Always
been a loner
Quello smoking
–così diverso dalle
sue confortevoli felpe e jeans- tirava Matthew dappertutto.
Prudeva persino, in certi punti.
Vagò a
disagio in mezzo alle persone
urlanti, alle luci fatate e ai bei vestiti scintillanti delle ragazze,
considerando l’idea di sparire silenziosamente dalla Sala
Grande e di rifugiarsi
in un bagno.
Soprattutto,
desiderava con tutto sé
stesso grattarsi furiosamente ovunque e togliersi quella dannatissima
giacca. E
poi scappare nella Tana dei Tassorosso a fare qualcosa di meno
deprimente che
partecipare ad un ballo senza un partner.
Ripensando ai bagni,
un moto di
disgusto lo attraversò. Chissà quante coppiette
felici stavano sicuramente
pomiciando e/o impegnandosi in altre attività
imbarazzanti…
Senza contare che
lui sarebbe stato
la classica persona in disgrazia a piagnucolare in uno scomparto,
accucciato
sulla tavola abbassata del water.
Magari, andando in
quello delle
femmine, avrebbe potuto chiacchierare un po’ con Mirtilla
Malcontenta. Di solito,
le coppiette erano rintanate dai maschi, non lì.
Una delle famigerate
coppie gli franò addosso
proprio in quel
momento.
Matthew non era
esattamente al
centro della pista ed era perfettamente visibile, ma quello, per lui,
era la
normalità, perciò si limitò ad annuire
allo ‘scusa’ distratto della ragazza.
Passava inosservato
ovunque andasse
e con qualunque persona fosse.
Il punto peggiore
era stato toccato
quando persino la sua dolce, adorabile migliore amica Katyusha[1]
si
era dimenticata di lui, lasciandolo a parlare da solo nel bel mezzo di
Hogsmeade.
Poco male, non
poteva dire neanche
di aver fatto una figuraccia: come al solito, nessuno lo stava
guardando.
Si riscosse un
attimo: un momento,
ma la ragazza che gli era finita addosso era Alice Kirkland! Stava
ballando con
suo fratello![2]
Strabuzzò
gli occhi. Sì, aveva visto
bene.
Finalmente erano
insieme, dopo ben
sette anni.
Alice e Alfred si
conoscevano fin dal
primo anno, dato che Serpeverde e Grifondoro avevano molte lezioni in
comune.
Precisamente, si conoscevano da quando, uno dei primi giorni di scuola,
lei si
era accorta del suo strascicato accento americano e aveva borbottato
qualcosa su
qualcuno proveniente da una ‘stupida colonia’.
Lui le aveva tirato
i capelli. Ed
erano finiti entrambi dalla capo-casa dei Grifondoro per sorbirsi una
ramanzina
sulla spiacevolezza dello sembrare ‘così
patriotticamente e incivilmente
Babbani’.
Semplicemente
adorabile.
Dal suo primo anno
(quando Alfred e
Alice erano al terzo) aveva memoria di molti altri episodi.
Un’infinita lista
di dispetti a cui, spesso, aveva assistito da molto vicino.
Si fermò
sulla porta per guardarli
ballare.
Si stavano pestando
i piedi a
vicenda e Alice stava sicuramente borbottando qualcosa di acido, dal
modo in
cui muoveva la bocca.
Vide suo fratello
ghignare qualcosa
per poi chinarsi e baciarla a tradimento mentre lei arrossiva
deliziosamente,
senza tuttavia cambiare espressione.
Erano
così dolci.
Sospirò un po’ per quello e un po’
perché persino quel
cretino di suo fratello era felice con una persona che lo amava.
Lui era un
solitario. Era
evidentemente destinato ad esserlo per sempre, così come lo
era sempre stato. Nessuno
l’avrebbe mai amato nel modo in cui si amavano loro due.
Salutò
appena Katyusha, che ballava con
un tipo che ricordava vagamente venisse dalla Turchia.[3]
“Come sono
carini.” commentò qualcuno
di fianco a lui con un tono indefinibile.
