lavata di capo.
Io tornai a fissare il busto.
«Interessante,
eh?» mi chiese Phy, riavvicinatosi.
«Sì, ma
non so chi sia...»
«Beh,
dovremo aspettare fin quando non metteranno la targhetta» mi
disse con un sorriso, prima di tornare da Sherley.
Chiusi la porta di casa che non ero scioccata.
Peggio.
In casa notai con piacere l'assenza di tutti.
«Ael?»
chiamai con tono stanco.
«Hei, umana! Come
butta?»
Rimasi ancora più scioccata.
«...Si... Si dice
così, giusto?» chiese lui preoccupato.
«Ael,
ti prego, salutami normalmente. Mi sono già successe un
sacco di
cose, non ho bisogno anche dei tuoi tentativi di umanizzarti»
«Ah» mi
rispose deluso.
«Scusa.
È che.. me ne sono successe un po', oggi. Comunque,
sì,
alcuni salutano così, ma a me non piace. Preferisco ancora
la
cordialità e l'intelligenza alla moda»
«Oh, beh,
bentornata, allora» disse lui, più rincuorato.
Gli sorrisi, un sorriso stanco, mentre mi dirigevo in cucina e mi
sedevo.
«Sembra
che Atlante ed Ercole ti abbiano scaricato il loro lavoro sulle spalle
per prendersi una vacanza alle Hawaii... che è
successo?»
Fissai l'ombra scura un paio di minuti là dove avrebbero
dovuto esserci gli occhi.
«Si... Si tratta di
Thy. E Matt. E me» incominciai a dire.
«Umh» fece
lui semplicemente.
«Beh,
ecco..» cominciai così a raccontargli tutta la
storia,
della cotta di Matt, dell'incidente, dell'arrivo di Thy e suo fratello,
di come era diventato Matt dopo che Thy mi aveva avvicinato e
l'episodio del museo.
«...In
realtà...» conclusi dopo una buona ora di
chiacchierata «...
non ho la più pallida idea del perchè mi stia
confidando
con te. Cioè, sarei dovuta correre da Mary e raccontarle
vita
morte e miracoli, e invece...»
«E
invece sei qui con me. La cosa ti crea dei problemi? Posso andarmene,
non devi preoccuparti...» mi disse lui, rassicurandomi.
«No,
cioè... ormai mi sono abituata. Mi adatto velocemente alle
situazioni e, onestamente... mi sento un po' meno sola...»
gli
dissi, con un mezzo sorriso sulle labbra e gli occhi bassi.
Passarono un paio di secondi prima che Ael parlasse di nuovo.
«Come...
come potrai aver intuito, io non sono... come te, ecco, diciamo
così, e queste sono competenze umane, quindi probabilmente
la
tua amica Mary avrà più che ottimi consigli a
riguardo.
Ma voglio che tu sappia, che... beh, se ti succedono cose... "strane",
hai il signor Stranezza davanti al naso» mi disse
affettuosamente.
«A... A dire il
vero... mi è capitata una cosa abbastanza strana, oggi, al
museo...»
«E cosa?»
mi chiese interessato.
«Ecco...
mentre.. mentre eravano tranquillamente ad ascoltare la guida che
parlava, sentivo un'altra persona parlare»
«Eh?» mi
spronò lui.
«Il
suo tono sembrava molto irritato. E il fatto è che quella
persona la
sentivo solo io. Ha incominciato a "lamentarsi" quando la guida aveta
tirato in causa Ares: stava spiegando che insieme alle
divinità
principali si muovo anche divinità meno importanti ma, a
volte,
altrettanto potenti»
«E cosa ti ha
detto?» chiese Ael serio e concentrato sulle mie parole.
«Beh,
la prima volta la voce si è lamentata perchè la
guida non
l'aveva citata al seguito di Ade. Poi, quando siamo passate alla zona
delle dee, si è lamentata perchè la guida non
l'aveva
minimamente accennata»
«E qui cosa ti ha
detto? Ricordi le parole?»
Strinsi gli occhi, come se farlo mi aiutasse a focalizzare la cosa.
«Ha detto che magari
poteva anche non essere uno schianto in bellezza, o uno... uno... erano
sette...»
