La serie di Gossip Girl mi ha coinvolto a tal punto da farmi immaginare
un futuro possibile per due dei miei personaggi preferiti.
Non è necessario aver visto nè la stagione uno,
nè la due per poter capire la storia, anche se alcune cose
si richiamano necessariamente alla serie.
Non mi resta che augurarvi una buona lettura, sperando che questo mio
nuovo tentativo vi possa piacere e coinvolgere.
Aspetto qualche commento, anche negativo, lo sapete.
Un bacio, Ale.
L'importanza di chiamarsi Waldorf
Capitolo
1.
La lunga limousine nera, perfettamente lucida, arrestò la
sua corsa sul bordo di un ampio marciapiede, antistante un altissimo
grattacielo, nel quartiere finanziario di Parigi.
Lentamente la portiera si aprì, rivelando prima un piede
elegantemente calzato con scarpe di pelle bruna, lavorate a freddo, poi
un pantalone dal taglio classico, poco più chiaro, infine un
cappotto beige, che avvolgeva la figura di un giovane uomo.
Una volta sceso diede un cenno all'autista che si allontanò,
mentre il suo sguardo si alzava, portandosi su una scritta in corsivo
che campeggiava sulla vetrata qualche metro più in alto.
Bass's Company.
Alzò leggermente il bicchiere di caffè fumante
che teneva tra le mani, come brindando a tutto ciò che
possedeva e che lo rendeva fiero del lavoro svolto negli ultimi anni.
< Buongiorno Monsiuer Bass > lo salutò il
portiere, accorso all'ingresso per accoglierlo come ogni mattina con il
giornale del giorno.
Lo salutò con il capo, dirigendosi verso gli ascensori, sul
lato destro dell'ampia hall dell'edificio.
Un paio di persone lo indicarono, riconoscendo, mentre le porte
dell'ascensore si aprivano, rivelandolo vuoto.
Per fortuna,
pensò l'uomo tra sé e sé. Odiava le
conversazione forzate, soprattutto a quell'ora del mattino, quando era
piuttosto intrattabile.
Alcune abitudini del passato, nonostante tutti i suoi sforzi,
rimanevano saldamente ancorate a lui, e fra queste c'era senza dubbio
il piacere di dormire fino a tardi.
Un fastidioso tintinnio annunciò che era arrivato all'ultimo
piano, al suo ufficio.
Aspettò di poter uscire e come d'abitudine si diresse verso
la scrivania della sua segretaria personale, non prestando particolare
attenzione al resto dell'ambiente.
Dopotutto essere il capo aveva dei vantaggi e Chuck Bass non aveva
alcuna intenzione di non usufruirne.
< Buongiorno Anabel > disse, poggiandosi con i gomiti ad
un sottile ripiano di vetro, rialzato rispetto al tavolo di legno, come
un bancone.
Una signora di spalle, intenta a controllare il vano per la carta di
una fotocopiatrice, si voltò al suono della sua voce,
sorridendogli.
< Buongiorno Monsieur Bass > lo salutò a sua
volta, < notizie interessanti stamane? > chiese,
occhieggiando il rotolo di carta che il giovane teneva nella mano
sinistra.
Quest'ultimo alzò le spalle, prima di risponderle.
< Non l'ho ancora sfogliato, Anabel. Lo farò appena
avrò terminato il caffè >.
Anabel lo guardò complice, concentrandosi sul bicchiere di
carta appoggiato davanti a lei.
< La scrivania è già stata sistemata
> annunciò sibillina, strizzandogli l'occhio.
Il ragazzo annuì, voltandosi verso una porta di vetro
satinato, contornato da una cornice di ottone, battuto con uno
scalpello per ottenere lievi ombreggiature che conferivano all'insieme
una ricercata eleganza.
< A dopo > concluse, mentre già stringeva tra
le mani il pesante pomello.
La luce all'interno della sala filtrava attraverso le vetrate alle
spalle della sua scrivania, che occupava il centro della parete opposta
a quella d'ingresso.
Si avvicinò, lasciandosi cadere nella comoda sedia di pelle
che aveva personalmente scelto, spendendo un intero pomeriggio dal suo
arredatore.
Il cielo di dicembre, quella mattina, appariva pumbleo, di un grigio
talmente uniforme da non sembrare reale.
Tornò ad osservare la sua scrivania, notando un piattino di
ceramica con alcuni biscotti di pastafrolla, decorati con un leggero
strato di cioccolato alle nocciole, secondo le sue preferenze.
La tazza di the al gelsomino era assente, così come gli
aveva anticipato la segretaria.
Chuck Bass sorrise.
Sua moglie poteva decidere ogni cosa quando erano a casa, semplicemente
per il fatto che a lui non importava nulla della disposizione dei
mobili o dell'elenco degli invitati ad una festa, ma non avrebbe mai
potuto privarlo del suo caffè mattutino, un'altra delle
abitudini della sua vecchia vita a New York.