Matthew non si
girò neanche. Se lo
avesse fatto, avrebbe scoperto che la voce era frutto della sua
immaginazione, oppure
che non stava parlando con lui.
“Petit fleur, dico a te. Non
è tuo fratello, il Jones laggiù?”.
Trattenne per un
attimo il respiro. Petit fleur.
Qualcuno parlava
francese. Qualcuno era francese;
l’accento persisteva anche
mentre parlava inglese.
Sospirò.
Adorato francese.
Preferì
non voltarsi per non
rovinare tutto.
“Oui.”.
“Sei
diverso da lui.
Lui fa girare tutti
quando entra in
una stanza e si prende le cose che vuole con la forza, anche senza
farlo
apposta. Come è successo con Al-.”.
Pausa brusca. Stava
per dire Alice?
Forse, ma a Matthew
non importò,
troppo impegnato a metabolizzare che qualcuno lo potesse conoscere
abbastanza
da non confonderlo con suo fratello e distinguerne persino i caratteri.
Il tizio
continuò, schiarendosi la
gola: “Uhm. Tu no.
Tu sembri timido,
più educato. Ti ho
osservato.”.
Matthew
ringraziò che non avesse
aggiunto un altro petit fleur, o
sarebbe corso via.
Era già
abbastanza inquietante che
qualcuno lo avesse osservato.
Si sentiva il collo
e le guance
calde. Stava sicuramente arrossendo.
“Mi hai osservato?”.
“Qualche
volta, sì.
Mi incuriosivi. Non
sembrate neanche
lontani parenti.”.
A quel punto, non
riuscì più a
trattenersi: si voltò, e rimase colpito
nell’osservare che il tizio era Lui.
Occhi di un colore
deliziosamente
intenso, capelli dall’aspetto morbido (solo lui poteva sapere
quanto desiderava
metterci le mani in mezzo…) e sorriso… Beh, wow.
Il ragazzo
dell’anno di suo
fratello, quello arrivato da Parigi due anni prima (da Beauxbatons,
forse?), quello
che trovava così affascinante. Francis Bonnefoy, in parole
povere.
Quello che faceva
irritare
terribilmente Alice. Si ricordava anche qualche insulto dello stampo di
‘stupid frog!’
ogni volta che osava
aprire bocca. Beh, nient’altro che il giusto risultato di
mesi di indesiderato
corteggiamento.
Quello
che… Aspetta, perché non era
accompagnato?
Arrossì,
chiedendosi per quanto fosse
rimasto in silenzio.
“Posso
parlare liberamente con te, n’est
pas?”.
Francis attese un
suo cenno del capo,
continuando:
“Non mi
piace guardare Jones mentre
balla con lei.
Possiamo andare da
qualche altra
parte a parlare?
In fondo, né tu né io siamo
accompagnati.”.
Matthew
tentennò per qualche
secondo, ma poi annuì nervosamente, arrossendo un
po’.
Uscirono in silenzio.
“Uhm…
Dove andiamo?”.
“Non
saprei, mon cher.”.
Era ufficiale:
Matthew stava andando
a fuoco.
Perché lo
chiamava così? Aveva
troppa paura per chiederglielo; forse sarebbe scappato.
Avevano ormai svoltato per quattro volte, quando Francis si
fermò di colpo.
Matthew non sapeva
neanche dove
stessero andando, concentrato com’era sul controllare la
sensazione esplosiva
che sembrava prendergli il cuore e lo stomaco non appena posava gli
occhi sulle
spalle e sulla schiena di Francis.
Lo
osservò in silenzio mentre si
girava verso di lui quasi al rallentatore, con la luce della luna ad
accompagnare i suoi movimenti. Filtrava dalle finestre, spolverando
umidamente
d’argento e avorio qualunque oggetto intorno a loro.
Tutto, in quel
corridoio, sembrava
così prezioso, in quel momento.
