Malaspina (Pescatore - Bertoli, Mannoia) di kalanchoe (/viewuser.php?uid=57527)
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Malaspina (Pescatore - Bertoli, Mannoia)
La bocca del ragazzo moro si aprì in un grosso sbadiglio.
-Ehi, Cho- disse, rivolto all’amico. –come va a
prua?-
L’altro ragazzo sbuffò.
-Niente, non ha abboccato ancora niente…- rispose, annoiato.
–Oggi i pesci sono tutti in vacanza!-
-Come tutti gli altri giorni…- continuò deluso il
moro, sistemandosi il cappello di paglia sulla testa e iniziando a
guardare il paesaggio che lo circondava.
Il sole si rifletteva sulle increspature della superficie marina
facendola scintillare. Il cielo era terso con qualche nube qua e
là.
Sarebbe stato uno
spettacolo fantastico di cui godere, se la loro attenzione non fosse
stata completamente catturata dai galleggianti immobili delle canne da
pesca.
-Shika!- lo chiamò Choji, improvvisamente entusiasta.
–Prendi il retino, ha abboccato qualcosa…-
Il ragazzo si alzò in piedi sulla barca, afferrando la canna
da pesca con entrambe le mani e iniziando a riavvolgere il mulinello.
-Eccomi, arrivo!- rispose l’altro, prendendo il retino che
aveva ai piedi e andando verso l’amico.
-Accidenti!- esclamò Choji, lasciando cadere la grossa mole
del suo corpo a peso morto sulla barca. –Non è
possibile!Mi ha spezzato la lenza!-
Shikamaru sbuffò, sedendosi accanto all’amico e
lanciando il retino a poppa.
-Maledizione!Che seccatura!- urlò, nervoso.
Erano giorni che
tornavano a casa con i secchi quasi completamente vuoti. Intere
giornate trascorse in alto mare per portare a casa solo qualche misero
pesce.
-Inizio a preoccuparmi davvero…- esordì
Choji, passandosi una mano tra i capelli castani e arruffandoli
più di quanto già lo fossero. –Non
è possibile che tutti i pesci si siano dileguati…-
-Dobbiamo cercare di pensare...- iniziò Shikamaru, assumendo
l’atteggiamento concentrato di chi elabora una strategia di
guerra. –Che seccatura!Ma come faceva Asuma a trovare sempre
la zona giusta per pescare?!-
-In questo era un genio…- continuò Choji,
rovistando nella borsa in cui vi erano i viveri. –Forse
avremmo dovuto adagiarci di meno sulle sue capacità e sulla
sua esperienza e applicarci per capire le sue
“strategie”…-
Detestava ammetterlo, ma
Choji aveva ragione!
Asuma sapeva sempre
quale zona scegliere per procurarsi i pasti…
Avrebbe dovuto farsi
spiegare, non limitarsi a seguire le sue indicazioni…Dannata
la sua pigrizia!
Ora che Asuma era morto,
dovevano cercare di cavarsela da soli…
Accidenti a quella
tempesta che aveva inghiottito il loro “capo”!
-Adesso Asuma non c’è e quindi dobbiamo trovare
noi un modo…Ci ha lasciato degli elementi su cui lavorare,
dobbiamo studiarli un po’…- esclamò
Shikamaru, fissando l’acqua cristallina.
Aveva due famiglie da
mantenere, adesso!Dal suo lavoro doveva ricavare denaro e cibo a
sufficienza per far vivere quattro persone…
-Facciamo una pausa…- esordì Choji, addentando
una fetta di pane. –E’ da stamattina che proviamo a
tirare su qualcosa da questo mare deserto…-
Shikamaru alzò gli occhi al cielo. Il sole era a picco su di
loro, segnalando l’ora del pranzo.
Il moro iniziò a guardarsi intorno, appesantito dalla calura
estiva. Sorrise, ripensando all’ultima immagine che aveva
della terra ferma.
Quella mattina, la sua
seccatura era bellissima. La brezza marina le accarezzava i capelli
biondi, schiariti dal sole; la pelle abbronzata riluceva alle prime
luci dell’alba che si riflettevano negli occhi acquamarina.
