« Clock
»
Tic,
tac.
Sei
appena tornata da scuola.
Tua
mamma siede sul divano e, appena sente la porta aprirsi, si precipita a
prenderti in braccio e ad abbracciarti più forte che
può. Mentre le sue mani ti
accarezzano la schiena, tu immergi il viso nell’incavo tra la
spalla e il
collo.
«Vai a
fare i compiti, Alaska» ti dice piano all’orecchio,
ripoggiandoti a terra; poi
ti deposita un bacio sulla guancia. «Dopo potrai guardare un
po’ di
televisione».
Annuisci
e corri in camera, trascinandoti dietro lo zaino. Le vuoi troppo bene
per
disubbidirle.
Tic,
tac.
Un
grido straziante, seguito subito dopo da un tonfo. Provengono dalla
cucina.
Chiudi
di scatto libri e quaderni e cominci a correre lungo il corridoio, fino
a
quando una scena raccapricciante non ti blocca.
Tua
mamma è caduta dalla sedia e si contorce in preda al dolore,
tenendosi la testa
tra le mani. Sentirla strillare così, sempre più
forte, è straziante; sembra
che qualcuno la stia torturando in modo brutale per estorcerle delle
informazioni preziose.
Le urla
ti mandano in confusione, perdi la testa, e il minimo che riesci a fare
è strillare
insieme a lei, mentre le lacrime scorrono copiose sul tuo volto,
accasciandoti
al suo fianco. Ti auguri solo che finisca presto, odi vederla soffrire.
E poi
il silenzio.
Tic,
tac.
Tua
mamma ha smesso di strillare e agitarsi da un po’, ora giace
inerme sul
pavimento.
Tu,
ancora stordita dall’accaduto, sei seduta accanto a lei nel
silenzio più
completo. Non riesci ad emettere alcun suono, alcuna parola.
Immagini
stia dormendo, non vuoi svegliarla, non dopo quegli attimi di puro
terrore che
ha passato.
Fai
grossi respiri per calmarti: non hai più nulla da temere, è finita.
Tic,
tac.
È
passata quasi un’ora e non è ancora successo nulla.
Tua
mamma è ancora sdraiata e tu sei seduta affianco a lei. Le
tieni forte la mano,
gelida come il ghiaccio, come se quel gesto potesse darla un
po’ di conforto.
Hai
deciso di starle vicino, nel caso possa succedere un’altra
volta. Vuoi solo
aiutarla, niente più.
Nella
quiete, senti il ticchettio dell’orologio appeso in soggiorno.
Tic,
tac… tic, tac… i
secondi scorrono lenti, i minuti durano giorni interi. E a te sembra
sempre più
di stare dentro un enorme orologio. Forse stai impazzendo - o potresti
farlo da
un momento all’altro. Ma col tempo imparerai a ricondurre
quell’orologio alla
tua vita e quei tic, tac agli
attimi
che scorrono piano, ma che allo stesso tempo si susseguono veloci come
in un
film.
Tic,
tac.
Papà
è
appena tornato da lavoro e la prima cosa che ha fatto è
stata quella di
separarti dalla mamma.
«Stupida,»
ti grida contro, rialzandoti da terra con uno strattone,
«perché non hai
chiamato un’ambulanza?!»
Non hai
il tempo di ribattere, che già si è precipitato
sul corpo di tua madre e
procede con uno strano massaggio sul cuore. Esclama qualcosa a gran
voce, ma
non ti sforzi nemmeno di comprendere perché ormai hai
già capito.
Prima
che gli occhi possano cominciare a riempirsi di lacrime, scappi in
bagno più
veloce che puoi. E solo dopo che la porta si sia chiusa, inizi a
singhiozzare
rumorosamente.
Tic,
tac.
Sembra
un secolo che sei chiusa in bagno, e invece non è nemmeno
ora di cena. Curioso il tempo, no?
Non sai
cosa è successo di là, non vuoi nemmeno saperlo.
Ti basta conoscere una sola
cosa: tua mamma è morta e tu non hai fatto niente per
salvarla.
Papà ce
l’ha con te, sai anche questo. E come biasimarlo, dopotutto?
L’hai
lasciata scivolare via dalla vita senza nemmeno offrirle un appiglio a
cui
aggrapparsi. È colpa tua,
è solo colpa
tua.
Non sai
cosa succederà domani, dopodomani,
fra
mille giorni. Non vuoi nemmeno saperlo, perché,
per quanto ti riguarda,
tutto è finito oggi. Hai
visto
abbastanza, vuoi uscire da quel labirinto di dolore dritta e veloce.
E, nel
silenzio della stanza, ti sembra di sentire ancora rimbombare i
rintocchi
fastidiosi dell’orologio -
che, ironia
della sorte, sono sempre più lenti e più scanditi
- in cui sei intrappolata. Quanto
può essere asfissiante, a volte, la
vita?
Tic,
tac… tic, tac…
Hayle’s
wall
Sono
Hayle - conosciuta da molti sul sito come Solluxy - ed
è la prima volta che pubblico sul fandom.
Era da un po’ che volevo scrivere qualcosa su Cercando
Alaska, libro che ho adorato…
ed è uscito questo. Diciamo che possiamo definirlo
un’Alaska!centric e una
missing moment.
Naturalmente, il “momento mancante” è
quello della morte
della mamma di Alaska, vissuta dalla figlia e raccontata in brevi
frammenti -
uno stile che ho voluto sperimentare, spero sia di vostro gradimento.
Come spero che qualcuno di voi abbia notato, ci sono
evidenti riferimenti ad Hunger Games - precisamente a Catching Fire. I tic, tac, il riferimento allo stare in
un orologio… anche il titolo vuole essere un tributo a tutto
questo.
Oh, spero vi sia piaciuto il paragone che ho fatto tra
l’orologio
e la vita e, soprattutto, che sia ben chiaro. Lo so che è un
po’ incasinata,
questa one shot.
Per altri chiarimenti, chiedete pure in recensione.
Hayle xx
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