Ma la cosa che lo
era più di tutte,
per Matthew, era proprio la persona davanti a lui.
Sei
mesi. Sei mesi. Mancano solo sei mesi. Poi non lo vedrò mai
più.
Quello era
l’ultimo anno di Francis.
Non poté fare a meno di compatirsi per essere riuscito a
pensarlo con lui lì
davanti, che lo guardava, lo notava e gli parlava.
Aveva lasciato il
ballo senza
cercarsi qualcuno con cui ballare.
Chissà
per quanto lo aveva
osservato?
Matthew era curioso.
Voleva sapere.
Doveva farlo,
perché mancava così
poco.
Si costrinse ad
aprire la bocca, a
spezzare l’armonia di quell’istante di sguardi
fisso nel momento: “Perché io?”.
Continuando a
fissarlo dritto,
Francis allungò due dita e prese una ciocca dei suoi capelli.
Lui li odiava. Non
erano né lunghi
né corti, di un colore indefinito e con uno stupido ciuffo
riccio e indomabile.
Assomigliavano vagamente a quelli di Francis, ma (ovviamente) a lui
stavano
meglio.
In nessun’altro momento come quello si era mai sentito
implodere e allo stesso
tempo esplodere così tanto. La gola era secca, sigillata
ermeticamente da un
macigno di emozioni che sapeva identificare dolorosamente. Non riusciva
quasi a
muoversi.
Un
guizzo negli occhi di Francis: “Non volevo guardarli ballare
perché brucia, Mathieu.
Brucia
perché ho perso,
capisci? Ma non serbo troppo rancore.”.
Ecco, come sempre il
discorso
passava da lui al resto del mondo. Senza neanche sfiorarlo minimamente,
fra
l’altro. Ci era abituato, sì, ma Matthiew poteva
scommettere che, in quel
momento, stesse bruciando più di quanto potesse bruciare
Francis a vedere Alice
ballare con Alfred. E lui che aveva pensato che, fra tutti, fosse
diverso.
Avrebbe dovuto
saperlo.
Il masso nella gola
si appesantì
delle sue lacrime, iniziando a scivolare verso il basso, graffiando la
sua
anima.
“Tutto
bene, chiot?”.
Lui chiuse gli
occhi: “Non mi
chiamare così.”.
Dio solo sapeva
quanto gli era
costato aprire bocca per la seconda volta.
Sentiva le palpebre
come gli argini
dei fiumi in piena e si faceva male da solo a rimanere lì.
Avvertì
delle labbra morbide posarsi
sulla sua fronte.
Non aprì
ancora gli occhi.
“Ti sei
offeso perché ho parlato di
loro.”.
Bacio sulla punta
del naso.
Era come se Francis
gli stesse
lavando il cuore con il detersivo per i piatti.
Sembrava tutto
così tenero, ma allo
stesso tempo orribilmente fuori posto.
Non poteva succedere
davvero a lui.
Lui era al di sopra
di tutto quello.
Certamente non perché non lo volesse.
“Ma, vedi,
io volevo solo dirti il
perché del mio malumore.
Ti ho osservato
perché volevo capire
come facciate tu e quello zotico di tuo fratello ad essere anche solo
parenti.
Brucia perché è il ricordo di una sconfitta, non
perché io voglia ancora Alice.
Sai, la persona che voglio è…
Al di sopra di tutto
questo.”.
Labbra contro
labbra. Soffice,
delicato, momentaneo.
Non volle perdere
tempo per
scegliere quale dei due shock elaborare, fra quello del bacio e quello
delle
sue parole; portò ancora il viso in avanti, alla cieca.
Le sue guance e la
sua fronte si
appoggiarono su una superficie morbida; il suo petto.
Aveva un odore
buono, forse un po’ troppo
dolce. Certamente, nulla di semplice.
Chiuse gli occhi
piano quando
avvertì le dita dell’altro infilarsi tra i suoi
capelli, massaggiare delicatamente
la sua cute in alcuni punti e scendere a sfiorare le sue orecchie, in
una lenta
venerazione che lo fece quasi commuovere.