Aveva scrutato quella
figura, dimagrita dalla povertà, in tutto il suo splendore
mentre la barca si allontanava dalla costa, salutandola con la mano. Si
era beato del bacio che lo aveva raggiunto, partito dal palmo della sua
mano, prima che quella stessa tornasse a posarsi
sul capo del bimbo che era attaccato alla sua gonna.
Aveva lasciato
lì le due figure, mute l’una accanto
all’altra, a guardarlo allontanarsi.
Temari e quel bambino,
che considerava suo nipote nonostante nessun vincolo di sangue li
unisse.
Temari e il figlio di
Asuma, che aveva insistito per accompagnarlo.
Temari e il figlio di
Kurenai, che ormai considerava sua cognata.
Tre vite di cui era
responsabile.
Tre motivi che lo
avevano spinto a tentare un’uscita in barca più
lunga del solito, per potersi allontanare alla ricerca del pesce che
scarseggiava.
Tre affetti che lo
avevano spinto, speranzoso, verso quei due giorni in mare.
Getta le tue reti
buona pesca ci
sarà
e canta le tue canzoni
che burrasca
calmerà
pensa pensa al tuo
bambino
al saluto che ti
mandò
e tua moglie sveglia di
buon mattino
con Dio di te
parlò
con Dio di te
parlò
Temari pose le labbra sul palmo della mano, soffiandovi sopra in
direzione della barca che si allontanava lentamente dalla costa.
Sperava ardentemente che
l’idea di Shikamaru servisse a risolvere la situazione in cui
erano…
La bionda lasciò ricadere la mano lungo il fianco,
poggiandola sulla testa del bambino che le era aggrappato alla gonna
logora.
Gli occhi acquamarina fissavano l’orizzonte.
Era una donna stanca, piegata dalle fatiche di una vita di rinunce e
povertà.
Vide la piccola imbarcazione rimpicciolire gradualmente.
-Andiamo a casa.- disse, rivolta al bimbo che aveva iniziato ad agitare
la piccola mano in segno di saluto all’equipaggio della
barca. –Dai, che la tua mamma ci aspetta.-
Afferrò la manina morbida, che stonava contro il ruvido
della sua, temprata da freddi inverni e lunghe stagioni.
Un visino tondo iniziò a fissarla mentre lo guidava con
sé sulla strada di casa.
Si augurava che il mare
restasse tranquillo.
Sperava che suo marito e
Choji rientrassero sani e salvi.
Pregava
perché le onde li risparmiassero.
Una strana sensazione la invase. Ansia mista a sollievo.
Ansia per la difficoltà dell’impresa.
Sollievo per i due giorni scevri di liti che la attendevano.
Era sola.
Soltanto due giorni.
Poi tutto sarebbe
ritornato come prima.
I disagi non avevano
logorato soltanto il suo aspetto esteriore, ma anche il suo rapporto
con Shikamaru.
La bionda continuò a camminare, la testa alta, lo sguardo
fiero.
L’anima celata dalla maschera che il suo orgoglio aveva
faticosamente costruito.
Era una moglie corretta,
virtuosa.
Si era faticosamente
relegata al ruolo impostole dalla società.
Continuava ad onorare
sentimenti ormai opachi, lontani nel tempo e nella mente.
Fissò il bambino che le camminava vicino: assomigliava
incredibilmente al padre di cui non avrebbe conservato molti ricordi.
Asuma sarebbe stato solo un’ombra confusa del suo passato.
Temari ricordava bene il momento in cui i sogni di Kurenai si erano
infranti.
-Oh,
piccolino…- esclamò Temari, sollevando tra le
braccia il bambino, impacciata.
-Sono stanchissima!Da
quando ha iniziato a mettere i dentini, non si dorme più la
notte…- iniziò Kurenai, il viso provato, ma
felice. –Ieri sera è riuscito persino a non far
dormire Asuma…Speriamo che oggi non si sia addormentato
sulla barca…-
-Non preoccuparti,
Shikamaru sicuramente lo avrà tenuto sveglio…Se
tuo marito si fosse addormentato, lui sarebbe stato costretto a restare
sveglio…Non credo che lo avrebbe permesso!- rise
forzatamente la bionda, sedendosi con il bimbo sulle gambe.