«Uno dei sette
savi?» mi aiutò Ael
«Sì! Ma
che comunque un po' di rispetto dovevano darglielo»
Ael tacque e io continuai.
«La terza volta,
aveva una voce triste, e credo avesse risposto a cosa mi aveva detto
Thy»
«No, aspetta,
cosa?!»
Feci un cenno di assenso con
la testa.
«Sì. Ero davanti a quel busto di cui ti ho
parlato, e Thy
mi aveva preso scherzosamente in giro dicendo che magari potevo far
schifo in arte ma avevo buon gusto per le statue, così gli
ho
chiesto se per caso conosceva il pezzo e lui mi ha risposto di
no»
«Ed è
stato allora che la voce ha parlato?»
«Sì.
Ha detto che Thy era un bugiardo e che non era mai stato bravo a
mentire, non a quella persona. Il suo tono era triste, come se si
conoscessero da un sacco di tempo e per una triste cosa si erano dovuti
separare. In realtà, anche a me sembra che Thy avesse
mentito,
ma se gli avessi detto per quale motivo lo pensavo, mi avrebbe preso
per pazza. E, sinceramente, ho passato un brutto quarto d'ora con me
stessa»
Mi alzai per andare a prendere un bicchiere d'acqua.
«Poi? È
successo qualcos'altro?»
«Sì»
dissi, dopo aver bevuto.
«Quando
Matt e Thy stavano per fare a pugni. Avevano menzionato qualcosa
sull'onore e la voce se ne era uscita dicendo che aveva sempre amato le
questioni d'onore» feci una pausa e ripresi, ricordando il
terrore che mi aveva invaso «È stato
allora che l'ho vista. Era nascosta dietro una colonna ed era
un'ombra»
«Un'ombra?»
«Sì.
Si è si voltata verso di me e ha normalmente
chiacchiarato come se fossimo
amiche di vecchia data. E... mi conosceva»
«Com'era? L'ombra,
intendo»
«Era
molto più nera di te e aveva un'aura terrificante. Mi ha
detto
che dovevo essere onorata che Matt e Thy stessero facendo a cazzotti
per
me, perchè nessuno lo aveva mai fatto con lei, e mi ha
augurato
buona fortuna, dicendomi che sarebbe tornata quando avessi avuto
bisogno. "Perchè tu avrai
bisogno di me...", ha detto proprio così» dissi,
rabrividendo «Poi
non l'ho più sentita per tutto il giorno. È stato
allora
che ho capito che la voce apparteneva ad una donna»
«Io... ne parliamo
più tardi» disse Ael scomparendo, mentre mia mamma
apriva la porta.
Mia mamma, Mary Margaret Jones - ma chiamata da tutti Meg -, lavorava
come wedding planner a orari incomprensibili, e quello era uno dei
pochi giorni fortunati in cui veniva a casa per pranzo.
«Tesoro!!
Sono a casaaa!!» sbraitò dalla porta d'entrata,
emozionata
e stanca perchè poteva condersi del tempo in più
con la
figlia.
Tempo che in realtà avrebbe passato a dormire, ma poco
importava, l'intento era sempre buono.
La accolsi in salotto con un sorriso.
Chissà cosa ci sarebbe stato da cena...
Papà tornò a casa tardi, quella sera. Era andato
a pesca con alcuni colleghi ed era tornato a casa stanco e a mani
vuote, ma sorridente e divertito.
Mangiammo tramezzini nel solito chiacchiericcio famigliare raccontando
la giornata, ed al mio turno liquidai il tutto con un "nulla di nuovo":
se avessero saputo la verità, sarebbero andati fuori di
testa dalle risate.
Diedi una mano alla mamma a sparecchiare e mi buttai a letto.
Presi in mano il cellulare che suonava la sua solita musichetta da
messaggio - che, per carità non era il tipico bip-bip simile
al suono delle allarmi - e notai tre chiamate perse e una quarantina di
messaggi.
Le chiamate le liquidai, i messaggi erano un 99% provenienti da Mary
tutti con lo stesso succo: "com'è andata?".
Ci misi un sacco di tempo nel risponderle, e le raccontai la giornata
tralasciando la voce dell'ombra e la sua visione: Ael forse no, ma Mary
mi avrebbe reputato con seri problemi.
