Imperator

di gavnsey
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Imperator

 

“Nos ubi decidimus

quo pater Aeneas, quo dives

Tullus et Ancus,

pulvis et umbra sumus.”

- Orazio, Odi

 

 

Cammina solo, nel silenzio saturo di paura e sconcerto. Ha un’andatura solenne, adatta al ruolo che ricopre. Attorno, cumuli di macerie di un’epoca d’oro, seguita da mille altre età che si tendono a nascondere - a dimenticare, quasi volutamente, cosicché la mente torni al fermo immagine, alla memoria sbiadita del tempo in cui ogni cosa era stata grande, ogni cosa aveva avuto onore e prestigio, ogni cosa era diventata incarnazione di potenza. Ora tutto tace, e si chiede come un popolo che aveva dominato interi mondi fosse potuto svanire; come l’avidità e l’ostinazione di un singolo individuo possano segnare il destino di intere stirpi e generazioni. E mentre cerca di trovare una risposta alla cieca fiducia e stupidità umana, scopre di non poter analizzare e criticare quegli ormai inutili corpi, più simili a fiori appassiti che a esseri umani: del resto, anche lui è un illuso. Aveva deciso che il potere assoluto, se il creare è cosa degli dei, gli uomini lo avrebbero potuto trovare solo nel distruggere; ora, signore assoluto, osserva amaramente il suo impero.





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