-Non si è
saputo ancora niente?- chiese Kurenai, lo sguardo preoccupato in quello
acquamarina dell’altra.
-No, non
ancora…Ma vedrai che torneranno presto…- la
rassicurò la bionda, un tremito nella voce. –Asuma
ha molta esperienza e non si sarebbe mai lasciato sorprendere dalla
tempesta di oggi…-
-Si, ma…era
stanco…è tardi…non sono mai rincasati
così tardi…-
-Magari hanno avuto
qualche problema con la barca proprio a causa della burrasca di
oggi…Aspettiamo ancora un po’. Se tra
un’ora non li vedremo arrivare, ci incammineremo verso la
costa…Per ora è meglio attendere…-
Kurenai si
alzò. Le gocce di pioggia continuavano a impattare contro il
vetro.
-Speriamo che sia tutto
a posto…- mormorò, mesta.
Temari continuava ad
ostentare una calma e una sicurezza che non le appartenevano.
-Temari, andiamo!-
iniziò la mora, decisa. –Non ce la faccio
più ad aspettare…-
La bionda
guardò l’altra, annuendo.
-Prendo qualcosa per
coprirci…- disse, alzandosi e andando nell’altra
stanza.
Toc. Toc. Toc.
Il fiatò si
spezzò a entrambe le donne. Rimasero paralizzate.
Il bambino tra
le braccia di Temari iniziò ad agitarsi.
Kurenai si riscosse per
prima.
Si precipitò
ad aprire.
Shikamaru e Choji
comparvero sulla soglia.
I volti rigati dalle
lacrime.
L’urlo
straziato di Kurenai risuonò nella stanza.
Shikamaru sarebbe
tornato.
Shikamaru doveva
tornare!
Dimmi dimmi mio Signore
dimmi che
tornerà
l'uomo mio difendi dal
mare
dai pericoli che
troverà
troppo giovane son io
ed il nero è
un triste colore
la mia pelle bianca e
profumata
ha bisogno di carezze
ancora
ha bisogno di carezze ora
Shikamaru sbadigliò rumorosamente.
-Che noia!- esclamò, voltandosi verso Choji. –Ehy,
lascia qualcosa da mangiare anche a me!-
-C’è ancora molta roba, non
preoccuparti…-
Se c’era una
cosa che Choji non si sarebbe mai fatto mancare, questa era il cibo!
Shikamaru guardò annoiato l’acqua.
-Al diavolo!- esclamò, gettando la canna a terra.
–Vengo a pranzo…Tanto non abbocca nulla!-
Il moro si sedette vicino all’amico, afferrando
l’involto che gli porgeva.
-Ehy, Shika…- iniziò il castano, guardando
preoccupato l’orizzonte davanti a sé.
–Se questi due giorni non avranno l’esito che
speriamo…-
-Nel caso cercherò un’altra
soluzione…Per il momento, preferisco non
pensarci…- lo bloccò il moro, fissando il pasto
che stava consumando lentamente.
Sarebbe stata
l’ennesima delusione per la sua Temari…
Sarebbe stato
l’ennesimo fallimento...
Ancora una volta,
avrebbero dovuto accontentarsi di un piatto semivuoto…
Shikamaru si alzò di scatto.
-Rimettiamoci a pescare…Deve funzionare!- mugugnò
tra i denti.
Un lampo squarciò il cielo che si stava coprendo di nubi
minacciose.
Il rumore sordo del tuono echeggiò pochi istanti dopo.
Pesca forza tira pescatore
pesca e non ti fermare
poco pesce nella rete
lunghi giorni in mezzo
al mare
mare che non ti ha mai
dato tanto
mare che fa bestemmiare
quando la sua furia
diventa grande
e la sua onda
è un gigante
la sua onda è
un gigante
Temari percorse la stretta strada, volgendo lo sguardo alla fila dei
banchi del mercato rionale.
-Pesce fresco!Pesce pescato stanotte!-
-Stoffe!Stoffe!- urlò l’uomo dietro il banco,
cercando di vendere la merce. –Belle stoffe per belle
signore!-
-Buongiorno, Kiba!- esclamò la bionda, rivolgendo un saluto
all’amico.
Temari si fermò ad osservare i tessuti esposti, accarezzando
con la mano quelli più vicini a lei.