Solo due messaggi, gli ultimi ricevuti per l'esattezza, non erano di
Mary: Matt.
Il primo, più vecchio, era stato inviato pochi minuti dopo
il riesntro a casa, e recitava un semplice "Scusami"; il secondo,
ricevuto un paio di minuti fa, recitava un'ampia carellata di
spiegazioni.
"Non avrei dovuto.
Perdonami.
Quando ti ho vicina, Eris, non capisco più nulla e una ceca
possessione - nonché rabbia - s'impossessano di me.
Vorrei spiegarti che non sono così, che non è da
me fare ciò che ho fatto oggi, e posso solo contare sul tuo
buonsenso.
Mi conosci da una vita, Eris, ci conosciamo da una vita.
Te l'ho già detto, vederti con Soahc mi manda in bestia, ma
non so nemmeno il perchè, è la prima volta che
succede, te lo giuro!
E oggi.. beh, non ho retto.
Difendilo finchè vuoi, ma non è un santo: lui mi
ha provocato e lo hai visto anche tu.
E tira dei ganci destri che fanno maledettamente male!"
Wow. Era il messaggio più lungo che Matt mi
avesse mai scritto da quando lo conoscevo.
Bloccai la schermata e rimasi a fissarmi un paio di minuti in quello
schermo nero.
"Che poi, non
è nero, è grigio" pensai fra me e
me.
Posando il telefono sul comodino al mio fianco, piazzandolo sopra la
pila di libri meno alta, pensai a ciò che era accaduto quel
giorno, in particolare all'ombra nera che era nascosta dietro la
colonna del museo.
Da quanto era lì dientro, nascota? Da quanto tempo ci stava
osservando? Da quanto... Da quanto tempo mi conosceva,
benché io non conoscessi lei?
Come faceva a conoscermi?
Con tutti questi quesiti chiusi gli occhi, e dormii un sonno agitato.
Non c'era aria, ma sentivo un leggero venticello che mi muoveva i
capelli.
«NON PUOI FARLO!» urlò una voce da
dietro di me.
Mi voltai per vedere chi fosse, ma era tutto sbiadito, sfocato, non si
vedevano nemmeno i contorni delle cose.
«NON SARAI TU AD
IMPEDIRMELO!» tuonò di rimando una voce femminile.
Nonostante i due urlassero,
anche il suono era ovattato, facendomi sentire a fatica le parole dei
due.
«Non puoi farlo,
...! Lui
non te lo perdonerà mai!» disse un lui, quasi
piagnucolando.
Ecco, non avevo sentito il soggetto della frase.
Ma che diavolo di sogno era?!
Poi, una piccola lampadina si accese, mettendo illogicamente a posto
tutti i pezzi.
Questo sogno era strano, diverso... perchè non era un sogno.
Era un ricordo.
Solo che non mi sembrava fosse mio.
O almeno... "Vuoi
vedere che è un ricordo cancellato?" pensai
fra me e me, mentre quei due litigavano di brutto.
Avevo avuto una discussione del genere, una volta, con Matt, ma non mi
ricordavo ci fossimo detti quelle parole.
«Quanto vuoi che me
ne importi del suo
perdono?! Dovrebbe chiedere il mio, invece!» disse la donna,
ancora più irata di prima.
«Ti
prego...» disse l'uomo, fermando a pochi centimetri dalla
donna « Ti prego, non
andartene. Non... non lasciarmi da solo»
Se non fosse stato un sogno alquanto strano, sarei corsa io
personalmente ad abbracciare quell'uom- no, ora che focalizzavo meglio
era un giovane adulto, più che un uomo.
Comunque fosse, lo avrei abbracciato comunque.
Il tono della donna si rabbonì «Non ti
lascerò solo, ... Non lo farò mai»
«Lo stai appena
facendo» ribadì il giovane.
«Non ho scelta,
...»
Che diamine, già sentivo male i discorsi, perdersi anche i
soggetti non era il massimo.
«Ci
parlerò io! Lo farò ragionare, farò
ragionare tutti!»
«..., non puoi fare
nulla. Lui
non ragionerà. E nemmeno loro lo
faranno»
«Ma...!»
«"Ma" nulla. Hanno
paura, ..., paura di me.
