Define
“friendship”
-
Non dovresti usare il cellulare a scuola. -
Kise
alza lo sguardo dal piccolo schermo del suo telefono, e solo grazie a
una prontezza di riflessi fuori dalla norma che intercetta la palla
da basket lanciata nella sua direzione. La afferra goffamente e la
lascia ricadere subito dopo, guardandola rimbalzare sul pavimento
bianco e fermarsi contro la rete che delimita il tetto della scuola;
poi sposta lo sguardo verso il ragazzo seduto a terra in una delle
poche macchie d'ombra che il sole cocente di mezzogiorno concede
loro.
È
grato di essersi abituato alla sua presenza, grato che Aomine non sia
più uno sconosciuto ai suoi occhi – ma un compagno di
gioco. La sua mente vaga un solo istante sulla definizione di
“amico”, e subito dopo l'abbandona. Aomine non è
suo amico, e non sa realmente spiegarsi perchè sia così;
ma sa che se lo dicesse ad alta voce, lui lo fisserebbe confuso per
un momento e poi annuirebbe, alzando le spalle.
-
Tu non dovresti essere sul tetto. - Scherza, chiudendo il cellulare e
avvicinandosi a lui. Aomine sta fissando l'orizzonte oltre la rete
grigia, e giocherella con la cannuccia tra le sue labbra, girandola e
rigirandola senza prestare attenzione a ciò che fa. Kise si
siede ad occupare l'altro spazio d'ombra accanto a lui, ben attento a
mettere un po' di distanza tra il suo corpo e quello dell'altro.
Rimangono
in silenzio, un silenzio che non pesa e non infastidisce nessuno dei
due. Normalmente Kise avrebbe già iniziato a parlare di tutto
e di nulla – lo fa sempre, con chiunque, anche con Aomine. Ma
quando sono soli – e in quel momento lo sono davvero,
isolati dal mondo – il silenzio vale più di mille
discorsi che potrebbe fare, e le parole sembrano inopportune e fuori
luogo. Fatica ad aprire la bocca persino per respirare, e scivola con
la schiena sul muro preso da una sensazione di strana tranquillità.
Fa
caldo, ma un vento fresco scompiglia i suoi capelli e rinfresca il
suo corpo, scivolando sotto la camicia della divisa scolastica. È
piacevole, quel silenzio; ed è piacevole essere soli, per una
volta, sotto il cielo di marzo – di un azzurro prepotente che
non vuole dar possibilità alle nuvole di infrangere la sua
completezza. Non si rende neanche conto di aver chiuso le palpebre
finchè la voce di Aomine non interrompe il loro silenzio
sacro.
-
Chi era al telefono? -
Chi
era? Kise fa quasi fatica a ricordare, e torna in sé solo
inclinando la testa in direzione di Aomine. Anche il profilo di
Aomine è prepotente come l'azzurro del cielo, scuro, i
lineamenti rigidi. Non c'è nulla di teso nel suo volto, ma la
sua sola presenza sembra voler imporsi anche su quell'azzurro
immenso.
Kise
pensa che abbia tutti i diritti di farlo.
-
Nessuno di importante. - Mormora. - Mi hanno chiamato da un'altra
agenzia. -
Vede
le labbra di Aomine inclinarsi in un sorriso sghembo, la cannuccia
che tracciava un arco in alto seguendo quel movimento. - Era solo
questione di tempo prima che i talent scout di quella volta a
Ikebukuro si facessero risentire, no? Quelli che non la smettevano di
dire che hai un bel faccino, adatto al lavoro... -
E
c'è una nota palesemente canzonatoria nella sua voce roca, che
però non infastidisce Kise. Quando alza le sopracciglia per
mostrarsi offeso sa benissimo che si tratta di un gioco; che è
una commedia che sono soliti recitare. - Non si tratta solo di una
questione di bel faccino, Aominecchi. - Ghigna, e prove un
piccolo moto d'orgoglio nel vedere il sorriso di Aomine farsi più
disteso. Stai andando nella giusta direzione. - Ma immagino
che una scimmia come te certe cose non possa proprio capirle. -
Il
sorriso di Aomine crolla tutto d'un tratto e la cannuccia cade sul
pavimento tra loro due – ma ricompare subito dopo, più
ampio di prima; ha un effetto così buffo e comico – così
lontano dall'immagine che Aomine ha costruito di sé, così
lontano dal giocatore che tutti temono – che Kise non può
fare a meno di ridere, mentre Aomine abbandona il proprio posto per
avvicinarsi a lui e intrappolare le sue braccia in una presa ferrea,
allontanarle dal suo volto e fissarle a terra. - Io sarei una
scimmia?! - Ride, offeso. Kise continua a ridere assieme a lui,
tentando invano di liberarsi. Apre gli occhi e sbatte le palpebre per
cacciare le lacrime, e Aomine è di fronte a lui contro il
cielo azzurro, lo sguardo cupo e il labbro inferiore leggermente in
fuori. È solo per un miracolo se il suo cuore non smette di
battere in quello stesso istante.