Belle stoffe. Costose,
soprattutto.
-Ehy, Tem!Hai deciso di mandare finalmente via Shika e di metterti con
me?!- disse il castano, strizzandole l’occhio.
-Ti piacerebbe!- rispose lei, innervosendosi per lo scherzo.
-Dai, non dirmi che te la sei presa…Tuo marito ti ha fatta
diventare noiosa come lui?-
-La tua ex fidanzata ti ha fatto diventare maiale come lei e poi ti ha
tramutato in cervo?!- gli rispose, arrossendo per la rabbia.
-Un destino che divido con tuo marito, mia cara…-
-Non credo sia questo il
modo di rivolgersi a una donna…-
Temari si volse, pronta a berciare contro la persona che si era
intromessa.
-So difendermi da sola, graz…-
La fine della frase le morì in gola.
Un uomo albino, vestito in maniera elegante, la fissava con un sorriso
provocatorio sulle labbra.
Il volto di un diavolo.
Il volto del peccato.
-Signor Hidan!- esordì Kiba.
Hidan.
Era quello il nome del
diavolo.
-Le prendo subito la contabilità…-
continuò Kiba, innervosendosi visibilmente mentre cercava
frettolosamente tra i fogli.
Gli occhi acquamarina rimasero inchiodati in quelli
dell’uomo, affascinati.
-Kakuzo, controlla tu la contabilità del signor Inuzuka!-
esordì Hidan, senza voltarsi. –Io ho altro da fare!-
continuò, avanzando verso una Temari immobilizzata da quello
sguardo penetrante, il sorriso appena accennato sempre dipinto sul
volto.
Le afferrò la mano.
-Piacere di conoscerla, signorina!- le disse, esibendosi in un teatrale
baciamano.
Temari continuò a fissare gli occhi furbi che la divoravano.
Era quello lo sguardo
del diavolo.
Hidan la osservava. Gli occhi correvano impazziti dal viso,
all’incavo del collo, alla scollatura modesta che,
però, non nascondeva il seno abbondante, ai fianchi morbidi.
Tentazione pura.
Un brivido le percorse la schiena, riscuotendola.
-Piacere…- disse in un soffio, imbarazzata.
-Posso sapere qual è il nome della bellissima donna a cui ho
l’onore di stringere la mano?-
-Temari Sabaku.-
La bionda intuì solo allora
l’equivocità della situazione.
-Temari Sabaku Nara.-
-Nara?- le fece eco l’uomo, scoppiando in una fragorosa
risata.
-Si, moglie del signor
Shikamaru Nara.- ripetè lei, ferita dalle risa
dell’altro.
Hidan si volse, guardandosi intorno.
Si avvicinò lentamente –pericolosamente- a Temari,
sfiorandole il corpo con il suo. Temari potè quasi sentire
l’odore di tabacco aromatizzato sfiorarle la pelle,
inebriandola.
La bionda socchiuse gli occhi.
Hidan sorrise furbescamente, cogliendo una rosa selvatica da un
cespuglio accanto al banco di stoffe.
-Per voi, signora Temari Sabaku Nara.- le disse, senza che gli angoli
di quella bocca perfetta si inclinassero.
La bionda si guardò intorno: Kiba aveva il naso immerso tra
le carte della contabilità, nessun passante aveva un viso a
lei noto.
La rosa le ondeggiò davanti agli occhi.
Rossa.
-Allora, vuole accettare questo modesto dono?- le disse
l’albino, le labbra strette ancora in quel ghigno sensuale.
–Le assicuro che non si
comprometterà…E’ soltanto un omaggio
alla sua bellezza…-
Diavolo tentatore.
Temari prese la rosa rossa che le porgeva, sfiorando le mani candide di
lui.
Donna peccatrice.
Dimmi dimmi mio Signore
dimmi se
tornerà
quell'uomo che sento
meno mio
ed un altro mi sorride
già
scaccialo dalla mia
mente
non indurmi nel peccato
un brivido sento quando
mi guarda
e una rosa egli mi ha
dato
una rosa lui mi ha dato
Pioggia e vento imperversavano fuori dalla finestra.
Temari intravedeva la rosa rossa sul tavolo di legno scuro della cucina.