In fin dei conti, se Genevieve non aveva voglia di alzarsi presto la
mattina e tenergli compagnia durante la colazione, come una qualsiasi
coppia di marito e moglie, non poteva nemmeno costringerlo a seguire le
sue scelte.
Il the al gelsomino proprio non era tollerabile a quell'ora, nonostante
lei lo esaltasse come una tra le bevande più salutari.
Terminò l'ultimo biscotto, eliminando con una passata le
briciole rimaste sui pantaloni che indossava, e afferrò la
pila di carte appoggiate sotto una statuetta di cristallo a forma di
cigno.
Nemmeno si ricordava da dove proveniva quell'oggetto, ma era tornato
utile come fermacarte e quindi lo aveva tenuto.
Dopo qualche foglio inutile, che gli presentava il verbale delle
riunioni dei soci dell'ultimo mese, trovò il documento che
cercava e che aspettava da qualche giorno.
Un insieme di grafici occupava due fogli, interpretando lo stesso
fenomeno secondo diversi parametri e approssimando un possibile
andamento futuro, secondo i metodi di analisi dei suoi dipendenti.
Sollevò la cornetta del telefono al suo fianco,
digitando il numero uno per poi riattaccare.
Qualche istante e un lieve bussare alla porta lo avvisò che
la chiamata era arrivata al destinatario.
< Avanti > ordinò, mentre distendeva le gambe,
incrociandole all'altezza delle caviglie.
La testa riccioluta di Anabel fece capolino oltre lo stipite, per poi
presentare tutta la sua figura.
Sua moglie non gli aveva concesso di avere una segretaria personale
giovane e attraente, che lavorasse al suo fianco ogni giorno, disposta
ad assecondare qualsiasi richiesta, anche la più
capricciosa, ma al contempo avere Anabel si era rivelato un vantaggio
inaspettato.
Era esperta, non commetteva errori e, cosa più importante di
tutte, non lo irritava con sciocche uscite, permettendogli di
trascorrere la giornata in ufficio con serenità.
< Mi chiami Williamson > le chiese, prima di congedarla.
Tornò a concentrarsi sulle colonne blu del primo istogramma,
osservando le cifre riportate sull'asse delle ordinate.
< Sì, Monsieur Bass? > domandò un
uomo brizzolato dalla porta.
Il giovane gli fece cenno di accomodarsi di fronte a lui, su una delle
due poltrone posizionate al di là della scrivania.
< Sono reali questi dati? > gli chiese, non appena
l'analista ebbe preso posto, sottoponendogli il foglio
affinchè lo leggesse con facilità.
A quest'ultimo bastò uno sguardo per riconoscere il proprio
operato e confermare.
< Proprio ieri è stato venduto un altro appartamento
del complesso residenziale che abbiamo costruito all'inizio di
quest'autunno. Un ricavato notevole, se mi è concesso
> continuò con voce seria.
Chuck Bass si rilassò considerevolmente a quella notizia.
Temeva che quel complesso potesse rivelarsi un fallimento, comportando
ingenti perdite, visto il capitale investito nella sua realizzazione.
< Il mercato immobiliare è in crescita, Monsieur, non
deve preoccuparsi. Saranno venduti in un mese, senza ombra di dubbio
> concluse, vedendolo pensieroso.
< Grazie Williamson, può andare > lo
congedò, riprendendo il documento e sistemandolo in una
cartella estratta dal cassetto al suo fianco.
Una volta rimasto solo, tirò un sospiro di sollievo,
finalmente libero di rilassarsi per una decina di minuti, prima di
occuparsi di un locale che voleva rilevare, salvandolo dalla bancarotta.
Aprì il giornale, scorrendo distrattamente gli articoli di
cronaca e quelli di politica, che insistevano su una scelta di qualche
giorno prima del presidente Sarkozy, invisa all'opposizione.
Fu una foto a bloccarlo prima che voltasse di nuovo la pagina, per
passare allo sport.
Ritraeva un'attraente stilista, affiancata da alcune modelle che
indossavano la sua ultima collezione.
La settimana della moda a Parigi.
L'aveva completamente scordato, nonostante sapesse l'interesse
spasmodico di sua moglie per quell'evento, a cui non rinunciava per
nessun motivo.
Ma delle ultime tendenze di quell'autunno gli importava ben poco.
Era il suo volto ad averlo paralizzato.
Chiuse di scatto il giornale, appallottolandolo e lanciandolo nel
cestino, un metro più in là.
Una reazione stupida e infantile, senza dubbio.
Ma il passato era passato e lui non aveva nessuna intenzione di tornare
ad affrontarlo.
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