Nel
sentirlo smettere di ridere, Aomine allenta la presa, ma non si
allontana. Ha le ginocchia ai lati delle gambe di Kise, e se anche
lui volesse alzarsi e scappare glielo impedirebbe – ma a Kise
nemmeno pensa di voler andarsene. Perchè dovrebbe?
Sono
soli. Loro, il cielo azzurro e un vento leggero. Solo loro e una
palla da basket nell'angolo del tetto che rotola lentamente spinta da
quella brezza, solo loro e quell'unico legame sottile che li unisce.
Solo
loro, che non sono amici – che non lo saranno mai.
-
Almeno. - Mormora Aomine. - Gioco meglio di te. -
-
Appunto perchè sei una scimmia. - Kise scuote la testa e
abbassa gli occhi per fissare la mano di Aomine, poggiata sul suo
polso ma non stretta. Pensa a tutte le volte che si sono sfiorati,
toccati e gettati uno addosso all'altro mentre si sfidavano; a come
spinte e battute sono il loro modo per comprendersi.
E
all'improvviso lo assale una sensazione d'angoscia, mentre torna a
fissarlo in volto. Non vuole perdere la possibilità di
comprendere Aomine. Non vuole perdere l'unica cosa che li unisce, ma
la fine della scuola è così vicina e Akashi ha già
deciso per tutti loro. È solo questione di tempo prima che si
separino.
-
...ancora a basket? -
Torna
in sé, torna da Aomine. Lo fissa confuso. - Come? -
-
Ho detto. - Aomine lo guarda spazientito. - Se una volta iniziato il
liceo e con il tuo lavoro da modello continuerai a giocare a basket.
-
Kise
sa già la risposta. L'ha sempre saputa: ce l'ha davanti gli
occhi, lo fissa e si impone nei suoi sensi per occupare inconsapevole
il posto che ha rubato molto tempo prima. Annuisce piano, e sussurra
parole che non si rende neanche conto di aver pensato. È solo
nel vedere gli occhi di Aomine sgranarsi appena per la sorpresa che
realizza ciò che ha detto.
“Sempre.
Finchè lo farai anche tu.”
Ma
non c'è niente di malizioso, giusto? Nessun sottinteso. Aomine
dovrebbe saperlo, che ha iniziato a giocare solo per raggiungere lui;
che ha continuato motivato da tutte le loro sfide, dalla sua forza.
Che ha preso a correre con la sola intenzione di superarlo, per
vedere ciò che anche lui può vedere, quel cielo azzurro
che non ha confini.
La
presa di Aomine si fa di nuovo ferma e quasi spaventata mentre si
alza piano e inclina la testa di un lato, osservandolo da vicino con
occhi tremanti, osservando la piega delle sue labbra e quanto il suo
sguardo all'apparenza duro riveli emozioni vere solo a quella
distanza minima; e sussulta quando Aomine abbandona ogni paura e si
abbassa quel tanto che basta a lasciar sfiorare le loro labbra,
mentre dentro di lui qualcosa esplode – una gioia immensa,
incalcolabile, tanto infinita da svuotarlo di ogni altra emozione mai
provata fino a quel momento.
Il
mondo è azzurro anche dietro a palpebre chiuse e pesanti,
anche dentro al bacio di Aomine – che non sa affatto baciare,
che inclina la testa un po' troppo e non sa aspettarlo, è
impaziente e preme troppo forte e troppo a lungo. Ma non gli importa,
e non c'è paura nel suo cuore – neanche quando si
separano lentamente e tornano a fissarsi, nemmeno quando arrossisce e
Aomine si alza piano, spaventato, e si allontana per raccogliere il
pallone da basket in silenzio.
Sa
di non aver fatto un errore. Sa che era necessario. Aveva bisogno di
qualcosa che li legasse al di fuori del campo; aveva bisogno di
essere qualcosa di più di un compagno, qualcosa di più
di un amico.
-
Ryota. - La voce di Aomine lo chiama; non lo guarda in volto, e si
gratta pensoso la testa fissando l'orizzonte. - Ci vediamo più
tardi. -
Aominecchi,
io e te siamo amici?
Passa
un istante troppo lungo, un istante di silenzio che stavolta pesa, ha
un significato. Persino Aomine sembra comprenderlo, e fa per
riavviarsi in classe. Kise torna a guardare il cielo e chiude gli
occhi.
-
Ci vediamo in palestra. - Mormora, abbastanza forte perchè
anche Aomine lo senta.
Aominecchi,
io e te siamo...amici?
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Stanotte
ho sognato di scrivere aokise e non riesco a credere di averlo fatto
seriamente.
Sono
abbastanza soddisfatta del risultato, anche se è ancora molto
da perfezionare. È la mia prima fic nella sezione (ehilà
<3) ma spero ce ne saranno altre, aokise e kagakuro e chissà
non mi scappi anche qualche altra coppia uvu
((please
considerate che sono a metà della seconda stagione e spero di
non aver fatto erroracci di continuity ''))
Alla
prossima!
-JoiningJoice
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