Tirò le coperte fino alla spalla per coprire il seno nudo.
Donna peccatrice.
Hidan si volse di scatto, mostrandole le spalle larghe. I capelli
chiarissimi sostituivano quelli scuri che giacevano di solito su quel
cuscino.
Diavolo tentatore.
Temari gli si avvicinò, posando le labbra
sull’incavo del collo, sulla scapola ampia.
Hidan si volse, puntando gli occhi di ghiaccio in quelli acquamarina di
lei. Incurvò le labbra, lasciando affiorare di nuovo quel
sorriso magnetico.
Temari lo fissò, incapace di ragionare.
Improvvisamente, Hidan le afferrò i fianchi tondi e si
portò sopra di lei, iniziando a baciarla.
-Sei mia, cazzo. Sei mia!- esclamò, i respiri che si
accorciavano.
Temari socchiuse le palpebre, inebriata dal piacere di quelle labbra
che percorrevano ogni centimetro del suo corpo.
-Hidan!- gli sussurrò nell’orecchio, affondando le
unghie nella carne albina e respirandone l’odore.
-Zitta, signora Temari Sabaku Nara!- le intimò lui, il
respiro sempre più affannoso, circondandola con le braccia.
Avvolgendola tra le spire.
Temari dischiuse le palpebre.
La luce grigia del tardo pomeriggio filtrava dalle persiane e
illuminava i due corpi avvinghiati.
Donna peccatrice e
diavolo tentatore, l’uno nell’altra.
La pelle dorata di lei incorniciata da braccia diafane.
Gli occhi acquamarina, soffusi di piacere, persi in quelli serpentini
dell’albino.
La rosa rossa sul tavolo come monito per i peccatori.
Temari socchiuse di nuovo le palpebre, affondando con più
veemenza le unghie nella carne pallida.
Quattro righe rosse comparvero sulla schiena ampia che la copriva.
Una lacrima imprigionata tra le ciglia chiare.
Gioia –e
dolore-.
Pioggia e vento si placarono.
Rosa rossa pegno di amore
rosa rossa malaspina
nel silenzio della notte
ora
la mia bocca gli
è vicina
no per Dio non farlo
tornare
dillo tu al mare
è troppo
forte questa catena
io non la voglio
spezzare
io non la voglio
spezzare
Shikamaru si trascinò verso la riva, riemergendo pian piano
nell’oscurità della sera.
Cadde in ginocchio, la sabbia che si attaccava alle membra bagnate.
Al suo fianco, Choji si lasciò cadere a terra con un tonfo
sordo, tossicchiando.
-Dannazione!- urlò il moro, raccogliendo le ultime forze che
aveva.
-Non ce la faccio ad arrivare a casa a piedi, ora.- ribattè
l’altro, la guancia sulla sabbia.
Shikamaru osservò le nuvole allontanarsi nel cielo plumbeo.
Traditrici.
-Accidenti!- continuò Shikamaru, guardando con rabbia il
relitto della barca lambito dalle onde. –Guarda la
barca!Siamo partiti per cercare di risolvere un problema e cosa abbiamo
ottenuto?!-
-E’ un miracolo se siamo riusciti a tornare a riva, Shika.
Avremmo potuto affogare entrambi nella tempesta…-
Il moro raccolse le forze, alzandosi lentamente da terra.
-Maledizione!- imprecò, dando un calcio ai resti dello
scafo. Raccolse da terra un pezzo dello scafo e lo scagliò
in direzione delle nuvole.
Traditrici.
Afferrò un altro frammento ligneo e lo lanciò nel
mare.
Traditore.
Tirò un ultimo calcio allo scafo semidistrutto, cercando di
dar sfogo alla rabbia.
-Shika.- lo chiamò Choji, mesto. –Andiamo a casa.-
Pesca forza tira pescatore
pesca non ti fermare
anche quando l'onda ti
solleva forte
e ti toglie dal tuo
pensare
e ti spazza via come
foglia al vento
che vien voglia di
lasciarsi andare
più leggero
nel suo abbraccio forte
ma è
così cattiva poi la morte
è
così cattiva poi la morte
Temari sollevò lentamente una palpebra, cercando di vedere
qualcosa nell’oscurità che permeava la camera da
letto.