Non parlarono per
qualche minuto,
dando voce alle loro mani e alle loro labbra per comunicare. Si stava
così
bene, nel loro silenzio.
*
“Mathieu?”.
Avvertì
la vibrazione del suo nome nella gola di Francis, dato che era steso su
di lui.
Ignorò,
come sempre, le occhiate assassine dei ragazzini del primo anno che
passavano
di fianco a loro: “Mh?”.
“So
cosa ti preoccupa, ma io… Ti verrò a
trovare.”.
Matthew
incontrò l’ombra dell’albero sotto al
quale erano distesi mentre alzava la
testa, sorpreso: “Non torni in Francia?”.
“Non, chiot.
Riesco
ad aprire un negozio a Diagon Alley.
Sai,
una cosina un po’ retro e di classe, come ti ho raccontato.
E
in più, cosa dovrei fare? Lasciare il mio fidanzato qua da
solo?”.
Il cuore gli si
scaldò.
Sapeva benissimo che
Francis amava
la sua Francia, ma voleva rimanere lì.
Lui
era l’unica cosa a trattenerlo: doveva proprio essere
innamorato, il ragazzo.
Gli diede un piccolo
bacio sulle
labbra, ritornando poi ad accoccolarsi sul suo petto.
“Merci.”.
“Grazie a
te, cher.”.
L’angelo
dell’autrice
Ciao a tutti!
Bene, questa è la mia prima fanfiction nel fandom di Hetalia.
Ho deciso di
iniziare con qualcosa
di fluffoso, perciò, fra le opzioni che avevo in mente, la
Franada era tra le
più indicate. In più, amo la Hogwarts!AU, quindi
here we are.
Ci tengo a
specificare che io NON
odio America. È, anzi, fra i miei personaggi preferiti (va
bene, in molte cose
siamo visciiini visciini). La visione di Francis lo descrive come un
idiota.
Also, ho messo dei
vari hints FrUk
(onesided). Non so perché l’abbia fatto, dato che
è una delle mie NOTP, but I
regret nothing.
Vi ringrazio
già moltissimo se
recensirete e/o anche solo se leggerete/metterete la storia fra
preferite e/o
ricordate. *si ritira a bere il suo tea*
Altra piccola nota
(poi me ne vado,
giuro!): non sono per niente soddisfatta di questa ff.
L’ho
scritta lontanissimo da tutti i
miei headcanon: per me Canada non è in Tassorosso e non
è neanche così timido
come viene descritto sempre.
Ammetto di shippare
FrUkUs, perciò
sono un po’ contenta per quello, anche se il rifiuto di Alice
per Francis mi
sembra un po’ stereotipato.
Note:
Parole
francesi (perché sì, adoro l’idea che
Francis usi dei vezzeggiativi e dei
diminutivi di cose random per chiamare il suo Mathieu):
×
petit
fleur: fiorellino
×
mon
cher: mio caro.
×
chiot:
cucciolo.
[1]
Katyusha era uno dei nomi (insieme a Marya, Sofia e Irunya) che
Himaruya ha
dato come possibili per Ucraina.
Altra
cosa: ho questo headcanon fisso in mente sull’amicizia fra
Ucraina e Canada
(molti, infatti, li shippano).
[2] per tanti motivi:
uno, il
genderswap è cosa buona e giusta.
Due:
la UsUk è cosa buona e giusta.
Tre:
amo alla follia nyo!Iggy, perciò eccovela qua!
Quattro:
una piccola parte di me si sente in colpa a scrivere sempre e solo
slash e
femmeslash, quindi la UsUk è in het!version. Non che mi
dispiaccia. Starebbero
bene insieme pure se fossero un cuscino e il divano su cui è
appoggiato.
#yestoall
[3] I miei ship con
Turchia sono
TurkIce e TurkUkr, quindi ecco un altro voilà!
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