È per questo che lo hanno fatto: pensano solo a
sè stessi, sè stessi e nient'altro»
«Ci dev'essere
qualcosa che farà cambiare loro ide-»
«Non c'è.
La faccenda è chiusa»
«Allora
verrò con te» disse il giovane, dopo attimi di
silenzio.
«Tu non farai nulla
di così malsano e stupido. Loro hanno bisogno di te, qui, io
posso benissimo andarmene»
«Non puoi
costringermi!»
«Oh, posso
eccome!» disse la donna in tono affilato «E tu non te ne
accorgeresti nemmeno»
«Non oserai
farlo» disse lui, con un traballante accento ma convinto
delle sue parole.
«Hai
ragione» disse la do- beh, ora che li vedevo più
chiaramente, erano entrambi giovani.
«Non oserei mai
farlo. Con tutti, persino con il mio stesso padre, ma non con
te» finì lei in tono dolce.
«Tu non hai
padre» disse lui in tono leggermente divertito
«Il tuo è
ancora da decidere» gli rispose lei, divertita.
«Lo devi... Lo devi
veramente fare?» le chiese lui, in tono triste, deluso e
sommesso.
«Sì»
«Io...»
iniziò lui.
«Lo so, ..., lo so.
Non c'è bisogno che tu me lo dica di nuovo»
«No, ascoltami! Io..
c'è qualcosa che devo veramente dirti!» il tono
del ragazzo si era fatto serio e pregante.
«..., non ho tempo
ora... devo andare. Non
ho più tempo»
E poi, non sentii più nulla.
Le labbra rosee del ragazzo divennero più chiare, e dissero
qualcosa che non riuscii a sentire.
La giovane donna, dal canto suo, rimase stupita dell'affermazione che
gli aveva fatto il giovane, e gli rispose con un triste sorriso parole
che non riuscii ad udire.
Poi, come se nulla fosse successo, due occhi viola intenso mi fissarono
preoccupati.
«Eris? Tutto bene?
Sei un po' pallida...»
Mi guardai intorno, macchine tutte curve giravano allegramente per le
strade, ed io ero seduta su un marciapiede.
O meglio, ero seduta a mo' di caduta.
Notai il mio vestito che mi designò l'epoca attuale.
Era un vestito molto carino, nero a pois rossi, svasato dalla vita in
giù con un po' di tulle alla fine della gonna.
Ah, no, era la sotto-gonna.
Il busto stringeva, ma non tanto quanto quelli delle altre volte, e lo
scollo a "U" er un tutt'uno con gli spallini larghi abbastanza da
coprire le spalle.
Non mi serviva nemmeno guardare la capigliatura, che avrei scommesso
essere cotonata, per dedurre gli anni '50.
«Dove... Dove
siamo...?» domandai spaesata ad uno Shin, che mi fissava
curioso e preoccupato nel suo gessato grigio.
Decisamente elegante.
Mi sorrise dolce «Ti
interessa davvero così tanto? Forza, andiamo, ho una
sorpresa per te...»
«Una
sorpr-» non feci nemmeno in tempo a finire che Shin mi
tirò su con una mano e mi tenne stretta a sé per
un paio di secondi, giusto il tempo che bastava per farmi diventare un
peperone rosso.
«Fo-Forza,
andiamo» disse lui, voltandosi per non farsi vedere e
trascinandomi in strada, attraversandola.
Mi guardò negli occhi intensamente e quasi non lo sentii
mentre mi parlava.
«Chiudi gli
occhi»
«Perchè?»
«Tu fallo»
mi disse con un sorriso «Non te ne pentirai.
Fidati di me»
«O...Okay»
gli dissi.
Chiusi gli occhi e mi feci guidare dalla mano di Shin senza sapere la
destinazione.
"Fidati di me" aveva
detto.
Perchè mai dovevo fidarmi di qualcuno che incontravo solo
nei mei sogni e che non conoscevo per niente?
Eppure lo feci.
Mi fidai di lui.
/*Angolo
Autore*/
Non guardatemi
male, i "...," sono volutamente usati. Al posto dei puntini avrei
dovuto inserire i nomi dei personaggi che si parlavano.
Avrei
dovuto xD
Spero che anche questo capitolo vi piaccia
- Kurokage
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