-Hidan…- sospirò, cercando con il braccio tra le
coperte l’uomo con cui aveva trascorso il pomeriggio –commesso il peccato-.
Nessuna risposta. Nessun corpo albino disteso accanto al suo. Nessun
occhio serpentino pronto a fissarla, provocante.
La bionda si alzò, sciogliendo le coperte intrecciate
intorno al suo ventre e portandole con sé.
-Hidan…- chiamò l’ombra che intravedeva
nella stanza adiacente.
-Che vuoi, stronza?- la freddò lui, atono.
Gli occhi acquamarina indugiarono sulle spalle larghe, sulle quattro
linee rosse che percorrevano la schiena candida.
Diavolo tentatore.
La bionda gli si avvicinò piano.
-Hidan…- iniziò.
-L’hai già detto, signora Temari Sabaku Nara!- la
beffò, calcando il tono sull’ultima parola
pronunciata e scoppiando a ridere.
Temari strinse le labbra.
-Che fai?- continuò, ignorando il ghigno
dell’altro.
-Me ne vado…Ho da fare, io!- continuò Hidan, il
sorriso che continuava a inarcargli le labbra. –Devo scoparmi
qualche altra mogliettina virtuosa…Credevi fosse un
privilegio riservato solo a te?-
Continuò freddo, aprendo la porta.
Un rivolo di luce lunare si infiltrò sul pavimento ligneo,
illuminando i piedi nudi di una Temari sbigottita.
-Prendi la mia borsa, idiota!- urlò l’albino,
rivolgendosi a un’ombra all’esterno e lanciando il
bagaglio nell’oscurità.
Temari gli si avvicinò, aggrappandosi al suo braccio e
costringendolo a voltarsi.
Gli occhi peccatori –non
meno dei suoi- la imprigionarono; le braccia possenti la
strinsero forte alla vita, mozzandole il fiato; l’alito caldo
dell’uomo scivolò lungo la linea del collo,
facendola rabbrividire; la lingua di lui ripercorse il tratto di pelle,
sensibilizzato dal flebile contatto precedente, per poi insinuarsi fra
le sue labbra.
La bionda si ritrovò avvinghiata a quel corpo tentatore, di
nuovo preda dei suoi sensi. Incredibilmente
risvegliati.
Il lenzuolo che la copriva cadde a terra. Dimenticato.
Hidan si sciolse dalla presa morbosa continuando a fissarla, malizioso.
-Signora Nara, le auguro una buona serata!- sibilò prima di
scoppiare in una fragorosa risata.
-Torna!- mormorò Temari, allibita.
Il sorriso inarcò le labbra sottili dell’uomo.
-Arrivederci…- rispose, varcando l’uscio.
–Kakuzo, stupido coglione, andiamo!- urlò poi,
rivolto all’ombra.
Temari osservò la sagoma dai capelli argentini allontanarsi
illuminata dalla fioca luce lunare.
Raccolse il lenzuolo da terra e vi si avvolse.
Gli occhi acquamarina annegati nelle lacrime che cercava di trattenere
rimasero a fissare la rosa rossa.
Dimmi dimmi mio Signore
dimmi che
tornerà
quell'uomo che sento
l'uomo mio
quell'uomo che non
saprà
che non saprà
di me,
di lui e delle sue
promesse vane
di una rosa rossa qui
tra le mie dita
di una storia nata
già finita
di una storia nata
già finita
Shikamaru trascinava le membra pesanti lungo il sentiero illuminato
dalla luce lunare, stanco.
-Non ce la faccio più, Shika.- esclamò Choji al
suo fianco, ansimante.
-Domani ci aspetta una giornata faticosa…Dobbiamo iniziare a
sistemare quello che resta della barca…- iniziò
Shikamaru, interrompendosi per osservare le luci del villaggio ormai
vicino.
Domani.
-Forza Cho, siamo quasi arrivati a casa!- incoraggiò
l’amico, le gambe tremanti e contratte dallo sforzo.
-Shika, ora come faremo?Avevamo già abbastanza
problemi…E adesso?- iniziò il castano, la voce
atona. –Queste giornate avrebbero dovuto risolvere i nostri
problemi, non peggiorarli!-
-Ce la faremo.- ribattè l’altro, asciutto.
Ce la faremo?
Le due figure continuarono a camminare l’una accanto
all’altra, mute.
Shikamaru si arrestò, lo sguardo perso nel buio ,
l’attenzione catturata da due sagome che avanzavano nella
loro direzione.
Due uomini, a giudicare
dalla grandezza delle ombre.
I due continuarono ad avvicinarsi, passando nella parte del sentiero
illuminata fiocamente dalla luce lunare.
Il moro sussultò, riconoscendo la sagoma albina di Hidan.
Il diavolo.
-Buonasera, signor Hidan.- esclamò Choji, seguito da un
cenno del capo del moro.
-Kakuzo, precedimi, razza d’idiota!- rise l’albino,
rivolgendosi alla sagoma che gli era rimasta accanto. –Guarda
chi cazzo dovevo incontrare stasera…Spero che anche a voi la
pesca sia andata bene…-
Gli occhi serpentini si socchiusero e l’aria vibrò
di una fragorosa risata.
-Bhè, ci sono stati degli imprevisti…-
iniziò Choji, subito interrotto da un cenno di Shikamaru.
-Vi ricordo che il vostro debito deve ancora essere
saldato…- continuò Hidan, ghignando.
–Avevo cercato di proporre un pagamento alternativo, ma
qualcuno non ne ha voluto sapere…-
-Ne abbiamo già parlato, Hidan…-
ringhiò Shikamaru, le mani tremanti di rabbia.
-Se solo avessi accettato la mia richiesta, adesso saresti libero di
morire di fame in santa pace!Le riparazioni della barca sono costate
molto…Quando hai avuto bisogno di denaro, io te
l’ho prestato…- continuò ridendo,
oltrepassando i due e mostrando loro le spalle.
-Hidan, piuttosto che permetterti di sfiorare mia moglie…-
-Si, si…faresti qualunque cosa…Bla, bla,
bla…- lo derise, malefico. –Ma lo stai
già facendo…Piuttosto che concedermi tua moglie,
la stai condannando a morire di stenti.-
L’albino esplose in un’altra risata, malvagio.
-Avrai il tuo denaro.- tagliò corto Shikamaru.
-Se ci fosse stato ancora il povero Asuma…Non vi avrebbe
permesso di accettare prestiti da un tipo come me...-
ghignò, fermandosi. –Ma è morto, vi ha
lasciato in eredità un relitto da sistemare e una scarsa
abilità nel pescare…E voi dovete ripagare il
vostro debito!-
Hidan iniziò a ridere, rovesciando il capo canuto indietro e
raggiungendo Kakuzo che lo attendeva a pochi metri di distanza.
Shikamaru e Choji lo guardarono allontanarsi.
Il diavolo.
***
-Cho, a domani. Cerca di riposare.- lo salutò Shikamaru con
un cenno del capo.
-Okay, a domani.- gli rispose, entrando in casa.
Shikamaru percorse il breve tratto che separava la sua casa da quella
dell’amico, le mani nelle tasche, i piedi strascicati.
La luce tenue del fuoco nel camino filtrava attraverso le persiane
chiuse.
Shikamaru bussò piano, due volte.
-Chi è?- gli rispose la voce di Temari
dall’interno.
-Sono io.- le rispose, mesto.
Lo sguardo di Shikamaru cadde sulla rosa rossa appassita che giaceva a
terra.
Ricordo del diavolo
tentatore.
Pesca forza tira pescatore
pesca non ti fermare
poco pesce nella rete
lunghi giorni in mezzo
al mare
mare che non ti ha mai
dato tanto
mare che fa bestemmiare
e si placa e tace senza
resa
e ti aspetta per
ricominciare
e ti aspetta per
ricominciare.
Note:
Ed ecco una nuova creazione...
Dedicata alla mia beta, bambi88. Perchè, come ama sottolineare:
1- mi ha fatto conoscere la canzone e l'ha cantata talmente tante volte da farmela imparare a memoria;
2- questa canzone è stata utilizzata come strumento di tortura verso il povero Fabri;
3- sognamo entrambe Hidan o qualcuno con una rosa rossa (ma moooolto cattivo).
Un bacio, tesoro, e grazie!
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